l’hanno detto in televisione

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svapo

mettiamo di essere onesti cittadini qualsiasi che credono nel progresso, nella tecnologia, e a quello che dicono in televisione,

un bel giorno arriva come un miracolo della tecnologia la sigaretta elettronica, portando con sé la massima promessa, tutto il piacere del vizio senza il minimo danno,

per sei mesi è un boom, negozi che spuntano come funghi, fatturati record, diffusione massiva, risultati straordinari nella lotta al fumo,

molte persone che conosciamo, di fatto, smettono di fumare,

dunque è vero, la tecnologia buona fa miracoli, crea un nuovo mercato e risolve positivamente un problema di salute pubblica,

è il progresso, e ci ritroviamo a credere, a sperare che presto arriverà l’auto col motore ad aria, o ad acqua, chimere che forse già esistono…

poi in televisione dicono che qualcuno, non un cretino, ma un onorevole, teme che la sigaretta elettronica possa essere nociva,

ed ecco farsi avanti un luminare della scienza medica, dell’istituto superiore di sanità,

scatta la crociata scientifica,  i massmedia  fanno a gara nello smontare il miracolo,

con tanto di analisi e test si certifica che la sigaretta elettronica è una bidonata, e pure nociva,

lo dicono in televisione,

lo stato interviene legiferando in tempo reale e la diabolica svaporella viene bandita, vietata, supertassata,

tutti quelli che l’hanno comprata, dei cretini,

gli altri, quelli che mai e poi mai, se la ridono,

l’humus spontaneo di nuove imprese, piccole società, partite iva, agenti, commercianti e venditori che era sorto viene falciato via,

la salute pubblica è stata tutelata,

i boss delle multinazionali del tabacco tirano un sospiro di sollievo,

gli straccioni sono stati espulsi dal mercato vergine che hanno inventato,

si può cominciare la seconda fase, come nulla fosse, dal momento che crediamo in massa a tutto quello che dicono in televisione (e d’altra parte i baroni del marketing, della politica e della sanità usano tutti la stessa arma, l’epidemologia, e le stesse truppe, i massmedia)

e siamo ai giorni nostri: dopo il bombardamento a reti unificate, è il momento dei marines, degli incursori di Striscia la Notizia e de Le Iene,  probabilmente le testate giornalistiche che godono di maggior credito nel pubblico,

e così ieri sera Le Iene rivelano agli italiani che effettivamente la sigaretta elettronica non è nociva in alcun modo, perlomeno nessuna di quelle con una marca, un negozio, un indirizzo,

le sostanze tossiche sono state trovate soltanto in alcuni campioni “generici” delle “essenze da svapo” privi di qualsiasi etichetta,

come dire che il vino è nocivo perchè a Montefiascone hanno trovato una bottiglia (senza etichetta) andata a male,

di fatto è questo che è successo,

resta da dire quello che in televisione non dicono, lo scenario reale dietro le quinte del potere e degli editti, forse difficile a credersi, ma tuttavia facilmente immaginabile:

le multinazionali del tabacco, farmaceutiche e della tecnologia, impreparate al successo del “miracolo”, hanno fatto fronte comune  per estirpare gli usurpatori,

ed ora in guerra o in combutta tra di loro decideranno velocemente chi, come e dove invaderà il mercato,

la sigaretta elettronica tornerà in grande stile, con sopra grandi marchi multinazionali,

in accordo con i monopoli di stato, e dotata di certificazioni sanitarie nazionali specificatamente studiate,

la diffusione sul mercato avverrà nei prossimi 3-5 anni,

mentre per l’auto ad acqua, immagino, ce ne vorranno quantomeno 20

 

meno totem e più palle

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sangiacomo2

scandaolosa  la cifra spesa da Bg2019 per riempire la città di uribili totem di plastica con immagini e frasi insulse fortunatamente destinati a durare poco,

il fatto è che non hanno il coraggio di fare cose che restano,

per esempio: la più bella statua equestre del mondo, il Colleoni by Verrocchio e Leonardo di Venezia, in replica fedele in bronzo, sulle mura…

con un monito duraturo: abbiate più palle!

(imago by Athos Mazzoleni – Food For Eyes)

il maschio anti-virus

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federico-carrara

nella lingua latina la parola “homo” indica l’essere umano a prescindere dal genere, mentre “uomo” nel senso del maschio è “vir”, da cui l’italiano “virile”,

la parola “vir” appartiene alla seconda declinazione, che normalmente ha il nominativo in   -us, ad esempio: lupus. Quindi la definizione corretta dovrebbe essere “virus”, ma evidentemente il maschio latino, il vir, colui che dà verbo e senso alle imprese umane,  è qualcosa di eccezionale,  che sfugge alla regola, e traccia percorsi fuori dall’ordinario,

d’altra parte, come qualsiasi donna può sperimentare, il “maschio regolare” alla lunga si rivela a tutti gli effetti un vero e proprio  “virus”.

La grossa questione del “maschio debole”, nato dalla soppressione del “maschio antico” operata dalla rivoluzione femminista, vero e proprio “mascolicidio” generazionale, ci porta a chiederci se la fenomenologia del “femminicidio” sia una tragedia ininterrotta che viene da lontano, o piuttosto una nuova reazione del “maschio isterico” al “mascolicidio” sociale avvenuto negli ultimi 30 anni, con totale perdita di ruolo del “vir” e soprattutto del “pater familias”.

Il movimento neo-maschilista “homo sapiens” da anni studia queste dinamiche nel tentativo di costruire un “nuovo maschio” che sia in grado allo stesso tempo di conservare i plus-vir del “maschio antico” (e cioè: capacità virile di guidare, proteggere, prendere decisioni, etc) e i plus-virus del “maschio debole” (capacità di comunicare, accettare sconfitte, rifiuti, consapevolezza della sfera affettiva, sensibilità psicologica, etc).

Questo tipo nuovo di maschio, antico e moderno, eccezionale e serafico, neo-selvatico e post-industriale, è capace di difendere sé stesso e i suoi dal conformismo coatto della società unisex e sarà prossimamente  protagonista della nuova ribellione maschile, che ha le stesse istanze libertarie della rivolta femminista del secolo scorso.

Questo nuovo tipo di maschio è il maschio anti-virus.

(imago: un esemplare di maschio anti-virus allo stato brado)

calepio calibro 9

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madonna_della_campagna_2

calepio calibro 9 non è un vino, è una vendemmia di piombo,

è cronaca nera, è rosso sangue sull’asfalto tra i campi di mais e i vigneti in collina,

in val Calepio ti ammazzano per strada, sparandoti a bruciapelo, e passandoti sopra in macchina,

chi vuole scrivere un requiem, o un giallo violento, si accomodi, i casi non mancano,

dal più irrisolto, il commercialista, nipote del tesoriere della Democrazia Cristiana, freddato ad Albano Sant’Alessandro nella Porsche davanti alla villetta,

al più recente, il fratello dell’ex presidente dell’Atalanta, coinvolto nell’indagine sulla plastica, giustiziato a Castelli Calepio davanti alla palestra mentre scende dalla sua  Range Rover,

passando dal più cruento, a Chiuduno, dove una gang ammazza una dottoressa del posto, colpevole di essersi fermata a soccorrere i feriti di una rissa, tra un’Audi e il ciglio della strada,

troverai di tutto, politica, fondi neri, n’drangheta, gang extracomuniatarie, riciclaggio, usura…

e non mancano di contorno le mele marce,

la Panda Nera (quattro sbirri in borghese che fermavano pusher e lucciole, picchiavano e sequestravano in proprio soldi e droga),

i vigili anti-vu cumpra (che rivendevano alle boutique le borse griffate…)

e adesso il Carabiniere “sciacallo” in servizio da 10 anni a Bergamo, che sul luogo della tragedia a Chiuduno ha pensato bene di rubare la borsetta alla vittima, e a fine turno usare le carte di credito per andare a giocare alle slot,

ma è stata beccato e smascherato dai colleghi di Seriate…

hai voglia di raccontare la favola del paesaggio bucolico, le dolci colline, le cascine, la scodella di merlot con le pannocchia di mais abbrustolita,

ormai ci sono più autosaloni che cantine, e tra i capannoni di notte trovi ragazzi e ragazze venute da tutto il mondo, e non per la vendemmia,

in realtà la val calepio era la capitale dei bottoni, poi della plastica, adesso del gioco d’azzardo, dello spaccio, della prostituzione e del riciclaggio,

per 30 anni qui c’è stato un  mix devastante di ricchezza materiale e miseria mentale,

audi e ignoranza, porsche e arroganza, maldive e boutique, una regione all’avanguardia nel consumismo-esibizionismo di massa,

ora vediamo gli effetti, il consorzio Valcalepio DOC può anche tutelare il vino, il paesaggio,

ma il consorzio umano è putrido, il paesaggio umano un deserto, e sarà sempre peggio.

(imago: Piero Brolis, affresco chiesa Madonna della Campagna, 1977,  Valle del Fico, Chiuduno)

centro malessere

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FMKT19

Pochi giorni fa, Mr. Benedetto Obliquid mi ha detto: “Hai visto il tizio che ha aperto un centro per sfogarsi sfasciando oggetti? Un successone! Mi ha ricordato il tuo progetto di Centro Malessere di qualche anno fa”.

L’idea del Centro Malessere in realtà è di Gigi Lubrina, e risale al 2006, poi ripresa nel 2011, all’interno del progetto di ricerca “Fantamarketing”: le “visioni”  di Pier Luigi Lubrina,  prodotte da Calepio Press in forma di “racconti” (alcuni dei quali pubblicati sul blog Bamboostudio, altri di prox pubblicazione su CTRL magazine),  contaminando il genere più immaginifico di letteratura (fantascienza) con il genere più terra-terra di relazione (business plan per nuove imprese). 

Centro Malessere fa parte di una sezione di  progetti specifici sul tema “disagio della persona”. Imago: Biennale di Architettura, un paio di edizioni fa.

CENTRO MALESSERE (Fantamarketing project n 31)

field: wellness-badness

Centro servizi psico-fisici alla persona per la fruizione, gestione, scarico del malessere.

Stanze attrezzate per:

–       stanza scarico nevrosi con lanci distruttivo di oggetti frangibili/infrangibili;

–       stanza pareti urto-assorbenti per convulsioni isteriche singole,coppie,gruppi;

–       zona depressione, luce neon, lettini di cemento (tipo celle isolamento);

–       terapia olfattiva, cantina umida maleodorante ricoperta di muffa, polvere, letame;

–       cunicolo dell’eco e torre dell’urlo;

–       docce scozzesi, idranti, bagno turco-siberiano (vapore che ghiaccia addosso);

–       stanza farmaci-psicofarmaci (con la presenza di un farmacista);

–       stanze della nutrizione selvaggia, no arredi no stoviglie, no posate, si entra nudi: 1) camera-pasticceria-gelateria- formaggi grassi;  2)  stanza macelleria “mordente” e divorazione carni crude;  3)  gabinetto con stalattiti sgocciolanti alcolici / superalcolici

–       stanza/sportello lamentele e sfoghi con impiegati-capri espiatori; camera d’espiazione,  grida, insulti;  terapia dei ceffoni e calci nel sedere attiva-passiva.

le 5 regole del vero webmaster

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DelphiOK

codice deontologico del vero webmaster

1) il vero webmaster è da sempre 24h completamente inaccessibile sui supporti tradizionali (telefono, mail, skype, messaggi, social, chat, cloud)

2) il vero webmaster capta telepaticamente 24h nel raggio di 10-15Km l’attività cerebrale   dei suoi clienti paganti che possono rivolgersi a lui col pensiero

3) il vero webmaster come una sibilla o un oracolo non può mai uscire per alcun motivo dal suo antro o santuario: uscendo dal suo bunker perderebbe la sensibilità psico-eterea che gli permette di captare a distanza le mail mentali dei suoi devoti (clienti paganti)

4) il vero webmaster non partecipa ad alcuna riunione umana: per comprendere i concetti rozzi  delle menti primordiali egli dovrebbe fare mentalmente rapide regressioni per salti mortali rischiando di perdere la connessione con l’intelligenza artificiale evoluta che lo tiene in vita.

5) il vero webmaster concede brevi incontri unicamente a singoli clienti paganti, massimo una volta al mese, nel suo bunker, su appuntamento e portando qualcosa di buono da bere per la periferica-uomo.

 

47 TFIC – 17 naming

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ark14

17 The naming specialist

in principio era il verbo

A un certo punto, mi ritrovo a dover lasciare il rosa causa infortunio sul lavoro: essendo stato “mollato” dalla tipa (dopo dieci anni di sesso-fuga d’amore- due cuori e una capanna – l’attico a rate – la moto nuova – un certo imborghesimento) in piena crisi da maschio abbandonato anche solo l’idea di scriver la parola “ti amo” mi fa venire il voltastomaco;

così in cerca di scritture “senza passione”, che non richiedano “il cuore”, comincio a  lavorare all’architettura narrativa di videogame e cd-multimediali, non è per niente semplice.

Poi mi viene offerto di lavorare alla Thompson, la grande agenzia, come copy senior del below the line, che sarebbe una sezione della catena di produzione creativa.

E’ il sogno di tutti, stipendio sicuro, carriera, soldi, gratificazioni sociali.

Ma devi fare una vita da caserma, devi vivere lì, in questa location eccitante che ti porterà a depressione sicura.

Come sempre succede, quando rifiuti un posto sicuro non ti preoccupi perché hai molti lavori free-lance, ma puntualmente questi lavori spariscono e ti ritrovi pentito e piagnone.

Com’è, come non è, dopo aver rifiutato questa proposta-Thompson, passo veramente un paio d’anni in depressione, tutto il giorno a letto a fumare le Marlboro Lights, spendo tutto quello che avevo, vendo la casa, spendo tutto, alle banche chiedo mutui specifici come scrittore in crisi d’ispirazione, non li ottengo, così mi tocca alzarmi e andare a cercare lavoro.

Chi mi aiuta in questi momenti di crisi nera? Forse qualche fondazione europea? Qualche assessorato comunale alla cultura? Nessuno.

Crisi.

Poi trovo un vecchio art director scoppiato, A.T., uno dei “padri” della pubblicità italiana.

Sue citazioni preferite:

“L’immaginetta della Madonna è la base della pubblicità”

“La pubblicità è il vangelo del dio denaro”

“Nel paradiso terrestre il sesso serpeggia ovunque”

“Il quieto vivere è meglio della lotta sociale”

“Il lavoro base è la costruzione del super-io”

“La psiche è come il maiale, non si butta niente”.

Questo vecchio art in passato mi ha chiamato qualche volta per lavori di “”naming”, cioè trovare il nome a qualche nuovo prodotto, più tutta la salsa semiologica intorno, un lavoro che ti rende mille-duemila euro, e cinque volte a lui che, magari dopo aver corretto un po’ la salsa, “vende” il tutto alla grande agenzia, la quale a sua volta gli mette intorno la sua salsa e fattura al cliente il quadruplo del costo.

Sia chiaro che alla fine tu vedi i mille euro solo se viene scelto il tuo nome.

La grande agenzia ha magari in giro tre o quattro sub-fornitori di creatività i quali hanno in giro altrettanti copy.

L’agenzia non fa altro che scegliere e convincere il cliente, o il dirigente markentig dell’azienda cliente. Incassa ventimila, paga cinquemila al vecchio art che paga mille a te, mentre gli altri diciannove creativi in proprio hanno lavorato gratis, sperato invano, e quando va bene hanno preso un “rimborso” di cento o duecento euro.

Effettivamente tu alla fine, tra vocabolari e settimane enigmistiche e frittura della salsa, hai lavorato un paio di giorni.

Il dirigente-art ha svolto un po’ di lavoro di psiche, dovendoti dare gli input e dovendoti “caricare”, e dovendo poi anche “persuadere” l’agenzia.

L’account dell’agenzia fa identico lavoro, caricare l’art e scaricare sul cliente.

Morale, mi chiama questo vecchio art, e mi dice: c’è da fare il lavoro base per un cliente che opera sul mercato della politica.

Bisogna sapere che questo art director ha iniziato a fare il pubblicitario alla fine degli anni Cinquanta, dopo la chiusura dei bordelli, spiegando alle prime lucciole di posizionarsi sul lato destro dei sensi unici in uscita.

Oggi non sa usare un computer e quasi nemmeno un telefonino, però è riuscito a convincere De Michelis ad andare dal barbiere e a rimettersi in politica.

Così scrivo un po’ di slogan politici per il nuovo PSI, ma soprattutto faccio il copy per  enti che una volta si chiamavano sindacati e oggi hanno come missione base quella di far pagare le tasse ai lavoratori (precari).

Crisi.

Viene un momento, nel corso della carriera dell’aspirante writer, nel quale ci si rende conto di essere, da un punto di vista professionale, nella stessa situazione di una prostituta di lusso, tutti vogliono venire a letto con re, ma nessuno vuole sposarti.

Questo ti duole, perché professionalmente parlando continui a credere nell’amore, e sogni un matrimonio d’amore, e continui a sperare di incontrare il tuo Adriano Olivetti, e diventare un big letteratura-industria.

Crisi.

imago “architetture sospese” by J.Gandossi

47 tentativi fallimentari d’impresa culturale – 11

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Pierina

11 Paraletteratura cattolica

Le opportunità dell’iconografia cristiana

Un grande art che mi ha fatto da magister (oltre che farmi lavorare con lui per alcune agenzie storiche) il primo giorno nella grande agenzia mi ha detto:

adesso ti porto in un posto dove ti terrò una lezione sostitutiva dei 4 anni di scienze della comunicazione o similari.

Mi ha portato in una chiesa.

Tra una bestemmia e l’altra, mi ha detto: l’immaginetta della Madonna è la base della pubblicità, qualsiasi foto pubblicitaria si basa sull’arte sacra, qualsiasi spot non è altro che il remake della scena di Adamo ed Eva, dove tu, il pubblicitario, fai la parte del serpente.

Nelle vite dei santi ci sono già tutti i miracoli del nuovo rasoio, del nuovo detersivo, della nuova sottoveste.

Ti serve un nuovo eroe, un testimonail ideale? Cerca il santo giusto, riportalo in vita, efficacia garantita.

Nell’iconografia sacra, composizione, taglio immagine, toni, uso della luce c’è già tutta la pubblicità di moda. D’accordo.

Quello che non ho ancora capito, e che lui si è sempre rifiutato di spiegarmi (lo capirai da solo) è come mai questo ricchissimo patrimonio narrativo-iconografico, sia oggi così poco e male utilizzato dall’azienda in questione (la chiesa).

Mi spiego. Fino al Sette-Ottocento l’iconografia sacra è stata il media-linguaggio leader,  continuamente rinnovato. Con l’arrivo dei linguaggi laici, dell’arte laica, dell’immagine laica, dagli impressionisti in poi fino alla pubblicità, alla fotografia, alla tv e al web, il linguaggio del messaggio-azienda cattolico ha smesso di evolversi.

La mia domanda è: perché l’immagine cattolica è così vecchia, triste, perché le immaginette sono ancora quelle degli anni Cinquanta, perché qualsiasi cosa dal bollettino parrocchiale ai paramenti sacri è rimasta ferma a un gusto superato, poco attraente?

Sono convinto che rinnovare il linguaggio arte sacra-immagine coordinata del leader di mercato religioso – la chiesa cattolica – sia una dei pochi grossi business di comunicazione rimasti.

Ogni volta che mi capita di lavorare per qualche azienda del gruppo Vaticano ci provo.

Così, quando un editore cattolico mi chiede testi e idee per un libro fotografico sulle chiese barocche della diocesi, propongo e realizzo un format inedito, una specie di foto-romanzo devozionale di gusto contemporaneo

(cos’altro sono i servizi moda di Vogue dove un’allucinata anoressica seminuda si aggira con espressione mistica in qualche location straniante?).

Le immagini delle diverse basiliche illustrano brevi “romanzi paralleli” che hanno questo schema: il narratore è un peccatore che in prima persona, in flusso di coscienza-preghiera, tra i banchi della chiesa, confronta le vite dei santi del posto e la sua vita di peccatore moderno.

Il libro viene pubblicato e dato in omaggio a decine di migliaia di persone (non ricordo se correntisti di una certa banca o abbonati di un certo giornale o entrambe le cose).

Vengo a sapere che piace molto al segretario del vescovo, un po’ meno al vescovo.

Accetto di scrivere testi per un Museo Diocesano, ho un mio tavolo nel centro studi che fa parte della struttura, ma dopo due giorni nella cripta circondato da memento mori sono già sessualmente frustrato come quelli che ci vivono da vent’anni.

Esco a bere un caffè e quando rientro scrivo: “Malattie stagionali primaverili/ la città comincia a pullulare di donne mozzafiato e tu soffri d’asma: raffreddore da figa”.

Fine della mia esperienza di Church-writer. E pensare che ero già diventato papista, e propugnavo la Chiesa come committente di ogni opera della spirito.

Crisi.

In seguito, in varie occasioni ho proposto a fotografi amici, sempre in cerca di temi per un calendario fotografico, di realizzare un calendario (con modelle, location, abiti e truccatori) di sante e santi da riscoprire, adatti ai tempi.

Più d’uno si è molto eccitato all’idea, che poi non ha avuto seguito. Troppo difficile.

Crisi.

Più recentemente con Athos Mazzoleni e Mattia Dal Bello, per far vedere questa mia idea dell’attinenza tra arte sacra e fotografia di moda, ho creato una performance e un video dal titolo “Macabre Dance 2011” (visibile in http://vimeo.com/34066507) dove un affresco capolavoro d’arte sacro-funeraria medievale (la Danza Macabra di Clusone) viene affiancato da affissioni di pubblicità moda, con effetto di doppia perversione, per cui le pitture sacre paiono sexy mentre i modelli delle griffe si rivelano macabri.

L’abbiamo mandato al premio arte Laguna, sezione video-art, alla selezione finale la giuria si è divisa, niente premio.

Crisi.

Nel contesto barocco delle basilica, però, mi viene una nuova idea. Creare un gruppetto di musica pop, i cattogay, che sono tre chierichetti, con incenso, campanellino e smorzacandele, che canticchiano un motivetto tecno-dance che ha come testo: mi pento e mi dolgo, o Gesù d’amore acceso, non ti avessi mai offeso, e altri catto-haiku.

Lo proponiamo a Gian Franco Bortolotti, già produttore di hit dance come “Touch me” con la sua etichetta “media records”.

A Bortolotti l’idea piace, mi chiede di scrivere il testo definitivo mentre lui cerca gli interpreti adatti. Sul più bello un giorno leggiamo sul Corriere: “Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati”, recita Madonna nel suo nuovo album in un brano-confiteor che si intitola non a caso «I’ m a sinner» («Sono una peccatrice»). Il disco esce il 26 marzo in tutto il mondo. Promette faville, anzi di più, visto che ha totalizzato il più alto numero di prenotazioni della storia di iTunes.

Fine del progetto “mi pento e mi dolgo”.

Crisi.

Dopo quest’ulteriore delusione, ho scavalcato il fosso, mi sono immedesimato nel prossimo papa, Leone XIV, e ho scritto un’enciclica, la Rerum Novissimarum, versione turbo della Rerum Novarum ottocentesca di LeoneXIII, sorta di manifesto degli indignati cattolici, in opposizione al conservatorismo destrorso di Papa Razzi.

Chi poteva prevedere di essere scavalcato dalla realtà, e ritrovarsi un vero papa super-sovversivo come il mitico Cecco della Pampa?

Crisi.

(imago: Anima Virgo-Pierina Morosini by Athos Mazzoleni,

prove d’immaginetta per NaturalMente2013)

47 tentativi fallimentari d’impresa culturale – 5

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rebus4

5 letteratura giovanileil mito dell’esordio letterario

Nel 1989 seguo alla Statale di Milano un corso di Brioschi sul Laboerintus di Sanguineti, mi colpiscono in particolare  le “Composte terre in strutturali complessioni” e mi colpisce soprattutto una morettina col baschetto-frangetta tipo Valentina by Crepax.

Per fare colpo su di lei comincio a scrivere brani di prosa poetica sperimentale.

Sono dei racconti brevi, sgrammaticati, senza punteggiatura. La morettina apprezza e incoraggia. Scatta l’ignoranza, mi metto a scrivere compulsivamente.

Compro tutte le riviste di letteratura underground e d’avanguardia, vado a Bologna alle prime riunioni Luther Blisset, studio scientificamente indirizzi, nomi, referenze dei cosiddetti piccoli editori (dove spesso si nascondono i grandi editor).

Poi la morettina dice: ho parlato con il mio fidanzato.

Crisi.

Invece viene fuori che anche al suo fidanzato piacciono molto i miei racconti, e anche al padre del suo fidanzato, che è un noto pittore amico di un pittore notissimo, al quale pure sono piaciuti molto i miei racconti, tanto che li ha dati a un suo amico, un piccolo editore molto chic, Corpo10, che pubblica testi di “prosa poetica” di autori come Pagliarani, Porta, Pontiggia, Majorino, Roversi, Tadini.

Corpo10 ha sede in una libreria in via Messina, ritrovo di pittori, scrittori, designer, architetti. Il patron di Corpo10 è Michelangelo Coviello, egli stesso poeta, copy e romanziere. Una sua raccolta si intitola “Dobbiamo vendere il cielo”.

Dunque, senza nemmeno averglieli mandati, incontro questo editore interessato ai miei racconti.

Mi dice che i miei racconti sono molto belli e dunque ha intenzione di pubblicarli. Devo solo dire di sì. Come nei film.

Emilio Tadini disegna la copertina, il libro si intitola “nylon verde”, 1991, Corpo10, lire dodicimila. Viene presentato a Radio Popolare, in librerie di Milano e Bologna, alla fiera dei piccoli editori al castello di Belgioioso, vengo invitato a Milano Poesia.

Avere meno di 25 anni, e un tuo libro con il tuo nome in vetrina nelle librerie più prestigiose, ti fa credere certamente di essere il più grande giovane scrittore italiano.

Da questa illusione giovanile, di cui tanti siamo rimasti vittima in ogni settore creativo, dalla fisica nucleare alla canzone popolare, derivano anni e anche decenni di delusioni.

Per cominciare, nel mio caso: scrivo altri racconti per il mio secondo libro, e sono racconti illeggibili, e impubblicabili.

Nel giro di un paio d’anni l’etichetta Corpo10 cessa le pubblicazioni.

Vengo invitato a ritirare le copie del mio libro a duemila lire l’una. Indignato, rifiuto, e abbandono il mio libro al suo destino (il macero).

Crisi.

Quasi vent’anni dopo ne trovo una copia stropicciata in una libreria ramainders, al prezzo di 3 euro, e dopo averci pensato a lungo (avevo in tasca 5 euro e una sigaretta, e il bancomat fuori uso causa rosso estremo) la compro.

Mi chiudo in casa, mi preparo un bagno caldo, mi verso mezzo bicchiere di Laphroig, mi accendo la mia bella sigaretta e comincio a leggere.

Crisi.

codice di buona pirateria

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JollyRoger

tanto per rinfrescare la memoria sia alle forze dell’ordine

che agli onesti cittadini rispettosi della legge

ma anche ai bravi equo-solidali che rifiutano l’etichetta di pirati,

il qui presente vivo e vegeto Bartholomew Roberts, alias Black Bart, alias Barti Dudu,

456 vascelli predati nel mar dei Caraibi prima di essere scagliato in mare nel corso dell’abbordaggio alla Swallow da una palla di cannone ricevuta in pieno volto,

già co-autore con sir Henry Morgan del codice di buona pirateria,

si permette di rammentarvi gli articoli del suddetto codice:

1) il comandante è eletto da tutta la ciurma riunita

2) Il bottino è diviso in quote uguali

3) chi diserta in battaglia viene punito con l’abbandono in mare aperto

4) nessuno a bordo o in porto può giocare a carte o a dadi per denaro

5) ognuno deve tenere sempre le proprie armi pronte e pulite

6) ognuno deve lavare la propria biancheria

questo codice, cari cittadini, era la nostra legge: ogni membro della ciurma, dal mozzo al comandante, aveva pari potere, col proprio voto, e pari ricompensa, con uguale parte di bottino,

e questo mentre nella civile Europa, nei regni di Francia, Spagna e Inghilterra, ogni bene o terreno era considerato come affidato direttamente da Dio al re, e da questi ai nobili, con la benedizione del clero,

allo scopo di far lavorare come schiavi il 90% dei cristiani,

e poter così mantenere nel lusso, nel vizio, e nell’impunità il 10% di eletti, ovvero la nobiltà e il clero (e i ricchi mercanti);

da sempre i servi che si ribellano ai privilegi di nascita dei nobili sono etichettati come criminali, ladri, pirati,

i primi pirati furono gli etruschi e i fenici, che assaltavano le navi dei ricchi mercanti greci;

la prima guerra del copyright fu l’assedio di Troia, che controllava con la pratica del marchio sia il  mercato dei cavalli che quello dell’oro di tutto il Mediterraneo,

i romani, popolo di mercanti, dichiararono guerra ai pirati con una gigantesca flotta al comando di Pompeo, e il Mediterraneo fu quasi completamente disinfestato fino al Medioevo, quando i pirati ricomparvero da sud e da nord, saraceni e vichinghi.

Il secolo di massimo splendore della pirateria fu il 600, in contemporanea alla rivoluzione scientifica e alla caccia alle streghe,

nel 700 l’Europa dei lumi e dei furbi mercanti dopo aver usato l’antico regime dei re e dei papi per schiacciare la ribellione femminile e debellare la pirateria, ha infine detronizzato i re e il clero:

in nome del popolo sovrano, e non di Dio, la borghesia, e non i pirati, ha sancito il diritto al tirannicidio, ha ucciso prima il re di Inghilterra e poi quello di Francia,

e ha creato questa nuova tirannide, di nome democrazia rappresentativa, che oggi, 200 anni dopo, è di fatto tornata a essere un ancient regime, un’aristocrazia-plutocrazia camuffata di legalità,

dove la funzione del tiranno è svolta da un’intera classe sociale, l’elite di potere,

costituita dalla classe politica e dalle lobby dei grandi azionisti e dei grandi manager pubblici e privati che si comportano esattamente come i baroni dell’antico regime:

arricchiscono, dilapidano e affamano il popolo, avendo dalla propria parte la legge.

Oggi la pirateria per mare si è trasferita nei mari caldi dell’Oceano Indiano,

ma sono etichettati come pirati anche i produttori di merci pirata e i contrabbandieri virtuali di merci elettroniche sull’Oceano Web,

e la guerra alla pirateria informatica sembra la nuova missione dell’impero turbo-capitalista occidentale, esattamente come nel 700:

mentre a rigor di logica borghese, e in nome del popolo sovrano, oggi sarebbe necessario il tirannicidio massivo dell’intera elite di potere,

(in Italia: circa 100.000 persone, che governano per conto dell’elite sociale, circa 5 milioni di persone)

cui è senz’altro da preferire per ragioni umanitarie ma anche pratiche il genocidio mirato del livello più alto, la testa del serpente (circa 1000 persone);

cosa del resto già praticata 200 anni fa in Francia e 100 anni fa in Russia.

Nello scenario odierno, si vuole sperare che l’elite di oggi sia più illuminata di quella soppressa a Parigi nel 1789 o a San Pietroburgo nel 1917, e si renda conto di dover concedere ai 3/4 della razza umana quantomeno la possibilità di sopravvivere utilizzando “il bene comune”, che nell’antichità erano le terre comuni, e oggi sono i free software;

ma le notizie non sono buone: oggi in  Russia è entrata in vigore la nuova legge antipirateria informatica, mentre in Italia è stato chiuso un sito che permetteva di scaricare gratis.

Ciurma, prepariamo il Jolly Roger!

(imago: Jolly Roger del pirata Henry Every. Il Jolly Roger era la bandiera dei pirati, ognuno aveva la sua, solitamente composta da un teschio, e tibie, o sciabole, o clessidra, cuore, fiore. Le navi pirata si avvicinavano battendo bandiera amica, quindi issavano il JR nero a significare salva la vita in caso di resa, e infine, se la preda tentava la fuga, issavano il JR rosso, a indicare l’abbordaggio alla morte.

Nella ciurma erano ammesse donne, ma soltanto con abilità e abiti maschili.

Molte donne condannate a morte per stregoneria trovarono una possibilità di vita nella pirateria.)