Wojtyla, Cattelan e gli artisti di strada

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crocifissoWojt2

pareri random raccolti al festival degli artisti di strada di Costa di Mezzate, in merito al tragico crollo del crocifisso wojtyla che ha ucciso un ragazzo (residente in via papa giovanni XXIII) 3 gg prima della canonizzazione di entrambi i papi:

un artista di strada, citando un filosofo televisivo: o crediamo al caso o ai miracoli.

uno scettico di passaggio:  il problema è che qui nel giro di tre giorni ci è stato chiesto di credere prima al caso (la tragedia) e poi ai miracoli (la canonizzazione).

l’ateo: adesso verrà fuori il lato oscuro della fede cattolica, le punizioni divine, che ti porta a leggere questi fenomeni come segni dell’ira divina, come la devastante “ira di buoni”: fulmini, flagelli, maledizioni, e quindi a interrogarsi su cosa l’uomo abbia fatto per offendere la divinità, e la lista è chiaramente infinita,

il gay cattolico di destra (fasciogay): l’unica cosa chiara è il senso del gesto, l’incalcolabilità della morte, una rivendicazione divina del potere di uccidere, ma anche un avvertimento, una premonizione: se tu mi metti in croce, e mi santifichi, io ti ucciderò;

ma forse anche una terribile azione dimostrativa contro la condanna a morte: se tu ti arroghi il diritto di condannare a morte i colpevoli, io uccido gli innocenti;

ingegnere: idee poco chiare, dio non c’entra con le leggi della fisica.

ragazza dell’azione cattolica (con atteggiamento provocatorio): il problema dei miscredenti è sempre il solito da 2000 anni, vedono la pagliuzza, e non vedono la trave: vogliono togliere i crocifissi dalle scuole e dagli edifici pubblici, perchè allora non toglierli sulle vette delle montagne?

ragazzo ecologista: guarda che già da un anno Mountain Wilderness si batte per la rimozione dei crocifissi dalle montagna, con l’appoggio di WWF e Italia Nostra…

ragazza az.catto: bravi, l’importante è fare… una crociata!

il critico d’arte: chiaramente questa performance soprannaturale è un’affermazione del primato dell’arte sacra anche in epoca di arte concettuale e di exhibition provocatorie:

dopo quello che è successo, il celebre wojtyla schiacciato da un meteorite, di Cattelan, perde il 90% della sua quotazione.

ragaz.catto: povero Cattelan!

artista di strada: e povero anche il ragazzo!

cosa vuol dire canonizzato

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pastoreBG

come il san bernardo, un santo non è altro che un grosso cane amico dell’uomo,

il canone è dunque un grosso cane, come del resto l’ormone è l’impronta di un piedone e il salmone un grosso cadavere,

e la canonizzazione, come dice la parola, è il processo di trasformazione di un grosso uomo buono in un grosso cane buono,

la cerimonia di metamorfosi, con-celebrata dal vecchio pastore tedesco e dal nuovo levriero argentino, dimostra che ci vogliono 4 papi per fare 1 cane (ma secondo alcuni è sufficiente una macchina fotografica canon, ed esci da cane)

woityla non si è ancora capito bene se sia stato canonizzato come husky o come labrador,

per quanto riguarda il nostro Roncalli-Giovanni XXIII, basterà mettergli o disegnargli in testa una parrucca rasta, e si vedrà che ha l’espressione e il carattere buono del pastore bergamasco.

(photo canon: papa giovanni XXIII canonizzato)

il sentiero delle Rocca e delle Mura Venete

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StefanoBombardieri

il sentiero della Rocca e delle Mura Venete è un progetto a basso costo e alto gradimento,

si tratta di aprire e minimamente infrastrutturare ad uso di sentieri pubblici super-suggestivi e connessi tra loro 1) il camminamento paesaggisticamente più pregiato e panoramico della città, ai piedi dei bastioni della Rocca 2) il percorso completo ai piedi delle Mura Venete, la fantastica passeggiata storica circum-veneta;

attualmente questi percorsi sono impossibili per basse ragioni amministrative e/o di ristrettezza mentale:

1) il sentiero bastioni Rocca, in foto,  è spezzato in tre tronconi:

> il tratto est, di pubblico dominio, ex bosco faunistico, parte dalla scaletta del condannato-chiostro San Francesco e corre sopra la voragine-scavopark (a centro/ds nella foto);

> il tratto che guarda a sud (a centro/sn nella foto, il più panoramico) fa parte del parco di Palazzo Moroni, la più grande area verde di città alta, gestita dall’omonima Fondazione che nel suo statuto prevede  “la conservazione, il restauro e la condivisione delle bellezze di Palazzo Moroni” (e dunque, considerando anche la liberalità dell’attuale conte, sempre disponibile ad aprire al pubblico la proprietà, non dovrebbero esserci problemi)

> il tratto nord (nn visibile in foto, sull’altro lato della rocca) che unisce l’ingresso di via della Rocca con la scaletta del condannato di San Francesco, e corre parallelo a via Solata, sopraelevato, è strutturato in orti terrazzati, perfettamente e piacevolmente camminabile, e fa parte del convitto delle suore Orsoline (dalle quali abbiamo tutto da imparare: il convitto infatti è “una struttura in autogestione” e “un luogo dove studiare, camminare e dormire!”)

realizzare l’anello pedonale ai piedi dei bastioni, con 3-4 accessi (da San Francesco, da via della Rocca, dalla Fara, dal Pozzo Bianco, passando per villa Gori) consentirebbe a ogni bergamasco di salire in Rocca da ogni versante della città per la propria mezzh di footing o passeggio psico-relax,

2)  lo stesso progetto, lo stesso discorso è praticabile ai piedi delle Mura Venete, un percorso ad anello completo, fantastico, attualmente spezzato in 3 tronconi,

percorribile oggi è solo il tratto porta S.Giacomo-Colle Aperto (via Tre armi, dove però passano anche le auto)

e volendo anche nel tratto porta S.Lorenzo – S.Agostino (anche se a volte ci sono cartelli ambigui, tipo “zona protetta”, e nessuno lo percorre: ma basta scendere da porta S.Lorenzo, prendere subito a destra dopo la porta, e seguire le mura fino alla proprietà Pesenti, dove si è costretti a scendere sulla ciclabile via Baioni-Sport+)

il tratto più scenografico, dallo spalto Pesenti- Fara -S.Agostino a porta S.Giacomo, invece, è completamente inaccessibile, in proprietà privata, tenuto a giardini (nei quali non si è mai vista anima viva)

> poiché non c’è nessun problema nell’espropriare terreni agricoli e cascine per fare nuove strade (vedi bre-be-mi) per cause di viabilità pubblica,

non ci dovrebbe essere alcun problema a espropriare, per lo stesso motivo, pochi metri quadri di parchi nobiliari, giardini borghesi e orti curiali. O no?

vogliamo che le Mura Venete siano riconosciute patrimonio  Unesco e non abbiamo la possibilità di ammirarle in tutto il loro imponente splendore camminando nel verde alla base dei bastioni, cosa fattibile in qualsiasi altro borgo o città murata?

per realizzare un percorso completo sotto le Mura Venete, con alcuni punti di risalita non invasivi, non occorrono grandi progetti, né grandi budget,

e così pure per aprire un sentiero super-panoramico intorno alla Rocca:

basterebbe un minimo di visione, e di volontà politica.

(photo by Stefano Bombardieri)

spectri scribae tria sunt genera

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DanceMacabreMatthiasHuss1499

spectri scribae tria sunt genera

primum est aetherea ektos plasma astralis e quo scriptura fiat

secundum est bios substantiatus et amorfus signa iactens

tertium est corpus scribae ventris crepitans

tre sono i generi di ghost writer

il primo sono ectoplasmi astrali attraverso i quali si manifesta la scrittura

il secondo sono sostanze biologiche amorfe che emettono segni

il terzo sono le pance degli scrittori che rilasciano peti 

(da una mail di Benedetto Zonca, in risposta a “Quel cane del grafico”,

traduz in latino by Leone XIV – imago: Dance Macabre – MatthiasHuss1499)

 

sanatorio d’impresa

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chiostro_del_lazzaretto acquaforte Acquatinta_1843

Il Sanatorio d’Impresa (Calepio Press Fanta Marketing Project n140409) è un classico progetto storto, obliquid, nato da un pensiero laterale, debordante e “rivoltante”,

l’idea nasce dalla semplice constatazione del trend sulla mortalità d’impresa, specialmente piccola impresa: sono più quelle che chiudono di quelle che aprono

perciò l’idea di creare una struttura-campus dedicata alle imprese morenti, in coma, in suicidio, un’idea di rianimazione d’impresa, o di aiuto nella dismissione, e nella gestione delle salme d’impresa

in origine l’idea era specialmente focalizzata sull’obitorio d’impresa, o mortuorio d’Impresa, titolo sotto il quale il progetto è  pubblicato questo mese nella rubrica Fantamarketing di CTRL Magazine (il Magazine gratuito che va a ruba, essendo introvabile, come tutte le buone cose: in questi giorni reperibile in via del tutto eccez alla fiera dei librai, sul sentierone)

> poi complice la pasqua ecco l’implementazione insurrezionale, verso una rianimazione d’impresa, o terapia intensiva, e un uso realmente utile (per non perdere e/o riconvertire le risorse e professionalità delle imprese che muoiono) di quelle applicazioni di chirurgia gestionale (comunicazione, informatizzazione, social media, condivisione costi  etc) che oggi vengono “spese” negli incubatori d’impresa a favore delle nuove imprese, o delle imprese giovani, o femminili, etc

dove insieme ai soldi pubblici si spende anche molta retorica

investire sui sanatori d’impresa piuttosto che sugli incubatori può sembrare una proposta regressiva, reazionaria e persino retriva

occorre qualche esplicazione che chi ha avuto a che fare con gli incubatori potrà confermare: l’incubatore d’impresa sarebbe il posto dove si aiutano le giovani imprese a nascere e sopravvivere, ma spesso per sua natura, essendo finanziato dal vecchio regime, tende a castrare i progetti realmente innovativi (che metterebbero in crisi l’antico regime) e a lobotomizzare i cervelli migliori, o in qualche caso a paracularli e/o associarli ai figli di papà bisognosi di sostegno, vero target dell’incubatore.

il concept del sanatorio d’impresa è il contrario dell’incubatore d’impresa, è il posto dove i giovani aiutano le vecchie aziende a morire, e con i pezzi ancori buoni (macchine, persone, saperi) assemblano delle aziende frankestein, perfette in epoca di horror-economy.

Nel sanatorio d’impresa la vecchia impresa in fallimento, ma anche la piccola impresa, l’artigiano, può trovare un centro-ricovero, servizi di rianimazione d’impresa, dismissione, dolce morte, trapianti, innesti etc.

La location ideale in ambito berghem è il Lazzaretto, luogo storicamente deputato alla missione, già pronto con le celle, dove le imprese appestate trascorreranno la lotteria quarantena vita/morte,

al centro il grande campus dove  giovani tecnici particolarmente crudeli (programmatori, e.commercialisti, social e viral marketing manager, blogger) faranno a pezzi le imprese e praticheranno terapie intensive di rivitalizzazione d’impresa con nuovi format, nuova filiera, riconversione, riutilizzo, dismissioni costi inutili, nuovo posizionamento sostenibile, etc

il Lazzaretto è per sua natura e spirito del luogo la base ideale per  diffondere in modo virale il contagio delle nuove idee

lo slogan, pensato come insegna capitale sull’ingresso ad arco del Lazzaretto:

alzati e fattura!

Il 7 maggio prox venturus in occasione del compleanno del Lazzaretto (giusto quei 500 anni) il Sanatorio d’Impresa sarà uno dei temi della pausa pranzo food-sharing Mensa te!

> Lazzaretto, 7 maggio h12-14, esperimento di mensa popolare/fabbrica delle idee

> 1 idea 1 pasto >  https://calepiopress.it/2014/04/02/mensa-te/

plus info next days

ma che calepio si fa a pasqua?

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ADCalepioNerd

Il progetto Bergamanent nasce un anno fa, in piazza S.Anna,

dall’incontro con i ragazzi di CTRL magazine, quando scopriamo di aver proposto al comune progetti simili, con grandi idee e piccoli budget, e aver ricevuto risposte simili: “bellissime idee, purtroppo non ci sono soldi” (e in quegli stessi giorni il comune stanziava 800.000 euro per consulenze e comunicazione su Bg2019 “capitale della cultura”).

Noi avevamo proposto un lavoro di rilettura e rivalutazione dei grandi personaggi storici icone della città, creando profili social-historical a partire dai quali far rivivere la storia della città con eventi musicali e teatrali, e la partecipazione di artisti, writer, ricercatori, editori, locali pubblici.

Il comune ha poi preso l’idea di partenza e l’ha realizzata in modo sciatto e a costi altissimi, tirando giù frasi fatte dai libri di storia per poi stamparle su brutti totem, e morta lì.

Nel frattempo noi siamo andati avanti, e abbiamo fatto rivivere queste icone sulle cover di CTRL magazine, cercando l’attualità, il senso di oggi di figure ricoperte dalla polvere del tempo, sconosciute ai più, ignorate dalle nuove generazioni.

E così, per un anno, invece delle rock star, abbiamo messo in copertina, come fossero nuovi divi, i grandi bergamaschi del passato, rappresentati e raccontati come personaggi di rottura, fuori dagli schemi, non ingessati e non istituzionali:

il Beltrami explorer, scopritore del Nord America;  il Che-Nullo, primo dei rivoluzionari moderni; il Colleoni dux, inventore dell’artiglieria mobile; il Natta fetish, creatore della plastica; il Locatelli no limits, pioniere dell’aria; il Quarenghi magut, costruttore di metropoli;

il Galgario gay, maestro del ritratto; il Paciana hacker, re dei banditi;

e infine il Calepio nerd, ideatore del vocabolario, in copertina questo mese, da cui prende nome questo sito e questo editore, che qui vi presento, con un augurio di buona lettura, e di buona pasqua!

Cover story per CTRL magazine n.49, imago by studio Temp, testo by Leone Belotti:

Se vuoi sapere che Calepio ha fatto e chi Calepio è, ti dico che Ambrogio da Calepio è il primo grande nerd della storia, il precursore del web, autore di un libro pazzesco, un’idea folle, che ha cambiato il mondo.

Probabilmente, prendendo in mano un vocabolario, non ci siamo mai posti la domanda: chi è quel fuori di testa che ha avuto l’idea?

Prima esistevano raccolte varie, compilazioni lessicali tematiche, indici di luoghi o gallerie di personaggi storici, ma il grande nerd ebbe il lampo di genio di fare questo lavoro scientificamente su un’intera lingua, in ordine alfabetico: e poi girarla a specchio, tra-ducta in un’altra lingua!

Ci lavorò giorno e notte per 50 anni, 500 anni fa, a Bergamo. Poi diede alle stampe. Boom. L’opera, titolata Lexicon, ribattezzata Calepino, dal nome del suo “consapevole inventore”, ebbe un effetto pari alla scoperta dell’America (che similmente prende nome da Amerigo Vespucci, e non da Colombo, che non si era reso conto).

In pochi anni, il Calepino, come internet, diventa lo strumento di lavoro indispensabile per studiosi, scrittori, scienziati, traduttori di tutto il mondo. La community subito condivide e implementa, e in breve escono decine di versioni in tutte le lingue del mondo.

Calepino alla mano, il popolino illetterato poteva finalmente capire il Latinorum usato da papi e imperatori per imporre leggi assurde con codici astrusi (il latinorum di oggi  è la pubblicità, la tecnologia, le app)

Per 300 anni insieme alla Bibbia è il libro più stampato al mondo (oggi: il catalogo Ikea) ma il suo autore, dopo la prima edizione (pubblicata a sue spese!)  non vide più un tallero: il diritto d’autore non esisteva, e tutti gli stampatori se lo ristampavano allegramente (lezione di storia: il copyleft è nato 3 secoli prima del copyright).

Poi arrivò l’Enciclopedia degli Illuministi, versione moderna del Calepino, e oggi siamo a Wikipedia. La cosa paradossale, è che se cerchi oggi in Wikipedia, su Ambrogio trovi 10 righe da sfigato.

Nato nobile nel 1435 in un castello al centro del feudo di famiglia (Castelli Calepio, in Val Calepio) il giovane conte Calepio si trasferì a studiare a Bergamo a Palazzo Calepio, in zona Fara, e passò tutta la vita nel convento di fronte a casa (S.Agostino). Probabilmente pagando, prese i voti, e il nome Ambrogio (di battesimo faceva Giacomo) con una dispensa “per motivi di studio” che lo liberava dal peso di dire messa, confessare o vedere gente.

Per tutta la vita non fece mai altro che ilfiglio di papà nerd, uscendo solo per attraversare la Fara (casa-studio) e tuffarsi nel suo lavoro titanico in S.Agostino, dove morì (1510) e fu sepolto senza nemmeno una lapide, nello stile NOLOGO degli eremitani agostiniani (seconda cappella a destra in S.Agostino).

Nell’aldilà, ha ripreso il nome di Giacomo, e passa le giornate in Purgatorio nel gruppo master nerd, molestato da fan insospettabili come gli eretici Giordano Bruno ed Erasmo da Rotterdam (che lo chiamano joker)  gli esplosivi D’Annunzio e Alfred Nobel (che lo chiamano bomba carta) e l’odioso Steve Jobs (che usa wikalepio al posto di wikipedia).

Intanto nell’aldiquà i vip del comitato cultura Bg2019 hanno blaterato per mesi e speso milionate in consulenze, totem e testimonial “lustra Berghem”, senza accorgersi che avevano in mano il jack pot della cultura, capace da solo di far saltare il banco.

E così si capisce anche perchè Calepio abbiano bocciato Bergamo capitale della cultura. Come se al Comune di Firenze, assessorato alla cultura, ti rispondessero: Dante chi?

 

 

percassi family 4 in italiano 2 in storia

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Masone15show

Evento berghem vip ieri sera in via masone 15, ex caserma Ghisleni,

dove la neo-iniziativa immobiliare Percassi è stata presentata con una mostra art/arch (De Lucchi)+ una jazz performance (Tino Tracanna).

Partiamo dal buono: catering livello altissimo (voto: 10 cum laude):  bollicine fresche a fiumi, stuzzichini, toast, tramezzini, cruditè, fritti, pasta, piccola pasticceria tutto incredibilmente buonissimo, più che perfetto, veramente ammirevole,

+ servizio d’altri tempi, camerieri onnipresenti ma invisibili, magri, agili, non giovani, non sorridenti, muti, rapidissimi,

e ovunque: veri tovagliolini bianchi di cotone! e senza loghi!

> un grande architetto mi rivela che il catering è fatto dalla medesima azienda che svolgerà i lavori: chapeau!

se i tramezzi saranno curati come i tramezzini, la qualità è indiscutibile.

Una volta nei cantieri, e  Percassi lo sa bene, si faceva la “merenda del tetto”: edificato l’ultimo piano, si festeggiava tra maestranze, a michetta, pancetta e cabernet.

Stasera siamo ancora al piano terra, e già si offre champagne agli investitori e agli opinion leader: nei fatti, il vero senso della serata è stata la presentazione di questo nuova emittenza di cultura d’impresa, The Antonio Percassi Family Foundation,

una denominazione che purtroppo fa subito “little Italy” e suona irrimediabilmente  provincial-fantozziana  (per essere davvero internazionali occorreva il coraggio di essere autentici, e magari chiamarla Fundasiü Percassi).

Ad ogni modo il padrone di casa, the Antonio, bronze skinned + silver hair, è fighissimo, e il pubblico, a inviti, è the best of glocal upper class; (tra gli altri: il notaio dei vip, l’avvocato delle banche, il commercialista della curia, l’assessore technology, gli editori cattolici, i designer di albino, gli ex presidenti della provincia, l’ex sindaco, il next sindaco);

> unici buzzurri evidenti, i calciatori dell’atalanta (jeans strappati, scarpe grosse) e chiaramente il sottoscritto (camicia lisa, giacca lisa, scarpe bucate, calzini bucati, e io stesso imbucato);

> la location, di fatto un edificio sventrato con pachera a vista, è molto underground, perfetta per la mostra di arte/architettura firmata Gamec (“case, casine, casone, casette”, progetto datato 2004 del grande archi-designer De Lucchi, presente in carne e ossa) e per l’exhibition del master jazzman Tino Tracanna in duetto live  con una mega installazione sonora/luminosa (the house wall, con le finestre dell’edificio che suonavano luci, come i led dell’equalizzatore).

> la comunicazione, affidata a Studio Pernice, oltre al brochurone immobiliare heavy luxus, prevede un grazioso librino-cataloghino della mostra, con i testi di De Lucchi, che si legge tutto d’un fiato…

fino all’ultima pagina, dove l’editore riesce a rovinare tutto, inserendo in un testo istituzionale (del resto non necessario) uno strafalgar error terrificante: “un’importante ruolo”, con l’apostrofo!

Inguardabile, come un pelo nero nel bianco dell’uovo (e imperdonabile, a questi livelli di budget).

Oltre a questo, e alla the family foundation (che motivano il 4 in italiano) risulta davvero dissennata (e siamo  al 2 in storia) la scelta di cancellare ogni riferimento, proprio mentre si decanta il pregio del contesto storico,  all’unico “segno” di valore realmente storico che avevano i muri in oggetto,

ossia il nome, l’insegna “Mario Ghisleni”, l’eroico carabiniere bergamasco – medaglia d’oro al valore militare –  cui era dedicato l’edificio/caserma.

Da qualche parte, sul muro di cinta, o in giardino, e anche nella brochure, e nel sito, avrei voluto leggere un accenno alla funzione di “memoria” che l’edificio di via Masone 15, anche quando era abbandonato e in rovina, ha sempre tenuto viva per quasi 80 anni, grazie a quella grande insegna, e alla storia cui rimandava:

“24 aprile 1936, Africa Orientale: le forze dell’Arma, 1000 effettivi a fronte di 30.000 etiopi, si disponevano in quadrato, e solo nel pomeriggio avanzato, dopo nove ore di combattimenti, riuscivano a rompere l’accerchiamento e a lanciare il contrattacco.

Il milite bergamasco Mario Ghisleni, padre di 4 figli, precedeva i compagni all’attacco dando prova di sereno coraggio, sprezzo del pericolo e slancio non comune. Ferito gravemente, continuava a sparare contro l’avversario.

Nonostante le cure mediche apprestategli, sentendosi prossimo alla fine, in pieno possesso delle sue facoltà mentali, rivolgeva il suo pensiero alla famiglia, esprimendo la speranza che i suoi figli conservassero un ricordo degno di lui”.

La scelta di strappare l’insegna, e cancellare ogni riferimento a Mario Ghisleni, può significare solo due cose, e non saprei quale sia peggio:

se fatta “in buona fede”, significa ignoranza storica dei responsabili marketing/comunicazione (e/o dei loro superiori);

se fatta consapevolmente, significa volere scientemente l’ignoranza storica dei lettori (e/o dei futuri residenti).

L’ho già scritto tempo fa, e speravo si fosse rimediato, e invece no.

Se nella brochure mi parli di “abitare nella storia” vuol dire che tu per primo devi conoscerla, e rispettarla, la storia, altrimenti sono solo parole vuote.

Fare una fondazione ha esattamente questa mission: preservare la memoria, la storia, lo spirito di una comunità.

Ieri sera, con la foundation, Mario Ghisleni è morto definitively.

Come la mettiamo?

(photo by reuters-postini) 

movida si movida no

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movidaS

[…] almeno fino ad oggi, ciascuno di noi può ancora muoversi liberamente, e qualsiasi ora, all’interno degli spazi pubblici della città (naturalmente quelli accessibili).

[…]  se io voglio andare a fare due passi in città alle quattro di notte nessuno me lo può vietare. Naturalmente dovrò evitare di urlare o urinare sotto casa […]

Nel caso del Borgo assistiamo a un fenomeno dove più individui, liberamente, decidono di frequentare la stessa zona; magari perché hanno avuto la stessa idea o, più in generale, perché a loro modo trovano tutti molto interessante e piacevole frequentare la stessa area.

[…] Le attività commerciali si dislocano nello spazio secondo principi economici; banalmente, secondo il principio di domanda e offerta. Le attività commerciali però non sono un soggetto pensante. […] se in una determinata area assistiamo ad un processo di “agglomerazione” è perché, anche se nessuno in particolare lo ha previsto, diverse persone (imprenditori e clienti), attraverso decisioni individuali, hanno via via creato spontaneamente un ambiente a loro consono. […]

Il comune dispone di regole che disciplinano minuziosamente ciò che si può fare e ciò che non si può fare nello spazio. Ad esempio: i proprietari dei bar devono chiudere entro le due di notte, non possono servire da bere in bicchieri o bottiglie di vetro e devono tenere il volume della musica sotto un determinato limite. Oppure: ai cittadini non è permesso di sostare in mezzo alla strada ostacolando la circolazione delle autovetture, non possono urinare nello spazio pubblico e non devono gettare rifiuti per strada.

Le regole, per loro natura, vertono sempre sui comportamenti dei singoli cittadini o gruppi di cittadini costituiti formalmente. Al di fuori di queste due categorie è impossibile imporre regole comportamentali su soggetti non esistenti giuridicamente.

Supponiamo per un attimo che tutte le regole che ho citato vengano rispettate diligentemente. Con tutta probabilità avremmo ancora dei problemi derivati dalla somma di tutte le azioni dei singoli che coabitano lo stesso posto (un esempio lampante è il rumore prodotto dalla  somma di tutte le voci dei frequentatori del Borgo). Ma come facciamo a dire che qualcuno ha infranto le regole? […]

Il tema generale, nel caso del Borgo Santa Caterina, riguarda come, in che modo e se il comune deve agire di fronte a fenomeni urbana di natura spontanea che producono degli effetti imprevisti (positivi per qualcuno, ad esempio per chi si reca alla sera per fare una passeggiata, e negativi per qualcun altro, come per coloro che li vi abitano e vorrebbero dormire).

[…] possono essere prese grossomodo due posizioni contrastanti: da una parte si possono negare o combattere, dall’altra  tali processi possono essere accettati e promossi.

[…] Immaginiamo che il comune voglia risolvere la situazione attraverso delle azioni che puntano a limitare gli effetti negativi della “movida” del Borgo.

[…] Soluzione 1: anticipare la chiusura dei locali. In questo caso il comune potrebbe agire mediante un provvedimento di natura spaziale (attraverso una specifica zonizzazione) dove, ad esempio, obbliga gli esercenti della zona a chiudere a mezzanotte invece che alle due (soluzione che recentemente ho più volte ho sentito citare). A mio modo di vedere questo provvedimento sarebbe assolutamente ingiusto per chiari motivi di parità di trattamento. Perché nel Borgo i locali devono chiudere a mezzanotte e non alle due come in tutte le altre parti della città?

Se mai si decidesse di ridurre l’apertura dei locali, per ovvi problemi di equità, tale decisione dovrebbe riguardare l’intera città.

Soluzione 2: evitare la concentrazione delle persone. […] Se il problema è la troppa concentrazione di persone nello stesso luogo, si potrebbe pensare di introdurre una specifica limitazione relativa al numero massimo di persone concentrate nello stesso posto (ad esempio, dopo mezzanotte si potrebbe vietare il formarsi di gruppi di persone superiori a dieci unità e, magari, prevedere che tra i vari gruppi si debba tenere una certa distanza). Naturalmente sono ironico, ma credo che qualcuno in questo strano mondo ci abbia già pensato.

Soluzione 3: ridurre il numero di locali. […]  le licenze sono ormai libere (fortunatamente) ed è quasi sempre possibile convertire un bar in uno studio professionale, una gioielleria in una gelateria e un negozio di pompe funebri in un’erboristeria. […] Se si prende per un attimo sul serio quest’ultima possibilità, è giusto sapere che gli effetti potrebbero essere perversi se non  addirittura regressivi (ad esempio si rischierebbe una museificazione del Borgo, oppure si creerebbe una sorta di “monopolio” innalzando drasticamente i prezzi del mercato immobiliare).

[…] Proviamo ad immaginare invece che il comune reputi la “specializzazione” del Borgo come zona della “movida” cittadina un’occasione importante […]

Soluzione 1: assecondare il processo mediante progetti sullo spazio pubblico. Visto che il Borgo si sta aprendo a questa nuova vocazione, il comune potrebbe anche ritenere auspicabile una  rivisitazione dello spazio pubblico in modo da rendere l’area sempre più piacevole. Come? Ad esempio rivendendo la larghezza dei marciapiedi, inserendo nuove sedute, chiudendo sempre più spesso la strada al traffico, inserendo nuovi cestini, ma anche prevedendo nuovi servigi igienici pubblici e gratuiti e etc. […]

Soluzione 2: incentivare nuovi investimenti privati. Un’ulteriore soluzione potrebbe essere quella di incentivare economicamente l’apertura di nuovi locali mediante bandi o concorsi.  Il comune di Bergamo ha recentemente promosso un bando per la “valorizzazione” di ambiti ritenuti degradati (via Quarenghi, via Moroni, via san Bernardino etc.) attraverso incentivi pubblici di 15.000 euro per l’apertura di nuove attività artigianali.  Perché in alcune zone si deve incentivare la rigenerazione e in altre no? Sulla base  di quale criterio? Perché via Moroni si ed, ad esempio, via Gabriele Rosa a Boccaleone no? […]

Soluzione 3: non intervenire. […] Se consideriamo “il non intervento” come una delle possibili soluzioni, chi deve decidere lascerà che sia il gruppo di interesse più forte a prevalere sugli altri e, a mio modo di vedere, questo è grossomodo ciò che sta accadendo proprio nel caso del Borgo.

Il comitato dei residenti ha iniziato a raccogliere alcune firme. I commercianti non sono rimasti a guardare e si sono coalizzati per difendersi. Nel frattempo l’opinione pubblica si è sviluppata e il caso è uscito dalle “mura” cittadine. Grazie anche ai numerosi articoli prodotti recentemente, il caso del Borgo è diventato celebre e la sua utenza è aumentata ulteriormente (forse anche per la molta pubblicità involontaria prodotta da alcuni giornali locali). Insomma, si è creata una maggioranza netta che, facilmente, nel caso in cui si decidesse di non intervenire, prevarrà sui residenti della zona. Ma è giusto che la maggioranza decida e schiacci la volontà delle minoranze? […]

[…] la città è un sistema molto più complesso di ciò che noi tendiamo a credere. Andando al sodo, personalmente credo che fino ad oggi non sia ancora stata trattata una questione a mio avviso centrale: la città cambia.

[…]  la città non è un oggetto controllabile in toto e spesso assistiamo a  processi imprevedibili che possono piacere o non piacere. Ciò che conta osservare però è che tutti questi processi spontanei, dietro al loro apparente disordine, nascondono sempre un proprio equilibrio dettato da scelte individuali.

[…] possiamo concepire la città come un sistema complesso che comprende il concetto di imprevedibilità. […] il concetto di adattabilità: la città è di per sé è un oggetto vivente che cambia continuamente. Le sue varie parti mutano e cambiano perché le persone al suo interno sono soggetti viventi diversi fra loro, con vari interessi che si esprimono nello spazio.

La città  si adatta nel tempo. Il Borgo ha subito e sta subendo una profonda metamorfosi. Sono cambiate le persone che lo frequentano, le attività, i valori immobiliari e altri aspetti ancora, ma sempre e soltanto perché gli interessi e le opportunità cambiano insieme alle persone, e perché le persone liberamente agiscono nello spazio.

I nuovi abitanti del Borgo, quelli che oggi decidono di andarci a vivere, oppure quelli che decidono di aprire nuove attività, lo fanno volontariamente perché amano questa nuova atmosfera. Allo stesso tempo però altri abitanti invece ne rimpiangono il passato e magari decideranno di andarsene lasciando il posto a coloro che stanno per arrivare. Questo non è altro che un processo di sostituzione (qualcuno potrebbe chiamarlo gentrification).

Come direbbe Jane Jacobs questa è la città, perché la città cambia ed è il frutto della diversità intrinseca presente in ciascuno di noi che si riflette nello spazio. La città si adatta, e si adatta sempre rispecchiando una micro-razionalità affascinante e profonda che il più delle volte sfugge all’osservatore distratto.

(estratto da “Il borgo che cambia” by Stefano Cozzolino,  dottorando in Pianificazione Urbana al Politecnico di Milano, professor assistant per il  corso di Land Use Ethics and Law) > per leggere la versione integrale scrivi a stefano.cozzolino@polimi.it

 

 

casa di pena Tentorio

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CasaTentorioPR

guardando Tentorio inaugurare casa Tentorio, pensavo: ha il doppio di grinta dei suoi avversari, anche di quelli che hanno la metà dei suoi anni,

ero attorniato da una piccola folla di over 70 in tiro, nonne col tacco e la louis vuitton, nonni coi rayban in doppiopetto, tutti molto carichi, si divertivano un mondo a sfottere gori, noi non ci vergogniamo a girare col suv, dicevano,

più distanti, distaccati, i nipoti, i coatti di lusso di bergamo centro, con adolescenze spese in piazzette come questa, con finte aiuole per poveri alberi costretti a reggere diktat di cellophane per giovani di cellophane,

e pensavo: questa è la destra, è uguale a quella di 20, 30, 40 anni fa, anzi, è proprio la stessa gente di allora,

e poi pensavo agli altri due posti dove ero appena stato, al centro congressi della curia, dove si esibivano gori&friends, e all’auditorium di piazza libertà, dove c’era la convention grillini;

e guardando la gori people, le facce, i tipi umani, l’impressione che avevo avuto era evidente: questi sono i democristiani, è chiarissimo;

e guardando i grillini, invece: questo è il popolo di sinistra, ecologista, egualitario, ma non lo può dire, perchè ripudiato dalla sinistra ufficiale,

da questi problemi d’identità, pensavo, viene forse la mancanza di aggressività degli sfidanti di Tentorio: la città sta andando per altri 5 anni alla destra deleteria, e gli sfidanti  sembrano dei gentiluomini al campo da golf,

la campagna elettorale, se sei uno sfidante, non è un dibattito da salotto, ma una guerra di piazza, fatta anche di colpi bassi, di notizie-bomba  e attacchi frontali, anche personali,

se i grillini bg avessero nei confronti di gori e tentorio 1/10 della vis polemica che grillo usa contro renzi e berlusconi, triplicherebbero i loro consensi, ad oggi al 10-15% (i più bassi d’italia), e magari andrebbero al ballottaggio,

se gori non vince con 200 candidati 7 liste 6 addetti stampa e tot milioni di budget, non gli resta che fare il presidente dell’Inter,

gori ha i soldi, i grillini hanno gli argomenti, ma nessuno dei due ha davvero voglia di vincere, e usano le loro armi al peggio possibile,

sarebbe logico per i grillini attaccare i rivali sia da destra che da sinistra, per accalappiarsi i voti di protesta leghisti e sel, che non si sentono rappresentati dai propri candidati,

sarebbe facile per gori, con la potenza di fuoco mediatico di cui dispone, demolire la simpatia di Tentorio sparando un paio di semplici verità storiche devastanti, in grado di colpire tutto l’elettorato, come queste:

1) tentorio è oggi l’amministratore politicamente più vecchio di tutta italia: è in consiglio comunale ininterrottamente dal 1970, quando era capogruppo del Movimento Sociale Italiano, è l’unica icona della vecchia politica, pre-tangentopoli, tuttora in carica

2) tentorio è stato arrestato per falsa testimonianza e reticenza in relazione a un caso di corruzione con tangenti, accadeva più di 20 anni fa, forse sul web non trovi traccia, ma negli archivi del Corriere si:

> dal Corriere della Sera del 10 giugno 1993:

“Franco Tentorio, capogruppo del Msi in consiglio comunale, e’ stato arrestato per aver reso false attestazioni al pubblico ministero.

L’inchiesta riguarda le mazzette per la vendita del bar “Nazionale”, sul Sentierone. Tentorio era stato ascoltato come testimone venti giorni fa dichiarando che non era al corrente delle trattative sotto banco, cioè delle bustarelle per sottostimare il bar pasticceria e quindi pagare meno tasse. I giudici non gli hanno creduto. Poi una telefonata a casa e il trasferimento in carcere, dove ora è in isolamento. In caso di ritrattazione, riacquisterebbe automaticamente la liberta’ .

> dal Corriere della Sera del 11 giugno 1993:

Il commercialista missino Franco Tentorio ritratta e torna in libertà: ieri in carcere il professionista ha ammesso di aver reso dichiarazioni false e reticenti ai magistrati che lo avevano convocato come teste sulle tangenti pagate per la compravendita del bar Nazionale.

Aveva dichiarato di avere appreso dai giornali della tangente versata al direttore dell’ufficio del Registro, Vittorio Leonzio, per sottostimare il valore del “Nazionale”, venduto da Giulio Benigna al ristoratore Tino Fontana. Ma ieri Franco Tentorio, pentito della testimonianza reticente, ha dichiarato di essere stato messo al corrente, a cose fatte, della mazzetta versata al direttore dell’ufficio del Registro”

Allora, come fai a votare sindaco uno che, “pentitosi” dopo qualche ora di carcere, ha ammesso di aver mentito su una cosa del genere?

Semplice, basta non saperlo, e che nessuno te lo dica.

E alla fine si capisce perché rischia di vincere ancora tentorio, cioè un rappresentante della vecchia destra elitaria: sarà anche falso e reticente sulle tangenti, ma non sulla propria identità politica.

nella ph. postini-reuters: piazzetta bg, inauguraz casa Tentorio. 

de gustibus gori disputandum non est

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de gustibus gentium per annos solliciti satis non fuimus dixit veneris vespro Georgius Gori

“negli anni non ci siamo preoccupati abbastanza di formare un gusto nelle persone” ha dichiarato venerdì sera alla tavola rotonda degli “amici dell’accademia carrara” giorgio gori, candidato sindaco di bergamo,

verum Georgius Gori pro gustibus turbae ostentationis duxit in italiam magnum fratrem et clarorum insulam

in realtà, giorgio gori, come direttore di italia1, canale5 e produttore di reality magnolia, ha portato nella case di tutti gli italiani  il Grande Fratello e L’isola dei famosi, e ha contribuito in maniera pervasiva alla diffusione del peggior cattivo gusto possibile, l’esibizionismo,

qui sui spectaculum dare vitae privatae ita ut gens tota suddita gustibus domini fiat

che consiste nel dare spettacolo di sé, della propria vita privata: la gente, private del privato, cade in totale soggezione del gusto pubblico dominante,

il che è la realizzazione del conformismo, cioè la forma perfetta di dittatura, con un dittatore virtuale (il grande fratello) e una piccola elite di uomini liberi (i famosi) che vivono in isole incontaminate

ergo Georgius Gori de gustibus gentium non est disputandum sed forte se purgando

perciò giorgio gori sui gusti della gente non deve disputare, ma casomai scusarsi