venerdì pesce

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venerdì Upper Dog vuole il pesce,

e non quello delle scatolette, ma pesce fresco,

come quello che vedi in foto, pescato per me e altri 11 alani dal mio padrone,

tu se hai un cane normale tutto quello che devi fare è procurarti una trota padana, pescarla nei ruscelli è il top se possibile,  poi ci sono i laghetti d’allevamento e pesca,

oppure in pescheria, infine al super, insomma: una trota fresca, anche piccola, da 2 euro,

con una trotina di 3 etti aggiungi 3 etti di carote e/o zucchine e/o piselli e fai lessare mezz’oretta, a parte fai bollire 3 etti di riso spezzato, senza sale,

scoli il riso, toglie le lische alla trota, sminuzzi le verdure, metti tutto insieme

poi per insaporire un filo di olio e una bella acciuga, o alice, o sardina, o un cucchiaino di pasta d’acciughe, dai una bella girata di mestolo e la Ciotola Trota Padana è pronta!

Questa sbobba messa in un bel barattolone di vetro in frigo ti dura 3 giorni, una settimana se fai la conserva col vuoto,

per te significa sbattimento, odori in cucina,

ma anche risparmio, consapevolezza, autostima,

e per me significa mangiare 10 volte meglio e più sano,

ti costa uguale o meno delle scatolette,

in compenso qui dentro non c’è il 4% di carne o pesce di origine lontana e conservazione chimica, ma un 33% di pesce fresco lessato al naturale, e per le verdure stresso discorso,

parliamo di sbobbe base che qualsiasi veterinario ti consiglia (1/3 verdure cotte 1/3 carne o pesce lessati al naturale 1/3 carboidarati, pane secco, riso o pasta cotti a parte)

per garantire l’apporto d’omega3, l’acciuga finale, anche intera, tipo ciliegina sulla torta, puoi metterla non solo nella Trota Padana, ma anche nelle altre ciotole Upperd Dog:

la Popolo Bue, la Porco Cane, la Master Polaster, la Pota Coniglio, la Interiora Design,

se proprio hai bisogno di un’etichetta, stampa l’etichetta Upper Dog

e appendila la barattolo tipo conserve della nonna,

aggiungi a mano data di produzione e ingredienti e firma il prodotto,

addesso sei diventato un pet-chef

cucini sbobbe fresche, sane, buone, umanamente commestibilissime,

quando vai a cena dagli amici e non sai cosa portare, portagli un barattolo di Upperd Dog

farai un figurone

specialmente se non hanno il cane!

DOG1

Pesenti cosa ti dico!

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Bergamo Fondazione italcementi convegno annuale nella foto Giam

lettera aperta dei lavoratori Italcementi (665 nuovi cassintegrati solo quest’anno)

al signor Giampiero Pesenti, 82 anni (7,5 milioni di euro quest’anno  tra stipendio, bonus e trattamento di fine mandato)

e a suo figlio Carlo, 1,9 milioni quest’anno:

cari padroni-Pesenti, in due ci costate come 1000 (mille) lavoratori-pezzenti,

e poiché in araldica il nome della famiglia Pesenti deriva proprio da “pezzenti

siamo certi che conosciate bene la situazione “pezzenti” con figli affamati, affitti alle stelle  e niente lavoro:

insieme, caro Giampiero, abbiamo cementificato l’Italia, che era un giardino,

e adesso che non c’è più niente da cementificare, con la società in rosso di 360 milioni e debiti accumulati per 2 miliardi, non è bello che noialtri si debba stare senza lavoro in mille persone, mentre voi due continuate a guadagnare come e più di prima,

perciò, Giampiero, senti bene cosa puoi fare invece di deprimerti e finire i tuoi giorni barricato in casa ossessionato dal “Memento Mori”:

destina questi 10 milioni vergognosi alla fondazione “Cemento Mori©,

che ha come fine sociale quello di de-cementificare la penisola,

sarebbe cosa logica adesso, dopo averla cementificato, de-cementificarla insieme,

finanziando ricerca, progetti di recupero e riconversione aree degradate, abbattimento edilizia inutile, interventi di bonifica ambientale, misure di prevenzione del dissesto idrogeologico, et coetera.

In questo modo, darai lavoro a 1000 persone, Giampiero,

un lavoro utile, mettiamo un po’ a posto l’Italia,

ma per cominciare devi accettare di sacrificare il tuo carattere schivo,

avere la copertina del tuo libro nelle vetrine delle librerie,

la tua foto sulle copertine delle riviste, il tuo nome negli editoriali,

e come benefattore! sarebbe veramente sovversivo!

prendi parte alla “sovversione dei gerontocrati”, plutocrati che si convertono al turbo-ecologismo, l’unica rivoluzione possibile in Italia,

parlane anche ad altri plutocrati ottuagenari amici tuoi,

la congiuntura storica vi permette di debordare di 360 gradi

e dopo una vita grigia da anonimi plutocrati,

passare alla ribalta come grandi filantropi,

che è meglio di niente,

ma sbrigati, come certo avrai notato, il plutocrate ottuagenario, dopo l’illuminazione tardiva, dispone di un breve lasso di libertà operativa,

dopodichè viene schedato come alzheimer e interdetto dai suoi stessi figli, avvocati e medici, in combutta tra di loro, è matematico!

adipem removere et animam movere

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adipem

gratis, pedibus et sine mercede

excellens modus adipem removere et animam movere

se primo vere sicut Christum cursorem facere est

et cotidie decem milia in passionis percurrere itinere viae crucis

giaculatoria recitando et futurum statuendo

quod corporis motus spiritus motus efficit

et accidia cum adipe remota est

EGO VOS SUM

free footing the best way to remove fat in springtime is to become a runner like Jesus

and run every day ten miles along passion’s via crucis, graces praying and future deciding,

because body’s movement mind’s movement increases and sloth with fat come off

I’M YOU

la mercedes di madre teresa

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MercedesCLA

se oggi digitiamo in google “carisma, talento, coraggio”,

finiamo nella nuova scintillante campagna pubblicitaria Mercedes;

qualche giorno fa, invece, con le stesse parole, saremmo finiti  nella rubrica psicologia di spaziodonna.com:

per avere un’idea di come la motorizzazione google sia in grado, da un giorno all’altro, di risignificare completamente 3 parole qualsiasi, ci basta leggere i due testi in parallelo,

il comunicato Mercedes e la rubrica spaziodonna (in corsivo):

Carisma, talento, coraggio.
Tu, per cosa venderesti l’anima?


Mercedes-Benz torna in comunicazione per il lancio ufficiale del nuovo CLA,

Nel teaser di 15” secondi, essenziale e grafico, si chiede direttamente al pubblico cosa sarebbe disposto a fare per avere carisma, talento e coraggio.

Il carisma (dal latino ecclesiastico, “charisma”, in greco “carisma” derivato da “caris”, grazia, dono) è un dono eccezionale conferito a taluni individui per esercitare una missione o una funzione specifica nella comunità.

Carisma, nel senso cristiano, è una “dote speciale che si può offrire alla società, a chi ci sta vicino.

Chi possiede un talento che lo distingue dagli altri , lo dovrebbe utilizzare per il bene di tutta la società.

Nello spot 30” è il diavolo in persona, interpretato da Willem Dafoe, a proporre ad un giovane fan del nuovo CLA le tre chiavi del successo.

Maria Marucelli, docente di Psicologia clinica fa una prima distinzione tra un carisma “positivo” ed un carisma “negativo”:

 “quando la persona, consapevolmente, lo usa in maniera funzionale per il raggiungimento dei propri scopi. Lo usa cioè in senso manipolatorio”.

 Franco Ferrarotti, docente di Sociologia all’Università La Sapienza di Roma, giudica per questi motivi il carisma “un potere pericoloso”.

Chiude il claim ‘Nuovo CLA. Mettici l’anima.’ seguito dall’invito alla prova della vettura durante il weekend del 13 e 14 aprile presso gli showroom Mercedes-Benz.

Lo showroom si trasformerà nel palcoscenico di un imperdibile contest event, durante il quale potrai dimostrare il tuo carisma, talento e coraggio.

Quelli che giudichiamo come “carismatici” sembrano sicuri, forti e completamente in pace con se stessi. Non hanno bisogno dell’approvazione da parte degli altri perché perseguono un cammino interno – spiega Martina Gleissenebner, studiosa del carisma – con caratteristiche che vorremmo avere tutti.

 E che potremmo acquisire tutti, basta trovare quel qualcosa che ci fa davvero felice, quel talento innato che è la nostra dote speciale. E di avere il coraggio di seguirla”.

Un format assolutamente innovativo, che prevede tre aree buffet con open bar alle quali potrai accedere con un mobile game realizzato per Mercedes-Benz dagli ideatori di Ruzzle.

Poche persone si conoscono fino in fondo e sono davvero consapevoli delle loro doti – continua la studiosa austriaca –

e quando anche si conoscessero, poche poi hanno il coraggio di seguire una strada forse più isolata e difficile per rimanere fedeli a se stesse”.

Per le 23.15 è fissata la presentazione della nuova Mercedes-Benz CLA e, se avrai realizzato il miglior punteggio della serata, sarai proprio tu a eseguire il reveal della vettura. La serata continua con il dj set.

“Bisogna trovare il proprio senso nella vita per essere carismatici – continua la Gleissenebner – ma quel senso non può mai avere un fine in se stessi, deve essere diritto verso gli altri.

Allora bisogna chiedersi: quale talento innato, che sento davvero una cosa mia, posso dare agli altri? Da questa domanda comincia la strada verso il carisma”.

Vai ora sull’evento Facebook dedicato, conferma la tua presenza e coinvolgi i tuoi amici.

Porta con te il tuo table o smartphone.

Al tuo arrivo, diaboliche hostess saranno pronte ad accompagnarti in questo viaggio tra le più irresistibili tentazioni.

Marino Niola, docente di Antropologia culturale, fa riferimento a Madre Teresa:

“Dal suo corpo esile scaturiva quella sorta di poesia misteriosa che chiamiamo carisma:

 una grande icona carismatica del nostro tempo è proprio l’immagine di quel corpo scavato, chino sui malati”.

(esercitazioni di webfilologia comparata – 2013 advzero/CalepioPress)

 

the male code cap 3

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The male code (il maschio digitale) by Leone Belotti  

3 – la periferica di controllo  – Detroit, 1978.

«Ciao Mary Ann»

«Ciao Chri»

Nessun altro, adulto o coetaneo, maschio o femmina, lo può chiamare così senza irritarlo, ma lei sì, Mary Ann l’ha sempre chiamato così, fin da quando avevano tre anni.

Tutti li hanno sempre presi per fratelli. Anche Mary Ann ha un viso di lineamenti delicati, ed è una ragazzina sottile, silenziosa e dagli occhi intelligenti.

Qualche volta, da bambini, “giocando a dottori”, Mary Ann gli ha fatto vedere “la passerina” e lui le ha fatto vedere “il pistolino”.

Sono cresciuti ripetendosi “da grandi sposiamo”, ma ora da qualche anno non se lo dicono più.

«C’è Jenny?» chiede Christian.

«Si, entrate»

Spalanca la porta, e chiama “mamma!”.

Jenny Mc Bride sbuca dalla cucina con indosso un grembiule.

Al vedere Christian come sempre ha un grido di gioia, si pulisce le mani, lo abbraccia, lo bacia. Christian fa finta di essere imbarazzato.

«Sai Jenny, io e il mio amico qui, Paky…»

«Giorno, signora McBride!»

«Caio Paky! A casa tutto bene?»

«Si, signora, grazie»

«Allora, Christian, avete sete? Una coca?»

«Grazie, signora Mc Bride» dice Paky, e Christian gli rifila un’occhiataccia.

Jenny lo vede, sorride, gli chiede: «Tu non la vuoi Christian una bella coca cola fredda, con la cannuccia?»

La seguono in cucina. Sopra il frigorifero è accesa una piccola Tv nella quale si agitano i faccioni allegri dei Robinson.

Quando lei porge loro le due bibite, Christian dice: «Ecco, noi veramente siamo venuti a chiederti un piacere»

Jenny lo guarda incuriosita.

Ricorda ancora, e certo la ricorda anche lui, quella volta, molti anni prima, lui aveva non più di sette o otto anni, quando le chiese “un piacere”:

se poteva prestargli dieci dollari per dieci giorni.

Lei gli aveva risposto: mai prestare soldi agli amici, perdi i soldi e perdi l’amico. Te li regalo, i dieci dollari che ti servono.

«Basta che non mi chiediate soldi, ragazzi, perché questo mese sono in bolletta»

«Si tratta di fare una telefonata» dice Christian.

«Una telefonata? Ti serve il telefono?  E hai bisogno di chiedere?»

Paky fa un passo avanti: «Il nostro problema, signora Mc Bride, è che ci prendono per ragazzini e non ci dicono niente. Abbiamo fatto delle prove. Poi Christian ha detto: so io chi potrebbe fare per noi questa telefonata! E così eccoci qui!»

«Spiegatemi»

Christian tira fuori una rivista specializzata in videogiochi, la apre a una certa pagina e inizia a spiegare.

Dopo pochi minuti Jenny Mc Bride dice: «Ho capito».

Ci pensa due secondi. Le stanno chiedendo di mentire, fingere di essere un’altra persona.

«Ok» dice.

Si toglie il grembiule, scalcia le ciabatte, va nel ripostiglio-lavanderia-guardaroba,  quasi subito torna con in mano delle scarpe coi tacchi, se le infila in un istante, si ravviva i capelli,  spegne la tv e prepara un taccuino con la penna sul tavolo.

Quindi afferra la cornetta del telefono a muro dotato di cavo chilometrico.

Compone il numero stampato sulla rivista che Christian le regge, e inizia a camminare avanti e indietro.

Appena sente rispondere, si siede al tavolo davanti al taccuino, e accavalla le gambe.

«Buon giorno, mi chiamo Helena Pickwick, chiamo da Detroit per quel vostro annuncio sul Joystick Atari riservato ai distributori…»

«Si, ho un negozio di giocattoli e modellismo, cioè, mio padre, Jerome Pickwick, che però di videogiochi non capisce niente ma mi ha dato carta bianca, quindi mi interessano le condizioni che proponete, il materiale che fornite e…»

Per cinque minuti Jenny ascolta prendendo nota, scrivendo rapidamente nomi e numeri, limitandosi a dire dei «si» «chiarissmo» fino a chiudere con  un «è stato gentilissimo Dr.Necker, mi dia un paio di giorni per fare le mie valutazioni. La richiamerà io».

Quindi strappa dal taccuino il foglio fitto di annotazioni e lo allunga a Christian.

* * *

«Signor Pickwick, io e il mio amico Paky siamo clienti del suo negozio di giocattoli e modellismo da almeno dieci anni»

L’espressione di Christian è molto compita.

Come tutti i ragazzini del quartiere, lui e Paky quando erano più piccoli hanno passato interi pomeriggi a sognare davanti alle quattro vetrine di PW Toys.

«Mi ricordo di voi due!» ribatte subito il vecchio signor Pickwik, scrutandoli arcigno da sopra gli occhiali.

C’è qualcosa di ostile nella sua espressione?

Ora Christian è colto dal dubbio che  il vecchio si ricordi di quella volta che gli hanno rubato due modellini di Harley Davidson.

Erano convinti di averla fatta franca, ma per un bel pezzo non avevano più avuto il coraggio di entrare nel negozio con la solita frase “possiamo guardare?”.

«Noi vorremmo chiederle ….»

«Se avete in mente di chiedermi di farvi credito, ragazzi, ve lo dico subito: capitate al momento sbagliato!»

Da almeno un paio d’anni Jerome Pickwick sta lottando con tre voci che gli risuonano in testa: quella della sua coscienza, quella di sua figlia Helene, e quella del suo commercialista.

“Devi chiudere, Jerome” gli ripetono tutti e tre in coro.

Da quarant’anni manda avanti l’attività iniziata da suo padre nel 1938, con un piccolo laboratorio-negozio dove produceva e vendeva automobiline e soldatini di latta e di legno, a basso costo, per i figli degli operai dell’industria automobilistica che in quegli anni producevano carri armati e cannoni.

Lui a differenza di suo padre non era mai stato un artigiano, ma un commerciante: a partire dal dopoguerra, aveva ingrandito due volte il negozio, e per due decenni il “PW toys”, nell’epoca trionfale dei giocattoli di plastica, aveva reso bene.

Era nata Helene, ma lui avrebbe voluto un maschio, perché non aveva intenzione di trasformare PW Toys in un negozio di bambole.

Quando Helene era ancora  piccola, era rimasto vedovo.

Poi era iniziato il declino.

I grandi centri commerciali potevano permettersi prezzi per lui impensabili.

Per alcuni anni era stato il settore modellismo a tenerlo a galla.

Ora PW Toys era un vecchio negozio di quartiere, in perdita, destinato a chiudere.

«Non abbiamo intenzione di farle perdere soldi, signor Pickwick, ma di farglieli guadagnare»  dice Christian.

Paky gli mette sotto il naso la rivista: «Abbiamo avuto un’idea».

Il sessantaquattrenne Jerome Pickwick butta un occhio all’annuncio che i due ragazzi gli sottopongono, ma appena capisce di cosa si tratta, restituisce la rivista.

«Niente da fare, ragazzi, non tratto questa roba»

«Questa roba è il futuro, signor Pickwick»

«lo so ragazzi, avete ragione, ma io non ci capisco niente di videogiochi, come faccio a vendere qualcosa che non conosco, che non mi piace? Non posso! E non ho alcuna voglia alla mia età…»

«Lo sappiamo. Proprio per questo siamo qui. Lasci che le spieghiamo la nostra idea. Ci impiegheremo sette minuti, se non ci interrompe»

Jerome Pickwick sorride.

«Come forse saprà, la Atari sta rivoluzionando il settore dei videogiochi. Con l’arrivo della nuova consolle dotata di Joystick il mercato dei videogiochi domestici avrà una crescita esponenziale. Ora stanno lanciando una grande operazione commerciale per entrare in tutti i negozi di giocattoli e modellismo…»

«So già tutto ragazzi, e ho già mandato via almeno tre rappresentanti, oltre a una serie di vostri coetanei che volevano prenotare questo nuovo giò-stick o come diavolo si chiama…»

Christian capisce che è giunto il momento per sparare un’altra delle frasi che si è preparato: «Noi sappiamo qual è il suo problema, e siamo qui per risolverlo».

«Il punto chiave della strategia promozionale Atari è la visibilità. Per questo offrono ai dettaglianti merce in conto vendita, materiale da vetrina, espositori, poster, e soprattutto una postazione di gioco completa, a disposizione del pubblico, per provare il nuovo Joystick»

«L’idea è questa» interviene Paky «ci occuperemo di tutto noi, la vetrina, la vendita, e soprattutto la postazione: uno di noi due, o entrambi, saremo qui ogni pomeriggio, e dal mese prossimo, finita la scuola, tutto il giorno, a disposizione dei clienti che vogliono provare il nuovo sistema, li faremo giocare con la consolle e con i nuovi videogiochi… »

«Ne venderemo una caterva» prosegue Christian «lei devo solo metterci a disposizione la vetrina su Main Road, e una piccola zona del negozio che chiameremo settore videogiochi, dove piazzeremo la postazione di gioco. Senza dover fare niente, e senza rischiare niente, le garantiamo un aumento costante degli incassi…»

Il signor Pickwick vorrebbe scoppiare a ridere, ma si trattiene, e sta al gioco.

Con serietà, chiede: «E cosa vorreste in cambio?»

Christian alza le spalle come se la risposta fosse ovvia: «Il 50% dell’utile sul fatturato del settore “videogiochi”»

«Siete fuori dal mondo, ragazzi. Avete idea delle spese che ho? E le tasse? Ammesso che riusciate a convincermi a fare una pazzia del genere, il massimo che posso riconoscervi è una provvigione sulla vendita, diciamo tra il 10% e il 20%»

«Trenta» dice Christian «consideri tutto il lavoro che faremo per curare la vetrina, allestire la postazione, e promuovere il prodotto nelle scuole, con il passa parola»

«Facciamo il venticinque, allora, non un dollaro in più»

Paky guarda Christian.

«Affare fatto» dice Christian.

Il silenzio cala nel grande negozio.

«C’è un problema, voi siete troppo giovani per incassare delle percentuali sulle vendite»

«Abbiamo fatto i quindici anni, può farci un contratto da apprendisti non pagati»

«E la vostra percentuale?»

«Cash sul venduto ogni sera, quando chiude la cassa»

Jerome Pickwick adesso riflette. Pochi giorni prima al centro commerciale ha visto di persona la folla di ragazzini che assediava il corner promozionale della Atari, e i genitori in coda alla cassa.

«Fra tre mesi, se non sarà soddisfatto, potrà sempre rimandare tutto indietro alla Atari senza aver speso un dollaro»

Per la prima volta da molto tempo, al posto delle voci “devi chiudere!” dentro di lui si leva una voce che non sentiva da decenni.

La voce di suo padre. “Provaci, Jerome!”.

Severo, dice: «Voglio vedere i vostri genitori, e avere la loro autorizzazione»

* * *

Helen Pickwick è la classica ragazza annoiata, insoddisfatta, viziata, con la puzza sotto il naso, che disprezza l’ambiente in cui è cresciuta, ossessionata da frasi come sto buttando via la mia vita e voglio andarmene da questa città di merda.

Ha quasi trent’anni, e diversi tentativi fallimentari alle spalle.

Seguendo questo o quel principe azzurro, ha vissuto a New York, a Los Angeles, è stata tre mesi in Europa, un mese in India, ha provato le droghe, il sesso estremo, l’anoressia, gli psicofarmaci e ha fatto parte di una setta new-age.

E ogni volta, alla fine, è sempre tornata a casa, dove suo padre la chiama ancora “stellina” come quando aveva cinque anni.

Appena appresa la novità del “reparto videogiochi”, ha reagito male, e senza degnare di uno sguardo i due quindicenni che suo padre si è tirato in negozio è andata dritta a fare due chiacchiere con Donald, il commercialista di famiglia, il ritratto dell’americano affidabile, quarantenne, sposato, abbronzato, capelli a spazzola, padre di due figli e profondamente porco, come lei stessa ha sperimentato più volte.

Era sicura di avere il suo appoggio per far cambiare idea a suo padre, ma Donald le ha spiegato chiaramente che nonostante da un anno lui pubblichi, a insaputa del vecchio, un’inserzione per vendere il negozio, ancora nessuno si è fatto avanti seriamente.

E quindi, qualsiasi iniziativa prenda il vecchio per rendere più appetibile il negozio, e magari ridurre le perdite, purché non comporti spese, è da approvare.

Dopo i primi approcci freddi, il ghiaccio si è rotto quando i due ragazzini con le mani dietro la schiena le hanno confessato, supplicando il suo perdono, e spiandole il seno, di aver usato il suo nome per chiamare l’ufficio commerciale della Atari.

Ora lei, come fa svogliatamente un paio di pomeriggi la settimana, è nel piccolo ufficio in fondo negozio, ricavato utilizzando gli scaffali come pareti divisorie.

Mentre controlla e mette in ordine le fatture, ascolta distrattamente le chiacchiere che i due sbarbatelli fanno al di là del divisorio, dove hanno appena finito di allestire la postazione Atari.

Li trova divertenti, e siccome loro non sanno che lei è lì, sta vagamente pensando di metterli in imbarazzo, rivelando la sua presenza al momento opportuno.

* * *

«A me sembra una figata, Christian!»

La voce di  Paky è concitata. Da due anni aspettavano questo momento.

Finalmente, nella postazione promozionale appena montata nel negozio, stanno provando il nuovo joystick.

Alla guida di due Jeep Wrangler identiche stanno affrontando a velocità folle un’impervia mulattiera di montagna che corre a strapiombo su un profondo canyon.

«Sembra una figata, ma è solo una mezza figata» dice Christian.

I suoi  occhi sono incollati ai fanalini di coda della Jeep guidata da Paky. Il  tracciato è accidentato e irto di ostacoli, sorpassare è un azzardo.

Nei brevi rettilinei Paky perfidamente gli lascia spazio sul lato strapiombo sperando che l’amico tenti il sorpasso per poi scaraventarlo di sotto con un colpo di sterzo ben assestato.

Ma lui non ci casca e resta incollato alla scia di Paky in attesa del varco giusto sul versante a monte.

Poi Paky, nell’affrontare una stretta curva a sinistra, quando si trova esattamente a centro curva, con Christian che lo tallona a ruota, invece di aprire il gas, pianta una frenata improvvisa, e all’accendersi inaspettato delle luci di stop, Christian è colto di sorpresa.

D’istinto tira il joystick completamente verso di sé.

Mentre la Jeep di Paky dopo una leggera scodata riprende subito il controllo e la traiettoria, lui perde aderenza, sbanda, urta la parete rocciosa, va in testacoda e nonostante tenti inutilmente di tenere la Jeep in carreggiata controsterzando, precipita nello strapiombo.

La Jepp si schianta con uno splash nelle acque verdi del fiume che scorre in fondo al canyon.

Il pilota-Christian sguscia dall’abitacolo e inizia a nuotare, ma dopo poche bracciate è raggiunto da tre coccodrilli che in tre morsi – gambe, bacino, testa – lo divorano per intero. Una chiazza rossa si allarga sull’acqua fino a occupare tutto lo schermo.

A caratteri cubitali compare la scritta GAME OVER.

Christian molla il joystick.

«Capisci Paky? Il problema non è il joystick, il joystick è precisissimo. Il problema è il polso»

« A parte il fatto che io ho più polso di te, amico mio, cosa intendi? »

«Intendo dire che il polso umano non è il terminale di comando ideale»

«Può darsi che tu abbia ragione, Christian. Ma non riesco a immaginare cos’altro si possa usare per manovrare tutto  quello che vuoi esattamente come fosse il tuo uccello»

Christian sorride maliziosamente: «Io invece credo che per far funzionare l’uccello ci sia una periferica più performante del polso. Si chiama F-I-G-A»

Paky ride: «Bella battuta, amico mio, però non ti seguo, »

«Ragiona, testa di zenzero. Siamo due scienziati del cazzo, sappiamo tutto sul nostro cazzo-joystick, ma non sappiamo quasi un cazzo sulla periferica di controllo che ci interessa veramente: la figa!»

«Vai avanti professor Darwin, sento che stai per fare un ragionamento scientificamente interessante»

Christian sorride: «è solo un’ipotesi di ricerca, una supposizione priva di verifiche sperimentali. Ma immagino che nella figa delle donne ci siano sensori di controllo molto sofisticati, che dovremmo imparare a manovrare»

Christian pensa alla signorina Lewis.

Paky dice: «Nella figa l’unica manovra da fare è dentro-fuori, su-giù, anche un joystick senza connessione andrebbe bene, se abbastanza grosso  e duro»

Christian lo degna di uno sguardo di commiserazione: «Sbagli completamente approccio, Paky. Lascia perdere il tuo divino micro-uccello salsiccia alla cannella. Pensa a quello che fanno le donne per i cazzi loro, quando non hanno un uccello a disposizione. Hai presente la copertina di Hustler del mese scorso?»

«Ce l’ho stampata in testa, amico mio. Intendi quella specie di massaggiarsi la figa bagnata col polpastrello del dito?»

«Se fai bene attenzione ai particolari, Paky, vedi che non si massaggia la figa vera e propria, ma qualcosa appena sopra»

«Uhm, e allora?»

«E allora vorrei capire il tipo di controllo digitale che hanno le donne nel farsi una sega »

«Si chiama ditalino»

«Chiamalo come vuoi Paky, ma vorrei sapere come funziona. Il cazzo funziona come un joystick, si manovra di polso, zum-zum, ma la passerina? Ci dev’essere un sistema di controllo là sotto, altrimenti, se bastasse un qualsiasi contatto, non potrebbero andare in bicicletta senza entrare in orgasmo multiplo!»

«E chi ti dice che non sia così? Hai mai notato come pedalano a volte, a gambe strette, strusciandosi le cosce e sedute in punta sulla sella?»

Paky ha appena finito di parlare quando dall’altro capo del negozio il vecchio lancia una voce:

«Stellina! Fai tu la chiusura?»

I due amici ammutoliscono. Da dietro lo scaffale vedono comparire la figura di Helena.

* * *

«Si, papà, vai pure, ci penso io»

Il signor Pickwick esce di fretta, e li saluta con un cenno dalla vetrina prima di tirare giù le saracinesche.

Helene attraversa il negozio, chiude la porta a chiave, quindi torna verso di loro.

«E così vorreste sapere come funziona la passerina?»

Il primo a reagire è Christian. Senza parlare, annuisce muovendo rapidamente la testa su e giù.

Helene fa un passo avanti, e si siede gambe penzoloni sull’alto bancone davanti a loro.

«Avvicinate i vostri sgabelli» dice, e Christian e Paky trascinano rumorosamente i loro bassi sgabelli in avanti fino a ritrovarsi seduti a mezzo metro dalle sue ginocchia.

«Ascoltate, e guardate, ma non provate ad allungare le mani per nessun motivo, ok ragazzi?»

Ricevuto l’ok, lei dapprima solleva le ginocchia puntellando i talloni delle sue Reebok bianche sulle maniglie dei cassetti.

Poi alza l’ampia gonna estiva, e lentamente spalanca le gambe.

Indossa mutandine bianche.

Semplicemente scostandole con la mano, mostra loro qualcosa che non hanno mai visto né immaginato.

La sua “passerina” è totalmente depilata, come quella di una bambina.

Christian con movimento impercettibile avvicina la testa. Nel vederla toccarsi Paky inizia a sudare.

«Queste si chiamano grandi labbra, e queste sono le piccole labbra».

Lascia andare le mutandine. Quindi se le abbassa da sopra.

«E questo è il clitoride»

Christian e Paky osservano quello che pare a tutti gli effetti un pene in miniatura di cui non si sarebbero mai sognati l’esistenza.

«La cosa più importante, per fare un ditalino, è la condizione psicologica ed emotiva. Dovete imparare prima di tutto a fare in modo che la vostra compagna si rilassi, mostrandovi sicuri, fluidi, e non impazienti,  con carezze, baci, con calma, prima al viso, poi, alle spalle, alla schiena, alle cosce, ma non troppo in alto. Non dovete mostrare di avere fretta… anche se c’è qualcosa che vi scoppia nei jeans»

Compiaciuta, nota il rigonfiamento sulla patta dei suoi due spettatori.

«Quando sentite che lei si sta rilassando, e non reagisce irrigidendosi ad ogni vostro tocco, ma assecondandolo, inizierà la seconda fase, l’eccitazione: comincerete a sfiorarle il seno, continuando a baciarla,  prima sotto, poi intorno ai capezzoli, che diventeranno duri e sporgenti.

A quel punto porterete una mano sotto, le farete una carezza molto leggera sopra le mutandine, mi raccomando, mai infilare la mano subito sulla “passerina”.

Ci arriverete poco per volta, passando delicatamente il dito sulle grandi labbra come sto facendo io. A questo punto potete trovarvi davanti a due scenari diversi.

Se la passerina è secca come il lago salato, non insistete con sgrillettamenti furiosi che sarebbero solo fastidiosi.

Piuttosto, infilatevi il dito in bocca – così –  insalivatelo bene, e riprovate.

Quando la passerina è umida, potrete cominciare a massaggiarle il clitoride, molto delicatamente, con movimento rotatorio, in questo modo»

«Lei inizierà ad avere il respiro affannato, eccitata. E’ il momento per la terza fase, il ditalino vero e proprio.

Porterete il pollice sul clitoride, col palmo della mano rivolto verso la passerina, e le infilerete dentro il medio, assicurandovi in precedenza di non avere le unghie troppo lunghe, o spezzate, o sporche.

Una volta inserito, inizierete a muoverlo fino a quando sentite la vagina sempre più morbida e umida.

Quindi inserirete un secondo dito, l’anulare, e quando entrambi saranno dentro, li intreccerete tra loro, muovendoli, non verso il collo dell’utero, ma cercando di raggiungere un punto dietro il clitoride, che nel frattempo continuerete a sfiorare col pollice, così»

«Ora sentite che le vostre dita toccano qualcosa di vivo, della consistenza di una caramella gommosa. Non vi spaventate: è il punto g, siete arrivati a destinazione»

Allibiti, Christian e Paky osservano Helena infilarsi tra le gambe tutte e quattro le dita, mentre il pollice, da fuori, continua a muoversi sul clitoride.

Ora ha gli occhi chiusi, il suo bacino sussulta sul bancone, e in rapida sequenza emette tre brevi grida acute.

Quindi toglie le mani, e la mutandina torna al suo posto.

Si appoggia indietro ed espira.

Le gambe sono sempre spalancate, le apre e chiude quasi come dovesse ventilarle.

«Mi raccomando, quando sentite che lei sta venendo o è appena venuta, resistete alla tentazione di saltarle addosso e infilarle il pistolino. Lei ha raggiunto l’orgasmo, e ha bisogno di relax. La sega che vi farete a casa sarà molto più appagante»

Christian osserva la mutandina, adesso c’è una chiazza umida.

«Posso annusare?» dice.

* * *

Alla fine  del primo mese, quando ha visto gli incassi, Helena dice  loro: «Sedetevi sul bancone. Vi meritate un bel pompino».

Tre mesi dopo, il “reparto videogiochi” realizza da solo il 70% degli incassi totali di PW Toys, che sono triplicati, e in aumento costante.

Con le loro “percentuali” Christian e Paky stanno mettendo da parte un piccolo gruzzoletto.

«Signor Pickwick, abbiamo avuto un’altra idea»

«Ci sono delle cose che vorremmo fare»

«Quella parte di magazzino che non usa, quello che una volta era il negozio di suo padre, pensavamo di farci un laboratorio dove produrre roba nostra»

«Versioni customizzate dei giochi, periferiche sperimentali, modificate, prototipi, piccole produzioni artigianali da vendere col marchio PW Toys»

«Ormai Helena  sa tutto dei prodotti standard ed è meglio di noi nell’accalappiare i clienti in negozio e pare che le piaccia»

«In questo modo Paky potrebbe dedicarsi alle cose che sa fare meglio, è un vero talento nel trasformare le mie idee in cose che funzionano»

«io invece andrò in giro a cercare di piazzare i brevetti PW Toys alle grandi compagnie»

«un buon brevetto può essere pagato anche 2 o 300.000 dollari. L’idea sarebbe dividere in tre parti ogni introito, io, lei e Paky»

«Sono nelle vostre mani, ragazzi! E sappiate che vi perdonato»

«Ci ha perdonato?»

«Per quella volta che avete rubato due modellini di Harley-Davidson»

* * *

Christian è spazientito. Gli hanno ingessato il polso. Si è rotto lo scafoide scivolando banalmente e mettendo male la mano a terra.

L’ingessatura del polso gli lascia liberi giusto i polpastrelli delle dita. Impossibile afferrare, e usare il joystick.

«Cazzo, Paky, ci vorrebbe un Joystick speciale, che funzioni usando solo il polpastrello del pollice, come il clitoride di Helene!»

Paky ride, poi alza gli occhi dal circuito stampato su cui sta lavorando e fissa l’amico: «Cos’hai detto Christian?»

«Che mi servirebbe una periferica di controllo manovrabile usando solo i polpastrelli, senza bisogno di stringere la mano o ruotare il polso»

Paky lo guarda impassibile, ma Christian sa che il suo cervello sta lavorando a mille. E improvvisamente capisce.

«La figa di Helen!» esclama, e comincia a muovere i polpastrelli di pollice, indice e medio.

Paky sorride. Dice: «Esatto! Il pollice può comandare il movimento del cursore-clitoride, mentre il medio e l’anulare comandano i pulsanti-punto g. Si tratta di inventare un joystick-figa che stia nel palmo della mano esattamente come la figa di Helene»

«Cazzo, cazzo, anzi, figa, sei un genio Paky! Anzi, no, io sono un genio!»

«Non sarà facile»

Senza saperlo, hanno appena avuto l’intuizione alla base della tecnologia dalla quale sarebbe derivata la nuova periferica di controllo digitale, destinata non solo a sostituire il joystick e ad equipaggiare le consolle videogiochi del futuro, tipo PlayStation, ma a dare vita all’innovazione decisiva del personal computer: il mouse.

«Ha ragione Helene! E’ la figa che comanda il mondo oggi, non il cazzo! Il joystick è nato vecchio, te l’ho sempre detto, Paky! Devi mollare tutte le altre stronzate, e buttarti su questo»

«Non so, Christian. Probabilmente in questo momento ci sono intere equipe di ingegneri che stanno lavorando su un’idea del genere, nei centri di sviluppo della Atari o della Nintendo. Magari passerò i prossimi sei mesi rinchiuso qui dentro a sviluppare il prototipo, e quando ormai siamo in dirittura d’arrivo ecco che in televisione danno un servizio sul nuovo controller Atari»

«Può darsi, ma noi li fotteremo, Paky. Fotteremo sia Atari che Nintendo, oltre che intere legioni di belle fighe!»

* * *

FINE CAP3 . PROXIMA PUBLICATIO MAR23 APRILE

i vandali e la badante

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vescovado

storia vera

per tutto l’inverno la badante accudisce a domicilio un anziano con difficoltà di deambulazione che vive in una villetta in collina

all’interno di un complesso abbastanza esclusivo, che un tempo era un castello e residenza del vescovo, da cui il nome (Vescovado di Gavarno),

Un bel giorno di primavera finalmente la badante e l’anziano, disponendo di un’autovettura gentilmente prestata, per la prima volta escono insieme,

vanno in paese a fare la spesa, e fanno un giro nei dintorni, per osservare i cambiamenti degli ultimi anni.

Quando rientrano nel residence anche loro si sentono dei privilegiati, potendo accedere nella via privata protetta dall’impianto di video-sorveglianza

e parcheggiare nello “spazio riservato ai proprietari”.

Dopo aver accudito l’anziano, la badante come ogni sera gli augura la buonanotte e ritorna a casa,

ma questa volta non in autobus o in scooter, questa volta ha l’auto!

La piccola utilitaria che le hanno prestato fa un po’ compassione in mezzo alle grandi berline lussuose dei “proprietari”.

Quando posa la mano sulla maniglia della portiera, le resta in mano,

e con grande spavento si accorge che la maniglia è stata divelta, spezzata, e poi messa al contrario nella sua sede.

Immediatamente ha la certezza che questo atto di vandalismo sia stato commesso ai suoi danni non da un teppista, non da un balordo, non da un ladro

(impossibile che simili soggetti giungano sino al castello, tanto è “protetto”)

ma da uno dei “proprietari” benestanti, da un vicino di casa dell’anziano che lei accudisce, proprio per dissuaderla dal parcheggiare in quegli spazi.

Al centro del cortile dell’ex-castello, alza gli occhi alle finestre dei piani superiori,

e percepisce nettamente la presenza di chi ha fatto questo dietro le persiane chiuse.

Dunque, pensa la badante, i primi vandali sono loro, quelli che mettono le telecamere per difendersi dai vandali,

e non vogliono vedere in giro l’utilitaria della badante

perchè hanno il terrore di diventare vecchi, vecchi e poveri,

dal momento che hanno venduto l’anima al diavolo per la macchina nuova,

proprio come dice la pubblicità Mercedes,

e tutto il coraggio, il talento e il carisma che gli è rimasto

è quello di fare dispetti odiosi al proprio vicino.

Vorrebbe urlare, andare a suonare tutti i campanelli,

a chiedere chi ha fatto questo, perché, chi ha visto,

andare a sporgere denuncia, chiedere i filmati delle telecamere,

ma naturalmente non fa niente di tutto questo,

entra in macchina dall’altra parte, si mette alla guida,

se ne torna a casa e pensa che in fondo c’è una cosa bella

che si può fare in macchina da soli: piangere.

quel cane del Trota

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trotaDog

(ndr: abbiamo invitato il Trota nei laboratori Upper Dog di Bergamo per la presentazione della ricetta Trota Padana fosforo+, ma per una serie di motivi l’incontro è saltato: quella che segue è la mail inviataci dal ns testimonial) 

Premesso che avevo già sentito parlare dell’eco mostro di Bergamo, ma pensavo fosse un giornale.

Poi ieri alla guida morbida della mia BMW metto la freccia per uscire a Bergamo, passo il telepass, alzo gli occhi e invece di vedermi il profilo di città alta mi trovo davanti la coop sei tu.

In paranoia, prendo lo smartphone e chiamo subito il mio amico di Bergamo che di mestiere guida i bulldozer, quindi dovrebbe saperlo se hanno tirato giù città alta per fare la coop sei tu.

Ma non faccio a tempo a parlare che mi dice: Trota? Non dirmi che sei in cattive acque? E giù a ridere.

Prima di andare avanti, a questo punto, mettetevi nei miei panni per un momento.

A casa  mio padre mi sfotte dalla nascita per la mia faccia da pesce lesso.

Alle elementari avevo gli occhiali spessi e mi chiamavano la talpa.

Nell’età dello sviluppo, tra le medie e le superiori, sono diventato il tonno.

Per i palati più difficili: il tonno pinna verde..

Poi un bel giorno appena divento maggiorenne un giornalista chiede a mio padre se io, suo figlio, sono il suo delfino, e lui risponde: ma quale delfino, è un trota!

Da quel momento divento famoso in tutta Italia come il Trota.

Mi invitano a presiedere associazioni di pesca sportiva.

Poi, come la maggioranza dei figli di papà in Italia, per superare le umiliazioni inflittemi da mio padre, o come ulteriore umiliazione, ho avuto una BMW in regalo e una laurea pagata.

Per questo adesso  sarei uno che ha rubato alla collettività, un ladro, oltre che un Trota.

Già sui social vedo che mi chiamano la Trota ladra.

Sul blog di un segaiolo che fa giochi di parole di una noia mortale ho letto, senza capirla, questa battuta:

“Bossi in lacrime davanti alla grossa salma del figlio suicida dichiara: era un trota, adesso è un salmone”.

Adesso che siete nei miei panni, capirete anche perché mi tocco spesso i colleoni.

Detto questo, torniamo al mio amico di Bergamo, che tra l’altro ha anche lui un nome da pesce, ma nessuno lo prende per il culo.

Anzi, tutti gli chiedono eccitati se è parente dei Persico degli stampi Persico di Luna Rossa.

Lui di solito risponde: no, ma se vuoi ti stampo qualcosa in faccia lo stesso.

Io quel coraggio lì non ce l’ho mai avuto.

Gli dico: ciao Persico, ti ricordi l’anno scorso quando ci hanno sbattuto fuori ubriachi dal mi-sex e ti sei messo a discutere con un totem della coop sei tu, biascicando:

la coop sarà tua sorella, io sono un partita iva?

il programma Casaleggio per la PMI

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QUINTO DI TREVISO: GRILLO INCONTRA GLI IMPRENDITORI AL BHR

dal compagno clandestino FC, dell’Internazionale Situazionista sez. Padova, riceviamo e con riserva pubblichiamo questaSintesi per punti e argomenti” del programma Casaleggio – Grillo per la Piccola e Media Impresa:

1 – Lo Stato paghi subito, senza ulteriori scuse o balzelli, i debito contratti direttamente alle imprese e ai cittadini. Tutti i 90 o 130 miliardi devono essere resi subito incassabili, anche attraverso cessione dei crediti in pro-soluto verso le banche o la cassa depositi e presiti, e comunque compensabili con altre tasse dovute o girabili ad altre aziende (favorendo la rete fra imprese).

2 – L’Iva diventi dovuta allo Stato quando incassata (e non quando semplicemente fatturata)e tutte le fatture o prestazioni siano, per legge, pagabili in massimo 60 giorni (devono essere lo Stato, gli enti o le grandi aziende a finanziarsi dalle banche per la necessità delle forniture, non i piccoli fornitori).

3 – L’Irap venga ridotta ed eliminata in massimo 1-3 anni (è un’assurda tassa sull’occupazione e sugli interessi passivi oggi sempre più elevati).

4 – L’Imu sulla prima casa e sugli stabilimenti produttivi e turistici venga annullata o drasticamente ridotta (almeno per quelle famiglie e aziende che non hanno reddito o profitti sufficienti a giustificarla).

5 – La Tares, nuova tassa che ammazzerà un’ulteriore parte delle aziende, venga sospesa o ricalibrata (così come pensata sarà un ulteriore flagello su un’economia esangue!).

6 – L’aumento dell’Iva dal 21% al 22% dal 1° luglio 2013 venga sospeso (sarà un’ulteriore drenaggio dei pochi soldi rimasti ai cittadini per foraggiare uno Stato sempre più ingordo!).

7 – La disoccupazione e cassa integrazione/esodati/mobilità costa allo stato 50 mld/anno; gran parte di questi potrebbero essere risparmiati se questi NON Occupati venissero esentati per 3-5 anni da contributi e tasse (verrebbero assunti dalle imprese, l’80% in uno-due anni, con un tangibile risparmio di spesa pubblica!).

I SOLDI CI SONO! 800 miliardi all’anno di spesa pubblica che può essere ridotta di almeno il 20-30% in pochi anni, (pesa al 58% del PIL in Italia, quando la media dei paesi OCSE virtuosi è del 40%). 150-200 miliardi sono risparmiabili in 1-3 anni partendo dal taglio delle spese inutili, consulenze non indispensabili, spesa politica, stipendi e pensioni d’oro e adozione, come ha fatto la Svizzera, del rapporto 1/12 fra stipendio o pensione minimo/massimo che oltretutto sarebbe una misura dovuta e di rispetto democratico fra cittadini e poteri!

A) 70-100 mld. di spesa sugli interessi del debito pubblico ed ulteriori 300-400 mld. di rinnovo annuo si possono ridurre velocemente se usassimo, anche solo in parte, i patrimoni della Banca d’Italia 140 mld. di riserve, della CDP 240 mld. giacenti costantemente, delle migliaia di partecipate pubbliche, del patrimonio pubblico non utilizzato bene che potrebbe essere ceduto a fondi trasparenti, quotati e ben gestiti. La stima va da un minimo di 600 mld. agli ottimistici 800 mld. che farebbero in 2-3 anni scendere il debito pubblico dai 2.050 mld. (130% del PIL) ad un più congruo 80-90% del PIL, riducendo così lo spread (interessi) per lo stato, le banche, cittadini ed imprese, simile a quello tedesco. (e da subito si devono rinegoziare le condizioni con la BCE e le Banche) (1)

B) 70 mld. sono il costo della corruzione-concussione, soprattutto pubblica, che impedisce a una sana economia di emergere incentivando invece mafie ed intrallazzatori (facendo scappare dall’Italia tutti i talentuosi cervelli ed imprenditori).

C) 50-100 mld. è la stima da più enti di una sana modernizzazione dello Stato (maggior efficienza e produttività per tutto il sistema delle imprese e dei cittadini, con meno code, meno formulari, meno burocrazia) partendo da una riqualificazione e diverso rapporto, più rispettoso, fra stato e cittadini.

D) 30-70 mld. sono recuperabili da una lotta all’evasione dopo che le tasse saranno riportate alla media OCSE del 30%; abbassando l’attuale livello, insostenibile, del 70%. Solo dopo questa riforma fiscale, dopo che le tasse saranno congrue e tollerabili si potrà attuare una lotta vera, condivisa dai cittadini, all’evasione.

Altri dettagli e misure, ad esempio come:

– Ridurre l’attuale spesa per la socialità di circa 50 mld/anno riformandola con un reddito di cittadinanza, che costerebbe meno dell’attuale e che potrebbe essere vincolato a una prestazione sociale a favore dei cittadini.

–  Quasi 150 mld/anno vengono pagati alla CEE, BCE ed alle Banche fra Interessi passivi, contributi all’eurocrazia ed al fondo di solidarietà; sono il 20% dell’intera spesa pubblica e vanno rinegoziati predisponendo un piano “B” nel caso di rifiuto.

– I costi delle ambasciate, consolati, ICE ed Istituti Italiani di Cultura dovrebbero essere ridotti ed accorpati; ma sopratutto re – indirizzati verso azioni utili e/o propedeutiche all’export ed ai nostri cittadini/imprese che operano nel mondo.

–  Gli investimenti in Ricerca e Sviluppo nelle nostre aziende producono occupazione, prodotti, incremento del PIL e del benessere a tutti i cittadini, vanno quindi incentivate attraverso degli automatismi di credito d’imposta (vanno anche ricalibrati e ri-valutati i 14 mld di contributi per i progetti CEE, dei quali solo il 60% ritorna in Italia e spesso a pagare progetti cartacei, consulenziali di dubbia efficacia per la nostra economia.

–  L’Italia negli anni ’70 aveva il 13% del Turismo mondiale; ora solo il 4,5%, abbiamo perso 2/3 in 30 anni pur avendo il 50% del patrimonio culturale del mondo; E’ urgente una modernizzazione con strumenti di messa in rete (web), divulgazione coordinata e strategica a livello nazionale e soprattutto internazionale con spesa commisurata ai soli risultati ottenuti.

Il futuro è fatto di più materia grigia e meno materia prima, nel senso che dobbiamo allargare le nostre menti, tecnologie e talenti più che i capannoni e merci trasportate.

tra alt e bas

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AltBas

questa è la storia di ALT e BAS, due topi da biblioteca, tra di loro cugini,

la loro storia mi è stata raccontata venerdì scorso da GAMEC, gatta randagia, mia amica,

questi due topi da biblioteca, ALT e BAS, vivono da tempo immemorabile nella chiesa adibita temporaneamente a deposito libri della più prestigiosa istituzione culturale cittadina, la biblioteca Angelo May,

ALT vive sugli scaffali alti, BAS sugli scaffali bassi,

ALT mangia solo cultura alta, stampe d’arte, incunaboli, pergamene,

BAS mangia  solo cultura bassa, quotidiani, fumetti, elenchi del telefono,

finché un bel giorno il primo ministro, tra le tante assurdità, ha detto che con la cultura non si mangia,

a quel punto, i nostri assessori, impegnati nell’avere idee per promuovere la città a capitale della cultura, hanno avuto un’idea geniale:

trasformare la biblioteca in una sala banchetti ed eventi, per mangiare!

e trasferire tutti i libri in un capannone in disuso in periferia,

ALT e BAS allora hanno scritto un comunicato congiunto dove dicono:

“cari assessori, non avete capito niente, vi garantiamo che con la cultura si mangia,

si mangia meglio, e si mangia tutti, si mangia meno e si vive meglio;

ma soprattutto non avete capito niente dei vostri amati turisti,

il fatto è che voi assessori, siccome siete ignoranti e mangioni, pensate di attirare il turista di cultura con la cultura della polenta e coniglio,

se invece foste persone che amano la cultura, sapreste che non si fanno duemila chilometri e si spendono duemila euro per guardare i videowall masticando pancetta e taleggio,

ma per respirare e mangiare la cultura vera, i veri libri antichi, le vere pietre antiche…”

Giustissimo! ho detto io, diffondiamo questo comunicato!

Purtroppo, mi ha riferito GAMEC scuotendo la testa,

dopo aver scritto il comunicato, per verificarne la bontà, se lo sono mangiato.

La verità, ha aggiunto col suo solito cinismo leccandosi i baffi

(essendo venerdì, era appena stata a ravanar fuori le alici marinate dall’umido della curia)

è che il vecchio topo da biblioteca è destinato a estinguersi

divorato dai miliardi di mouse di wikipedia.

imago by Athos Mazzoleni

http://www.foodforeyes.com/

 

in nomine panis

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panelavoro

in nomine panis, neque solum panis,

Cristi tota turba vocata est evangelium revolvere

et excellere anima et corpo e mercis spectaculo

et cuncta exsurgere e sepulcro pluti divitiarum

et catenas frangere quae nobis vincunt animam, mentem, corem, manus, pedes

et civitatem condere liberam, pacis matricem, aequam et consentientem.

EGO VOS SUM

(Leone XIV, Rerum Novissimarum, 1,3)

In nome del pane, e non solo del pane,

tutto il gregge di Cristo è chiamato a rileggere il Vangelo,

a sollevarsi anima e corpo dallo spettacolo della merce,

a risorgere insieme dal sepolcro del dio denaro,

a spezzare le catene che ci legano l’anima, la mente, il cuore, le mani e i piedi,

e a rifondare la società civile come comunità libera, pacifica, giusta e solidale.

IO SONO VOI

(imago: Pane e lavoro o la testa di Mussolini, giornale clandestino, 1931)