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Martedi 22 giugno, h20.15
Avendo per scenario città alta e colli, il campo di calcio Imiberg in S.Lucia è il posto ideale per segnare un gol che per quanto mi riguarda passerà alla storia come l’ultimo gol del Belotti: cross dalla trequarti, tutti i grulli sul primo palo, io venendo da dietro arrivo solo allo stacco, è una palla alta, ma voglio schiacciarla con forza a terra, devo saltare più in alto che posso… e a quel punto il campo Imiberg, del quale io avevo sparlato nei miei post polemici su Imiberg e Formigoni company, si vendica, con la sua eccezionale elasticità… sento un rumore secco, uno schiocco di frusta, un male no word al ginocchio, penso che qualcuno mi abbia tirato un calcio diretto. In ogni caso spizzico il pallone, che finisce in rete, mentre io finisco a terra urlando.
Mi guardo la gamba. Al posto della rotula, al posto del ginocchio, c’è carne piatta, liscia, come fosse il dietro del ginocchio, come se qualcuno l’avesse appiattito con una martellata. La mia rotula destra è risalita a metà coscia, come una spallina sotto pelle. Compagni e avversari si fanno intorno, guardano, vedono, girano la testa, uno mi sembra abbia conati di vomito. Raddrizzo a mano la gamba, ormai inerte, e assume un aspetto meno impressionante.
Arriva il 118, una bella rossina mi consola nel viaggio, dai finestrini alti dell’ambulanza intuisco un tramonto infuocato.
Al pronto soccorso dopo qualche ora di attesa mi fanno le lastre, mi danno la diagnosi (mi è saltato di netto il tendine rotuleo, che sarebbe l’elastico che tiene il ginocchio, e probabilmente anche l’osso che lo tiene, è successo nel fare il salto, nel caricare per lo stacco aereo) un simpatico dottorino mi dice: esattamente quello che è successo a Ronaldo, il classico infortunio del grande campione, adesso ricoveriamo, domani non facciamo niente, giovedì ti operano, sabato sei a casa.
Io cagasotto rispondo: se domani non mi fate niente, vengo domani. Si, così perdi il letto, e devi rifare la coda al pronto soccorso. Va bene, ma adesso devo andare a casa. Prendo la scusa di un lavoro improrogabile che devo fare nella notte. Mi mette una steccatura rigida. La mia compagna mi accompagna a casa.
Mercoledì 23 giugno
Dopo aver lavorato quasi tutta la notte per mantener fede alla mia scusa, mi sveglio nel mio letto, e mi ritrovo l’amico B. in casa, tutto sorridente, che mi dice: andiamo, e mi porge due stampelle che mi ha appena comprato. Con le stampelle, percorro 40 metri, nella mia via c’è un negozio di ortopedia, e acquisto un bel tutore rigido-regolabile. Il tizio del negozio mi taglia la steccatura e mi mette il tutore.
La sera torno al pronto soccorso. Sette ore d’attesa, alla tv ci sono gli europei under 21 e il mio omonimo Belotti fa un gol fantastico (buon sangue non mente). Mi appisolo in sedia a rotelle, alle 3 di notte mi ritrovo spinto in reparto, ricoverato in camera con un centauro immobilizzato, malridotto, con madre che lo veglia, e lo sveglia, russando più di noi due maschi feriti messi insieme (ha lavorato tre decenni in fonderia! Massimo rispetto).
Giovedì 24 giugno
Luci accese, personale delle pulizie, infermiere, termometro, puntura, prelievo, pressione, pastiglia, elettrocardiogramma, rifacimento letti, giro dei medici, nuovo giro delle infermiere: sono entrato nella catena di lavorazione ospitaliera.
Un’infermiera simpaty al mio compagno di stanza: cos’hai fatto? Incidente in moto? Dovrebbero lasciarle guidare solo ai professionisti le moto!
Tra le 11 e mezzogiorno è l’ora ideale per imboscarsi, riesco a montare su una carrozzella (c’è un racket tra i 30 ricoverati e le 3 carrozzelle disponibili) e via in zona fumatori. Faccio due parole con una specie di Jessica Rabbit in vestaglia di raso e ciabattine floreal, basta un niente tra degenti e scatta la solidarietà, e quasi le lacrime. Ma io ho sempre avuto il dono (o la disgrazia) di ascoltare le persone. La sera mi dicono: da mezzanotte digiuno, domani ti operano.
Sul telefonino (che compie 10 anni: un Nokia scarafone con ancora registrata la prima telefonata, 24 giugno 2005!) trovo 30 sms di amici, parenti, collaboratori, rispondo a tutti grazie, non rompetemi, non venite, non chiamate, vi amo, appena esco pubblico il diario.
Venerdì
Tutto il giorno a digiuno, ogni passo che senti pensi: ci siamo, sono venuti a prendermi. Alle cinque di sera mi dicono: niente, è arrivata una bambina grave in elicottero, ti operiamo domani.
Sabato
Idem come sopra, e ancora a un certo punto arriva una bambina grave in elicottero. Però, queste bambine. Lunedì ti faremo la risonanza, l’operazione martedi, forse (se non arrivano bambine).
Domenica
Turismo ospitaliero, in pausa pranzo ho ospiti alla Marianna, dopo mangiato visita alla chiesa, una specie di Mecca Bianca, mi piace molto, mi piacciono anche le opere del Ferdi FF. Fuori dalla chiesa due parole col tossico di turno che mi dice di vedere la madonna, gli offro due euro.
In zona fumatori sento una compagna di sventura, con gamba ingessata, che racconta al telefono di come il marito le abbia sparato, e abbia sparato anche ai figli, mancandoli, però distruggendo la moquette.
Lunedì
Andiamo, mi dice l’infermiera simpaty: e dove, a ballare? No, in sala operatoria. Cazzo. In sala operatoria tutti simpatici e buona musica. Bisogna inserire anche un cerchiaggio metallico, cioè girar del fil di ferro intorno alla rotula.
Purtroppo a un certo punto perdono qualcosa nel ginocchio, bisogna sgarugare, arriva il radiologo, seguo la ricerca in diretta dallo schermo, alla fine ce la fanno, nonostante l’inconveniente mi hanno sempre dato grande fiducia e serenità, veramente un bel team. Ma la notte la pago, dolore di bestia, conto i minuti fino all’alba, quando pietosamente mi antidolorificano.
Martedì
Ok, andiamo a fare la risonanza magnetica. Ma mi hanno già operato. Ah, ti hanno già operato? Allora niente risonanza magnetica. Passo la giornata in dormiveglia, in attesa che qualcuno mi dica qualcosa.
Quando apro gli occhi mi trovo due camici verdi, due donne, belle signore 50/60, cazzo, sembrano due primari. Ci racconti tutto, mi dicono. E io parto e racconto tutto, il trauma, i sintomi, l’operazione. Stanno mute, e mi sorridono. Cosa mi dite, allora? No, noi soprattutto ascoltiamo, siamo volontarie di un’opera pia per dare conforto ai malati soli.
Mercoledì
Mi faccio in carrozzella tutta l’hospital street fino alla Marianna, la gente ti guarda ansimare, gli unici che mi danno una spinta sono un africano all’andata e un marocchino al ritorno. Gente che sa cosa vuol dire aver bisogno di una mano.
Alla Marianna non possono dare alcolici ai degenti. Mi tocca corrompere la prima bella ragazza che vedo. In zona fumatori due parole con una compagna di sventura, bella donna maratoneta 40/50, ricoverata per una frattura semplice, ma proprio nel dimettersi è volata con le stampelle sul pavimento appena tirato a cera, e ha fatto il danno grosso.
La notte non dormo, mi piazzo a leggere nella hall del reparto, sui divanetti pelle nera tipo show room, giusto sotto il ritratto di San Matteo Rota, e gli dedico la preghiera della rotula. A mezzanotte due genitori indiani o pakistani mi raccontano del loro bimbo di 5 anni, le due gambe spezzate sotto una macchina, prometto di andarlo a trovare la mattina.
Giovedì
Il bambino paki ha un sorriso gigantesco. Più che altro è lui a tirar su di morale noialtri adulti occidentali. A mezzogiorno mi dicono: possiamo dimetterti, devi solo parlare con la fisioterapista poi puoi andare. Il mio compagno di stanza in questi otto giorni ha fatto 3 operazioni, adesso riesce a stare sulla sedia a rotelle. Sua sorella e sua madre mitiche.
Arriva la fisioterapista e parliamo per dieci minuti del libro che ho sul comodino, lei l’ha letto e trovato molto bello. E il ginocchio? Ne parleremo alla visita di controllo. Poi mi dimettono.
La mia compagna viene a prendermi. Ho davanti due mesi immobile, tre di stampelle, un anno di riabilitazione. Ci voleva una cosa così per mettere finalmente a prova la forza di volontà. Prima di andare a casa, ci fermiamo a Bg birra a berne una molto luppolata. Cazzo, veramente buona, che cos’è? Mi dicono il nome di una birra che non mi era mai piaciuta. Le cose cambiano con le esperienze (e con le astinenze!).
(ph: il Belotti dopo 7h di pronto soccorso)