a Bergamo Bassa c’è vita, perfino culturale

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Da sempre ci si sente dire da amici scienziati: come fai a startene a Bergamo, non c’è vita culturale! Ultimamente anche assessori, immobiliaristi e commercianti lamentano la mancanza di vita a Bergamo Centro.

Controcorrente, vorrei segnalare la presenza di tracce di vita in città, perfino culturale.

Non mi riferisco alla vita culturale istituzionale di consumo (eventi, festival, cartelloni) ma al sostrato, all’humus, al fermento: intendo persone, luoghi, discorsi, incontri, iniziative sperimentali no budget, intendo quella “temperie” che facilmente riscontri e vagheggi quando leggi i diari di Canetti o Zweig sulla Vienna belle epoque anni 10-20, quando alle terme o al caffè incontravi Freud, o Wittgenstein, o Kokoschka, o Karl Krauss; oppure la Parigi fin de siecle, dove potevi trovare Baudelaire in un bistrot, o discutere con Cezanne e Zola, e finire la serata la Moulin Rouge con Boldini e Toulouse-Lautrec e …

Il fatto è che chi sogna di incontrare Baudelaire al bar, quando lo incontra realmente, non se ne accorge nemmeno.

Invece, se hai lo spirito giusto, ovunque, anche a Bergamo bassa, puoi avere una vita intellettualmente eccitante come Krauss a Vienna o Zola a Parigi… cioè, devi fare mente locale… se ad esempio  entri al bar Moderno, classico bar qualsiasi zona Piazza Sant’Anna, ,vedrai un tipo che confabula con altri due: gli sta spiegando modi di dire in dialetto, ci sono improvvisi scoppi di risate,  lui non è un divo, è solo il capo-macellaio della Dimo-car (tipo sanguigno, battute taglienti…), e gli altri due sono writer di note agenzie pubblicitarie, che sbevazzano insieme, però…

Attraversi la strada, e a BgBirra trovi l’editore-birraio de l’Osservatore Elaviano che parla con un vecchio pittore. Appartati, come in cospirazione, ecco gli organizzatori clandestini degli Invisible Show, sotto lo sguardo del capellone secolare delle edizioni musicali Carrara. Ancora più capellone, su uno sgabello, alto e magro come una pertica, puoi vedere un giovane clavicembalista di livello internazionale, che abita qui dietro, e normalmente  è perso nella musica che ha in testa, per cui se lo vuoi salutarlo devi picchiargli dentro. Entra una donna poco appariscente, è un luminare della medicina, gli chiede: cosa bevi? E lui risponde: Bach, Bach padre.

Scendi a prendere il pane,  anche il fornaio, il Vanotti, è nello spirito giusto, ha riempito la bottega di libri in book-sharing, e ogni giorno scrive la sua massima assurda su una lavagnetta.

Il fatto è che a un tiro di sigaretta dalla piazza abbiamo almeno una decina tra redazioni e lab creativi: ti parlo di me, del centro sperimentale di comunicazione Calepio Press e della redazione di CTRL magazine, che ridendo e scherzando mese sì e mese no è segnalato come uno dei magazine più “avanti” a “livello europeo” (wow)

c’è il lab Multimmagine, fucina di video-creativi, e sempre nei pressi ci sono anche le redazioni “regimental” di Qui Bergamo, di Città dei Mille, e anche Cobalto edizioni e anche le millenarie edizioni musicali Carrara… manca giusto L’Eco di Bergamo…

effettivamente potremmo anche montarci la testa e dire che Piazza Sant’Anna è il “distretto del pensiero” di Bergamo Bassa, con relative bassezze:

per esempio a un certo punto in piazza appare la classica donna-pantera che scende dalla Mini a fare il bancomat o a comprare 1 mela una, aggressiva come una bresciana a Milano: è certamente una account del QuiBg o della Città dei 1000, una macchina da guerra capace di stoccare in mezz’ora di moine il 1000 o 2000 euro all’imprenditore per mettere lui, la sua villa e la sua macchina sul magazine patinato, mentre tu che scrivi due romanzi l’anno o i tuoi amici che suonano tutte le sere non riuscite a campare…

insomma, gli stessi problemi che avevano Baudelaire e Cezanne…

Quindi, ragazzi, non state a farvi troppo menate sulla vita culturale, sulla mentalità della piccola città, andate oltre, prendete quel che cola dalla realtà, mischiate con i riferimenti  culturali scolastici, con i grandi maestri morti da secoli, e li vedrete rivivere, e anche la vostra vita prenderà senso…

Se nella tua testa non c’è fermento, se nelle tue viscere non c’è fuoco, è inutile che trascini le membra a Berlino, o a Londra…

La cultura te la crei, te la vivi, o non ce l’hai.

Diceva Gigi Lubrina: tu immagina che la vita sia un romanzo, o un film: vedi uno, gli dici una cosa, e vedi cosa succede. La vita culturale è questa…

Ma questo bel quadretto non ti basta, lo so, tu vuoi un esempio concreto, vuoi la “case history”, vuoi che ti racconti di un qualche progetto divenuto un prodotto culturale vero, di rilevanza e spessore…

Allora ti racconto questo: una sera di un anno fa, redazione di ctrl magazine, si cercano idee per nuove rubriche – che noia il reportage dal rave party! – e provo a buttare lì un’idea stonata: perchè non fare delle recensioni delle messe in quanto spettacoli, dove raccontare la location, le vibrazioni, il carisma del front-man e l’integralismo della massa-pubblico…

un’idea non nuova, già Camillo Langone faceva qualcosa del genere sul Foglio…

quello che non mi aspettavo era che nascesse un serissimo e pimpante gruppo di ricerca dedicato, il gruppo Cultras, composto da x giovani menti brillanti (musicologi, sociologi, storici, letterati) che con pseudonimi vari, in modo Debord-ante, da ormai un anno firmano recensioni mai viste: la messa del vescovo, la messa in latino, la messa dell’invasato, la messa dei protestanti, dei testimoni di geova, dei mormoni, degli ortodossi…

Si tratta di un “lavoro culturale” destinato a rimanere: ricerca, divulgazione, scandalo, e anche correttezza ed equilibrio.

Lo stesso gruppo sta realizzando anche un altro “lavoro culturale” davvero interessante, il remake in linguaggio underground del martirologio cattolico, cioè le vita dei santi + immaginetta, ogni giorno il santo del giorno in una pagina, in linguaggio contemporaneo, con illustrazioni originali che riescono nella mission impossible: rinnovare l’iconografia cattolica….

una cosa che la Curia, L’Eco, la Fantoni e il Sant’Alessandro messi insieme con tutti i loro soldi, i loro biblisti e i loro madonnari non sono in grado di fare, limitandosi a pubblicare ogni anno sempre le stesse vite dei santi ingessate da decenni, o secoli…

Questo lavoro, che in realtà proprio perché sincero e rispettoso, raccontando i santi come personaggi contemporanei, reali, estremi, nella città più bianca e bigotta d’Italia, risulta  autenticamente dissacrante.

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Potrei raccontare molti altri progetti che conosco da vicino, a metà tra ricerca e provocazione, autofinanziati, sostenibili, come la Badante Alighieri, agenzia letteraria per scrivere la biografia del nonno; la Pub Writing Session, lo spettacolo della scrittura nei pub; gli Invisible Show; i Contemporary Locus…

Intanto, nei loro uffici, assessori e immobiliaristi, che di questi fermenti non sanno niente, vogliono, o dicono di volere, fare qualcosa per dare più vita al centro di Bergamo Bassa, al cosiddetto Centro Piacentiniano.

Ora, se vuoi veramente dare vita al centro, devi osservare quello che succede nei borghi, e studiare la storia della città. Il centro di Bergamo Bassa non nasce come località centrale, ma lo diventa in quanto “passante” tra i borghi. Devi allargare il quadro, e la prospettiva.

Non è ignorando o soffocando i fermenti dei borghi, che porti vita in centro, ma piuttosto restituendo vita e senso di connessione al Sentierone in forma di “passante verde”, tracciato pedonale da aprire con poca fatica materiale (e molta mentale!) tra la Carrara-Gamec e Piazza Pontida, attraverso i parchi Suardi-Montelungo-Caprotti (cancelli da aprire…) fino a S.Spirito, e poi via Tasso, Sentierone e via XX Settembre.

Con questo anello pedonale tu scendi dalle mura, da Porta S.Agostino/via S.Tomaso, traversi tutto il centro e risali da S.Alessandro in Porta San Giacomo: e così integri città alta e bassa nella fruizione turistica pedonale, storico-artistica,

questo i turisti lo apprezzerebbero, e così pure i commercianti del centro e dei borghi, che per loro natura miope sono incapaci di vedere che oltre l’isola pedonale –  la tomba dello shopping – c’è l’arcipelago pedonale, e la resurrezione urbana.

Se Bergamo deve rinascere come città d’arte-turismo-cultura, è chiaro che i fermenti verranno dai borghi, dai luoghi dove ci sono artisti, gallerie, editori, sono loro che faranno crescere la città come città d’arte e cultura, proprio come secoli fa gli artigiani e le botteghe dei borghi hanno creato la città commerciale…

non serve fare la partnership con l’università di Harvard e spendere milioni in progetti di Smart City, sto parlando di aprire cancelli e portoni, sto parlando di aprire la mente della città…

forse non tutti sanno che il Sentierone  in origine si chiamava Sentierino, ed era appunto un Sentierino che collegava i borghi attraversando il grande prato di Sant’Alessandro (dove oggi sorge il centro Piacentiniano).

Aumentando il flusso, il Sentierino divenne Sentierone,  quindi si costruì la fiera, quindi il centro Piacentiniano oggi desertificato.

Ma il tracciato del Sentierino lo vedi ancora, tu guarda la mappa del 1600, e riconosci il filare d’alberi che ancora oggi corre a lato del Sentierone tra la Chiesa di San Bartolomeo e Palazzo Frizzoni: quello è il Sentierino.

Ricoperto di vecchio asfalto, orlato da brutti pannelli con brutte affissioni pubblicitarie, meriterebbe maggior cura, e una targhetta che in poche righe racconti la storia, e il senso, del Sentierino che diventò un Sentierone.

Insegniamo alle persone ad attraversare Bergamo Centro a piedi, dalla Carrara alle 5 vie, e riavremo la centralità del Sentierone.

Ma qui abbiamo architetti che vanno in America a farsi spiegare come fare marketing urbano, e poi tornano masterizzati, e per rivitalizzare il centro hanno idee brillantissime come quella di cambiare nome a Largo Bortolo Belotti, perché “è un nome che non ha appeal turistico”.

Io questi li rinchiuderei due o tre mesi al Gleno a leggere bene la Storia di Bergamo e dei Bergamaschi di Bortolo Belotti in 10 tomi e 2000 pagine, da sapere a menadito per riavere la libertà.

Il fatto è che la cultura a volte manca proprio agli uomini di potere che vorrebbero promuoverla. E alle donne, pardon.

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9 thoughts on “a Bergamo Bassa c’è vita, perfino culturale

  1. Mi sembra il pezzo più campato per aria che Lei abbia mai scritto. Con tutto il rispetto, sembra scritto da un dodicenne presuntuoso.

  2. Sarà banale ma, le persone o i personaggi da Lei citati – visto e considerato le attività pubbliche a cui ho avuto il piacere\dispiacere di partecipare con somma gioia iniziale e depressione posteriore – ripercorrono provincialmente vie percorse già altrove da anni e da anni evolute. Sono in costante ritardo o peggio, annaspanti dentro un cattolicesimo manierista e manicheo odorante di progressismo che traspare ovunque. Vorrei farle notare che non sempre è colpa di chi governa la città degli uomini, nel BelPaese, sovente, il popolo è correo e plaudente alla città secolare (vedasi il quasi nullo conflitto d’interessi del ‘si fa per dire’ nuovo direttore della prosa cittadino, pari all’inadeguatezza settoriale). Dopo tutto una prebenda, alla fine, non la negano a nessuno se schierati dalla giusta parte, che sia imperiale o papalina. Nel mezzo… l’ostracismo pericleo. Corsi e trascorsi italioti.
    Vuole fare cultura? Abbandoni l’orgoglio campanaro del provincialismo sbandierato come appartenenza culturale (reminescenza oratoriale occludente il bulbo oculare che da edotto trasforma in erudito da bandiera in ogni occasione) e, con coraggio si lanci nella mischia della cultura contemporanea.
    Ammetto che: Se, è risentito dal mio pensiero non me ne frega niente. É meglio che cambi mestiere. Aspetto sua invettiva o curiale silenzio.

    ps.
    Anzi non me ne frega.

    Cordialmente Suo

    • a me invece interessa sapere – se ha la pazienza e sostiene la fatica che costa raccontare – come le sia successo il passaggio di stato piacere/dispiacere gioia/depressione… concordo sulla correità… lei evoca molti temi …. se penso al design e alla moda made in italy, mi pare che il famoso “gusto internazionale” sia stato creato a uso e consumo della provincia-mondo, rovato e dallas nn mi sembrano così lontane… L

      • Non sono aduso esprimere il mio sentire e vorrei non scadere nella lamentazione di ciò che non va. Ma, appago la sua curiosità con due esempi vissuti:

        1° piacere e dispiacere _ del mio ritorno al luogo delle emozioni e delle fantasie dei giochi da bambino (ex monastero del Carmine) riaperto allo sguardo della cittadinanza nel segno della cultura [d’arte non se ne parla…] consegnato nelle mani della sottocultura proletaria maximalista che ne fa scempio con installazioni da macelleria mexicana e teatro vivo… vomitevole. Porta alla memoria la spensieratezza di un giovinetto attratto da Bakunin, intrigato dall’arte, dalle frequentazioni pubbliche sotto le volte della biblioteca Maj, i maoisti (alcuni di loro furono amici dall’intelletto sublime ma fragile).
        Precisazione: il dispiacere non consta del tempo andato, meno male che è andato, ma nell’involuzione dell’arte a sottocultura generalista di massa propinata come futuro del futuribile ma mai raggiungibile: Corrente di pensiero che scaturisce dalla generalizzazione dell’intelletto e dal pensare l’artefatto (contraffarre o contraffazione), ovvero: pulsioni non più indagatrici dell’uomo sono assunte a sistema interpretativo con accezione personalistica e autoreferenziale nella tradizione ermeneutica moderna dell’indebolimento dell’essere che si presenta come una forma particolare di nichilismo dal ‘pensiero debole’; moralmente intende affermare che la morale non esiste di per sè e che tutti i valori morali sono stabiliti astrattamente e artificiosamente ove la conoscenza, per qualche aspetto, non sia possibile o che la realtà in effetti non esista. Una anomia, assenza o mancanza di norme e forme, funzionale alla regolazione del comportamento sociale dell’individuo e della collettività associato al significato di illegalità o disprezzo per le leggi, sia umane che divine. Un modo di filosofare o speculare, elucubrare, che si attua dentro la crisi moderna e contemporanea della base cartesiana e razionalistica del pensiero dove la possibilità di una riforma del sapere è connessa con la riforma dell’uomo.
        E qui credo che, forse, solo in 3 abbiano inteso: purtroppo affrontare i contenuti d’arte o artistici significa andare oltre il semplice (non sempliciotto) gusto personale e la conseguente gestualità estetica per sopravanzare l’emotività smossa dall’inconscio e tutto ciò che c’è prima della Ragione, indagando.

        2° gioia e depressione _ nel vedere un luogo simbolo come le ex Carceri e conseguenti considerazioni implicite ed esplicite che lascio alla bonomia del lettore (dalla mia noto solo che il solito prurito anale sulla vita sexuale carceraria è soddisfatto con l’esposizione di giornali d’epoca… che trovo inopportuno e inadeguato, esteticamente orribile, dalla profonda mancanza di rispetto al dolore dell’uomo che vi aleggia e ancora abita. Culturame deviato del voyeurismo contemporaneo degli organizzatori.) quando scopro che la noise artist Maria Jiku performer attiva come dominatrice nell’arte del dolore si esibirà… «Noise artist! Arte del Dolore! Giappone! Carcere!» più dj set bergamasco con tanto di folla urlante e calcante nella galleria… cervello in corto circuito e depressione, roba anni 1970. Serata seguente arriva il trionfo del tonfo con i bergamini artisti entro le mura di derivazione cinematografara e grafico impegnato (vedasi descrizione incomprensibile superiore). Mi domando, a parte i bergamini totalmente adusi dal senso di realtà, con rispetto parlando dei bergamini: qualcuno, in città, si è preso la briga di capire la performer o, solo perchè viene da Berlino va tutto bene? Non intendono che lo Shintō o Shintoismo praticato in Giappone relega il corpo della donna a mero ornamento… e qui mi fermo. Comunque roba già vista che puzza di naftalina andata in malora, tarlata, spacciata per novissima.

        I temi di cui mi rende conto, chiedono una dissertazione necessaria per andare oltre il mero e quotidiano qualunquismo di cui il Nessuno del post seguente, d’omerica memoria, e desideroso del quarto d’ora di celebrità è latore indefesso. Un blog, forse, non è il luogo più adatto al lettore seppur interessato.

        In quanto alla moda concordo e aggiungo che: di Rovato non ne so ma di Bergamo e Milano si. Vedasi due esempi provinciali eclatanti con la Mariuccia e i Principini del lago alla rincorsa del riscatto sociale… e che dire del Charro, quasi nessuno sa che è cittadino ma di altra pasta. Senza dimenticare i Legnanesi, non la compagnia teatrale ma D&G, Versace, Ferrè e, i molti calati da tutte le latitudini dalla Provincia italiota, la lista è lunga, assurti a maitre a pensar come guide morali o intellettuali, politiche, che con i loro scritti o discorsi orientano e influenzano un gruppo di persone o la società.
        Per il design no, siamo unici e in quanto unici rimaniamo nella storia in attesa di un novo avvio, la sola pecca è che: non ci sono più giovani liberi mentalmente, zucche vuote dove l’eco socializzante è l’istanza scolastica del momento a qualsiasi età e qui si aprono le voragini del pentimento contemporaneo dove nessuno è più in grado, o capace, d’assumere la responsabilità morale della salvaguardia dell’identità. Piagnisteo infinito correo della perdita di generazioni umane con le conseguenze che ne derivano, non ultima, l’attrazione fatale al fidejsmo di qualsiasi natura.

        É vero Dallas non è poi così lontano, le dirò di più scorre lungo valli e pianure soleggiate, pervade i boschi risalenti le montagne innevate, rutila sugli arenili soleggiati e nelle piazze antiche del BelPaese. Comunque niente di non già visto sotto il Sole della penisola e niente di non esportabile, come sempre.

        ps. dovrei ringraziarla per l’ospitalità e del mio quarto d’ora di celebrità, in oltre: Non sono stato sintetico come richiede il dogma contemporaneo della comunicazione ma: chissenefrega.

        cordialmente suo

        • Grazie, capisco (non tutto) e apprezzo il Suo stile “vecchio” e Le chiederei un ulteriore contributo: sbollita la rabbia, perché non “raccontare” in un paio di cartelle (o più) quel che facevate in quel “luogo delle emozioni e delle fantasie dei giochi da bambino (ex monastero del Carmine)” anche a beneficio dei genitori di oggi che sorvegliano i pargoli nelle aree giochi come detenuti… trovasse anche qualche vecchia immagine… e pubblicare, in questo blog, o mandarmi il link, se se ha un Suo blog o altro.
          L

          • Grazie no. Non è presunzione ma per natura, rifuggo lo ‘stavamo meglio quando si stava peggio’ in quanto: passato significa tempo andato, ieri. Quello a posteriori è storia. Mi occupo di cultura e non vorrei che la nostra discussione fosse travisata in mero esercizio pubblicitario, quale non è. Comunque, Le lascio l’indirizzo internet, http://www.artless.it con la prece di cancellare questo post, nel caso

            cordialmente suo

  3. …. se pensa come scrive…Sig Fabio, deve avere una mente piuttosto contorta e pensieri poco chiari;
    non che me ne importi delle sue considerazioni, c’è tanto di quel menefreghismo che la sua parentesi non fà alcuna differenza ma voglio lasciare il mio disappunto per simpatia a chi scrive questi post da anni, che leggo con piacere e curiosità, pur non condividendone sempre i contenuti
    pace e bene sig Fabio !

  4. Grazie no. Non è presunzione ma per natura, rifuggo lo ‘stavamo meglio quando si stava peggio’ in quanto: passato significa tempo andato, ieri. Quello a posteriori è storia. Mi occupo di cultura e non vorrei che la nostra discussione fosse travisata in mero esercizio pubblicitario, quale non è. Comunque, Le lascio l’indirizzo internet, http://www.artless.it con la prece di cancellare questo post, nel caso

    cordialmente suo

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