lo stile italiano

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7.13_Onofrio_Martinelli

Lo stile italiano si basa su un’unica, potente promessa: l’apparenza  inganna.

L’italia stessa trova la sua identità nell’inganno delle apparenze.

Lo stile italiano stesso in apparenza è autentico, unico, intelligente e suggestivo; in realtà è falso, riprodotto, stupido e freddo.

In questo, risponde esattamente al target di riferimento, il signorotto italiano, e le sue donnette.

Basta guardare una pubblicità di moda italiana per capirlo: Armani, Versace, Prada, Dolce&Gabbana, Cavalli e Diesel, insieme, non fanno che gridare “vendiamo fumo, la merce più utile in un mondo in cui l’apparenza inganna”.

Il signorotto italiano nelle sue varie configurazione (signorino, signorone, possidente, imprenditore, professionista, dirigente)

è in Italia quel che nel resto dell’occidente è il borghese, ma differisce da questo perché i valori-guida del borghese (onestà, meritocrazia, sobrietà, giustizia, libertà etc) in Italia sono semplici etichette (apparenze) che coprono i meccanismi reali, radicati da secoli, del funzionamento sociale (raccomandazioni, privilegi, corruzione, intimidazione, servilismo, nepotismo, familismo, etc).

Lo stile italiano ha origini nella storia d’italia, nella transizione dalla civiltà classica greco-romana alla civitas cristiana.

Il primo carattere di questa fusione, è il maschilismo:  non è un carattere originario, ma un portato ideologico costruito dai padri della chiesa, così come il secodo carattere, la sacralità delle scritture, e dunque della legge. Maschilista, teologico, codificato. E’ lo stile italiano.

L’italia in apparenza è un giardino con palazzi rinascimentali e borghi storici, un manto verde tra un cielo bianco e una terra rossa; con intorno un mare azzurro.

In realtà l’italia è una discarica di storia e cultura, rifiuti e veleni, un angolo morto di cielo grigio e terra bruciata, circondato da un mare nero.

i valori civili in italia sono rimasti quelli torbidi  della congiura di palazzo, che sia un condominio, o palazzo chigi, la delazione e il doppiogiochismo sono pratiche di massa, maggioritarie,

il carattere principe dell’italiano è il trasformismo, anche istantaneo:

stiamo parlando di un paese la cui maggioranza dei cittadini è capace con grande naturalezza storica di andare a letto la sera fascista a vita e svegliarsi la mattina antifascista da sempre. La vita è un sogno, l’apparenza inganna.

Al lavoratore viene offerta l’apparenza del possedere, il posto di lavoro e la casa, vincolati l’uno all’altro dal più potente strumento di sottomissione, le rate del mutuo;

all’artigiano viene offerta l’apparenza del diventare imprenditore, e la sostanza dell’annegare tra le onde del mercato e/o essere stritolato tra i tentacoli del fisco.

Il lavoratore, persa la dignità del nullatenente, e l’artigiano, persa la libertà del proprio lavoro, non hanno altra strada che quella ormai imboccata:

portare avanti la recita, ingannare se stessi, ingannare gli altri,

e dunque l’interesse del vivere si concentra sull’indossare abiti firmati, non importa se falsamente autentici o autenticamente falsi, basta che garantiscano l’apparenza (o un’apparenza d’apparenza).

Nello stile italiano  identifichiamo l’anima  della società dello spettacolo,

figura ultima del capitalismo  come sistema di sfruttamento finanziario, morale, culturale esercitato da una esigua minoranza  (l’elite) sulla stragrande maggioranza (la massa).

Circense, curtense, ecclesiale, militare, industriale, radiofonico, televisivo, telefonico, informatico: il modo d’aggregazione è il mezzo di sfruttamento, ecco il filo nero del modello storico italiano.

Le radici del modello spettacolare italiano  affondano nella Roma circense. Nerone ha inventato il reality show.

Quindi nella teatralità della liturgia cattolica e nello sfarzo esemplare delle corti rinascimentali.

Nell’età moderna, c’è un solo prodotto del genio italiano: l’opera.

Nell’opera lirica,  l’ideologia italiana è sublimata: l’apparenza  inganna, i fondali sono di cartapesta, i cantanti truccatissimi, ma quanto sono veri i sentimenti che questa apparenza produce!

L’ideologia italiana  promette di confezionare in un mondo di sogno la vita interiore.

Non la vita reale, non il lavoro, non la società civile, ma lo spettacolo, il sogno, il teatro, il gioco saranno gli ambiti nei quali l’italiano investirà sentimenti, credenze, speranze.

Lo stile italiano moderno nasce radiofonico nel ventennio fascista: nello spettacolo del regime fascista, ravvisiamo le origini della moda e del made in Italy come modello di apparenza e consenso sociale.

La matrice radiofonica-fascista dello stile moderno italiano viene travolta dalla guerra e dopo un trentennio di catto-comunismo rinasce negli anni ottanta come made in Italy grazie al mezzo televisivo – e quindi telefonico.

La moda e il design sono la sceneggiatura dello stile italiano contemporaneo,  il calciatore e la velina i suoi interpreti,  il mondo intero il pubblico pagante.

Bellezza, vigore, eleganza, unicità, igiene, tecnologia, ecologia, ironia, leggerezza, beneficenza e arte sono i valori propalati.  Ignoranza, violenza, furbizia,  scaltrezza, arroganza, familismo, possesso e usura del denaro sono i valori sottesi.

Lo stile italiano è il cardine della società dello spettacolo.

La società dello spettacolo si basa sull’immagine,  il suo senso è l’apparenza,  il suo codice la finzione, la sua prassi la recita.

E’  la tragica caricatura di una mitica società ideale platonico-epicurea, basata sul teatro, la ginnastica e le sensazioni del piacere nelle sue varie forme (dell’occhio, dell’orecchio, della gola, del naso, della pelle).

Rispetto alla sobrietà e all’etica protestante del capitalismo industriale, lo stile italiano rappresenta una società al contrario, carnevalesca, dove nulla è quello che appare e nella quale il capocomico viene fatto re (o il re si fa capocomico).

(tratto da Sean Blazer “Lo stile italiano” CalepioPress 2013, immagine: “Composizione di nudi” by Onofrio Martinelli, 1938)

compagno Chef Guevara

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ciboTC

Chi è nato in una famiglia operaia o popolare

fin da bambino ha vissuto il cibo come crescita, come quantità,

come materia prima da ingurgitare per  soddisfare l’amore protettivo.

Poi, raggiunta l’età adulta e un modesto benessere,

per mutare la quantità in qualità, la sazietà in piacere

e sentirsi ancorato al materialismo dell’origine,

si dedica alla cucina domestica e diventa Chef,

manipola tradizione e innovazione, natura e religione,

identità femminile e maschile, territori e recinti linguistici

con carni, pesci, verdure, paste e spezie,

diventa un propagandista dell’ideologia del cibo.

L’alimento, il cibo, è informazione e nello stesso tempo energia

che può essere trasmessa per comunicare valori e rafforzare la percezione di benessere.

La sua qualità intrinseca e le sue valenze sim­boliche possono essere utilizzate

per trasformarlo in veicolo di contenuti intangibili e immateriali

così, finalmente, è data l’opportunità a nullatenenti di tutte le età,

di ogni sesso, religione e colore

di potersi liberare dal bisogno

e nutrirsi di pensiero commestibile.

Ammettiamolo: il pensiero rivoluzionario è confluito nel cibo

grazie ad un esercito di ex rivoluzionari che sono diventati Chef.

Hic Rhodus hic salta

B.Horn

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http://paolomassimotestaphotography.tumblr.com/

all’ultimo banco

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Firestone-(4)

B.Horn, tra i fondatori dell’Internazionale “Turbo e basta”

(“dopo tutto quello che è successo nel Novecento

la parola “comunista” deve essere superata, ma non essendoci nulla

che la possa sostituire nella sua grandezza,

meglio non mettere niente, per il momento”)

oggi scrive:  “la lista della fabbriche morte ogni giorno più lunga:

il più grande produttore di pneumatici del mondo ha deciso

di chiudere il più grande stabilimento europeo, in Puglia (1000 operai);

lo storico marchio Richard Ginori è dichiarato fallito

(indagato per bancarotta fraudolenta l’ex presidente);

e gli operai piangono per il lavoro che non c’è più.

Si producevano non solo copertoni e porcellane

ma  arte, seppure applicata, valori della collettività, cultura di un territorio,

storia, brand globali, la vita delle famiglie e l’università per i figli.

Tutto è perduto senza i copertoni.

La comunicazione generalizza le esperienze e le sofferenze,

così il buon presentatore Santoro ex marxista-leninista

esibisce l’operaio licenziato, l’esodato, il senza futuro,

lo fa per lo spettatore che vive l’emozione e il sottile piacere

di non essere al suo posto, e spera di finire i suoi giorni indenne,  lavorando,

lo fa per lo  spettatore che crede negli ammortizzatori sociali,

nelle nuove relazioni sul territorio  che gli può procurare lo status reale,

– se dichiarato in rete –  di operaio di fonderia licenziato.

Il padre e lo zio si sono bruciati i polmoni in fonderia,

il sistema nervoso  alla catena fordista, ma allora  il lavoro c’era

e loro non lo amavano,  per amarlo dovevano abolirlo.

Ma c’è una via d’uscita nota a chi ha praticato da bambino

l’arte di farsi cacciare nell’ultimo banco, da dove prevenire ogni minaccia.

Amare l’assenza, sognare l’invisibilità”.

B.Horn

contributo iper fascista al manifesto turbo comunista

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mas

Pubblichiamo con riserva il discusso paragrafo X

(contributo iper fascista al manifesto turbo comunista,

v. Lenin, dittautura del proletariato):

X – Camerati vi ricordo di osare sempre

vi chiamo a riconoscere l’ipocrisia la falsità la doppiezza

di ogni azione sistema legge di questo nostro mondo

ormai del tutto privo di onore bellezza coraggio audacia

a questo punto bisogna essere iperfascisti è chiaro camerati

altra via non c’è per districare il fascismo globale per sfasciarlo

occorre riprendere in mano i rami le redini i nervi della nostra vita del nostro esistere

i nostri sensi, la nostra anima, le cose, il corpo, il tempo, lo spirito,

occorre ritrovare il fascio di muscoli il fascio di luce il fascio antico,

il fascino riproduttore, la verga, l’organo,  è questa la verità camerati,

l’uomo moderno privo di naso d’anima di tatto e di gusto

è un uomo che vive e ragiona col mouse col wireless col telecomando,

l’uomo antico invece ragiona con la pancia con i tre organi – cuore, cervello, cazzo –

con i cinque sensi – con la scheda madre, l’imprinting materno, con l’istinto della vita,

col processore, con la memoria, col codice inviolabile,  col programma base:

vivere, e anche morire, senza la morte non è vita, camerati, è questa la verità,

se tu togli la morte, la vita diventa mortale,  è questo il fatto, e non è una novità,

è lo stile, il segno, la cifra dell’esistere occidentale moderno da duemila anni,

è l’utopia di sconfiggere la morte, lottare contro la morte:

ma la miseria, la bassezza di esserci ridotti a lottare contro la morte corporale,

è questo il fatto, camerati, la nostra lotta deve innanzi tutto essere

una lotta contro la morte dello spirito, la morte dell’anima,

e questa lotta, questa battaglia, camerati, l’abbiamo già persa, è questa la verità.

il turbo capitalismo uccide a rate

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75801

ti chiedono di inventarti un lavoro,

ma appena ti metti al lavoro

ti costringono a indebitarti

in questo modo ti rendono schiavo

le rate, l’ipoteca, le garanzie, i debiti

sono queste le catene di noi schiavi moderni

l’Italia rappresentava un caso unico al mondo

di piccoli proprietari e piccoli imprenditori in proprio

padroni della loro casa e del loro lavoro

artigiani, contadini, ceti dismessi, strangolati,

anche l’Italia evolve in un paese di schiavi e padroni

quando non ci saranno più uomini liberi da assoggettare

faranno morire di fame gli schiavi non redditizi

oggi sedati a calcio, sesso e televisione

se applichiamo all’Italia di oggi senza pregiudizi

lo schema interpretativo del materialismo storico

risulta che l’unica classe strutturalmente rivoluzionaria

l’unico nemico dello stato turbo capitalista

è il popolo della partita iva

la proprietà intellettuale è un furto

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nestle

17 – dobbiamo sfasciare la proprietà intellettuale, 

la proprietà privata delle idee delle immagini delle parole dei simboli

ovvero la proprietà intellettuale

se la proprietà è un furto, la proprietà intellettuale è un furto all’infinito

dobbiamo sfasciare la civiltà dell’automobile e dei trasporti motorizzati su ruota una volta per tutte in modo deciso e convinto

dobbiamo sfasciare la civiltà del packaging e la civiltà dell’import-export ovvero la civiltà della GDO, la grande distribuzione organizzata che ha creato questo GIT,  giganteso inquinamento terrestre

dobbiamo tornare al minuto al dettaglio

il grande visionario F.Alberoni da molti ritenuto un servo del potere in realtà con la sua visione di Mulino Bianco indicava già decenni orsono la strada d una nuova vita semplice frugale familiare

bisogna tornare ad avere un legame con la terra come sostiene Sua Santità il Papa

proprio seguendo la visione e l’indirizzo di Alberoni e del Papa dobbiamo radere al suolo la Barilla e il Vaticano

liberare la terra dalle industrie alimentari che la uccidono nonchè da tutti gli spacciatori di regni dei cieli che impediscono all’uomo di stare con i piedi per terra –

(Internazionale Turbo Comunista – Manifesto Turbo Comunista –  art.17) 

Debord ante Debord post

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Copertina commentari

“Si preferisce spesso chiamarlo mediatico, piuttosto che spettacolo, volendo in tal modo indicare un semplice strumento,

una sorta di servizio pubblico che gestirebbe con imparziale “professionalità” la nuova ricchezza della comunicazione di tutti grazie ai mass media,

comunicazione giunta finalmente alla purezza unilaterale, dove si fa tranquillamente ammirare la decisione che è stata già presa.

Ciò che viene comunicato sono degli ordini, e, in modo molto armonioso coloro che li hanno impartiti sono gli stessi che diranno cosa ne pensano.”

Guy Debord, Commentarii alla Società dello Spettacolo.

Dall’intro alla nuova edizione del compagno editore Fausto Lupetti: 

Del suo libro Debord dirà: «È stato scritto con l’intenzione precisa di nuocere alla società dello spettacolo». […]

Giorgio Agamben già nel 1990 scriveva: «L’aspetto più  inquietante dei libri di Debord consiste nell’accanimento con cui la storia sembra essersi adoperata a confermare le sue analisi.

Non solo, venti anni dopo la La società dello spettacolo, i Commentari sulla società dello spettacolo (1988) hanno potuto registrare in tutti i campi l’esattezza delle diagnosi  […] sembra che la politica mondiale oggi non sia altro che una messa in scena parodistica dello scenario che esso descriveva».

[…] la terribile affermazione di Jean Baudrillard che non poco deve al pensiero di Debord: «Oggi l’unico sentimento vitale resta l’odio». È in questa cupa prospettiva che si colloca la previsione di Debord per il futuro dello spettacolo che «non sarà certo quello di finire in un dispotismo illuminato»

[…] i due temi centrali del movimento, la deriva e il détournement. La prima «si presenta come una tecnica di passaggio rapido attraverso diversi ambienti. Il concetto di deriva è strettamente legato al riconoscimento di effetti di natura psico-geografica e all’affermazione di un comportamento ludico-costruttivo,

[…]. Il détournement è l’arma più forte contro  le avanguardie artistiche disposte a farsi recuperare dal sistema; è anche una tecnica di combattimento per riappropriarsi di parole, immagini, opere, riattivando il loro potenziale poetico e sottraendole ai circuiti controllati dal potere, offrendo a tutti gli strumenti per servirsene.

[…] la convergenza tra le due precedenti organizzazioni dello spettacolo, quello concentrato (nazionalsocialista e sovietico) e quello diffuso (nordamericano), nello spettacolo integrato, la forma più avanzata di dominio che ha nei due paesi latini (Italia e Francia) la sua terra di elezione.

Menzogna, corruzione, ruolo determinante dei servizi segreti di varie obbedienze sono elementi non patologici, ma connaturati, si direbbe ontologicamente, alla nuova forma del potere il cui modello organizzativo e antropologico è quello della mafia.

Gli ultimi anni della vita di Debord sono segnati dai primi sintomi di una malattia […]

«Come in ogni malattia incurabile è molto meglio non cercare, né accettare di curarsi».

Si suicida nella sua proprietà di Champot-Bas, nell’Alta Loira, il 30 novembre 1994.

Nel gennaio 2009 lo Stato francese decide di classificare tutti i suoi archivi nel patrimonio nazionale opponendosi alla loro acquisizione da parte dell’Università di Yale, che aveva offerto 2,75 milioni di euro. Secondo il decreto questi archivi rivestono «una grande importanza per la storia delle idee della seconda metà del XX secolo e per la conoscenza del lavoro, sempre controverso, di uno degli ultimi grandi intellettuali di questo periodo» (Journal officiel de la République française, 12 febbraio 2009).

Fausto Lupetti

http://www.faustolupettieditore.it/catalogo.asp?id=206

 

è ora di occupare gli spazi pubblicitari

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(bozza art18 Manifesto Turbo Comunista al vaglio della costituente permanente dell’Internazionale Turbo Comunista – sez. Italia) 

18 – è ora di occupare gli spazi pubblicitari

– è chiaro, come una volta si occupavano le fabbriche, oggi bisogna occupare gli spazi pubblicitari, socializzarli

– vogliamo realizzare la comune pubblicitaria collettivizzare tutti gli spazi pubblicitari e realizzare l’ideale della città della comunicazione autogestita nella quale ogni cittadino ha diritto ad utilizzare lo spazio di comunicazione per rendere pubblica la propria angoscia esistenziale

– bisogna fomentare la rivolta delle masse televisive

– porre fine allo sfruttamento dell’immaginario collettivo da parte delle elites corrotte

– non c’è libertà d’espressione di parola di pensiero finchè vige la proprietà intellettuale la proprietà privata dei mezzi di comunicazione

–  il vero debito pubblico riguarda la perdita di valore della memoria collettiva, del territorio, della cultura – tutto svenduto in cambio di perline di vetro

–  uscire dalle riserve, disotterrare l’ascia di guerra, guerra di comunicazione, terrorismo mediatico, sabotaggio culturale

– produrre slogan per il cliente uomo – diffondere loghi per l’azienda uomo

– creare stili di vita di marca umana

– si invitano i consumatori, i creativi, i giovani a crearsi da sé il proprio valore culturale e simbolico aggiunto

– crearsi una o più marche proprie e relativi stili di vita e a sovrapporre queste marche a ogni merce consumo feticcio piatto apparecchio o aggeggio in uso e consumo.

 

capitale di che cosa?

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bergamo Capitale della cultura 2019 logo_54_10907

NDR – REMOVED il testo del post pubblicato ieri con il suddetto titolo (capitale di che cosa?) e la seguente conclusione (…ne deriva che questa città, più che  fregiarsi del titolo di “capitale della cultura” dovrebbe ammettere di essere a tutti gli effetti la “capitale mondiale degli avvocati-politici figli di papà, impegnatissimi in politica e parcelle al servizio dei grandi stupratori di monumenti pubblici e donne di strada”) è stato rimosso su iniziativa dell’editore dopo che ben tre avvocati di nome si sono offerti di difendere gratuitamente il sito mentre un quarto, praticante, ha chiesto 10.000 euro di anticipo. Il contenuto del post è leggibile su richiesta motivata e dietro insindacabile approvazione dell’editore (e magari firmando clausole di riservatezza e non condivisione, le stesse previste da i.tunes) scrivendo a info@calepiopress.it . L’editore si scusa con i lettori – la libertà d’espressione essendo di fatto mutila oggi in Italia – impegnandosi a mettere  a repentaglio l’esistenza del sito per occasioni più importanti che non la propria storia e la propria amata piccola città.

 

preview Manifesto Turbo Comunista

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In anteprima esclusiva, i punti 2 e 3 del Manifesto Turbo Comunista:

2 – Chiediamo a ogni artista, a ogni comico , a ogni comunicatore, a ogni consumatore di praticare l’arte della rivolta e la rivolta dell’arte – di rivolgere le armi dell’arte, della comunicazione e del consumo contro questa funesta società dello spettacolo dominata dalla dittatura della pubblicità, dalla religione del dio denaro, dall’ignoranza elitarista di massa, nonché dalla crudeltà meccanica di sistemi programmi e tecnologie strutturate e continuamente implementate in funzione della riduzione a schiavitù fisica e morale della gran parte dell’umanità a favore del lusso e del vizio di élites decadenti costituite da individui onniscenti meccanici combattivi e crudeli secondo la definizione data a suo tempo dal grande futurista F.T. Marinetti –

3 – C’è da rifare l’immaginario collettivo, cambiare modo di vita; cambiare sistema psichico, economico, energetico, sanitario, tecnologico, finanziario, agricolo, dei trasporti, delle comunicazioni, ribaltare le gerarchie sociali, rifare i conti, riscrivere la storia, e molte altre cose: ma in primo luogo, compagni, come primissima cosa, camerati, e prima ancora di cominciare, fratelli, occorre riconoscerci tutti come pensatori agitatori e rivoluzionari decisi a sfasciare quella mummia imbalsamata che è il pensiero occidentale, la cultura europea – con l’Audi grigia non si va da nessuna parte – dobbiamo essere più audaci – qui si lotta per la vita – qui si chiede di immaginare possibilità di futuro – liberare l’immaginario collettivo – scatenare le forze creative dello spirito umano – socializzare la proprietà intellettuale – occupare gli spazi pubblicitari –  fomentare la rivolta delle masse televisive – la turbocompressione psicosociale è già attiva  – una bella ed eroica rivoluzione ipercomunista e fascistissima, superdemocratica e antiapocalittica – abbattere la società dello spettacolo, sradicare la religione consumista, uccidere il dio denaro.