1 storia in 2 libri

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2pecore

1 storia in 2 libri è un’idea per dare valore  e superare la solitudine dei libri usati: venderli come libri sposati, accoppiati, 2X1,

si tratta in pratica di un’agenzia matrimoniale per libri, ecco cosa dovrebbe fare il bravo libraio remainders, invece di limitarsi a ritirare e rivendere,

(ho sempre accoppiato libri, ma inconsapevolmente, è stata Anna Bonaccorsi a spiegarmi che stavo facendo l’agente matrimoniale dei libri)

> libro1: “Essere due” è un testo filosofico-poetico del 1994 sulla condizione umana come esistenza “a due”: “con la riduzione all’uguaglianza, uno specchio invisibile cancella l’identità vivente di ciascuno e paralizza la fecondità dei rapporti umani. Questo “ideale” è quello delle scienze del non-vivente e assomiglia allo zero di tensione sessuale di cui parla Freud. Senza alterità e senza differenza, non è possibile alcun pensiero, nè alcun amore

L’autrice è la mitica Luce Irigary, la super femminista, madre della filosofia della differenza sessuale (e non solo), espulsa dalla società freudiana per aver dimostrato che la psicanalisi altro non è che una forma evoluta (e menosa) di maschilismo.

> libro 2: nell’anno in cui Luce veniva alla luce, il 1930, a Londra, George Warwick Deeping  all’età di 53 anni pubblicava “Two black sheep”, suo 42esimo romanzo.

Incipit: “Sembrava desiderasse parlare e non riuscisse a spiccicare parola, perchè il suo io segreto aveva taciuto per tanti anni. Perfino i suoi movimenti parevano obbedire a qualcuno. Blagden si rese conto di quel silenzio, capì che toccava a lui romperlo senza mandarlo in frantumi”

George Orwell, in veste di critico sul News English Weekly lo stroncava così: letteratura di serie B,  a base di intrecci melodrammatici.

Alla fine dell’anno nella top ten dei best seller c’erano sono ben 7 libri di Warwick Deeping, comprese le “due pecore nere” (e nello stesso anno Orwell pubblicava il suo primo romanzo dal titolo: “Senza un soldo a Parigi e Londra”).

> proposta matrimoniale: essere due, due pecore nere

> trait d’union: tutte le pecore di notte sono nere (Hegel in versione pecorina)

l’eco de l’eco

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da l’eco di oggi, il titolo perfetto,

dalla fusione tra titolo della pagina sinistra, la grande attesa

e il titolo della pagina destra, Carrara, otto mesi per il riallestimento

(a partire da oggi, dopo 5 anni di lavori per… mettere a norma l’edificio)

il concept “congelamento” è rafforzato a livello iconografico dall’accoppiamento freezer Don Bosco imbalsamato – pesce fresco Pam.  Brividi.

la partnership Carrara – Gillette

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a scuola per le notizie imbarazzanti si mandava per le classi il bidello a leggere un foglio,

similmente l’Accademia Carrara per spiegare cosa stia facendo manda avanti l’unica figura non ancora sputtanata (ad ora): l’Associazione Guide, che attraverso un comunicato stampa propone un ciclo di incontri pubblici con la “commissione scientifica”

per far conoscere il “lavoro complesso e straordinariamente delicato” svolto dagli scienziati dell’allestimento, un lavoro “spesso offuscato dalle notizie relative ai tempi del cantiere e alla forma gestionale della pinacoteca”.

Il comunicato è accompagnato da una locandina, naturalmente con il nome dell’assessore in primis, e un primo esempio visual della annunciata strategia di comunicazione innovativa

che consiste nel piazzare il nuovo logo della Carrara (la famigerata freccia-scudetto da 63.000 euro) direttamente sui quadri, a imitazione dei ragazzini e dei writers che taggano e loggano e piazzano stickers sui cartelli stradali.

Risultato: piazzate sulla barba del gentiluomo del Moroni, le freccette della Carrara sembrano lamette da barba blu Gillette, manca solo il marchio,

questo sarebbe un modo per dare visibilità ai capolavori della Carrara,

opere che da cinque anni o vengono prestate gratis o sono custodite a carissimo prezzo nei caveau delle banche cittadine, che figurano pure come enti “sostenitori”,

mentre i poveri stronzi, i cittadini, pagano per il servizio caveau centinaia di migliaia di euro l’anno (per non vederle)

Adesso hanno pure il coraggio di invitarci per spiegare il loro “straordinariamente complesso lavoro” (anzi, non ce l’hanno, per questo ci fanno invitare dalle Guide)

e così quel che ci viene da pensare guardando le lamette Gillette è: tagliare, tagliare, tagliare fondi, emolumenti e consulenze a questa banda di signorotti-scienziati:

siamo certi che in città esistono professionisti e team di livello più alto, disponibili a curare la Carrara a costi infinitamente più bassi, in tempi infinitamente più rapidi, e con risultati infinitamente più degni della città e delle opere degli antichi maestri.

pro memoria

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coverMK

Leggendo circa 300 libri l’anno da 30 anni, in occasione del giorno della memoria mi sono permesso di leggere per la prima volta il Mein Kampf di Hitler, che comincia con le parole: “deve essere letto da tutti gli uomini perchè prendano conoscenza e monito degli orrori della storia passata”. Riporto la pagina più interessante-agghiacciante per chi si occupa di comunicazione e grafica pubblicitaria.

Non si può giungere solo con gli scritti al cuore della grande massa.

L’oratore riceve dalla massa stessa cui si rivolge una continua rettifica del suo discorso, mentre lo scrittore non conosce i suoi lettori.

L’oratore sa che ogni fattore, anche l’ora del giorno in cui avviene il discorso è determinante: la mattina e durante il giorno le forze della volontà umana si ribellano alle imposizioni, mentre la sera si assoggettano alle volontà superiori.

Maggiori possibilità degli scritti e dei comizi ha l’immagine in tutte le sue forme, compreso il film: la massa accetta di buon grado spiegazioni date di colpo con le immagini, è sufficiente guardare, non è richiesto l’uso dell’intelligenza.

A una manifestazione marxista potei io stesso comprendere con quanta facilità il popolano si sottometta all’incanto affascinante di una potente messinscena.

Chi ha contatti con la folla sa che queste cose superficiali hanno un valore fondamentale.

Fino ad allora il movimento non aveva distintivi né vessilli di partito.

Nell’estate del 1920 fummo molto presi dalla questione del nuovo vessillo.

Da ogni luogo venivano proposte che manifestavano buone intenzioni ma poco valore.

Un dentista di Starnenberg mandò un disegno: un vessillo rosso, con al centro un disco bianco, al centro del quale era posta una croce uncinata nera.

Nel rosso, riconosciamo l’idea sociale del movimento,

nel bianco l’idea nazionalista,

nella croce uncinata l’impegno a combattere per l’affermazione dell’uomo ariano

e per il diffondersi della tendenza al lavoro creativo che fu e sarà sempre antisemitico.

Quest’unione di colori è più ammirabile di qualunque altra, è l’accordo più felice che ci sia.

 

manhattan transfer

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New_York_2013_2053_0349

“i grattacieli dagli occhi di vetro osservano attenti, alle cinque della sera la primavera si eleva gigantesca, ci dà la pelle d’oca, una gola che urla palpitante,

gli ascensori piombano giù, uomini e donne cominciano a gocciolare come linfa giù dai grattacieli, e folle grigiastre sommergono la metropolitana e spariscono sotto terra, un fracasso atroce invade le strade,

mentre i banchieri rapaci, tornando dalle loro conferenze segrete, borbottando sui cuscini delle loro limousine, si lasciano rapire da strade sonore, su verso la 40esima strada, strade ruscellanti di luce frizzante, bianco-gin, giallo-whiski…”

Manhattan Transfer è grande il romanzo di New York,

scritto nel 1924 da John Dos Passos, scrittore militante (arrestato come organizzatore delle manifestazioni per Sacco e Vanzetti)

racconto corale, mix di linguaggi, struttura episodica, ritmo sincopato,

la prima vera innovazione della letteratura americana,

la nascita del jazz, della pubblicità, della metropoli,

un autore che avevo dimenticato, mi è tornato in mente in modalità “flash back” guardando il doppio lavoro, sincopato, foto e video, appena pubblicato da un amico fotografo sull’ansia di primavera a New York: http://giannicanali.com/blog-it/

 

2 soci 2 case history

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LeaP1869

Poter scrivere la vera storia di un prodotto, un marchio, un’azienda sarebbe un grande passo avanti nell’ecologia di comunicazione,

la case history 100% autentica non esiste, è come per i vangeli, ci sono quelli approvati, e quelli apocrifi,

se l’azienda è nuova e non ha una case history, la devi inventare,

se l’azienda è vecchia per rinnovarla si comincia riscrivendo la case history,

se i soci sono due, abbiamo sempre almeno due case history:

come nel caso esemplare della salsa di Lea e Perrins che qui sveliamo:

bottiglino etichetta arancione, indispensabile per fare il Bloody Mary,

è un curioso antenato della food globalization che oggi potrebbe riciclarsi come food vintage, o forse anche come prodotto del commercio equo-solidale,

con quella lista degli ingredienti che sembra un viaggio dell’800 con la compagnia delle indie orientali:

si parte dalla vecchia europa (cipolle inglesi, scalogno olandese, aglio francese, acciughe spagnole, aceto italiano)

e dopo tre anni d’invecchiamento si (r)aggiunge il nuovo mondo, l’africa e l’oriente (canna da zucchero dei caraibi, chiodi di garofano africani, peperoncino cinese, tamarindo indiano)

La versione ufficiale della storia della salsa worcester dice che John Lea e Wil Perrins erano due farmacisti di Worcester

che nel 1835 partorirono con totale serendipity il monstrum nel tentativo di riprodurre una salsa indiana provata sotto le armi in giovinezza nel Bengala:

l’intruglio realizzato era orribile, lo dimenticarono in cantina, e dopo tre anni lo ritrovarono fantastico, e lo misero in produzione e in commercio.

Tuttavia, guardando la lista degli ingredienti, risulta piuttosto accreditata anche la versione non autorizzata della case history Lea&Perrins:

la versione apocrifa  mi è stata raccontata da un “ancient mariner” in una taverna nei pressi dello storico stabilimento nel 1988: tutti conoscono la versione di Perrins, il prudente Perrins, ma io so anche la versione di Lea, l’incosciente Lea, che la raccontò al nonno di mio nonno

la versione di Lea  parte dal fatto (appurato) che Lea&Perrins oltre che farmacisti erano armatori, e la nave di loro proprietà caricava spezie sulla rotta delle indie:

un bel giorno il cuoco di bordo, per vendicarsi della ciurma che non apprezzava le sue minestre, ebbe l’idea di usare per fare il brodo della zuppa il secchio di acqua sporca che il mozzo aveva utilizzato per lavare certi barili (che avevano contenuto tamarindo, acciughe, etc):

il risultato fu sensazionale, e i due armatori-farmacisti, saputa la vicenda, si misero a replicare e vendere l’intruglio come insaporitore per minestre, carni e bloody mary.

Con ogni probabilità, esistono ingredienti di verità in entrambe le case history.

Oggi, dopo quasi 200 anni di presenza sul mercato, la salsa Worcester LeaP.  è ancora molto diffusa nei paesi wasp, poco usata in quelli latini, dove ha un target di nicchia,

essendo molto amata da individui soggetti a perversioni alimentari di vario tipo:

cito un barman della bassa, già creatore del Dirty Martini Long (cocktail martini con acqua di salamoia delle olive) che ha recentemente creato il Mary Naked (50% LeaP + 50%vodka, niente pomodoro)

quindi una signora ultraottantenne, ospite di una casa di riposo, che mi ha rivelato di farsi “prima di andare a dormire, per equilibrare l’acidità” uno shoot 50% aceto vino rosso (no balsamico!) e 50% LeaP

e infine un ex pizzaiolo che mi ha confidato “uno schizzo di LeaP” nella passata, e “se sei alla ricerca del tempo perduto, ritrovi il sapore della pizza catarì degli anni di piombo”.

(imago: ad Lea&Perrins 1869)

no name

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un affermato professionista settore creativo, grande talento che si è fatto da solo, no figlio di papà,  invitato a raccontare la sua storia, la gavetta, l’umiltà, i sacrifici eccetera, così mi risponde:

la mia “storia” è mediocre e non merita di essere esaltata,

si tratta semplicemente di un po’ di caparbietà unita a molta ignoranza ma che nel panorama generale di livello bassissimo, ha l’opportunità di galleggiare abbastanza bene,

e poi non reputo importante esaltare il mio lavoro, forse sarebbe più utile parlare del lavoro  di mia moglie, che come insegnante, con spiccate doti umane, professionali unite ad intelligenza,  attraversando tutta la provincia, ha svolto e svolge un’attività con risultati eccellenti nell’interesse della comunità…

ma anche lei sarebbe assolutamente contraria a qualsiasi forma di pubblicità…

nel posacenere di Fornasetti

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nel posacenere di Fornasetti ho visto le ceneri del made in Italy,

mi è successo ieri, alla Triennale, alla mostra su Piero Fornasetti,

un vortice di piatti vassoi vasi e scatole case e armadi infiniti e infinitamente scritti, disegnati, decorati,

mostra bellissima, elettrizzante, da vedere,

bellissimo il video finale fatto da Toni Meneguzzo,

ed ecco uscendo, sfogliando il libro delle firme, mi capita sott’occhio un commento amaro, che riporto a memoria: “un grandissimo artista, peccato sia stato ridotto a volgare business dal figlio Barnaba”

e mentre mi chiedo cosa significhi, fatti pochi passi verso l’uscita, m’imbatto nella book-shop, con tanto di vetrinetta dei gadget-ricordo, dove vedo la riproduzione in serie di piatti, vasi, e una didascalia che spiega:

Barnaba Fornasetti porta oggi avanti la tradizione del padre, continuando a produrre e a ravvivare i motivi Fornasetti. Direttore e cuore artistico dell’azienda, Barnaba custodisce l’eredità del padre, con riedizioni dei pezzi più rappresentativi e “reinvenzioni” nella tradizione di produzione artigianale inaugurata dal padre.

Mi colpisce in particolare il piattino-posacenere, in vendita a 135 euro.

Da qualche parte avevo appena letto che Piero Fornasetti immaginava un mondo dove la bellezza del disegno, grazie alle nuove tecniche di riproduzione industriale, fosse a portata di tutti.

Ironicamente, penso: per fare un lavoro completo, almeno il prezzo avrebbe dovuto essere scritto a mano dal figlio.

Scuotendo la testa, ho attraversato il parco, e continuando a ripensare al posacenere originale decorato da Fornasetti visto in mostra, e alla versione riprodotta in serie e commercializzata dal figlio, mi è venuta voglia di fumare,

e fumando, e camminando, ricordavo le frasi, le citazioni di Fornasetti lungo il percorso della mostra:

ho riposto in ogni opera un messaggio, un piccolo racconto certe volte ironico, senza parole evidentemente, ma udibile da chi crede nella poesia

ed ecco che il messaggio, il racconto poetico che scaturiva dal posacenere stampato a 135 euro assumeva il tono grave di una massa dolente che informe avanzava dalle brume,

una schiera di 135 nuovi schiavi, senza bisogno di parole io capivo cosa dicevano, siamo uomini e donne ridotti alla fame perchè 1 nuovo ricco possa recarsi nella capitale della moda a comprare a 135 euro un posacenere firmato made in italy,

ed ecco al seguito una schiera di 135 artigiani italiani rimasti senza lavoro, anche loro scaturiti dal posacenere made in italy a 135 euro,  prodotto magari in cina a 0,13 cent e identico a quello venduto a 5 euro dalla malavita organizzata clandestina!

il messaggio era chiaro, completo, geniale, fornasettiano:

ribaltiamo i termini del problema, perchè affamare 135 figli di nessuno per mantenere nel lusso 1 figlio di papà, è antieconomico,

perchè la Guardia di Finanza deve sprecare tempo e risorse a inseguire 135 vu cumpra quando potrebbe blindarne 1 solo, il vero contraffattore?

L’eredità di un genio non spetta al figlio di papà, ma all’intera umanità!

Giuro che questa frase l’ha pronunciata Piero Fornasetti, apparsomi nel parco.

c’era una volta uno scrittore

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c’era una volta uno scrittore arrogante e saputello,

già da bambino lo chiamavano “garzantina”

alle medie mandava corrispondenze ai giornali,

a 20 anni pubblicava racconti sperimentali con editori prestigiosi ed era invitato a Milano Poesia

a 30 scriveva slogan pubblicità moda e design e romanzi rosa comprati da milioni di lettrici

tutto andava a meraviglia nella vita dello scrittore di successo

quando ecco che  una sera d’estate una maga a Brera gli predice il futuro: “diventerai un vero scrittore, ma prima dovrai passare le pene dell’inferno, perdere ogni bene e ogni affetto, e ridurti a chiedere l’elemosina agli estranei”.

Lo scrittore sorrise, dimenticò e continuò la sua “bella vita”:

passava le serate nei locali alla moda offrendo da bere a chiunque,

non c’era vizio che non coltivasse, andava a letto all’alba e si alzava al tramonto,

scriveva di malavoglia, facendosi pagare sempre più, ormai lavorare gli pesava,

passava sempre più tempo immerso in altri mondi, leggendo centinaia, migliaia di libri, di ogni tipo,

il virus della lettura stava spegnendo l’impulso alla scrittura,

donne importanti, uomini facoltosi si affezionavano a lui, gli dicevano sei come un figlio per me,

allora lo scrittore sentiva il dovere morale di tradirli, ferirli e denigrarli per farsi ripudiare, e tornare sulla strada,

a 40 anni si era ormai venduto e bevuto tutto, macchine moto, casa, soldi, committenti, contratti,

e una bella mattina si svegliò rinato, gli era tornata la voglia di scrivere, e il fuoco inestinguibile della bellezza e della verità,

per due anni si richiuse a scrivere il grande romanzo consumando le sue ultime risorse materiali:

quando il romanzo fu finito, lo scrittore era ridotto come un barbone, e il romanzo non gli piaceva,

ma come Ulisse, dopo un lungo viaggio, con tutti i suoi anni sulle spalle,

ora capiva davvero i suoi autori più amati,

e cosa intendevano dire Dante, Bianciardi e Landolfi (libertà, che è sì cara… a chi per lei fa vita agra… e gli tocca andar per minestra),

e andando per minestra, una sera in un bar incontrò un vecchio mago che gli rivelò i segreti dell’arte di scrivere e gli affidò l’alto compito:

“non pensare più a clienti, committenti, enti pubblici, fama, gloria, soldi,

lavora per l’umanità, per il cliente uomo, interpreta l’autentico spirito del reporter e dello scrittore, raccogli e racconta storie,

occupati degli ultimi, di chi non ha uffici stampa né sponsor, metti nelle tue storie le idee dei giovani, i ricordi dei vecchi, i guaiti dei cani,

e non disdegnare l’attualità, spiega la realtà intorno a te, la cronaca locale, che è la storia di tutti,

fai tutto questo disinteressatamente, e professionalmente”

Lo scrittore cominciò, andò a recuperare i suoi 20 anni di professionalità ai massimi livelli, e li mise sul piatto di questa nuova impresa:

diffondere nel nuovo mezzo, il web, il messaggio antico:

la libertà d’espressione, il diritto/dovere di cronaca, la verità dietro gli sponsor, la narrativa/reportage come testimone del nostro tempo,

e così lo scrittore di romanzi rosa per primo denunciò lo scandalo del parcheggio Fara/Rocca; dell’ecomostro di via Autostrada, della truffa alla cultura Bg2019…

e così facendo stabiliva record di visite, like e commenti, e riceveva moltissime lettere e attestati di stima, ma anche minacce, denunce, cartelle esattoriali,

e un drastico tracollo di committenti, clienti, incarichi.

Il prezzo della libertà d’espressione!

Allora si ricordò del consiglio del suo vecchio maestro:

“quando non avrai più di che vivere, lancia un appello, come fece Leopardi, pubblica il tuo bilancio da scrittore, troverai il tuo Colletta, e i tuoi lettori faranno il miracolo di Natale,

chi potrà, ti aiuterà, e chi non potrà mandarti soldi ti darà incoraggiamenti: anche quelli servono, e non poco!”

E così lo scrittore vinse ogni vergogna e pubblicò  il suo bilancio:

1)  produzionetotale 2013: c.ca 3000 pagine complessive di testi; 250 post pubblicati sul blog gratuito Calepio Press; 5 progetti start/up; 2 concept riconversione/innovazione; 2 romanzi inediti; 2 saggi inediti; 15 editoriali/rubriche per CTRL magazine – 1 twitter  storify (#pensacheignoranza con CTRL e A.Bonaccorsi)

2)  entrate totali 2013: € 6400 (fatturato totale Calepio Press 2013, redazione testi per conto terzi)

> donazioni-colletta: qualsiasi importo pro “leone lo scrittore in estinzione”:

conto n. 73965 Calepio Press di Leone Belotti – UBI, filiale S.Caterina, Bergamo,

ABI 05428     CAB 11102  IBAN    IT98  K054 2811 1020 0000 0073 965

> Vediamo se il vecchio mago aveva ragione: tu fai del tuo meglio, e i lettori faranno il miracolo. (photo: Leone Belotti in vetrina

(ps: un grazie a tutti gli amici, collaboratori e sostenitori, li considero “soci in pectore”, li ripagherò continuando a scrivere tutto quel che sento di dover scrivere. Un grazie speciale a Federico-Obliquid  cui si deve la piattaforma grafica, l’hosting e l’esistenza fisica del sito)

s.lucia regala ospedali

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riunitiFidanza

s.lucia ci regala il posto più bello della città

gli ex ospedali riuniti in abbandono

luogo fantastico, dove la natura è il miglior architetto

si sono indebitati per il nuovo ospedale (doveva costare 170/mln ed essere pronto nel 2008, è costato 370/mln)

dovevano farci l’università, mancavano 10/mln euro

così hanno messo all’asta i vecchi Riuniti

asta deserta a 110/mln, così come seconda asta a 90/mln

adesso lo svenderanno a 70/mln ai soliti furboni associati

a 500 €/mq, un affarone, quello che proprio non si capisce è perchè gli enti pubblici, il comune, la regione, cioè noi, svendano cose che invece dovrebbero comprare, o tenere strette

#pensa che ignoranza

imago by Virgilio Fidanza

http://www.piucorpiriuniti.com/home.html