habemus tutorem

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hatu2

olim manifesta scabrosa patefacere poetarum opus erat

un tempo manifestare argomenti scabrosi era compito dei poeti,

ad esempio quando il regime decise di massificare l’uso del preservativo

anche a costo di sfidare la Chiesa, per ragioni di salute pubblica (bordelli, militari),

chiamarono il poeta più pagato dell’epoca, anzi, dell’epoque, un certo Gabriele D’Annunzio,

e mostrandogli il prodotto gli dissero: vogliamo conquistare tutto il mercato italiano con questo articolo, ma non sappiamo nemmeno come chiamarlo,

in America e Gran Bretagna si chiama “condom”, ma con le leggi sulla purezza della lingua non possiamo usare termini stranieri.

A quel punto il poeta/pubblicitario del regime si era fatto una bella mezza grammata di cocaina degli  anni Venti,

poi aveva intinto la penna nel calamaio, e schizzando inchiostro ovunque aveva scritto direttamente sulla tappezzeria del ministero: habemus tutorem

e si era divertito a guardare le espressioni sbigottite dei grandi capitani d’industria e ministri vari di sanità pubblica.

Annoiato, aveva spiegato che habemus tutorem significa “abbiamo protezione”

ma naturalmente, aveva aggiunto, habemus totorem sarà il sottotitolo, mentre il marchio commerciale vere e proprio “sarà costituito dal suo acronimo vocalico”,

e di nuovo aveva guardato gli occhi lessi dei suoi committenti.

L’acronimo vocalico di habemus tutorem, aveva detto infine, è: “hatu”.

Era balzato in piedi indicando uno a uno i presenti: hatu? Hatu, hatu e anche hatu! Dico a voi! Quando siete “hatu per tu” con la bella Gigogin preferite prendervi sifilide, lue, gonorrea e scolo, o avere protezione, e non dal papa, ma da hatu?

Chiamatelo “hatu”, e si diffonderà per l’Italia e l’Europa,

e anche in America: perché fa rima con I love you.

Capite? Concordate? Non importa, fate come dico, per questo mi pagate a peso d’oro!

Au revoir! Anzi: hatu!

animali da romanzo

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PWSimg

Shakespeare in Elav: esperienza fantastica, da raccontare.

L’occasione è stata la YULE FEST, assembramento di fine anno delle tribù dei pub/birrerie indipendenti

+ ii compagni d’avventura Matteo e Nicola (miei vicini di redazione di CTRL magazine)

+ il mitico cowboy Antonio del birrificio Elav, che alla pubblicazione del pianoB (idee vere per fare cultura, ricreare l’humus) aveva dato la sua disponibilità a ospitare iniziative di tal segno.

Idea nata da anni di esperienza, ma concretizzatasi in poche ore, con poche linee guida:

> Pub Writing Session significa ascoltare, trascrivere, mixare e pubblicare storie raccontate da sconosciuti davanti a una birra.

> il Pub Writer trasforma le storie sentite al pub in un romanzo corale,

in quanto scrittore di servizio non è un creativo, non è uno stilista, ma un artigiano anonimo, come i maestri pittori e scultori del medioevo,

l’opera che ne risulta non è d’autore, singolare, unica, ma plurale, comune, congiunta,

e dunque niente nome dello scrittore, né del “raccontatore”, ma tutta l’attenzione sulle storie, e non storie a piacere, di fantasia, letterarie, ma storie concrete, vere, capitate in questo 2013,

nello spirito della festa (YULE FEST è la festa nordica pagana di tributo al solstizio d’inverno, da cui ha origine il Natale cristiano) il tema scelto per la Pub Writing Session  “Shakesperare in Elav” è stato la fine/l’inizio: nelle 4 notti più lunghe dell’anno, si buttano fuori tutte le paure e gli incubi del vecchio anno, e si esprimono i sogni e i desideri del nuovo inizio;

perciò abbiamo fornito un “cartellone” delle storie da raccontare, 4 generi per 16 titoli proposti come una lista di birre tra cui scegliere:

> un storia da dimenticare

   una storia assurda -– sprofonderei – l’ammazzo – una pietra sopra

> una storia di sesso

   avevo bevuto – non così veloce – non può funzionare – chiamami

> una storia di soldi

 che pacco – soldi buttati – lo faccio per i soldi  – avendo i soldi

> una storia mai vista

   se rinasco – giuro lo faccio – neanche te lo immagini – una bella storia

L’unica “regola” è stata questa: storie brevi, 1000-3000 battute, cioè stampabili su un flyer e di produzione immediata (pronte in mezz’ora, tra racconto, trascrizione, edizione e distribuzione)

La Pub Writing Session ha preso vita con la collaborazione di tutta la redazione CTRL, una decina di writer coinvolti, così organizzati:

Resident Pub Writer: nella postazione-confessionale, costruita con 4 palllets, due seggiole e una panca/scrittoio, lo scrittore riceve “tet e tet” chi vuole raccontare una storia (min15-max30 minuti)

Insider Pub-Writer:  disseminati tra i tavoli, riconoscibili da un distintivo, distribuiscono le storie fresche di stampa, aiutano le persone a scrivere la propria storia, ascoltano e trascrivono sussurri e grida, mezze frasi,  storie di gruppo, conversazioni

Pub Writing Box: l’urna dove mettere la frase o la storia scritta direttamente da te

Pub Writing Editor: l’uomo alla stampante, che rapidamente riceve, rilegge, edita e stampa le storie.

Ne è uscita un’esperienza estrema, controtendenza, dal successo imprevisto.

In un contesto per nulla letterario, senza altri mezzi che qualche portatile e una stampante, abbiamo raccolto e pubblicato in 4 serate circa 150 storie “vere”,

come volevasi dimostrare, dove c’è buona birra, si trovano esemplari fantastici di maschi e femmine che in stato di grazia (non proprio sobri, ma nemmeno in ebbrezza molesta, diciamo alla seconda media) si rivelano animali da romanzo di prima scelta,

perché ti raccontano la storia così come l’hanno vissuta, il film, non le sensazioni e i ragionamenti che ti imbastiscono le o gli pseudo intellettuali da caffè letterario,

e tu rapido come una dattilografa scrivi tutto, ed è già tutto perfetto.

Alla Yule Fest vedevi in postazione il resident writer scrivere in diretta la storia di chi si sedeva davanti a lui,

la stessa cosa facevano disseminati in giro 5, 10 insider writer con portatile o notebook, mentre l’editor alla stampante sfornava le pagine di questo romanzo corale in progress,

e ovunque tra i tavoli persone intente a leggere, ed altre a scrivere a mano la propria storia sul retro, e a imbucarla nel box.

La pub writing session come spettacolo della scrittura, attrazione live, partecipata, è di fatto antica, ancestrale, cavernicola, rupestre;

evoca uno spazio protetto dove gli individui stanno raccolti attorno al fuoco, in prossimità fisica e intimità spirituale, a distanza d’alito;

nella caverna-pub la parola-voce diventa gesto-segno, incisione sulla roccia.

A mente fredda, si notano i caratteri dell’iniziativa:

> prima controtendenza: nell’epoca della creatività diffusa e del divismo di massa, tra scuole di scrittura e concorsi letterari, il pub writing è un’esperienza di scrittura non creativa, non d’autore, ma di servizio, d’ascolto e trascrizione, anonima.

> seconda controtendenza: nell’epoca del digitale e del web, il pub writing è la scrittura/lettura su carta, a voce, a mano, a distanza d’alito.

Dunque la scrittura come pratica sociale, fisica, manuale-orale, conviviale, a viva voce, frizzante, leggera, funziona,

e funziona lo scrittore come raccoglitore di brandelli di vita, e in seguito compositore di affreschi corali, texture che diventano il codice letterario di un luogo nel tempo,

e il pub il luogo deputato a pubblicare, come dice la parola.

Esperienza da replicare o testare in pub piccoli, in serate feriali, in modo stabile, continuativo, una sera la settimana, nel quadro di attività che rendono vivo l’humus culturale di una città.

La cosa che mi ha davvero stupito, oltre all’adesione del pubblico, è stata la disponibilità dei writer, liberati dalla responsabilità dell’autorialità, trasformati in un unico autore collettivo, capace di scrivere un romanzo-brogliaccio di 500 pagine in quattro notti.

Il vero lavoro editoriale adesso sarà quello di produrre una selezione delle meglio storie, per la pubblicazione rilegata, agile, in librino di 60-70 pagine,

e convincere il pub a pubblicare questo “polittico” come strumento di comunicazione, quasi a restituire ai propri clienti il distillato della grande bevuta di birra: lo “spirit”.

essere l’altro

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leo5

Uno scrittore che scrive di sé, come un cuoco che si prepara la cena, non serve a nessuno.

Una volta dicevo, provocavo, chiedevo ai miei allievi: e chi sei per parlarmi del tuo ombelico? Leopardi? Credi di essere Leopardi?

Davvero pensi che i tuoi moti interiori siano più interessanti delle variazioni del prezzo dei vitelli, o dei risultati sportivi?

Le antologie sono piene di “scrittori” che sono riusciti a scrivere e a diventare dei “grandi” nonostante non abbiano vissuto altro che una vita piccola, insignificante, penso a Petrarca, Leopardi, Kafka.

In realtà nemmeno Leopardi si contentava del proprio ombelico, e nella scrittura disperatamente cercava la possibilità di essere altro da sé, di essere Silvia, una siepe, un villaggio, una pianta, una rana, un topo.

Quando Kafka si immedesima in uno scarafaggio, che si nasconde terrorizzato dietro il divano, sta dicendo proprio questo: perfino uno scarafaggio è più interessante di me.

Al’estremo opposto del dilemma “scrivere o vivere”, abbiamo i grandi  “viveur” protagonisti di grandi avventure, imprese e conquiste erotico-militari, che oltre a vivere sono riusciti “anche” a scrivere, dico Giulio Cesare, Cervantes, Casanova, Ippolito Nievo, D’Annunzio, Bukosvky.

Entrambi questi approcci, chiamiamoli “leopardi moon” e “d’annunzio-mood”, si basano su una concezione titanica, lo scrittore come super-uomo, iper-sensibile o dotato di qualità eccezionali, fuori dalla norma, con una patente di superiorità auto-rilasciata…

Ecco allora l’aspirante writer che li prova entrambi, e dopo aver raschiato il fondo dell’anima, si decide a viaggiare, o si butta in qualche impresa assurda, pur di aver qualcosa da scrivere.

Scornato, si ritrova davanti il famoso foglio bianco di Mallarmè, e va in crisi. A questo punto arrivo io, e lo salvo.

Gli dico: esiste un altro approccio, più corretto, meno individualista,

un altro modo per fare lo scrittore che tutti possono seguire, apprendere, praticare, senza essere Leopardi o D’annunzio: è lo scrittore di servizio, una via di mezzo tra il confessore e il reporter, che raccoglie e scrive storie non sue,

è l’artigiano della mimesi, della capacità di immedesimazione,

è un demiurgo che impasta materia non sua, è il virtuoso del collage, il tecnico del montaggio,

è uno capace di viaggiare nelle esperienze altrui, e farne un grande affresco: è Omero, Dante, Shakespeare, Hemingway.

Lo scrittore vero non crea, ma trasmette: il vero senso  della scrittura è un gesto di comunicazione, fin dall’origine, un tra-scrivere.

Scrivere significa essere l’altro, scrivere le storie degli altri.

Ecco il mestiere dello scrittore, mettere su carta le storie che legge sulle labbra di chi racconta, ecco la chiave d’accesso al pieno godimento dell’esperienza di scrivere-leggere.

Oggi, nell’epoca del web, questo segreto, questo raccoglimento, questo incontro che dà origine alla scrittura, è perduto;

con il web moltissimi scrivono: in realtà la maggioranza non sta propriamente scrivendo, ma semplicemente parlando per scritto, in modo diaristico.

Ciò che da sempre si scriveva nel proprio diario, per custodirlo privatamente, oggi lo si scrive pubblicamente sul web,

e di fatto le esperienze, i ricordi vengono così dilapidati, dispersi ai quattro venti.

Pochissimi sul web sono scrittori, se intendiamo come mestiere dello scrittore scrivere le storie di chi non scrive. Di chi vive.

Dunque, uscire, andare al pub in cerca del vecchio marinaio, e delle sue ballate.

Da queste premesse, e una certa incoscienza, è nata l’idea della Pub Writing Session, e il progetto di creare la figura del Pub Writer, l’uomo che armato di penna o portatile ruba le storie nei pub,

il pub writer – come un dj – suona musica d’altri, la sua arte è la compilation, la scaletta, il remix, il coinvolgimento-riconoscimento in uno sfondo, in un tappeto sonoro, dei nodi, dei fili individuali.

la sua arte è quella di interpretare ed esprimere, cioè interpretare esprimendo ed esprimere interpretando, c’è anche una parola che indica questa prassi: ermeneutica.

Il pub writer è lo scrittore di servizio, il suo lavoro è quello di abbassarsi a far da levatrice.

(photo by Chiara Locatelli, il pub writer -scarafaggio Leone Belotti schiacciato dal tacco del potere ginecocratico)

no logo ante litteram

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SenecaNerone

formae quae optima sunt esse communia

omnia cum omnibus communicamus

ad vitam communem agendam nati sumus

le idee migliori sono di proprietà comune

condividiamo ogni cosa con tutti

siamo nati per vivere in comunione

(Seneca, epistulae; imago: Seneca istruisce Nerone)

sul logo del delitto

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LogoCarrara

notizia del giorno nel fantastico mondo della cultura BG: l’annunciata riapertura dell’Accademia Carrara (chiusa da 5 anni per oscuri motivi di guerre di potere) è rimandata ad Autunno 2014,

ma contestualmente si  presenta con gioia la nuova immagine basata sul nuovo logo, uno scudetto-freccia bianco su campo rosso (nell’immagine, quello al centro)

scottati dall’esperienza Bg2019 (grande concorso pubblico e logo gratis, così il mezzo mln di budget se lo sono bevuti il team di progetto “internazionale” e i totem di plastica), e sentitisi traditi dalla commissione, che ha scelto città meridionali,

i nostri eroi per questa immagine hanno ingaggiato uno studio di Bolzano (costo: 63.000 europubblici)

sul logo del delitto, “che da ora in poi caratterizzerà qualsiasi attività”, c’è da dire che è un evidente calco tra i fumetti di guerra d’eroi, e il “logo del diletto”  CTRL free fun magazine, testata indipendente che da anni veicola questo logo nei loghi della cultura giovanile, sbattendosi non poco, e facendo miracoli per stare in piedi producendo cultura a costo zero e diffondendola gratis.

Chissà perchè oggi si sentono leggermente presi per il culo.

a Natale siamo tutti Quarenghi

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Quarenghi_by_Alexander_Orlovsky_(1777-1832)

Si spengono le insegne, si svuotano le strade. Una badante russa e un muratore marocchino aspettano l’ultimo bus. Un vecchio infagottato si avvicina lentamente, con incedere elegante.

Dice: sono partito da ragazzo, con il sogno di costruire una città!

Ha l’aspetto trasognato, ed un naso gigantesco.  I due immigrati gli sorridono, e il clochard accenna un inchino alla badante: eccomi in capo al mondo, al cospetto dell’imperatrice di tutte le Russie! Vi riconosco, Maestà!

Commossa, la badante sfila una baguette dalla borsa della spesa.

Mon ami! Caterina la Grande mi porge le chiavi di San Pietroburgo per farne una grande capitale! Cento cantieri, le migliori maestranze… l’accademia delle scienze, l’istituto Smorny, la borsa, il maneggio, il teatro dell’Ermitage… la città è un’immensa pianta… e gli anni, i decenni  volano come foglie…

Poi il vecchio si interrompe, ha gli occhi lucidi. Guarda i due immigrati e legge nei loro pensieri. C’era ancora il comunismo, lei era una bellissima ragazza, laureata in chimica col massimo dei voti, piena di speranze,… adesso è solo una badante, e appena licenziata!

Il marocchino sa costruire da solo un edificio finito… ma ha un contratto da generico, a 3/4 della paga, e le dimissioni già firmate,  alla ditta basta mettere una data, una pratica diffusa.

Venite con me, avanti amici, seguitemi, nessuno vi aspetta, l’ho capito, sentite come  finisce la mia storia…

Pochi passi, e s’infila nella porticina di servizio di un palazzo nobiliare.  Sale uno scalone, scosta un tendone, si ritrovano in un salone.

Sedete, accomodatevi, ora chiamo la servitù… questa era la mia casa, qui ho spedito i miei libri, i disegni… sognavo il ritorno, lontano dalla patria mi ero ricoperto di gloria… indicibile fu la mia delusione, i miei familiari avevano disperso e venduto le mie cose, il municipio sequestrato i miei beni…

Sul tavolo compaiono piatti, bicchieri, pane e vino nel cartone. Rientrato in Russia… la sofferenza più grande… la morte di mia moglie… anche le feste, quando sei solo… una vita da emigrante… e quando mi intitolano una via, diventa la via degli immigrati…

La badante e il marocchino, barcollando dolcemente, accennano un valzer… c’è la luna sui tetti, e un gatto innamorato, che randagio se ne va, con i ricordi del passato, e un sogno mai sognato… Buon nuite, bonne nuite…

Silenziosamenteil vecchio e se ne va, dimenticando il suo cappotto… ma all’alba, da quel magico giaciglio, viene il vagito di un neonato… il marocchino ringrazia Allah, la badante gli dice di accendere il fuoco, è nata una famiglia…

si sveglia a poco a poco tutta quanta la città, arrivano i vicini, la notizia corre di bocca in bocca: miracolo di Natale in via Quarenghi! 

E si sentono tutti un po’ Quarenghi, vicini e lontani, e portano doni a quel bambino, venuto al mondo da clandestino, in una casa sfitta.

(by Leone Belotti, editoriale per CTRL magazine Dicembre 2013; thanks to Domenico Modugno; imago: caricatura di Giacomo Quarenghi by Alexander Orlovsky, 1802)

 

 

 

 

 

pub writing session

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SHAKESPEARE_IN_FASHION

Stasera, domani, sabato e domenica presso il birrificio ELAV, all’interno della YULE FEST a Comu Nuovo (BG), si terrà una Pub Writing Session per lanciare la figura del Pub Writer, lo scrittore da birreria,

il Pub Writer trasforma le storie sentite al pub in un romanzo corale.

Bukovsky Hemingway Shakespeare Dante Omero erano dei Pub Writers.

Dalla postazione-confessionale il Resident Pub Writer ascolta, trascrive, mixa e pubblica real time le storie raccontate da sconosciuti davanti a una birra.

Il tema della Writing Session “Shakespeare in Elav” è la fine/l’inizio:

YULE FEST è la festa nordica pagana di tributo al solstizio d’inverno, da cui ha origine il Natale cristiano. Nelle 4 notti più lunghe dell’anno, si buttano fuori tutte le paure e gli incubi del vecchio anno, e si esprimono i sogni e i desideri del nuovo inizio.

Il Pub Writer ti invita a raccontare storie con questi titoli:

> un storia da dimenticare

   una storia assurda -– sprofonderei – l’ammazzo – una pietra sopra

> una storia di sesso

   avevo bevuto – non così veloce – non può funzionare – chiamami

> una storia di soldi

 che pacco – soldi buttati – lo faccio per i soldi  – avendo i soldi   

> una storia mai vista

   se rinasco – giuro lo faccio – neanche te lo immagini – una bella storia

Le storie più belle saranno raccolte e pubblicate in edizione a inizio 2014.

“Shakespeare in Elav” è un’iniziativa  #pensacheignoranza ideata e realizzata da Leone Belotti/CalepioPress + redazione CTRL magazine.

Tutto sull’evento in facebook:

c’era una volta uno scrittore

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HicSuntLeones3

c’era una volta uno scrittore arrogante e saputello,

già da bambino lo chiamavano “garzantina”

alle medie mandava corrispondenze ai giornali,

a 20 anni pubblicava racconti sperimentali con editori prestigiosi ed era invitato a Milano Poesia

a 30 scriveva slogan pubblicità moda e design e romanzi rosa comprati da milioni di lettrici

tutto andava a meraviglia nella vita dello scrittore di successo

quando ecco che  una sera d’estate una maga a Brera gli predice il futuro: “diventerai un vero scrittore, ma prima dovrai passare le pene dell’inferno, perdere ogni bene e ogni affetto, e ridurti a chiedere l’elemosina agli estranei”.

Lo scrittore sorrise, dimenticò e continuò la sua “bella vita”:

passava le serate nei locali alla moda offrendo da bere a chiunque,

non c’era vizio che non coltivasse, andava a letto all’alba e si alzava al tramonto,

scriveva di malavoglia, facendosi pagare sempre più, ormai lavorare gli pesava,

passava sempre più tempo immerso in altri mondi, leggendo centinaia, migliaia di libri, di ogni tipo,

il virus della lettura stava spegnendo l’impulso alla scrittura,

donne importanti, uomini facoltosi si affezionavano a lui, gli dicevano sei come un figlio per me,

allora lo scrittore sentiva il dovere morale di tradirli, ferirli e denigrarli per farsi ripudiare, e tornare sulla strada,

a 40 anni si era ormai venduto e bevuto tutto, macchine moto, casa, soldi, committenti, contratti,

e una bella mattina si svegliò rinato, gli era tornata la voglia di scrivere, e il fuoco inestinguibile della bellezza e della verità,

per due anni si richiuse a scrivere il grande romanzo consumando le sue ultime risorse materiali:

quando il romanzo fu finito, lo scrittore era ridotto come un barbone, e il romanzo non gli piaceva,

ma come Ulisse, dopo un lungo viaggio, con tutti i suoi anni sulle spalle,

ora capiva davvero i suoi autori più amati,

e cosa intendevano dire Dante, Bianciardi e Landolfi (libertà, che è sì cara… a chi per lei fa vita agra… e gli tocca andar per minestra),

e andando per minestra, una sera in un bar incontrò un vecchio mago che gli rivelò i segreti dell’arte di scrivere e gli affidò l’alto compito:

“non pensare più a clienti, committenti, enti pubblici, fama, gloria, soldi,

lavora per l’umanità, per il cliente uomo, interpreta l’autentico spirito del reporter e dello scrittore, raccogli e racconta storie,

occupati degli ultimi, di chi non ha uffici stampa né sponsor, metti nelle tue storie le idee dei giovani, i ricordi dei vecchi, i guaiti dei cani,

e non disdegnare l’attualità, spiega la realtà intorno a te, la cronaca locale, che è la storia di tutti,

fai tutto questo disinteressatamente, e professionalmente”

Lo scrittore cominciò, andò a recuperare i suoi 20 anni di professionalità ai massimi livelli, e li mise sul piatto di questa nuova impresa:

diffondere nel nuovo mezzo, il web, il messaggio antico:

la libertà d’espressione, il diritto/dovere di cronaca, la verità dietro gli sponsor, la narrativa/reportage come testimone del nostro tempo,

e così lo scrittore di romanzi rosa per primo denunciò lo scandalo del parcheggio Fara/Rocca; dell’ecomostro di via Autostrada, della truffa alla cultura Bg2019…

e così facendo stabiliva record di visite, like e commenti, e riceveva moltissime lettere e attestati di stima, ma anche minacce, denunce, cartelle esattoriali,

e un drastico tracollo di committenti, clienti, incarichi.

Il prezzo della libertà d’espressione!

Allora si ricordò del consiglio del suo vecchio maestro:

“quando non avrai più di che vivere, lancia un appello, come fece Leopardi, pubblica il tuo bilancio da scrittore, troverai il tuo Colletta, e i tuoi lettori faranno il miracolo di Natale,

chi potrà, ti aiuterà, e chi non potrà mandarti soldi ti darà incoraggiamenti: anche quelli servono, e non poco!”

E così lo scrittore vinse ogni vergogna e pubblicò  il suo bilancio:

1)  produzionetotale 2013: c.ca 3000 pagine complessive di testi; 250 post pubblicati sul blog gratuito Calepio Press; 5 progetti start/up; 2 concept riconversione/innovazione; 2 romanzi inediti; 2 saggi inediti; 15 editoriali/rubriche per CTRL magazine – 1 twitter  storify (#pensacheignoranza con CTRL e A.Bonaccorsi)

2)  entrate totali 2013: € 6400 (fatturato totale Calepio Press 2013, redazione testi per conto terzi)

> donazioni-colletta: qualsiasi importo pro “leone lo scrittore in estinzione”:

conto n. 73965 Calepio Press di Leone Belotti – UBI, filiale S.Caterina, Bergamo,

ABI 05428     CAB 11102  IBAN    IT98  K054 2811 1020 0000 0073 965

> Vediamo se il vecchio mago aveva ragione: tu fai del tuo meglio, e i lettori faranno il miracolo. (photo: Leone Belotti in vetrina

(ps: un grazie a tutti gli amici, collaboratori e sostenitori, li considero “soci in pectore”, li ripagherò continuando a scrivere tutto quel che sento di dover scrivere. Un grazie speciale a Federico-Obliquid  cui si deve la piattaforma grafica, l’hosting e l’esistenza fisica del sito)

ignorantissima mattarellum aut matellam in capitem

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socrate_e_santippe

ignorantissima et formosa perfecta est mulier

dixit Socrates et pulchram Xantippem uxorem duxit

sed ea mox fessa verbosissimi coniugis

hysterica et furiosa ingiurias in publico et contumelias domi in maritum iacebat

et filios monebat vae vobis si virtutem et sapiantiam secuti estis sicut pater vester

et cum Socrates nocte silens redebat mattarellum aut matellam in capitem eius deturbabat

Atheniensis vir primus auctoritate et sapientia in potestate uxoris flagitiose erat

ergo Alcibiades amico querit cur eam derelinquendam non esset

et Socrates respondit Xantippem sibi optimam palestram vitae esse

lata foemina lata omnia

la moglie perfetta è molto ignorante e molto formosa disse Socrate e condusse in sposa la bella Santippe,

ma lei presto stanca del verbosissimo coniuge isterica e furiosa lanciava al marito insulti in pubblico e offese in privato e ammoniva i figli: guai a voi se seguite la virtù e il sapere come vostro padre,

e quando Socrate la notte rientrava silenzioso gli rovesciava addosso il mattarello o il pitale dell’urina,

il primo nobiluomo Ateniese per autorità era scandalosamente soggiogato dalla moglie,

perciò Alcibiade chiese all’amico perchè non la lasciasse e Socrate rispose che Santippe era per lui la miglior palestra di vita: sopportata la femmina, si sopporta tutto.

(imago: Reyer van Blommendael, 1628-1675, Santippe rovescia il pitale in testa a Socrate)

creò gli animali e vide che era cosa buona

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teologiaAnimal1

“Permettetemi di dire con franchezza una cosa: siamo circondati da un’impresa di degradazione, crudeltà e sterminio in grado di rivaleggiare con ciò di cui è stato capace il nazismo”

“Il nazismo ha prefigurato il destino degli animali nell’epoca della tecnica. Abbiamo scoperto dopo Auschwitz cosa significa essere trattati come animali.”

“Gli allevamenti intensivi “a norma di legge” rappresentano una tale massa di dolore e deprivazione che è veramente ipocrita pensare che siano un beneficio per gli animali.”

“Il caso “mucca pazza” non ci ha aperto gli occhi sulla responsabilità nei confronti degli animali: ha semplicemente ed egoisticamente puntato l’attenzione sulla “nostra” sicurezza alimentare.”

“Quando Dio crea gli animali,  la Bibbia dice e vide che era cosa buona,

quando crea l’uomo, Dio non dice nulla, non dice che era cosa buona”.

“L’animale che io guardo e che mi guarda, l’animale con cui parlo e che a modo suo mi parla, è nella maniera più completa il mio prossimo”

(da RadioRaiTre, Uomini e Profeti, conversazioni con Paolo De Benedetti, raccolte in volume da editricre Morcelliana, Teologia degli animali; imago by Chagall 1930)