viva la pubblicità ignorante

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BGbirraIGN

Come sempre, nessuno inventa niente, e tutti contribuiscono a tutto.

Parliamo dell’origine della PIG, la pubblicità ignorante, il nuovo format di advertising/subvertising di CTRL magazine, riconoscibile da un bollino ovale tipo Pubblicità Progresso con la dicitura PIG.

Come si legge nella pubblicità della Pubblicità Ignorante,

PIG è la pubblicità km0, genuina, come una volta,

1 immagine da “cinema” e 3 promesse “strillo”

obiettivo comunicazionale: strappare un sorriso

obiettivo culturale: diffusione delle coltivazioni di pubblicità autoctona km0 e riduzione dell’inquinamento semiotico causato dalla pubblicità mainstream industriale tossica per la psiche.

Da qualche parte si trova anche una  normativa PIGright :

CTRLmag, ADVzero, StudioTEMP sono i  coideatori

corealizzatori condivisori e comproprietari del comarchio PIG

chiunque coltiva condivide e applica i principi PIG

è libero di utilizzare il comarchio PIG in modalità PIGright

cioè gratuitamente, ma con la disclamatura speciosa PIG1  PIG2  PIG3

per la tracciabilità del prodotto e la riconoscibilità dei coltivatori diretti.

CTRL è un magazine free press glocale che sta in piedi senza finanziamenti e con la pubblicità locale produce contenuti internazionali e format inediti. ADVzero è l’agenzia sperimentale di sovversione pubblicitaria del centro ricerche Calepio Press. StudioTemp è lo studio che crea la grafica di CTRL (e altre pubblicazioni sperimentali curate da ADVzero, come l’Osservatore Elaviano del birrificio Elav, un cartaceo di contro-subcultura illeggibile on line).

La pubblicità ignorante nasce esattamente alcuni mesi fa, quando i tre soggetti succitati, disgustati dall’idea di pubblicare in quarta di copertina la pagina pubblicitaria istituzionale dell’Università di Bergamo – una cosa vergognosa, brutta copia di banali adv americane nate vecchie –  in preda a questo profondo disgusto (è la qualità, la creatività delle inserzioni a fare la qualità, la creatività di un magazine!) si ribellavano e con incredibile ardire comunicavano all’inserzionista che non potevano pubblicare quell’annuncio, troppo brutto, e al contempo proponevano una adv fatta al momento, sullo spunto del bello dei Temp, che disse “facciamo qualcosa di ignorante!”, e cioè il logo in grande e una frase/claim: di fatto una copy compaign.

Con quella scelta, raggiungevamo una nuova consapevolezza, dovevamo occuparci di qualità, autenticità, appeal della pubblicità locale, spesso un adattamento di format nazionali, o vere e proprie brutture fatte dal tipografo o dal cliente stesso.

Dopo l’Università di Bergamo, le prime prove di PIG sono con BGbirra, per opera di StudioTemp, che trasforma un bastione delle mura in un boccale di birra, con citazione/claim by ADVzero, prendendo in giro le citazione colte con una citazione “ignorante”, e improbabile: Non c’è birra senza spina – Rosa Luxembourg.

Sempre per BGbirra, nasce quello che poi diventa il format basic, con imago da film e 3 frasi-3 strilli, secondo la scuola degli ambulanti-strilloni. Dopo BGbirra, ecco Skandia, e dal n.55 più della metà delle adv è in format PIG, con tanto di bollo.

Un successo, e anche piuttosto strano, considerato che la prima regola dell’adv è distinguersi, mentre la PIG è un format, una gabbia standard, e dunque in un certo senso tecnico/semiotico “non è pubblicità”, o se è pubblicità, è pubblicità dentro uno schema, cioè roba da DDR, da Minculpop, da pubblicità irregimentata.

Eppure funziona, colpisce, anche rinunciando all’unicità, all’impatto visual, all’unicum grafico, o forse proprio in virtù di questa sottrazione, quest’uniformità, riporta l’attenzione sul messaggio, sull’emittente.

E a quel punto convince per il tono leggero, spiritoso, autoironico, e genuinamente “ignorante”.

La parola “ignoranza”, “ignorante” – parola tabù alle opposte estremità del target socioculturale per opposti motivi –  non mi è nuova. Da bambino mia zia iniziava ogni discorso con “io sono ignorante, ma…” (che retoricamente somiglia al “io non sono razzista, ma…”). Recentemente, ai tempi della capitale della cultura, sempre in combutta con CTRL, si era creato il dominio, anzi l’hastag, #pensacheignoranza, a identificare un’agenzia di sondaggi d’opinione a priori, cioè come quelle di regime…

Ma l’idea, la convinzione  che la pubblicità si basi sull’ignoranza, è nel dna della pubblicità. Diceva il mio primo art director (1986): se tutto il target fosse veramente A+, cultura e consapevolezza, la pubblicità non avrebbe alcuna possibilità di esistere. Dovrebbe sparire. Poco per volta, con l’evoluzione del pubblico. Abbassare le luci, la voce.

Una delle prime agenzie in cui ho messo piede ebbe un momento di gloria con lo spot: “Silenzio, parla Agnesi”.

Più avanti, ebbi il trauma di lavorare per un imprenditore vecchio stampo, che si vantava di non aver mai speso 1 lira in pubblicità (e lavorava e prosperava nel settore moda…): ma se io l’avessi eccitato con un’idea, avrebbe cambiato idea e fatto la sua prima campagna. Cosa che naturalmente avvenne, e la campagna “Eroi del nostro tempo” (con testimonial banali, uomini comuni, vestiti da perfect gentleman Boggi, con la body-eroica tipo: impiegato, due figli all’università) vinse qualche premio e convinse l’uomo a dotare l’impresa di un pay-off (Boggi ha solo clienti fedeli a sé stessi).

Mi diceva il vecchio Boggi:  la vera pubblicità è quella che fanno gli strasciuni (straccivendoli) ti sbattono in faccia il tessuto e ti urlano tre frasi, in modalità sillogismo (tesi, antitesi, sintesi)  che a bene vedere è tuttora il perno razionale di ogni televendita.

Poi con gli anni  80 e il made in Italy e le scuole di design e la notte dei pubblivori prende piede l’idea che la pubblicità sia un linguaggio sofisticato, elitario, intelligentissimo. Per gente che non ha mai decifrato una terzina della Divina Commedia, o un passo del Vangelo, o un’affermazione di Wittgenstein, o un paragrafo del Finnegan’s Wake, uno spot con due o tre rimandi in circolo è già un’opera dell’ingegno.

E così arriviamo ai disastri, alle pubblicità difficili, auto-referenziali, e autolesioniste. Vorrebbero essere adv per gente up. Ma sono senz’anima, e deprimono nonostante la sfavillare di luci e luxury.

L’anima della pubblicità, se c’è, è ignorante, possibilmente di una sana ignoranza, sincera, infantile: è lo stupore di un bambino che grida alla sua automobilina: ha il motore!

PS: c’è da dire che il merito conclusivo della PIG è del giovane Postini, l’editore/account di CTRLmag: è lui quello che è andato a faccia tosta dai clienti a vendere pubblicità ignorante (e a un prezzo superiore!). Il  mondo adv è pieno di creativi cattivi e innovativi da sempre castrati e cassati da account “con i piedi per terra”. E non succede niente. Ma se accade che il commerciale è più “fuori” del creativo, allora…

(imago: PIG, pubblicità ignorante per BGbirra su CTRL magazine)

chi è Lele Mosina

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Badante4occhi

Lele Mosina è il nuovo found raising manager del project group calepio press. Appena nominato, ha dichiarato:  “sono molto fiero alla mia età, l’età della Maresana, di essere stato scelto a rappresentare il gruppo  calepio press, tra i più importanti centri d’eccellenza nella produzione di cultura d’avanguardia made in Italy”

“c.press è la dimostrazione di come  un uomo solo, totalmente disorganizzato e inaffidabile, dedicandovi un’ora al giorno e alcuni pseudonimi, senza un euro di budget, e senza nemmeno avere la linea web, caricando i post al bar o da amici, possa essere non solo più influente di vere e proprie testate giornalistiche di regime con decine di collaboratori, redazioni, e centinaia di migliaia di euro di budget,

ma anche più produttivo in termini di idee e progetti innovativi  dei  grandi centri ricerca o incubatori d’impresa, finanziati dal regime per ragioni di facciata”

“quest’uomo non è un genio o un individuo eccezionale, ma semplicemente un uomo libero, preparato e dotato di senso critico, che ha il coraggio di scrivere le verità più lampanti taciute o mistificate dai gruppi di potere che controllano l’opinione pubblica”

“sostenere quest’uomo, questo nullatenente, significa sostenere la possibilità di superare l’ipocrisia mediatica ma soprattutto significa sostenere progetti reali d’innovazione culturale come:

> Adv zero, agenzia anti pubblicitaria (già Malomodo Communications) per la riduzione dell’inquinamento semiotico da pubblicità.

> FMKTG, fantamarketing, creata nel 2010 con Pierluigi Lubrina e BambooStudio, contaminazioni paraletterarie tra fantascienza e innovazione d’impresa.

> gentedimerda.it,  da un’idea di Federico Carrara, asocial network;

> BaDante, care&writing agency, sviluppata con Isabella Gentili e Athos Mazzoleni, casa editrice di riposo, nuova letteratura senile.

> Leone XIV, antipapa latinista, nato rivoluzionario vs PapaRazzinger, divenuto reazionario vs PapaFrancisco

> Upper Dog (con Jennifer Gandossi e Benedetto Zonca): idee e ricette per produrre cibo per animali con scarti macellaio fruttivendolo e fornaio di quartiere (nomi delle ricette: porco cane, popolo bue, trota padana, pota coniglio, master polaster, interiora design)

> #pensacheignoranza, dal 2013, con Anna Bonaccorsi e Athos Mazzoleni, web institute ricerche di mercato e sondaggi d’opinione

> PWS, pub writing session, est 2014 con CTRL magazine e ELAV brewery, lo show della scrittura, storie da pub ascoltate, trascritte e pubblicate al pub

> Mensa te!, est 2014, con Matteo Cremaschi, Athos Mazzoleni, Daniele Lussana e Virginia Coletta, mensa popolare / fabbrica delle idee, 1pasto 1idea.

“cliccando sul tasto LeleMosina potrete donare qualsivoglia cifra per sostenere questi progetti, lo trovate in home page, in alto al centro con la dicitura LeleMosina/donazione”

“se cercate la home, cliccate su domus”

C.press, è l’unico sito al mondo ad avere la domus invece della home.

2 soci 2 case history

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LeaP1869

Poter scrivere la vera storia di un prodotto, un marchio, un’azienda sarebbe un grande passo avanti nell’ecologia di comunicazione,

la case history 100% autentica non esiste, è come per i vangeli, ci sono quelli approvati, e quelli apocrifi,

se l’azienda è nuova e non ha una case history, la devi inventare,

se l’azienda è vecchia per rinnovarla si comincia riscrivendo la case history,

se i soci sono due, abbiamo sempre almeno due case history:

come nel caso esemplare della salsa di Lea e Perrins che qui sveliamo:

bottiglino etichetta arancione, indispensabile per fare il Bloody Mary,

è un curioso antenato della food globalization che oggi potrebbe riciclarsi come food vintage, o forse anche come prodotto del commercio equo-solidale,

con quella lista degli ingredienti che sembra un viaggio dell’800 con la compagnia delle indie orientali:

si parte dalla vecchia europa (cipolle inglesi, scalogno olandese, aglio francese, acciughe spagnole, aceto italiano)

e dopo tre anni d’invecchiamento si (r)aggiunge il nuovo mondo, l’africa e l’oriente (canna da zucchero dei caraibi, chiodi di garofano africani, peperoncino cinese, tamarindo indiano)

La versione ufficiale della storia della salsa worcester dice che John Lea e Wil Perrins erano due farmacisti di Worcester

che nel 1835 partorirono con totale serendipity il monstrum nel tentativo di riprodurre una salsa indiana provata sotto le armi in giovinezza nel Bengala:

l’intruglio realizzato era orribile, lo dimenticarono in cantina, e dopo tre anni lo ritrovarono fantastico, e lo misero in produzione e in commercio.

Tuttavia, guardando la lista degli ingredienti, risulta piuttosto accreditata anche la versione non autorizzata della case history Lea&Perrins:

la versione apocrifa  mi è stata raccontata da un “ancient mariner” in una taverna nei pressi dello storico stabilimento nel 1988: tutti conoscono la versione di Perrins, il prudente Perrins, ma io so anche la versione di Lea, l’incosciente Lea, che la raccontò al nonno di mio nonno

la versione di Lea  parte dal fatto (appurato) che Lea&Perrins oltre che farmacisti erano armatori, e la nave di loro proprietà caricava spezie sulla rotta delle indie:

un bel giorno il cuoco di bordo, per vendicarsi della ciurma che non apprezzava le sue minestre, ebbe l’idea di usare per fare il brodo della zuppa il secchio di acqua sporca che il mozzo aveva utilizzato per lavare certi barili (che avevano contenuto tamarindo, acciughe, etc):

il risultato fu sensazionale, e i due armatori-farmacisti, saputa la vicenda, si misero a replicare e vendere l’intruglio come insaporitore per minestre, carni e bloody mary.

Con ogni probabilità, esistono ingredienti di verità in entrambe le case history.

Oggi, dopo quasi 200 anni di presenza sul mercato, la salsa Worcester LeaP.  è ancora molto diffusa nei paesi wasp, poco usata in quelli latini, dove ha un target di nicchia,

essendo molto amata da individui soggetti a perversioni alimentari di vario tipo:

cito un barman della bassa, già creatore del Dirty Martini Long (cocktail martini con acqua di salamoia delle olive) che ha recentemente creato il Mary Naked (50% LeaP + 50%vodka, niente pomodoro)

quindi una signora ultraottantenne, ospite di una casa di riposo, che mi ha rivelato di farsi “prima di andare a dormire, per equilibrare l’acidità” uno shoot 50% aceto vino rosso (no balsamico!) e 50% LeaP

e infine un ex pizzaiolo che mi ha confidato “uno schizzo di LeaP” nella passata, e “se sei alla ricerca del tempo perduto, ritrovi il sapore della pizza catarì degli anni di piombo”.

(imago: ad Lea&Perrins 1869)

uccisa, sfregiata? cambia la pellaccia!

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annabella2

se vogliamo realmente parlare di pubblicità e pudore, dobbiamo spiegare la differenza tra adv assoluta e adv relativa:

un’inserzione apparentemente innocua e blandamente adulatoria (in assoluto) se posizionata (relativizzata) nel posto sbagliato, diventa stomachevole, offensiva, ripugnante;

un esempio di questi giorni: pagina di cronaca dell’autorevole quotidiano nazionale, da sinistra a destra 3 grandi titoli-immagine catturano la vista e la mente (e la pancia):

1)   la donna-angelo Eleonora Cantamessa uccisa dai banditi-mostri;

2)   la donna-sfregiata Lucia Anniibali deturpata dall’ex partner-mostro;

3)   la donna-fata turchina Annabella, che risorge cambiando la vecchia pelliccia-mostro!

Sia sfogliata rapidamente, che letta integralmente, la pagina nell’insieme ha un effetto immediatamente grottesco: “Ti hanno uccisa o sfregiata? E tu cambia pelliccia!”

Come le bombe, la pubblicità colpisce dove cade, come un virus, o un propellente, agisce nel contesto, nel tessuto che la sorregge, che siano le sequenze di un film-contenitore,  le piazze di una città o le pagine di un giornale.

I criteri con i quali vengono affiancate e di fatto associate notizie e promesse-slogan, informazioni e pubblicità, sono più importanti dei contenuti stessi, ai fini dell’effetto di comunicazione;

Dunque è piuttosto inutile che il gran giurì della pubblicità emetta sentenze primordiali, di facciata, giudicando se un’immagine o una frase è lesiva in assoluto, in vitro, in astratto;

qui non ci interessa giudicare le male intenzioni degli inserzionisti nel caso specifico (ma potrei mostrarne dieci al giorno)

o l’insensibilità o la malizia delle concessionarie che vendono gli spazi

o l’ignoranza delle redazioni (letterale: chi scrive gli articoli non sa con quale sponsor si accompagneranno)

o l’irresponsabilità di fatto dell’editore:

quello che non accettiamo è il risultato, l’effetto, la nemesi,

la pubblicità, accolta come cura per far vivere l’editoria d’informazione,  è invece la malattia che la inquina e la fa morire.

Qualcuno ha scritto: “saper dosare pudore e crudeltà è l’arte dei poeti e dei pittori, la loro funzione sociale”.

Oggi questa “mission” è affidata agli uffici marketing, e ai loro bassi scopi,  con i risultati che vediamo.

Se io fossi la donna uccisa, o la donna sfregiata, mi leverei furiosa dal letto, dalla tomba, a chieder danni e risarcimenti, e all’editore e all’inserzionista, da devolvere ad associazioni impegnate sul tema:

poiché l’unica finalità del raccontare e condividere la mia tragedia, è quella di sostenere le donne vittime di violenza, non il fatturato di una pellicceria.

 

 

la mercedes di madre teresa

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MercedesCLA

se oggi digitiamo in google “carisma, talento, coraggio”,

finiamo nella nuova scintillante campagna pubblicitaria Mercedes;

qualche giorno fa, invece, con le stesse parole, saremmo finiti  nella rubrica psicologia di spaziodonna.com:

per avere un’idea di come la motorizzazione google sia in grado, da un giorno all’altro, di risignificare completamente 3 parole qualsiasi, ci basta leggere i due testi in parallelo,

il comunicato Mercedes e la rubrica spaziodonna (in corsivo):

Carisma, talento, coraggio.
Tu, per cosa venderesti l’anima?


Mercedes-Benz torna in comunicazione per il lancio ufficiale del nuovo CLA,

Nel teaser di 15” secondi, essenziale e grafico, si chiede direttamente al pubblico cosa sarebbe disposto a fare per avere carisma, talento e coraggio.

Il carisma (dal latino ecclesiastico, “charisma”, in greco “carisma” derivato da “caris”, grazia, dono) è un dono eccezionale conferito a taluni individui per esercitare una missione o una funzione specifica nella comunità.

Carisma, nel senso cristiano, è una “dote speciale che si può offrire alla società, a chi ci sta vicino.

Chi possiede un talento che lo distingue dagli altri , lo dovrebbe utilizzare per il bene di tutta la società.

Nello spot 30” è il diavolo in persona, interpretato da Willem Dafoe, a proporre ad un giovane fan del nuovo CLA le tre chiavi del successo.

Maria Marucelli, docente di Psicologia clinica fa una prima distinzione tra un carisma “positivo” ed un carisma “negativo”:

 “quando la persona, consapevolmente, lo usa in maniera funzionale per il raggiungimento dei propri scopi. Lo usa cioè in senso manipolatorio”.

 Franco Ferrarotti, docente di Sociologia all’Università La Sapienza di Roma, giudica per questi motivi il carisma “un potere pericoloso”.

Chiude il claim ‘Nuovo CLA. Mettici l’anima.’ seguito dall’invito alla prova della vettura durante il weekend del 13 e 14 aprile presso gli showroom Mercedes-Benz.

Lo showroom si trasformerà nel palcoscenico di un imperdibile contest event, durante il quale potrai dimostrare il tuo carisma, talento e coraggio.

Quelli che giudichiamo come “carismatici” sembrano sicuri, forti e completamente in pace con se stessi. Non hanno bisogno dell’approvazione da parte degli altri perché perseguono un cammino interno – spiega Martina Gleissenebner, studiosa del carisma – con caratteristiche che vorremmo avere tutti.

 E che potremmo acquisire tutti, basta trovare quel qualcosa che ci fa davvero felice, quel talento innato che è la nostra dote speciale. E di avere il coraggio di seguirla”.

Un format assolutamente innovativo, che prevede tre aree buffet con open bar alle quali potrai accedere con un mobile game realizzato per Mercedes-Benz dagli ideatori di Ruzzle.

Poche persone si conoscono fino in fondo e sono davvero consapevoli delle loro doti – continua la studiosa austriaca –

e quando anche si conoscessero, poche poi hanno il coraggio di seguire una strada forse più isolata e difficile per rimanere fedeli a se stesse”.

Per le 23.15 è fissata la presentazione della nuova Mercedes-Benz CLA e, se avrai realizzato il miglior punteggio della serata, sarai proprio tu a eseguire il reveal della vettura. La serata continua con il dj set.

“Bisogna trovare il proprio senso nella vita per essere carismatici – continua la Gleissenebner – ma quel senso non può mai avere un fine in se stessi, deve essere diritto verso gli altri.

Allora bisogna chiedersi: quale talento innato, che sento davvero una cosa mia, posso dare agli altri? Da questa domanda comincia la strada verso il carisma”.

Vai ora sull’evento Facebook dedicato, conferma la tua presenza e coinvolgi i tuoi amici.

Porta con te il tuo table o smartphone.

Al tuo arrivo, diaboliche hostess saranno pronte ad accompagnarti in questo viaggio tra le più irresistibili tentazioni.

Marino Niola, docente di Antropologia culturale, fa riferimento a Madre Teresa:

“Dal suo corpo esile scaturiva quella sorta di poesia misteriosa che chiamiamo carisma:

 una grande icona carismatica del nostro tempo è proprio l’immagine di quel corpo scavato, chino sui malati”.

(esercitazioni di webfilologia comparata – 2013 advzero/CalepioPress)

 

adv bambini

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ModaChiama

sul viale del cimitero, al posto della donna dalle perle in bocca che ci invitava bassamente allo shopping selvaggio a Oriocenter, è apparso un nuovo mega-manifesto, di tono più elevato,

(e più grande, in metri quadrati, dei bilocali in cui viviamo noi comuni mortali);

da un telefono azzurro, è la moda che vi chiama, bambini, al Franciacorta Outlet Village,

un borgo agricolo ricostruito finto, tipo parco giochi per bambini, con parcheggi, parquet e telecamere,

e tutte le boutique e i negozi monomarca al posto delle stalle, dei pollai, dei fienili,

e le commesse di marca al posto dei contadini,

e la security con gli auricolari al posto del fattore col frustino;

e quello che vuole dirvi la Moda, bambine e bambini di 6-60 anni, è che voi siete le mucche, le galline, i conigli, i maiali, carne da macello, da latte, da ingrasso, capite,

la Aberdeen Asset Management, proprietaria dell’Outlet, amministra 250 miliardi di euro, e può mangiarsi interi stati africani a colazione,

perciò all’outlet troverete anche i comici di sinistra, di Zelig, di Colorado caffè, pagati per farvi divertire

e non farvi pensare cosa è davvero oggi il Made in Italy,  la punta dell’iceberg del più insostenibile e deleterio assetto sociale possibile, con la miseria di moltissimi asservita al lusso di pochissimi;

ridete, e non ascoltate le prediche  dei vetero-sociologi

(abbiamo inventato la democrazia, l’industria, il socialismo, l’informatica per ridurci a un nuovo medioevo

dove la massa schiavizzata, succube della superstizione e adoratrice di feticci – moda, calcio, lotterie – permette alla nobiltà il potere assoluto e la dissipazione vistosa del bene pubblico);

venite al’outlet, bambini, poveri e numerosi,

qui potete pagare una polo o un jeans costati 5€ in produzione fino a 20, 50, 100 volte tanto, ma pur sempre meno di quel che li paghereste nel quadrilatero della moda,

in via della Spiga, in via Montenapoleone, lì sarebbe meglio che voi non ci andaste, non sono posti per voi, sono posti per adulti,

voialtri, bambini, ascoltate il telefono azzurro, venite a giocare con i vestitini e le bambole, e portate pure qui, all’outlet, il vostro piccolo contributo al Made in Italy,

al nobile scopo di arricchire sempre più un’esigua minoranza di grandi parassiti che hanno finanziamenti record dalle banche e impiegano i loro utili record per costruire alberghi a Dubai

mentre in Italia i pensionati si suicidano a causa dell’inps, gli artigiani a causa di equitalia, i disoccupati, i precari, gli esodati a causa dell’euro,

il vero problema, bambini, è che l’eleganza e lo stile che aveva vostra nonna, che in quelle cascine dove oggi venite a fare shopping  era la matrona del focolare, voi ve la sognate;

e la grinta e il fascino che avevano vostra madre e vostro padre, quando negli anni settanta interpretavano davvero lo spirito ribelle oggi ricotto a pura immagine di moda, voi ve lo sognate;

perciò, visto che vi piace tanto sognare, bambine e bambini, e nella realtà non valete niente, venite a sognare al Franciacorta Outlet:

se invece vi svegliate, quando la moda vi chiama da Dubai o da Rodengo Saiano, ditele di andare a quel paese,

e se poi osservate la location dell’affissione (affacciata sul cimitero, forse l’unico spazio urbano rimasto senza pubblicità) capirete che è meglio non alzare proprio quella cornetta,

perché quando la Moda vi telefona promettendovi sconti del 70%,

state pur certi che poi vi passa sua sorella, la Morte

che non fa sconti.

(tratto da: seminari di decontminazione adv;  esercizi DDD  denigrazione d’assalto difensivo; Sean Blazer: “La nuova pubblicità per bambini”,

post sponsored by Just Leopardi Baby, competitor di Just Cavalli nel jeans maculato,

 pubblicato su licenza Leopardi Moon Fashion Group by Calepio Press )

 

 

adv m3

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PicciBelen

l’advertising “ménage à trois” (m3)

imperversa in tv nelle due classiche possibilità:

1) per una società di antennisti abbiamo lui, lei e l’altra

(Belen, quella che ti monta la connessione, mentre la Piccinini è quella che salta)

2) per una casa farmaceutica invece abbiamo lei, lui e l’altro

(quello che passava di lì, come il mal di testa, in capsula).

Lo spot con la Belen, per usare il linguaggio tecnico degli art director di successo,

è chiaramente “uno spot di figa”, destinato al maschio idiota,

mentre lo spot della capsula è uno “spot del cazzo”, destinato alla femmina isterica.

Insieme, il maschio idiota e la femmina isterica, per gli investitori,

rappresentano la coppia campione della società italiana,

che tira avanti a tv e pastiglie, sognando un’amante (che faccia girare la testa).

Lo spot del mal di testa è prodotto dall’agenzia Testa.

Lo spot del trio Belen ha prodotto  30.000 nuovi clienti in 3 mesi.

La domanda tragica è: un popolo ha la pubblicità che si merita?

Come abbiamo potuto ridurci a un livello di aspirazioni così basse?

La pubblicità nasce per vendere automobili (ed altro) come promessa di libertà.

Ma la libertà che viene offerta oggi in Italia insieme all’auto è agghiacciante:

“poi sei libero di restituirla” (per uscire dal tunnel delle rate).

Del resto, la rivoluzione proposta alle nuove generazione è un conto in banca,

mentre gli idoli del calcio consigliano ai ragazzini il gioco d’azzardo on line,

le grandi firme della moda esaltano fragranze che sanno di mercificazione sessuale

e i comici più irriverenti sono stati assunti dalle compagnie telefoniche

per irridere e dileggiare intellettuali, artisti e operai.

La dittatura non si costruisce, e nemmeno si abbatte, in pochi giorni.

Occorrono alcuni anni, ingenti risorse, e molti collaboratori.

                                     Sean Blazer per adv zero/Calepio Press 

adv less 1

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canetti2

Adv lesson number one:

l’advertising, la pubblicità, viene dal verbo latino“adverto

che significa “accorgersi di, rivolgersi a” o più semplicemente “avvertire”.

Il latino in pubblicità è ovunque

icona, imago, logo, tabellaria, concept, mission, sponsor,

media, video, audio, digito, script, abstract

anche dove non te l’aspetti

press”, “stampa”, viene da “pressio”, il gesto dello stampare, esercitando “pressiones” che lasciano “impressiones”, diffuse da un “pressio agens”, volgarmente “press agent”.

Alla radice dell’imprinting inglese, c’è pur sempre l’imprimatur latino.

I primi consulenti pubblicitari, da cui deriva lessico e senso della pubblicità (insegne, campagne, conquista, consenso, colonizzazione) sono stati proprio i consules rei publicae,  i consoli romani, le legioni, l’esercito romano,  una grande macchina di conquista e comunicazione.

E questa è la parte rational (ratio).

La seconda lezione di pubblicità, la pars creans (creative), dove avviene l’irruzione dell’irrazionale, dovrebbe essere una lezione di etimo-filologia celto-gaelica antica, a proposito della parola “Slogan”.

Le legioni romane, che hanno sovrastato e assorbito ogni nazione italica, illirica, iberica, elvetica, gallica, germanica, pannonica, punica, britannica, si fermano davanti a una minuscola etnia, gli higlanders scozzesi:

il saggio Adriano costruisce un muro, il vallo di Adriano, per proteggere l’impero da questi ultra-barbaros dotati di un’arma formidabile:

lo slogan, sluagh-gheirm, letteralmente “l’urlo dei guerrieri morti”,

cioè il grido di battaglia, che viene dal cielo, dall’oltretomba,

si materializza nel tuono, entra nel cuore dei singoli come una scarica di corrente

e si trasforma in boato massivo, unisono, assordante, irresistibile, super significante.

Il mitico Canetti (in foto) lo spiegato perfettamente in “Massa e potere”:

“Alcuni popoli immaginano i loro morti o un numero limitato di essi, come esercito in lotta.

Presso i Celti degli Highlands scozzesi l’esercito dei morti è designato da una parola particolare: sluagh, che si traduce in inglese come spirit multitude, moltitudine di spiriti.

L’esercito dei morti vola di qua e di là in grandi nuvole, come gli storni sopra la faccia della terra. Essi tornano sempre sul luogo delle loro colpe terrestri.

Con le loro infallibili frecce avvelenate essi uccidono gatti, cani, pecore e armenti, combattono battaglie per l’aria, così come gli uomini in terra.

Nelle notti chiare e gelide si possono vedere e sentire i loro eserciti avanzare l’un contro l’altro e ritirarsi, ritirarsi e avanzare.

Dopo una battaglia il loro sangue tinge di rosso rocce e pietre.

 La parola ghairm, significa urlo, grido e sluagh-ghairm era il grido di battaglia dei morti.

Ne è derivata più tardi la parola slogan:

 la denominazione del grido di guerra delle masse moderne

deriva dall’esercito di morti delle Highlands.”

 Elias Canetti

 

adv erto

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advcapio

Se vuoi fare il pubblicitario, e capire la pubblicità,

prima dell’inglese (advertising), serve il latino (adverto, is).

C’è un verbo in latino che significa “afferrare, catturare, legare a sè”

riferito a “donne, animali, prigionieri, popolazioni”.

Questo verbo è: capire (capio, is, cepi, captum, capere)

Capisco, comprendo, porto dentro, faccio mio.

Quando qualcuno ti capisce, ti fa suo,

ti riduce a “captivus”, cattivo, in cattività.

E’ il verbo di chi, in modo “accattivante”, conquista e cattura.

Ecco perchè i pacifisti, in pubblicità, non “capiscono” niente.

Come direbbe John Wayne,

l’unica pubblicità buona, è la pubblicità morta.

adv G3

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come tutti i fan del Mac sanno benissimo

G3 sta per libro della Genesi, 3

cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre,

il primo spot pubblicitario in assoluto,

dove si spiega  come Apple dal punto di vista semiotica/adv

sia un’estensione IT del dominio ebraico-cristiano

basato sul software “bibbia”, in particolare sullo spot G3:

protagonisti dello spot sono la mela, il serpente, Eva, Adamo;

Eva, la donna, è il testimonial;

Adamo, l’uomo, è il target, l’utente razionale cui ci si rivolge, quello che deve pagare;

La Mela è il prodotto: un prodotto ad alto valore aggiunto,

è il frutto dell’albero della conoscenza, un prodotto-messaggio,

rappresentato in modo simbolico-diabolico dalla mela, apple, il malum,

che in latino per l’appunto  significa sia “la mela” che “il male”.

Il prodotto pubblicizzato è fin dall’origine un prodotto-tentazione,

il vero messaggio è la tentazione.

Il Serpente, colui che promette e offre, è l’agenzia, il pubblicitario.

La promessa è: “la conoscenza + il paradiso terrestre”.

Oggi: il walled garden apple + l’apple store.

Il costo è al minuto (il tempo è denaro)

e stiamo pagando da 2000 anni !