se io fossi un designer molto giovane

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Mendini

Se io fossi un designer molto giovane avrei la certezza che oggi questo mestiere è molto difficile, perché è a una grande svolta, e non si sa bene metterlo a fuoco (…)

Lo chiamerei, perciò, con il nome di BLACK DESIGN, un design “dove si vede nero”.

(…) oggi, nonostante molti slogan liberatori, gli animi delle persone sono chiusi a difendere una involuzione vischiosa che sembra accettare, ma che di fatto esclude, la diversità e la novità. (…)

(…) cercherei comunque la forza (la generosità) di espormi al disagio dell’ignoto, alla ricerca (finalmente, dopo tanti anni di dominio prevalente della cultura logica) di generi di design più completi, stratificati e magici, di DESIGN EMOZIONALI (…)

Vorrei vivere l’esperienza del ritrovamento di un uomo ancestrale e amoroso, formulare il manifesto “iper-moralista” di un DESIGN ANTI-MONDANO, vorrei che il mio disegno sapesse assorbire fame, violenza, povertà, diseguaglianza.

(…) e vivrei un progetto di disponibilità che conducesse a nuovi oggetti non violenti, calmi, poetici, delicati, adatti ai palcoscenici su cui i nuovi uomini svolgeranno i “riti e le fantasie di clan” del loro prossimo futuro di “persone vive, ma destinate a morire”.

(…) Metterei in gioco anche la mia personale perdizione, la mia credibilità, il mio isolamento, perché ogni nuova epoca richiede un ricorrente impegno, spesso senza possibilità di ritorno.

Come in una passeggiata spaziale, compiuta in un “vuoto” di merce e di metropoli: un DESIGN ERRANTE per una comunicazione culturale fra gli uomini,

mentre il DESIGN INFORMATICO dilata all’infinito il nirvana del proprio freddo cervello.

Alessandro Mendini, estratti da “Caro giovane designer”, 1984;

tutti gli scritti di Mendini in http://www.ateliermendini.it/index.php?page=scritti

 

bada!

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bada

Dalle parti del mio babbo (i papà in Romagna non esistono) si dice: “bada!”.

Non è necessariamente un avvertimento severo, piuttosto un “fai attenzione!”, detto per il tuo bene.

Mio padre, ad esempio (e così mio nonno), diceva “bada!” o “scappa!” quando gli ero tra i piedi, mentre lui trafficava con qualcosa che potesse contenere una punta di pericolo per il prossimo, soprattutto se bambino o figlio.

Due verbi scorticati di ogni suono affettivo, privati della buccia di qualsiasi contatto; urgenti, maschili,

e pronunciati per spuntare guai, per prevenire e proteggere, che credo sia buona parte del compito di un  genitore, soprattutto se gli capita la ventura di chiamarsi padre.

Ora lui, e mi ba, non lo sento più dire “bada!”, perché non maneggia più con le cose per aggiustarle o per farne altre.

Vero è che è fermamente convinto tanto di aggiustarne quanto di farne e, di conseguenza, potrebbe ancora invitare qualcuno ad allontanarsi lasciando a lui il totale governo di una faccenda spiccia, cosa che gli è sempre riuscita egregiamente,

al contrario di altre, quelle, ad esempio, che si trascinano in bave di emozioni o restano addentate ai rebbi del conflitto.

Lì infatti si sperdeva e, per scappare, si irritava o taceva, invece di dire “bada!”.

Ora lui, e mi ba, è badato.

Ma non lo sa. O, se lo sa, non gli piace pensarci e, dunque, dice “scappa!” a quel pensiero.

In questo senso, mio padre è smemorato.

Ma vorrei sapere chi è dotato della memoria sufficiente per rintracciare, nei ricordi come nel contingente, ciò che ci dispiace riconoscere

e che causa non trova da nessuna parte, se non in come ci troviamo a essere.

(testo by Anna Bonaccorsi)

1 impresa in 2 libri

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2libri4

l’impresa è la conquista del potere nella società moderna:

libro1, Tecnica del colpo di stato, pamphlet by Curzio Malaparte, Parigi 1931 (in Italia 1948):

…in realtà Hitler è uno spirito profondamente femminile, la dittatura non è solo una forma di governo, ma la forma più completa di gelosia,

 Hitler è geloso di tutti coloro che l’hanno aiutato a diventare una figura di potere, egli teme la loro fierezza, la loro energia, la loro volontà coraggiosa e disinteressata che fa delle truppe d’assalto hitleriane un magnifico strumento per la conquista dello stato…

…con un corpo speciale di un migliaio d’uomini composto da 100 equipe di 10 uomini con un’organizzazione segreta e invisibile, che agisce senza uniforme, senza alcun documento scritto…

…la conquista e la difesa dello stato moderno non è un problema politico, ma tecnico…

libro 2, Il padrone del mondo, romanzo fantascienza by Giulio Verne, 1904, sequel di “Robur il conquistatore”, 1885:

con la tecnica Robur, l’ingegnere, intendeva conquistare il mondo…

…il nido dell’aquila era il degno rifugio di questa prodigiosa macchina e del suo geniale inventore. Il veicolo del padrone del mondo rispondeva a una quadruplice funzione: automobile, nave, sottomarino e aeronave per muoversi attraverso tutti gli elementi con rapidità inaudita.

…per ottener la potenza necessaria a muovere il suo apparecchio Robur ricorse all’elettrcità, che sarà un giorno l’anima del mondo industriale. Nessuna macchina per produrla, ma il moto stesso del veicolo, e i raggi del sole.

… sul ponte dell’aeronave Robur, gli occhi fiammeggianti, impassibile, mostrava la superbia e l’intrattabile orgoglio di chi è al di sopra o al di fuori dell’umanità…

pro memoria bis

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smemoratoCollegno

due settimane fa il giorno della memoria, oggi il giorno del ricordo,

a chi ha problemi di memoria, ricordo le date istituzionali “per non dimenticare”:

27 gennaio, giorno della memoria del genocidio ebraico (1945, liberazione di Auschwitz)

10 febbraio, giorno del ricordo dei massacri delle foibe (1943-45, Istria)

9 maggio, giornata della memoria delle vittime del terrorismo (1978, uccisione Aldo Moro)

25 maggio, giorno della memoria americana per i caduti in guerra

11 ottobre, giorno della memoria del genocidio dei popoli indigeni

11 novembre, giorno della rimembranza europea (1918, fine prima guerra mondiale)

e inoltre, last but nt least: 21 settembre, giornata mondiale dell’alzheimer

forse la data “summa” sul problema della memoria, che prima di essere una malattia, come ogni malattia,  è un problema filosofico, categoriale, in questi termini:

cosa intendiamo per “memoria”: la facoltà o l’oggetto della memoria?

Dalla scelta che facciamo, derivano conseguenze diversissime.

In metafora, se per memoria intendiamo l’oggetto delle memoria, ovvero i dati, l’archivio, è evidente che un archivio confuso, danneggiato o vuoto, è un minus;

se invece per memoria intendiamo la facoltà di disporre, recuperare e utilizzare dati, allora la memoria non è l’archivio, ma l’archivista, ed è altresì verificato che un vecchio archivista, per quanto smemorato o “sciroccato” o con dei “vuoti di memoria” sia infinitamente più interessante, e utile, di un archivista-computer.

La differenza fondamentale tra intelligenza artificiale e umana è che questa ha limitate capacità analitiche ma illimitate facoltà sintetiche, e viceversa: l’elaboratore umano può immagazzinare meno dati, ma ha una bacheca “programmi” irraggiungibile dal competitor elettronico.

Il malato d’alzheimer che dà scandalo sparando ricordi random che cosa, o chi, è?

Una macchina-archivio che perde colpi, e non trova i dati, o al contrario un “veggente” che sta creando un nuovo programma?

Diverso è “sentire” il malato come un organismo che regredisce a sub-umano, un ritardato, un mostro addirittura, una specie di Frankestein che perde i pezzi;

oppure un angelo, un artista, un Proust alla ricerca del tempo perduto, un toccato del signore, uno spirito incarnato, un profeta, un essere sovrumano.

Entrambe le visioni sono distorsioni egoistiche dell’osservatore.

Ci si compiace nel dire che l’anziano torna bambino: e quando ha dei “momenti lucidi” allora cos’è, un “enfant prodige”?

In realtà siamo sempre portatori sani di perdita di memoria, anche quando vinciamo i test d’intelligenza.

Tutti i nostri problemi di memoria nascono proprio in quegli anni, tra le seconda rivoluzione industriale e la rivoluzione informatica, nei pressi spazio-temporali di Auschwitz, l’invenzione dell’elaboratore, della logistica, la riduzione dell’uomo a macchina on/off, con dati e numeri memorizzabili,

questa trasformazione degli umani in numeri, in macchine a controllo numerico, riduce il corpo un macchinario idraulico a combustione alimentare dotato di un elaboratore centrale, poco più di una pressa con un software, manovrabile a distanza,

a questa visione “machina” tecno-medica del fattore umano come sistema di corpo e psiche, collaborano la medicina moderna (secondo una logica di bio-ingegneria, con innesti e trapianti) e la neurochirurgia, la psichiatria e la psicanalisi per l’aggiornamento o il reset dell’hardware, del software e della scheda di memoria;

a questo punto, se l’uomo macchina-computer ha ricordi non meccanici, allora ha problemi di memoria…

assumendo un punto di vista pro-memoria, umanistico,

l’alzheimer è il segnale di un rifiuto, è il canto d’addio del fattore umano.

imago: l’annuncio della Domenica del Corriere che nel 1927 diede vita al celebre caso dello smemorato di Collegno: per la prima volta vennero utilizzate in tribunale le impronte digitali e le perizie psichiatriche.

 

 

eversione 1929-2014

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parlamentofascista

Quando una figura istituzionale usa una parola come “eversione”, io mi spavento.

Il reato di eversione (dal latino “evertere”, rovesciare, ribaltare) è stato introdotto nel 1929 dalla dittatura fascista (art.270 codice Rocco) per sopprimere l’opposizione socialista e comunista.

Da allora, attraverso gli anni di piombo, si ha un progressivo inasprimento, per cui le leggi attuali sono in realtà più repressive di quanto lo fossero sotto il fascismo.

Il meccanismo principale di inasprimento consiste nell’introduzione di leggi speciali per situazioni di “emergenza”, che non vengono mai abrogate quando termina l’emergenza.

Paradossale, preoccupante che oggi una figura istituzionale, esponente della sinistra, si appelli al reato di “eversione”  nei confronti di un partito dell’opposizione (tacciato di “fascismo” dal partito… che è stato più di 50 anni all’opposizione).

Chi ha qualche decennio di memoria, ricorderà che la “strategia della tensione” nasce proprio da questo tipo di atteggiamento: bollare l’opposizione come eversiva, metterla fuori legge, e di fatto innescare il terrorismo; che poi viene alimentato dai servizi segreti con puntuali stragi di stato, così da giustificare la repressione.

E intanto il capo del governo (che rappresenta la lobby “vedrò”, che rappresenta le multinazionali del gioco d’azzardo che stanno mangiandosi vivo il paese) dice:

la crisi è superata, puntate sull’Italia!

(imago:  il governo Mussolini in piedi mentre il parlamento fascista approva l’art. 270 che istituisce  il reato di eversione)

la professionalità del giocoliere

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ratselli

A cosa serve oggi un giocoliere, a cosa serviva negli anni Trenta, agli albori della società dello spettacolo?

Esattamente 85 anni fa,  Orio Vergani scriveva sul Corriere della Sera: in nessun mestiere la scala dei valori è così chiara e nettamente suddivisa come nel mestiere del jongleur. Tenendo due oggetti in aria siete un bambino; tenendone tre siete il papà di quel bambino; a quattro siete già un buon dilettante; a cinque siete bravissimi; a sei siete maestri; a sette siete il grande Kara, il più famoso giocoliere dell’Ottocento. In quanto a tenere in aria otto oggetti contemporaneamente, nessuno ci era mai riuscito.

Nell’inverno del 1928, il grande Enrico Rastelli da Bergamo si presentò al pubblico del Teatro Duse con tre piatti nella mano destra, due nella sinistra, uno in bocca, e due appoggiati alla cintura. Poi, in un attimo, gli otto piatti si staccarono dal suo corpo, salirono, rotearono in aria, composero tra la sua mano e il cielo del palcoscenico un cerchio magico. Per giungere a questo egli si era allenato sei anni, quattromila ore.

Rastelli aveva raggiunto l’irraggiungibile, acclamato, celebrato in tutti i continenti (per vederlo a Berlino, i posti si prenotavano un mese prima), ormai ricco a milioni…


Volendo essere crudeli col mitico Rastelli, oggi possiamo dire che rappresentava la versione da propaganda del lavoro ripetitivo in fabbrica,  che poi Charlie Chaplin avrebbe reso in parodia in “tempi moderni”. Il padronato godeva nel vedere l’abilità, la velocità di gesto del Rastelli, figurandosi l’operaio in catena di montaggio.

Oggi, esaurita la mitologia fordista, Rastelli, il grande giocoliere, è un’icona migrante tra opposti estremismi:

da un lato è il brooker finanziario anni ottanta e novanta, l’agente di borsa, che fa miracoli di equilibrismo e scaltrezza nel prendere e mollare i titoli;

dall’altro, più attuale, è il precario stressatissimo tra bollette, partita iva, ritenuta d’acconto, collaborazioni saltuarie, trimestrali, lavori in nero, in grigio… e la speranza di risolvere tutto giocando gli ultimi euro al superenalotto.

Fuor di metafora, oggi un bravo giocoliere può fare teatro di strada e spettacoli per bambini. Eppure quella del giocoliere non è più considerata una professione:

quando il mio amico A., allo sportello dell’anagrafe per rinnovare la carta d’identità, alla domanda “professione?” ha risposto “giocoliere” l’impiegata, dopo aver consultato un elenco dattiloscritto, ha risposto:  giocoliere, no. Definizione non ammessa come “professione”.

La ragione? Mistero. Forse una ragione grammaticale, professione giocoliere puzza di ossimoro, se è una professione non è un gioco, e viceversa.

Il mio amico ha protestato citando Rastelli, che come “giocoliere” ai suoi tempi è stato uno dei contribuenti più ricchi di tutta la provincia.  Ma l’impiegata è stata  inflessibile, gli ha mostrato l’elenco e alla fine il mio amico ha scelto acrobata.

Chi si trovasse nella stessa situazione, non sapendo più che professione indicare (precario? esodato? cassintegrato? disoccupato? artigiano in nero? partita iva morta e sepolta?) e volendo comunque avvicinarsi alla realtà del proprio sbattersi, può dunque far scrivere sul documento d’identità: acrobata.

Probabilmente una delle professioni oggi più diffuse. Chi l’avrebbe detto, vent’anni fa, quando si parlava di nuove professioni, di società dello spettacolo, e tutti si iscrivevano al DAMS?

1 secolo in 2 libri

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2libri

> 1914 da S.Zweig, “ll mondo di ieri”:

noi che abbiamo conosciuto il mondo di ieri possiamo testimoniare che l’Europa era davvero il mondo della libertà individuale, si compiaceva del suo caleidoscopio,

abbiamo goduto di maggior libertà civile rispetto ai giovani d’oggi, i quali sono costretti al servizio militare, al lavoro, e in molti paesi all’ideologia di massa e all’arbitrio della stolta politica mondiale.

Noi potevamo dedicarci all’arte, alle predilizioni intellettuali, plasmando liberamente la vita privata.

Potemmo vivere da cosmopoliti, il mondo intero ci era aperto innanzi. Viaggiavamo senza passaporti né permessi, andavamo dove ci piaceva, nessuno ci chiedeva le idee, la provenienza, il reddito.

Non v’erano costrizioni, si poteva parlare, pensare, ridere, inveire come si voleva; ognuno viveva a suo capriccio, in compagnia a solo, prodigo o economo, in gran lusso o da bohemienne,

vi era posto per ogni bizzarria, erano previste tutte le possibilità, nessuno si lasciava intimidire, si andava, si parlava, si dormiva con colui o colei che ci piaceva.

La parola aveva ancora potere, non era stata ancora calpestata a morte dalla menzogna organizzata, la “propaganda”, gli uomini ascoltavano ancora la parola scritta, l’attendevano,

per un poeta, per uno scrittore, non era vano dire una sua parola, la produzione intellettuale era in grande stima dalle più umili alle più alte stanze.

Nessuno aveva la pretesa di basare l’esistenza materiale sulle proprie disposizioni artistiche, i poeti e gli artisti sceglievano allora professioni medocri e senza ambizioni per aver quella minima sicurezza esteriore che garantisse loro l’indipendenza per l’opera interiore.

Con tale libertà, potevano ignorare i salotti, i vernissage e i grandi giornali corrotti e scrivere gratuitamente per le loro piccole riviste, mettendo in scena  le loro pieces in piccoli teatri sperimentali.

Non si vergognavano di vivere angustamente, pur di pensare con libertà e audacia in campo artistico.

In quelle serate amichevoli tutto era molto semplice e cordiale, sedie di paglia, tovaglia a quadretti, chiunque ben accetto, per cena miracoli su un fornelletto,

non avevano telefoni, macchine da scrivere, scrivevano i loro libri a mano, su carta riciclata (ndr: !), non erano più eleganti o ricchi dell’operaio sullo stesso ballatoio, che poteva unirsi e discorrere con loro.

Chi si preoccupava di quei fantocci solo più tardi gonfiati come la razza, la classe, l’origine?

Se oggi mi chiedo perché l’Europa nel 1914 è entrata in guerra, non trovo altra ragione che un eccesso di forza, di dinamismo, di pingui guadagni che congestionavano i governanti e montavano il sangue in testa.

Una guerra tra ricchi, per diventare i più ricchi.

Da allora, una certa ombra non si è più dispersa sull’orizzonte d’Europa, prima così limpido.

Oggi rabbrividiamo constatando come questo mondo per la sua furia suicida sia ottenebrato e ridotto a carcere e schiavitù,

e come l’uomo con sentimenti umani  sia ridotto nel XX secolo in orrendo isolamento e disperazione…

> 2014 da J.Attali, “Breve storia del futuro”:

La nuova classe creativa, un’iper-classe che dirigerà l’iper-impero, sarà costituita da  strateghi finanziari o d’impresa, a capo di compagnie d’assicurazioni e del tempo libero, architetti di software, creativi, giuristi, operatori di finanza, autori, designer, artisti.

Saranno donne  e uomini, dipendenti di sé stessi, concorrenti spietati, né impiegati né datori di lavoro, ma a volte esercitando più di un lavoro alla volta, gestendo la vita come un portafoglio di azioni, attraverso una competizione molto selettiva.

Ipocondriaci, paranoidi, megalomani, narcisisti, egocentrici, dovranno difendere le proprietà di capitali, software, brevetti, ricette, opere d’arte.

L’apprendimento sarà per loro una necessità vitale, la curiosità un’esigenza assoluta, la manipolazione una pratica corrente:

non avranno più frontiere tra lavorare, consumare, creare, allontanarsi, non conosceranno nessuna fedeltà né nazionale, né politica, né culturale,

saranno fedeli solo a sé stessi, si interesseranno innanzitutto all’organizzazione della propria vita erotica e del proprio suicidio.

Alcuni, più cinici degli altri, si metteranno al servizio dell’economia pirata e ne diventeranno i padroni.

Altri, al contrario, una volta fatta fortuna, investiranno nelle azioni umanitarie, diventando altruisti.

il patto Berluscov-Renzintropp

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MolotovRibbentropStalin

prima dell’incontro Renzi-Berlusconi, la BaDante Anna F. aveva dichiarato: 

essendo polacca, so già a cosa serve l’incontro Renzi-Berlusconi:

così come il patto di “non aggressione” Molotov-Ribbentropp del 1939 è stato in realtà un patto di spartizione per cui l’Armata Rossa occupava i paesi baltici (Litu, Letto, Esto) e Hitler si prendeva la Polonia,

allo stesso modo oggi Berluscov e Renzintropp si spartiranno le terre di mezzo,

si tratta solo di capire chi da domani sarà baltico e chi polacco.

I piccoli partiti devono sparire, come i piccoli paesi, i piccoli proprietari e la piccola impresa individuale, su questo andranno oggi d’accordo il grande padrone della destra e il grande partito della sinistra.

Post scriptum: “con Berlconi c’è profonda intesa” ha dichiarato Renzi appena terminato l’incontro con Berlusconi

documento obsoleto

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Cannes Film Festival 1980

(pubblicato il documento con le spese sostenute per Bg2019, abbiamo chiesto al signor G, 84 anni, socio di un centro anziani, quale sia l’umore dei seniores sulla capitale della cultura, e il signor G ha cominciato a parlare dei problemi dei centri anziani, tanto che temevamo fosse partito per la tangente…) 

nella città di Bergamo ci sono più di 20 centri diurni-anziani,

strutture nate e concepite 30 anni fa, sull’idea di “anziano” dell’epoca,

oggi le cose sono molto cambiate, ma per la nostra amministrazione pubblica, gli anziani, gente tranquilla, sono l’ultimo dei problemi,

fino ad oggi se ne occupavano le circoscrizioni, da domani essendo state abolite le circoscrizioni non se ne occuperà nessuno,

molti centri diurni rischiano di chiudere presto per una serie di ragioni “disorganizzative” e mancanza di coordinamento e gestione da parte del comune,

per dare l’idea: oggi ognuno dei 20 centri anziani stipula la sua assicurazione e per frequentarlo occorre essere soci, quindi  se vuoi andare a fare il torneo di scopa o la gara di liscio in un altro quartiere, devi iscriverti anche lì,

basterebbe “fare un cartello” per stipulare un’unica polizza (più vantaggiosa!) e un’unica tessera-soci, valida per tutta la città, e più economica!

a questo dovrebbe servire la politica, questo dovrebbero fare gli amministratori,

lavorare per razionalizzare e migliorare i servizi,

era questo che promettevano gli uomini (e le donne!) della giunta Tentorio, e invece per inseguire il sogno della capitale della cultura, e però essendo privi di immaginazione, hanno dilapidato capitali con somma ignoranza!

ps: volendo approfondire la questione “centri anziani” esposta dal signor G, abbiamo fatto una ricerca on line, e ci siamo imbattuti in un caso fantastico di “umorismo da motore di ricerca”: provare per credere: se digiti in google “centri terza età bergamo” la prima voce che esce è  Servizi Sociali – Centri Diurni terza età – Comune di Bergamo

dopodichè, se provi ad aprire la pagina, compare un avviso che dice: “Attenzione! Il documento richiesto è obsoleto”

figli di papà

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Edoardo-Agnelli

(discorso ai figli di papà della sig.ina G., 72 anni, ex sarta, ammiratrice di Edoardo Agnelli) 

> se prendi il Mereghetti, la Bibbia del cinema, e guardi nomi come Comencini, De Sica, Gassman, Risi, Tognazzi, Manfredi, Placido, Cervi, e molti altri,

scopri questa curiosa evidenza: mentre i padri hanno firmato le migliori pagine del cinema italiano, capolavori d’arte e/o successi internazionali, i figli, e le figlie, figurano tra il peggio assoluto, con film inguardabili, finanziati dallo stato

> se apri oggi l’Eco di Bergamo trovi che la città è in mano al sindaco Tentorio, all’ex sindaco Bruni, all’assessore Pezzotta, all’industriale Pesenti,

se apri l’Eco di Bergamo di 40 anni fa trovi che la città era in mano all’ingegner Tentorio, all’avvocato Bruni, al sindaco Pezzotta, all’industriale Pesenti,

idem se guardi i nomi dei professionisti di grido, avvocati, commercialisti, fotografi, architetti,

> se i peggiori imitatori di Jannacci, De Andrè e Dario Fo sono i loro figli, e ci vivono bene

> se i peggiori presidenti di Milan, Inter e Juve sono i loro figli, figlie o nipoti

> se l’attuale capo del governo recita per il centrosinistra la stessa parte tenuta da suo zio per il centrodestra negli ultimi 30 anni

> se esempi del genere sono ovunque, negli ospedali, nelle aziende, nei tribunali…

allora siamo rimasti il paese dei figli di papà, è questa la rovina dell’Italia contemporanea:

fino a quando l’economia lo reggeva, non ci siamo resi conto del peso del familismo e del nepotismo, di fatto il primo fattore di sclerosi sociale e di conservazione dello status quo, dal momento che impedisce il ricambio delle elites e la mobilità sociale e per il corpo sociale è esattamente come il colesterolo,

> dunque  più della mafia, anzi, più diffusamente della mafia, e più della finanza mondiale, la lobby parassitaria che ha governato il paese Italia è la “famiglia”,

da sempre la madre di tutte le lobby d’affari sorte per la conservazione del patrimonio attraverso il matrimonio e i legami di sangue.

e in realtà, i figli di papà oggi al potere nelle aziende, in politica e nella cultura si sono dimostrati la peggior elite possibile: hanno dissipato risorse, sprecato occasioni, perso tempo e denaro,

> così abbiamo finalmente capito il senso dell’Amleto: il marcio in Danimarca viene dalla famiglia, dal morbo-famiglia,  ed ora, come a Elsinore, qualcosa si è rotto nel palazzo,

> lo vediamo, lo sperimentiamo: i nuovi figli di papà sono in grossi guai: qualsiasi cosa facciano, è un fallimento,

se prendono in mano l’azienda, va tutti a rotoli,

se si dedicano a una propria idea d’impresa, sono soldi buttati,

tutto al contrario di quel che accadeva 20, 30, 40 anni fa, quando qualsiasi cosa facesse il rampollo, l’azienda andava bene;

e se decideva di dedicarsi a un nuovo business, andava bene anche quello!

> ora è il momento che i figli di papà cambino mestiere, e prendano esempio dall’unico genere di figli di papà davvero ammirevoli, e sono quelli che hanno fallito, che hanno rifiutato il ruolo,

quelli che fanno un lavoro qualsiasi, che non c’entra nulla con l’ingombrante genitore,

ma anche quelli che hanno dilapidato tutto fallendo in tutto,

e quelli che semplicemente si sono dimostrati incapaci di stare al mondo con quel nome, e hanno cercato col proprio fallimento di espiare il successo della famiglia,

> dovendo citare un esempio, io direi pure un martire, uno che si è dato fino in fondo a questo nobile “rifiuto” del ruolo, faccio il nome del primogenito dell’Avvocato Agnelli, Edoardo Agnelli,  intellettuale marxista-leninista e filo islamico, viaggiatore, eroinomane, esteta,

morto suicida gettandosi da un cavalcavia, lasciando come unico messaggio la sua Fiat nella piazzola d’emergenza,

> i figli di papà oggi sono un problema, sono in piazzola d’emergenza,

noi possiamo aiutarli: per cominciare, dicendogli che i figli di papà che si tirano indietro sono più utili al paese di quelli che portano avanti il nome e gli affari di famiglia,

> fate un passo indietro, dite mi spiace, caro papà, cara mamma, tutto questo ben di dio non è più replicabile, non è più eticamente praticabile.

> tagliate i ponti con la famiglia, cominciate una nuova vita, mollate ogni cosa, tornate alla terra, mollate ogni business, investimento estero, import-export, e.commerce, edilizia, trasporti, finanza, mollate tutto,

> poi, in un secondo tempo: figli di papà, unitevi

> comprate terreni agricoli nel vostro territorio, boschivi, aree dismesse, da bonificare,

tornate alla nuda terra, parlate ai lavoratori, proponetegli di diventare neo-contadini,

siate scaltri, folli, lanciatevi con nobile intento nell’impresa più lussuosa del made in italy, ridisegnare il mondo, stravolgendo le regole, disegnando, costruendo mondi nuovi,

> occorre un nuovo modello positivo di figlio di papà,

nuovo e antichissimo, che non agisca nel nome del padre, ma nello spirito del pianeta,

figli di papà, siate determinati, vi seguiranno, come hanno seguito Chiara e Francesco.