documento obsoleto

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Cannes Film Festival 1980

(pubblicato il documento con le spese sostenute per Bg2019, abbiamo chiesto al signor G, 84 anni, socio di un centro anziani, quale sia l’umore dei seniores sulla capitale della cultura, e il signor G ha cominciato a parlare dei problemi dei centri anziani, tanto che temevamo fosse partito per la tangente…) 

nella città di Bergamo ci sono più di 20 centri diurni-anziani,

strutture nate e concepite 30 anni fa, sull’idea di “anziano” dell’epoca,

oggi le cose sono molto cambiate, ma per la nostra amministrazione pubblica, gli anziani, gente tranquilla, sono l’ultimo dei problemi,

fino ad oggi se ne occupavano le circoscrizioni, da domani essendo state abolite le circoscrizioni non se ne occuperà nessuno,

molti centri diurni rischiano di chiudere presto per una serie di ragioni “disorganizzative” e mancanza di coordinamento e gestione da parte del comune,

per dare l’idea: oggi ognuno dei 20 centri anziani stipula la sua assicurazione e per frequentarlo occorre essere soci, quindi  se vuoi andare a fare il torneo di scopa o la gara di liscio in un altro quartiere, devi iscriverti anche lì,

basterebbe “fare un cartello” per stipulare un’unica polizza (più vantaggiosa!) e un’unica tessera-soci, valida per tutta la città, e più economica!

a questo dovrebbe servire la politica, questo dovrebbero fare gli amministratori,

lavorare per razionalizzare e migliorare i servizi,

era questo che promettevano gli uomini (e le donne!) della giunta Tentorio, e invece per inseguire il sogno della capitale della cultura, e però essendo privi di immaginazione, hanno dilapidato capitali con somma ignoranza!

ps: volendo approfondire la questione “centri anziani” esposta dal signor G, abbiamo fatto una ricerca on line, e ci siamo imbattuti in un caso fantastico di “umorismo da motore di ricerca”: provare per credere: se digiti in google “centri terza età bergamo” la prima voce che esce è  Servizi Sociali – Centri Diurni terza età – Comune di Bergamo

dopodichè, se provi ad aprire la pagina, compare un avviso che dice: “Attenzione! Il documento richiesto è obsoleto”

no name

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parliamo-tanto-poveri-sono-matti-sono-diavolo-6351f744-e076-4b5a-a476-99106bc341e1

un affermato professionista settore creativo, grande talento che si è fatto da solo, no figlio di papà,  invitato a raccontare la sua storia, la gavetta, l’umiltà, i sacrifici eccetera, così mi risponde:

la mia “storia” è mediocre e non merita di essere esaltata,

si tratta semplicemente di un po’ di caparbietà unita a molta ignoranza ma che nel panorama generale di livello bassissimo, ha l’opportunità di galleggiare abbastanza bene,

e poi non reputo importante esaltare il mio lavoro, forse sarebbe più utile parlare del lavoro  di mia moglie, che come insegnante, con spiccate doti umane, professionali unite ad intelligenza,  attraversando tutta la provincia, ha svolto e svolge un’attività con risultati eccellenti nell’interesse della comunità…

ma anche lei sarebbe assolutamente contraria a qualsiasi forma di pubblicità…

un uomo non è un totem

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totemust

ciao claudia chi ti scrive è lo spirito del vecchio vù cumpra

per chiederti di togliere i totem con la mia immagine

ho saputo che molte persone ti hanno già fatto questa richiesta ma non hai ancora risposto a nessuno

ho saputo che questi 100 totem sono costati 500 euro l’uno

ho saputo che per 3 volte sono stati sostituiti per un totale di 150.000 euro

ho saputo che fotografare persone con in mano un cartello serviva a dare l’impressione della partecipazione della gente al progetto

ho saputo che pochi giorni dopo essere stati installati non avevano più senso perchè il progetto è stato bocciato

devi sapere, cara claudia, che quando mi hanno messo in mano questo cartello con quella frase, per dare l’idea di una cultura senza frontiere, avrei preferito raccontare la mia storia,

devi sapere che vivere il territorio per me non significa fare escursioni turistiche ma rischiare la vita e perdere la dignità per un pezzo di pane

devi sapere che quando avevo nove anni i signori della morte hanno fatto a pezzi tutta la mia famiglia, a dieci anni avevo un fucile in mano, a dodici ero in un campo profughi dove intorno a me i bambini morivano di dissenteria

devi sapere che ho fatto dieci anni da schiavo in una piantagione e poi altri cinque in miniera

devi sapere che sono scappato inseguito dai cani e dalle pallottole

devi sapere, quando mi metti in mano un cartello con scritto che la cultura è vivere il territorio,  che ho attraversato la giungla, la savana, il sahara, il mediterraneo su un barcone, e molti miei compagni sono morti di sete, altri annegati,

arrivato in italia sono stato trattato come una bestia e l’unico lavoro per me dopo aver attraversato mari, continenti e deserti e imparato quattro lingue è vendere collanine e fuggire dai vigili,

oggi la mia vita vale meno di un totem di plastica con sopra la mia immagine

devi guardare in faccia un uomo prima di usarlo come testimonial della cultura e del turismo

devi sapere che la cultura di un vecchio vù cumpra si chiama terrore, fame, sete, umiliazione, solitudine e sguardi di disprezzo o di commiserazione

devi sapere che la vita non è un fumetto

devi sapere che un uomo non è un totem

apertis oculis nihil videbat

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CasaLittoriaBg1

saulus autem adhuc spirans minarum et caedis in discipulos Domini accessit ad principem sacerdotum 


et petiit ab eo epistulas in Damascum ad synagogas ut si quos invenisset huius viae viros ac mulieres vinctos perduceret in Ierusalem

et cum iter faceret contigit ut appropinquaret Damasco et subito circumfulsit eum lux de caelo

et cadens in terram audivit vocem dicentem sibi Saul quid me persequeris?

qui dixit Quis es Domine?  Et ille: “Ego sum Iesus, quem tu persequeris! 


Sed surge et ingredere civitatem, et dicetur tibi quid te oporteat facere

viri autem illi qui comitabantur cum eo stabant stupefacti audientes quidem vocem neminem autem videntes 


surrexit autem Saulus de terra apertisque oculis nihil videbat

ad manus autem illum trahentes introduxerunt Damascum

et erat tribus diebus non videns et non manducavit neque bibit.

Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della dottrina di Cristo, che avesse trovati.

E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». E la voce: «Io sono Gesù, che tu perseguiti! Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare».

Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce ma non vedendo nessuno. Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco, dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda.

(Atti degli Apostoli, IX -1/9; imago: San Paolo folgorato sulla via di Damasco

by Leone Lodi, Casa Littoria/Casa della Libertà, Bergamo, 1940)

la cecità dei bergamaschioni

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cazzoniBG

Guardali bene, i veri scandali dell’ex Palazzo Littorio di Piazza della Libertà, i più sexy Berga-Maschioni di sempre, scolpiti nella dura pietra:

il mitico Colleoni over (nomen omen), il Quarenghi “giovane architetto particolarmente dotato” (Caterina la Grande), l’eroico Nullo (altresì noto per essere “il più bello dei Mille”).

Dopo 75 anni sono ancora banditi e tabù per la Bergamo catto-frigida,

lo capisci anche leggendo L’Eco di ieri l’altro: la catto-testata, entrata eccezionalmente a fare un reportage (il Ministero dei Beni Culturali ha vincolato l’edificio come bene storico-artistico)  è riuscita a pubblicare 30 foto “esclusive” dove non si vedono mai i Bergamaschioni, e nemmeno le formelle di Leone Lodi, ancora più erotiche,

in compenso, come in un dossier da “geometra-restrutturazioni”  si vedono pavimenti, tetti, scalini, grondaie, macchie d’umidità (!)

e freudianamente sono stati i graffitti-vandalismi (che chiunque può vedere sui muri esterni) a finire in copertina, e a giustificare il titolo dell’articolo… sul degrado dell’edificio!

come disse una volta un mio amico al prete, anche leggendo L’Eco di Bergamo, si rischia di diventar ciechi: piacciano o no, queste opere sarebbero da far vedere, per capire chi siamo stati, e anche chi siamo (la quarta città gay d’Italia dopo Milano, Bologna e Roma, stando agli iscritti Arcigay)

limitandoci alla storia sociale dell’arte e del gusto, i Bergamaschioni sono i modulor dell’estetica fascio-gay che ha fatto le fortune degli stilisti in Italy,

guardali, Colleoni, Quarenghi e Nullo sono modelli di Versace, Armani e Gucci,

capisci, questo palazzo è chiuso da sempre con la motivazione più o meno velata che rigurgita di simbologia fascista, ma in realtà questo posto rigurgita di iconografia erotico-omosex e/o super-macho gaudens,

il problema, lo vedi, è che i Bergamaschioni parlano con le mani, e alla domanda “ti tocchi?” paiono rispondere in coro: “puoi dirlo forte!”

(photo by FoodForEyes)

magister, margot e margì

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leo maddi2

Il grande maestro Leone Bulgakov con i suoi poteri magici

mentre cerca di liberare la gattina Margì e la fanciullina Margot

dall’incantesimo satellitare di Disney Channel.

All’ennesimo tentativo, mentre già le malelingue iniziavano a diffondere notizie false e tendenziose sull’inefficacia dei suoi poteri,

la fanciullina l’ha guardato e gli ha  chiesto:: vuoi che cambiamo canale?

pubblicità della mutua

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ADVmut

parliamo della campagna di prevenzione HIV “mettilo nel sacco” promossa dalla ASL di Bergamo,

dello slogan “mettilo nel sacco” parliamo alla fine, prima guardiamo il focus, “hiv”, e questi due anellini fuxia con crocetta, che significano donna con donna,

ne deduco che mi stai parlando di rapporti lesbo, e nel testo mi dici: “come ci si può proteggere? Usando sempre il preservativo!”

dunque mi stai dicendo che due lesbiche devono sempre mettere il preservativo? E dove, sul vibratore? Sulla lingua? Sulle dita? Mi stai davvero dicendo questo?

E cosa mi dici delle due figurine che si tengono per mano: perchè la femmina ha il doppio mento e la barba-pizzetto?

No, guarda meglio, non è un pizzetto, è un reggiseno di pizzo che sostiene due tette (e lo Jacovitti che vive in me si leva dalla tomba).

Passiamo oltre, e leggiamo “se recentemente o in passato hai avuto un rapporto a rischio”: “fondamentale fare il test” “il test può essere fatto in molti degli ambulatori” “chiama per qualsiasi informazione”:

ognuna di queste frasi denota imprecisione, pressapochismo,

Mi viene voglia di chiamare e chiedere: scusate, vorrei sapere chi ha fatto questa campagna, quanti soldi ha preso, chi è l’art, il copy, il grafico, chi il dirigente della mutua, o peggio la dirigenza riunita,  che l’ha commissionata, scelta, approvata.

Poi quando ho i nomi li denuncio tutti per oltraggio al pudore, negligenza in pubblico ufficio, violazione del codice deontologico.

Mi basta lo slogan “mettilo nel sacco” per rovinarti davanti al gran giurì della pubblicità, cara asl di Bergamo,

perchè questo slogan è fuorviante, volgare, viola il pudore, manca di rispetto all’utente, incita a comportamenti socialmente deleteri,

l’idea si capisce era quella di essere spiritosi, leggeri, giovanili, certo,

giocavano sul doppio senso loro, hai capito, infilando il preservativo, sconfiggi l’hiv, peccato che quello che passa subito nell’inconscio è l’esatto contrario:

perchè mettere nel sacco, un gatto o l’argenteria, vuol dire catturare, prendere, far proprio, e dunque col preservativo catturi e ti prendi l’hiv,

in ogni caso “mettilo nel sacco”, cioè “fregalo”, “fottilo”, non è un bel messaggio, visto che stiamo parlando di  relazioni umane, non è educativo,

spinge esattamente nella direzione contraria al “rispetto”, che sarebbe il valore che devi promuovere,

se l’asl, cioè lo stato, su un argomento così delicato, comunica in modo così sciatto, banale, fuorviante e sbagliato non fa solo un danno commerciale all’azienda, ma un danno sociale a tutta la collettività (che è sia committente che utente, ed è “messa nel sacco” due volte)

questo è un caso di “pubblicità regresso”, e non vale le scusa che il creativo è succube del cliente, che l’ha voluta lui così,

vuol dire che il creativo è davvero un dilettante, che non ha le palle professionali per dire al cliente, al committente, al politico, al funzionario di turno che loro non capiscono niente di comunicazione, che è sempre la prima cosa da dire al cliente,

la pubblicità è una cosa seria, potente, non è per dilettanti,

diceva il mio vecchio art director: la pubblicità è come la figa, in mano ai bambini non serve a un cazzo.

 

figli di papà

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Edoardo-Agnelli

(discorso ai figli di papà della sig.ina G., 72 anni, ex sarta, ammiratrice di Edoardo Agnelli) 

> se prendi il Mereghetti, la Bibbia del cinema, e guardi nomi come Comencini, De Sica, Gassman, Risi, Tognazzi, Manfredi, Placido, Cervi, e molti altri,

scopri questa curiosa evidenza: mentre i padri hanno firmato le migliori pagine del cinema italiano, capolavori d’arte e/o successi internazionali, i figli, e le figlie, figurano tra il peggio assoluto, con film inguardabili, finanziati dallo stato

> se apri oggi l’Eco di Bergamo trovi che la città è in mano al sindaco Tentorio, all’ex sindaco Bruni, all’assessore Pezzotta, all’industriale Pesenti,

se apri l’Eco di Bergamo di 40 anni fa trovi che la città era in mano all’ingegner Tentorio, all’avvocato Bruni, al sindaco Pezzotta, all’industriale Pesenti,

idem se guardi i nomi dei professionisti di grido, avvocati, commercialisti, fotografi, architetti,

> se i peggiori imitatori di Jannacci, De Andrè e Dario Fo sono i loro figli, e ci vivono bene

> se i peggiori presidenti di Milan, Inter e Juve sono i loro figli, figlie o nipoti

> se l’attuale capo del governo recita per il centrosinistra la stessa parte tenuta da suo zio per il centrodestra negli ultimi 30 anni

> se esempi del genere sono ovunque, negli ospedali, nelle aziende, nei tribunali…

allora siamo rimasti il paese dei figli di papà, è questa la rovina dell’Italia contemporanea:

fino a quando l’economia lo reggeva, non ci siamo resi conto del peso del familismo e del nepotismo, di fatto il primo fattore di sclerosi sociale e di conservazione dello status quo, dal momento che impedisce il ricambio delle elites e la mobilità sociale e per il corpo sociale è esattamente come il colesterolo,

> dunque  più della mafia, anzi, più diffusamente della mafia, e più della finanza mondiale, la lobby parassitaria che ha governato il paese Italia è la “famiglia”,

da sempre la madre di tutte le lobby d’affari sorte per la conservazione del patrimonio attraverso il matrimonio e i legami di sangue.

e in realtà, i figli di papà oggi al potere nelle aziende, in politica e nella cultura si sono dimostrati la peggior elite possibile: hanno dissipato risorse, sprecato occasioni, perso tempo e denaro,

> così abbiamo finalmente capito il senso dell’Amleto: il marcio in Danimarca viene dalla famiglia, dal morbo-famiglia,  ed ora, come a Elsinore, qualcosa si è rotto nel palazzo,

> lo vediamo, lo sperimentiamo: i nuovi figli di papà sono in grossi guai: qualsiasi cosa facciano, è un fallimento,

se prendono in mano l’azienda, va tutti a rotoli,

se si dedicano a una propria idea d’impresa, sono soldi buttati,

tutto al contrario di quel che accadeva 20, 30, 40 anni fa, quando qualsiasi cosa facesse il rampollo, l’azienda andava bene;

e se decideva di dedicarsi a un nuovo business, andava bene anche quello!

> ora è il momento che i figli di papà cambino mestiere, e prendano esempio dall’unico genere di figli di papà davvero ammirevoli, e sono quelli che hanno fallito, che hanno rifiutato il ruolo,

quelli che fanno un lavoro qualsiasi, che non c’entra nulla con l’ingombrante genitore,

ma anche quelli che hanno dilapidato tutto fallendo in tutto,

e quelli che semplicemente si sono dimostrati incapaci di stare al mondo con quel nome, e hanno cercato col proprio fallimento di espiare il successo della famiglia,

> dovendo citare un esempio, io direi pure un martire, uno che si è dato fino in fondo a questo nobile “rifiuto” del ruolo, faccio il nome del primogenito dell’Avvocato Agnelli, Edoardo Agnelli,  intellettuale marxista-leninista e filo islamico, viaggiatore, eroinomane, esteta,

morto suicida gettandosi da un cavalcavia, lasciando come unico messaggio la sua Fiat nella piazzola d’emergenza,

> i figli di papà oggi sono un problema, sono in piazzola d’emergenza,

noi possiamo aiutarli: per cominciare, dicendogli che i figli di papà che si tirano indietro sono più utili al paese di quelli che portano avanti il nome e gli affari di famiglia,

> fate un passo indietro, dite mi spiace, caro papà, cara mamma, tutto questo ben di dio non è più replicabile, non è più eticamente praticabile.

> tagliate i ponti con la famiglia, cominciate una nuova vita, mollate ogni cosa, tornate alla terra, mollate ogni business, investimento estero, import-export, e.commerce, edilizia, trasporti, finanza, mollate tutto,

> poi, in un secondo tempo: figli di papà, unitevi

> comprate terreni agricoli nel vostro territorio, boschivi, aree dismesse, da bonificare,

tornate alla nuda terra, parlate ai lavoratori, proponetegli di diventare neo-contadini,

siate scaltri, folli, lanciatevi con nobile intento nell’impresa più lussuosa del made in italy, ridisegnare il mondo, stravolgendo le regole, disegnando, costruendo mondi nuovi,

> occorre un nuovo modello positivo di figlio di papà,

nuovo e antichissimo, che non agisca nel nome del padre, ma nello spirito del pianeta,

figli di papà, siate determinati, vi seguiranno, come hanno seguito Chiara e Francesco.

nel posacenere di Fornasetti

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fornasetti11

nel posacenere di Fornasetti ho visto le ceneri del made in Italy,

mi è successo ieri, alla Triennale, alla mostra su Piero Fornasetti,

un vortice di piatti vassoi vasi e scatole case e armadi infiniti e infinitamente scritti, disegnati, decorati,

mostra bellissima, elettrizzante, da vedere,

bellissimo il video finale fatto da Toni Meneguzzo,

ed ecco uscendo, sfogliando il libro delle firme, mi capita sott’occhio un commento amaro, che riporto a memoria: “un grandissimo artista, peccato sia stato ridotto a volgare business dal figlio Barnaba”

e mentre mi chiedo cosa significhi, fatti pochi passi verso l’uscita, m’imbatto nella book-shop, con tanto di vetrinetta dei gadget-ricordo, dove vedo la riproduzione in serie di piatti, vasi, e una didascalia che spiega:

Barnaba Fornasetti porta oggi avanti la tradizione del padre, continuando a produrre e a ravvivare i motivi Fornasetti. Direttore e cuore artistico dell’azienda, Barnaba custodisce l’eredità del padre, con riedizioni dei pezzi più rappresentativi e “reinvenzioni” nella tradizione di produzione artigianale inaugurata dal padre.

Mi colpisce in particolare il piattino-posacenere, in vendita a 135 euro.

Da qualche parte avevo appena letto che Piero Fornasetti immaginava un mondo dove la bellezza del disegno, grazie alle nuove tecniche di riproduzione industriale, fosse a portata di tutti.

Ironicamente, penso: per fare un lavoro completo, almeno il prezzo avrebbe dovuto essere scritto a mano dal figlio.

Scuotendo la testa, ho attraversato il parco, e continuando a ripensare al posacenere originale decorato da Fornasetti visto in mostra, e alla versione riprodotta in serie e commercializzata dal figlio, mi è venuta voglia di fumare,

e fumando, e camminando, ricordavo le frasi, le citazioni di Fornasetti lungo il percorso della mostra:

ho riposto in ogni opera un messaggio, un piccolo racconto certe volte ironico, senza parole evidentemente, ma udibile da chi crede nella poesia

ed ecco che il messaggio, il racconto poetico che scaturiva dal posacenere stampato a 135 euro assumeva il tono grave di una massa dolente che informe avanzava dalle brume,

una schiera di 135 nuovi schiavi, senza bisogno di parole io capivo cosa dicevano, siamo uomini e donne ridotti alla fame perchè 1 nuovo ricco possa recarsi nella capitale della moda a comprare a 135 euro un posacenere firmato made in italy,

ed ecco al seguito una schiera di 135 artigiani italiani rimasti senza lavoro, anche loro scaturiti dal posacenere made in italy a 135 euro,  prodotto magari in cina a 0,13 cent e identico a quello venduto a 5 euro dalla malavita organizzata clandestina!

il messaggio era chiaro, completo, geniale, fornasettiano:

ribaltiamo i termini del problema, perchè affamare 135 figli di nessuno per mantenere nel lusso 1 figlio di papà, è antieconomico,

perchè la Guardia di Finanza deve sprecare tempo e risorse a inseguire 135 vu cumpra quando potrebbe blindarne 1 solo, il vero contraffattore?

L’eredità di un genio non spetta al figlio di papà, ma all’intera umanità!

Giuro che questa frase l’ha pronunciata Piero Fornasetti, apparsomi nel parco.

habemus tutorem

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hatu2

olim manifesta scabrosa patefacere poetarum opus erat

un tempo manifestare argomenti scabrosi era compito dei poeti,

ad esempio quando il regime decise di massificare l’uso del preservativo

anche a costo di sfidare la Chiesa, per ragioni di salute pubblica (bordelli, militari),

chiamarono il poeta più pagato dell’epoca, anzi, dell’epoque, un certo Gabriele D’Annunzio,

e mostrandogli il prodotto gli dissero: vogliamo conquistare tutto il mercato italiano con questo articolo, ma non sappiamo nemmeno come chiamarlo,

in America e Gran Bretagna si chiama “condom”, ma con le leggi sulla purezza della lingua non possiamo usare termini stranieri.

A quel punto il poeta/pubblicitario del regime si era fatto una bella mezza grammata di cocaina degli  anni Venti,

poi aveva intinto la penna nel calamaio, e schizzando inchiostro ovunque aveva scritto direttamente sulla tappezzeria del ministero: habemus tutorem

e si era divertito a guardare le espressioni sbigottite dei grandi capitani d’industria e ministri vari di sanità pubblica.

Annoiato, aveva spiegato che habemus tutorem significa “abbiamo protezione”

ma naturalmente, aveva aggiunto, habemus totorem sarà il sottotitolo, mentre il marchio commerciale vere e proprio “sarà costituito dal suo acronimo vocalico”,

e di nuovo aveva guardato gli occhi lessi dei suoi committenti.

L’acronimo vocalico di habemus tutorem, aveva detto infine, è: “hatu”.

Era balzato in piedi indicando uno a uno i presenti: hatu? Hatu, hatu e anche hatu! Dico a voi! Quando siete “hatu per tu” con la bella Gigogin preferite prendervi sifilide, lue, gonorrea e scolo, o avere protezione, e non dal papa, ma da hatu?

Chiamatelo “hatu”, e si diffonderà per l’Italia e l’Europa,

e anche in America: perché fa rima con I love you.

Capite? Concordate? Non importa, fate come dico, per questo mi pagate a peso d’oro!

Au revoir! Anzi: hatu!