Bg2019 pianoB: progetto Bergomens

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5fauna

pianoB/ progetto Bergomens (bergreen)

opportunità per ambientalisti, architetti, designer, urbanisti, animalisti, orticoltori, contadini urbani: la città ideale, verde, pedonale, con orti, cascine urbane e vie d’acqua, accessibilità, vivibilità, qualità della vita, green economy, prodotti km0:

– flora cinta (green belt) realizzazione anello verde/pedonale Bg bassa/alta (viale delle mura, borghi, piazza pontida, sentierone, parco marenzi, orti urbani, cascina urbana montelungo, parco suardi, ciclabile sotto le mura)

– hortus conclusa (vega belt) sviluppo della fascia di orticoltura bio km0  degli orti urbani sotto le mura e sui colli

– aquae via (waterbelt) ricostituzione/riapertura utilizzo delle vie d’acqua, rogge, fontanelle, fontanili, fossi, navigli, canali

– fauna autoctona (animal site) – ri/creazione aree-percorsi zone dedicate alla fauna urbana-locale, aree cani, parco fauna rocca, maneggi, stalle urbane.

– villa agricoliis suburbana – urban farm belt – costituizione di una cintura di cascine urbane-suburbane snodo-centro della cintura orticola e acquatica,

(abstract da Bergomens, linee di progetto per la trasformazione di Bergamo in città d’arte sostenibile,

Il pianoB prevede 5 aree d’intervento/progetti/iniziative  in 5 anni:

1 Bergomum  – valoriz. opere architettura storica, mura, arena, rocca

2 Berghumus  – coltivazione artisti nel cuore e nei borghi della città

3 Bergheimat  – creazione continua nuove opere d’arte per la città

4 Bergheimer – dignità di veri monumenti per le icone della città

5 Bergomens – infrastrutture ambientali, accessibilità, cintura verde)

Foto: il mesto rientro in città del comitato Bg2019

servizi segreti

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Ssegreti

Hai paura di essere spiato, ascoltato, intercettato?

C’è una sola difesa contro il “grande fratello” informatico: assumi uno specialista in servizi segreti domestici, bonifiche ambientali e sistemi anti-intercettazione.

Nell’immagine (courtesly by KGB) l’agente segreta “Neve” impegnata  in una classica missione di controspionaggio:

dopo aver scovato la “cimice”, la spia nemica viene sottoposta a un interrogatorio di terzo grado,  e a qualche innocente crudeltà, prima di essere “disattivata” definitivamente.

Nei servizi segreti non c’è posto per i sentimenti.

agio randagio

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dolcezza1

sinceramente non mi ricordo quando ho fatto la scelta di vivere da randagio

ti ritrovi a vagare per strada con i sensi all’erta in cerca di un tozzo di pane

sai benissimo che in ogni istante ti potrebbero bastonare, investire, catturare, rinchiudere, torturare, uccidere

sei magro come un chiodo e hai paura anche della tua ombra

tuttavia te la godi tutta e fino in fondo, finché dura,

intendo l’unico agio che hai da randagio

la libertà

4zampe vs 4ruote

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cerchi2

numeri alla mano, il vero pericolo per un cane o un gatto che trotterella a bordo strada è quello di essere decapitato da uno dei 2 milioni di copricerchi che ogni anno vengono sparati sulle strade italiane dalle auto in corsa,

i copricerchi posticci in plastica nascono negli anni Ottanta, e dicono molte cose sulla mentalità italiana:

con l’arrivo delle ruote in lega, più performanti, vistose, delicate e costose, in varie fogge, d’aspetto metallizzato, nella mente dei marketing men (prima ancora che in quella degli utenti) nasce la vergogna per il buon vecchio cerchio nudo in acciaio opaco, o nero, economico e indistruttibile, sostanzialmente simile da 50 anni e per ogni modello d’auto, dalla Renaul4 alla Panda al Land Rover Defender all’Alfetta,

e scatta così l’idea di “camuffarli” ricoprendoli di copricerchi in plastica verniciata, solitamente montati a incastro, a pressione, che scimmiottano la ruota in lega.

Questo “trucco” da “tamarri”, in seguito, è diventato massivo, e le case automobilistiche oggi equipaggiano tutti i loro modelli con questi inutili dischi volanti, trasformando di fatto ogni automobilista in un bipede ignorante e povero:

1) ignorante: perchè non sa che con questi copricerchi assolutamente inutili non solo aumenta il peso delle masse rotolanti (più consumo, meno controllo) e diminuisce la ventilazione dei freni ma si scarrozzano in giro quattro pericolosi dischi posticci uno dei quali matematicamente prima o poi, a seguito di un urto a un marciapiede, o prendendo una buca, verrà “sparato” sulla carreggiata, diventando potenzialmente causa di incidenti tragici, di cui il bipede alla guida sarà ritenuto responsabile.

2) povero:  e non per le ruote “povere” in acciaio, ma perchè sente il bisogno di nasconderle ed esibire finte ruote “ricche” in lega, esattamente come finge di avere la borsetta griffata.

3) in quanto ignorante e povero, non capisce la vera bellezza del design, che consiste nella semplicità della forma-funzione dell’oggetto tecnico: come un grande designer ha spiegato in una lectio magistralis, i nudi cerchioni in acciai, sono “belli” in quanto utili e autentici, così come i nudi caloriferi in ghisa, mentre copricerchi e copricaloriferi, che pretendono di nascondere la “bruttezza” dell’oggetto tecnico sotto un “camuflage” posticcio e falso, di fatto, mettono a nudo l’estetica posticcia e l’etica piccolo-borghese del falso-pudore che vuole “coprire” le “pudendae”.

Perciò io, cane upperdog, quando mi trovo in un parcheggio, e devo scegliere se pisciare sulle ruote in lega, su quelle in acciaio, o su quelle in acciaio con copricerchi in plastica, sceglierò sempre queste ultime,

ci piscio dentro, tra cerchione e copricerchione, e il mio piscio resterà lì a fermentare, a puzzare, ti seguirà in garage a dirti:

apri la mente, liberati da un peso inutile, togli le fette di salame dalle ruote: l’auto a ruote nude sarà più sicura, libera e bella, e l’automobilista anche.

(campagna per l’abolizione degli orripilanti copricerchi in plastica)

snoopy vs berghem gnorantù

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snoopy sopwith camel

oggi sono un pilota della prima guerra mondiale,

500 missioni di ricognizione in solitaria, 3 medaglie d’oro al valor militare,

il primo aviatore a sorvolare le Ande, e anche l’Atlantico,

io sono quello che guidava l’aereo e faceva le foto mentre  D’Annunzio bombardava Vienna di volantini in italiano,

io sono l’unico che durante il fascismo ha avuto il coraggio di denunciare pubblicamente la corruzione del regime in parlamento,

io sono l’unico che da primo cittadino ha avuto il coraggio a Bergamo di andare contro i grandi proprietari immobiliari laici e non,

io sono quello che ha creato la Rocca e il Museo delle Rimembranze,

io sono quello che ha regalato il suo aereo alla sua città

io, il più grande aviatore italiano mai esistito, sono sempre stato e sempre sarò un personaggio scomodo,

per questo alla fine mi hanno mandato in una missione suicida in Etiopia, e io ci sono andato,

doveva essere una missione di pace, invece era un tranello, mi hanno fatto a pezzi quel giorno, in Africa Orientale,

poi il regime mi ha usato come eroe nazionale, perché io ero davvero quell’eroe intrepido e integerrimo che il Duce e il Vate e tutti gli italiani sognavano di essere,

e poi  caduto il fascismo hanno ricominciato a farmi a pezzi, a darmi del porco guerrafondaio fascista, a me,

eppure tutti quelli che mi conoscevano sanno che le mie armi preferite sono sempre state la fotografia e il lapis, i miei disegni hanno ancora oggi un certo valore,

sono praticamente l’unico eroe italiano senza macchia e senza paura,

mi conoscono e ammirano in tutto il mondo, a prescindere dal periodo storico nel quale sono vissuto,

soltanto nella mia città tutti, ma proprio tutti, mi trattano come un cane appestato!

agli amici antifascisti che da sempre insozzano il mio busto e insultano la mia memoria vorrei senza acredine solo ricordare alcuni “particolari”:

1)    quando il Fascismo ha preso il potere, io ero in Himalaya a scalare l’Everest;

2)    già nel 1930 venivo “esiliato” a Bergamo dopo essermi inimicato tutti i gerarchi per aver pubblicato sul giornale antifascista stampato a Parigi  La Libertà una lettera in cui denunciavo la corruzione dell’aeronautica e del regime,

3)    nel 1936, ben prima delle leggi razziali e dell’alleanza con la Germania nazista, io ero già morto,

mentre molti che in seguito fecero carriera come antifascisti restarono servi fedeli al regime fino all’ultimo momento utile:

Elio Vittorini ancora nel 1942 andava ai convegni degli intellettuali nazisti con Goebbels;

l’attuale presidente Napolitano ancora nel 44 era iscritto al partito fascista,

e il premio nobel Dario Fo era addirittura nelle camicie nere di Salò!

Eppure questi non li insultate, anzi, li fate presidenti e gli date il Nobel!

Sappiate inoltre che io, a differenza del Barone Rosso e di altri grandi aviatori, sono nato da famiglia povera, e bambino ho iniziato a lavorare, prima di volare!

Dunque, amici, compagni, concittadini cercate altri bersagli, e abbiate un minimo di rispetto per la storia, la città, la memoria:

non abbiate paura di Antonio Locatelli! volate più alto!

e voi, amministratori pubblici e uomini di cultura, studiate la storia, e superate la vostra ignoranza e le vostre paure, e risolvete, o spiegatemi, queste assurdità che ancora oggi continuate a fare contro la mia figura e il mio nome:

1)   vi parlo come fotografo e amante dell’arte e del cinema: cari amici cinefili, che  da sempre entrate dall’ingresso laterale dell’Auditorium (ex Palazzo della Rivoluzione Fascista)

non abbiate paura del grande affresco del Santagata che mi ritrae nell’atrio con tutti gli eroi bergamaschi, un affresco gigantesco, notevolissimo, perfetto per una manifestazione cinematografica:

abbiate il coraggio di entrare in quel palazzo dall’ingresso principale, o abbattetelo!

Abbiate il coraggio di guardare quell’affresco, o strappatelo!

2)  cari amici del Comune e della Fondazione Bergamo nella Storia, rimettete a posto la Rocca, che io ho creato come acropoli della città per ricordare tutti gli eroi,

e  rimettete al suo posto l’aereo Ansaldo Balilla,  che io ho donato alla città, non al sindaco Bruni, che ha quasi fatto crollare la Rocca per fare un parcheggio per i suv dei vip,

e tra una cosa e l’altra ha sloggiato il mio aereo dalla Rocca – esemplare unico al mondo richiesto da tutti i musei del mondo – oggi “ospitato temporaneamente” (dal 2006!)  al… Museo del Falegname di Almenno !?!

(Non ce ne voglia il falegname, anzi, un grazie a lui che se ne prende cura… ma con tutto il rispetto per la falegnameria… stiamo parlando dell’aereo del più grande aviatore italiano mai esistito!)

3)    cari  presidenti di provincia e regione, Pirovano e Formigoni,  che avete pensato bene di cambiare nome all’aeroporto della mia città, che si chiamava col mio nome dal 1937, e per dargli più “appetibilità internazionale” l’avete ribattezzato “Caravaggio”,

cercate per Dio di trovare cose più sensate nelle quali spendere il vostro tempo!

Magari adesso daranno il mio nome alla Pinacoteca?

Sono uscito indenne da duelli aerei con il Barone Rosso e con Goering, per essere massacrato da oscuri posteri in giacca e cravatta!

Il verde lega  Pirovano, il bianco chiesa Formigoni, il rosso democratico Bruni,

uniti per fare a pezzi un vero, grande bergamasco, un vero, grande italiano!

Sono queste cose che ti fanno sentire veramente morto, di un’altra epoca…

L’altro giorno sono sceso planando in Purgatorio,

ho incontrato il grande Gaetano, era in preda all’angoscia,

cosa c’è Tano, gli ho chiesto,

ho  fatto un brutto sogno, mi ha detto,

ho sognato che cambiavano nome al Donizetti

e lo chiamavano Gimondi.

 

il programma politico del gatto a 5 stelle

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mentre il partito dei gatti liberi (PGL)

vuole liberalizzare la produzione di crocchette e bocconcini

e mentre il partito dei gatti meno liberi (PGmenoL)

vuole alzare il minimo di legge di carne dal 4% al 6%

io, Gordon, come gatto cinque stelle (G5S) vi espongo i 5 punti del mio programma politico:

1) mi mangio un grillo ogni giorno all’alba, poi vado a dormire,

2) mi alzo a mezzogiorno e faccio il brunch con un topolino di campagna (se domenica mi cerco uno scoiattolo)

3) poi siesta fino all’happy hour con un paio di cavallette,

4) un ghiretto per cena

5) al chiaro di luna, un bel pettirosso al sangue, per andare carico a suonare il primo violino nella famosa sinfonia “gatti in amore sui tetti del borgo”

> risulta chiaro dal mio programma che un gatto 5 stelle non mangerà mai merda industriale in scatola, e non sarà mai sterilizzato.

come disse il gatto Benitex: “Meglio un giorno da soriano che cent’anni da ariano!”

trova l’intruso

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intruso2

chi trova un intruso trova un tesoro,

fai anche tu come me, io l’ho già fatto 25 volte con successo:

quando la tua gatta è gravida, o un tuo amico disperato ti dice che non sa dove mettere i cuccioli, il metodo è questo:

quando il gattino è svezzato, si prende il telefono e si chiama il primo numero della lista.

Nelle lista ci sono persone che ti hanno sempre detto: sì, come mi piacerebbe un gatto, però non posso. Oppure quelli, e ci sono, che dicono: io potrei, ma odio i gatti.

Chiami la persona e dici solo: “ci sei adesso, oggi, stasera, passo cinque minuti, devo chiederti una cosa importante, non farmi dire al telefono, no, passo io da te, sì, stasera!”

(sempre meglio agire la sera).

Ti presenti di fretta, ma sorridente, con due borse di bell’aspetto.

Entri deciso, vai in soggiorno o in cucina, e piazzi la borsa n.1 sul tavolo, e la apri dicendo “non ti spaventare, non è quello che pensi”.

In una cesta di vimini con cuscinetti a contrasto, c’è un gattino spaurito.

Subito, piazzi la borsa n.2, e la apri: contiene un set nuovo e colorato composto da lettiera, sacchetto di sabbietta, paletta, ciotola, ciotolina e cinque minilattine o bustine di schifezze di marca.

Senza esitazione, spari il discorso unico:

“non so perchè lo chiedo a te, forse per una fiducia che sento, ma ascolta, è solo un piacere per due giorni, lo vedi, non posso abbandonarlo,

due giorni, ho quest’urgenza (e qui personalizzate  a piacere, lavoro, famiglia, un funerale o un matrimonio di cui vi eravate scordati, qualche impegno e viaggio improvviso e improrogabile)

ti assicuro, martedì sera passo a riprenderlo, qui c’è tutto quello che ti serve, puoi anche lasciarlo in lavanderia, solo lasciandolo a te mi sento tranquillo…”

intanto mentre il tizio, con la tipa o i bambini, è preso dal gattino, cominci ad allontanarti, in retro, apri la porta,

se ti guardano, dici cose come : “grazie, grazie, ci vediamo dopodomani sera, per qualsiasi cosa chiamami, qualsiasi ora…”  e ti dilegui, fuggi, dici che hai l’aereo, il treno, e via.

Poi martedì sera chiami, chiedi se tutto bene, ascolti un po’, poi dici: “ascolta, se facessimo domani, per te sarebbe un problema?”

Ma no, cosa vuoi che sia, ormai cosa mi cambia, è già qui, un giorno in più o un giorno in meno, vai tranquillo.

L’indomani, fai la stessa telefonata, e proroghi al fine settimana.

A questo punto, nel 90% dei casi di solito ti ha già fatto capire che è disposto a tenerlo a tempo indeterminato.

Al 10% dei resistenti, alla fine della settimana, costernato, imbarazzato, umilmente, chiederai un grosso favore, di tenerlo ancora una settimana, ti stanno imbiancando la casa…

In questo modo, per esperienza, il 99% degli intrusi vanno a buon fine.

Quindi, quando ci assale l’angosciosa necessità di sterilizzare la gatta, ricordiamoci che l’alternativa esiste, ed è questa,

il metodo “insider cat” è l’unico metodo che funziona,

richiede un certo sbattimento, ma funziona, e ci gratifica,

non perdiamo tempo con annunci, telefonate, concentriamoci nel preparare la lista, e nell’agire con freddezza e determinazione quando scatta l’ora X;

dalla nostra missione dipendono quattro vite che faremo felici:

quella del cucciolo, che non viene soppresso;

quella del nuovo padrone del cucciolo, che vi ringrazierà;

quella della gatta-madre, che non viene sterilizzata;

e infine anche quella del padrone della gatta-madre, che non ha dovuto sopprimere i cuccioli;

e tutto questo con qualche  telefonata, 30 euro, e uno show ben recitato!

cioè roba che si fa quotidianamente per guadagnare la pagnotta!

se chi trova un intruso, trova un tesoro, anche chi porta un intruso, porta un tesoro!

Invece di sterilizzarla, tiriamo fuori le unghie della gatta che c’è in noi…

Evviva la gatta!

(imago: l’intruso n.25, photo by Chiara Locatelli)

 

 

I don’t Lav

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loro, quelli della Lav, la Lega Anti Vivisezione, tra le più grandi e storiche associazioni per i diritti degli animali, avranno anche tutte le loro ragioni, umane, umanissime,

ma io, come bestia, e come padre, come faccio a iscrivermi a un’associazione animalista che fa una campagna pubblicitaria con uno slogan che dice: se lo ami lo sterilizzi?

I don’t Lav!

47 TFIC – 18 mission impossibile

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18 Mission impossible

il writer-agente speciale 007

Chiamo mission impossible i lavori in extremis, da fare con  il conto alla rovescia, con remunerazione  adeguata ai risultati, dove la missione è rifare, ribaltare completamente in poche ore un lavoro sbagliato, prodotto da un team o una grande agenzia nel corso di mesi.

Qualche esempio.

Siamo nell’aprile del 2005, mancano cinque giorni alle elezioni regionali, e io sto ancora dormendo quando mi telefona Vania Russo, titolare di una piccola agenzia pubblicitaria.

Mi dice che la sua segretaria (ragazza bionda bellissima dal carattere durissimo, una vera ariana val brembana doc) vuole vedermi con urgenza.

Questa Ivana si è innamorata di un simpatico imprenditore/politico, tale Giosuè Frosio, mobiliere (arredobagno) e sindaco verde (verde padania) della Val Imagna, il quale si è candidato alle elezioni per il Pirellone.

Nella lista dei candidati occupa un ruolo di outsider, il suo compito è quello di portare al partito quel migliaio di voti sicuri del paese di cui è sindaco. Per essere eletti occorrono sette/ottomila preferenze.

Mi mostra la campagna elettorale del candidato Frosio (fotografie, volantini, santini) e vedo che abbiamo un candidato “impresentabile”: brutte le foto, sgrammaticato e insignificante il testo del volantino.

Gli dico di chiamarmi la prossima volta, quando ha intenzione di essere eletto, perché da quello che ha fatto sinora deduco che sta concorrendo per sport.

Servirebbe un miracolo, ma Ivana crede al miracolo, ha miracolosamente trovato una serie di spazi radiofonici last minute ed è convinta che io potrei fare il miracolo inventando e registrando degli spot vincenti, il tutto in poche ore, perché la programmazione inizia la sera stessa.

Avendo fame, accetto comunque di andare a pranzo con Ivana e il candidato Frosio, e devo ammettere che mi è anche simpatico, un po’ sbruffone, mi fa fare il giro della Valle Imagna sul Bmw cabrio aperto anche se siamo a inizio aprile e in montagna, così mi metto al suo livello e gli propongo un patto da creativo sbruffone:

realizzerò i comunicati radio per lui, ma mi deve dare carta bianca assoluta su contenuti e creatività, in cambio mi pagherà, e subito, solo se verrà eletto. Accetta subito.

Sono già le quattro, ho circa tre ore, per prima cosa bevo tre Tennent’s, poi chiamo l’amico Pianetti, gli dico di farsi prestare un registratore decente da qualcuno dei suoi amici musicisti e gli dò appuntamento in una pasticceria di Colognola.

Al banco c’è una signora gentile con la figlia avvenente, nel retro-laboratorio il padre-padrone che inizia a bestemmiare coi suoi apprendisti pasticceri quando c’è ancora buio. Sarà il mio speaker. In mezz’ora gli faccio registrare (buona la prima) i tre spot che ho scritto su un tovagliolo di carta bevendo le Tennent’s.

1) Teeee, belo!Anderesét in ndoè te ades? a otà chi?
ta set bergamasch a te, com a me, a nsé capes sobet noter, o no?
e agliura: VOTA LEGA! SCRIF SO FROSIO! HET CAPIT?

2) Scolta! Go dom a inte seconcc per contatela su: comincia a contai, e intant che ta contet, CAPESELA! VOTA LEGA! SCRIF SO FROSIO! HET CAPIT?

3) Te, oregia! Rampa fo la crisi, che an se amò in temp! Salta fo macarù! Fa andà i manine VOTA LEGA!  SCRIF SO FROSIO! HET CAPIT?

Per chi non masticasse la lingua e il genere, qualche spiegazione.

La prima cosa è la captatio benevolentiae, un’operazione che nella comunicazione dialettale orobica, impregnata di cultura del lavoro, è più che altro una captatio malevolentiae gridata con astio:
Teeee, belo! Scolta! Te, oregia!
Viene poi il punto della questione, una domanda in forma minacciosa:

Dove andresti adesso? A votare chi? Ho solo venti secondi per contartela su!

Quindi l’ordine abbaiato con fuoco: comincia a contare, e mentre conti, capiscila! Rampa fuori dalla crisi che siamo ancora a tempo! Salta fuori, maccarone, fai andare le mani! VOTA LEGA!  SCRIVI FROSIO! HAI CAPITO?

I tre comunicati radio sono destinati a Radio Zeta, una radio con un pubblico “popolare”, che trasmette musica anni sessanta, liscio e mazurke comprese.

La strategia è quella di rivolgersi “emotivamente” a chi già vota Lega per ottenere la preferenza, dunque comunicati in lingua dialettale, con tono e contenuto quotidiano, ricalcando forme tipiche di dialogo, la comunicazione secca, coattiva, “senza tanti discorsi” e “pane al pane”.

È una strategia in primo luogo musicale: considerando gli altri comunicati radio, seri e monotoni, il nostro deve risaltare per differenza e varietà tonale.

Ogni venti minuti viene trasmesso un comunicato, l’idea è quella di creare un refrain, un motivetto, un’aspettativa e un meccanismo seriale, con i tre comunicati che si alternano nel ciclo orario.

Si tratta di un’operazione di comunicazione “o la va o la spacca”, mirata a scardinare le convenzioni di genere.

Il genere comunicati radio elettorali è solitamente segnato da una specie di contraddizione, incomprensione, tra il cliente e il creativo, che non è mai libero di creare, anzi, gli viene chiesto di ingessare, rendere formale il discorso “perché la politica è una cosa seria, ci vuole rispetto” (parlo per esperienze precedenti, con grandi agenzie nazionali, per deputati di destra, centro, sinistra).

Diciamo questo: a prescindere dallo schieramento politico, la prima preoccupazione del candidato è sempre quella di non prendere in giro l’elettorato, o meglio, di non dare a intendere che sta prendendo in giro l’elettorato.

Viceversa, l’elettorato sa benissimo “che è tutta una presa in giro”.

L’operazione Frosio gioca proprio questa carta: si mette dalla parte dell’elettorato, e nel dichiarare smaccatamente di essere una presa in giro costruisce la propria credibilità e distrugge l’apparente credibilità degli altri comunicati.

La vera forza del messaggio, chiaramente, è la lingua. Questo parla come noi. Così per tre giorni Radio Zeta martella la bassa e le valli con queste tre perle.

Si va a votare. Al termine delle operazioni di scrutinio, il candidato Frosio risulta eletto con 7000 preferenze, subito dietro al capolista Belotti, mio omonimo, appoggiato dalla curva dell’Atalanta, che ne ottiene 10.000. La comunicazione è stata efficace.

Ma il consigliere Frosio non mi telefona entusiasta appena sa la notizia.

Non mi fa i complimenti. Non mi risponde al telefono. Vengo a sapere che è stato eletto leggendo il giornale.

Purtroppo, come spesso accade dopo un’applicazione creativa particolarmente performante, si è verificata un’eterogenesi dei fini.

Il consigliere Frosio, invece di capire l’importanza della comunicazione che l’ha proiettato da 1000 a 7000 preferenze in tre giorni, capisce l’importanza di sé, comincia ad atteggiarsi a uomo politico, si compra un gessato, si sforza di parlare a bassa voce e in italiano, cose che non sa fare, cerca cioè di trasformarsi nell’opposto dell’immagine che è risultata vincente.

Non accetta il ruolo di rospo della politica, crede di essere diventato un principe.

Devo andare ad affrontarlo a muso duro in pubblico per farmi dare il dovuto.

Dopo una discussione mitica, con i suoi fedelissimi pronti a farmi a pezzi, ottengo 3/4 di quanto pattuito, più qualche insulto presto dimenticato, più un senso di colpa cresciuto nel tempo, più una storia da raccontare un giorno agli amici.

Crisi.

imago: architetture sospese by J.Gandossi

47 tentativi fallimentari d’impresa culturale – 12

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12 case history writing

il biografo aziendale

Se proprio vuoi essere pagato per scrivere romanzi, l’opportunità più concreta è diventare uno scrittore di case history,  biografie aziendali,

non devi far altro che considerare l’azienda come un romanzo, tutti i generi risultano utili, dal romanzo di formazione alla saga familiare (dal mitico fondatore ai nipotini-mecenati).

Tutto può iniziare dalla classica paginetta che ti chiedono per la brochure o il sito, chi siamo,  la nostra storia.

Quella deve essere l’occasione per colpire al cuore l’imprenditore facendoti raccontare la sua storia e riscrivendola con belle parole, con richiami al quadro della grande storia, dandogli senso e dignità

e aprendo la strada, a seconda dell’età e delle aspettative del committente, a un volume sulla storia dell’azienda (tenere d’occhio i centenari) o a un libro autobiografico di memorie d’impresa.

Importante fargli capire che lavori come loro, produzione, consegna, tempistica,

dopo avergli dato un assaggio deve scattare il progetto con preventivo, gli devi promettere un libro firmato da lui in 2-3 mesi, con incontri-interviste settimanali o mensili, 30% anticipo e saldo alla consegna.

Gli inconvenienti, chiaramente, sono all’ordine del giorno.

Mi è successo, ad esempio, dopo aver intervistato per due mesi un riservato e ricchissimo signore, di quelli mitici, che hanno iniziato a lavorare a 12 anni e per una serie di motivi (boom economico) si sono ritrovati dapprima a mettersi in proprio, poi col cognato e il fratello, poi con un dipendente, poi cinque, poi venti, poi il capannone, e in breve alla soglia dei settanta si ritrovano plutocrati, a guidare società per azioni con sedi in mezzo mondo,

mi è capitato, dicevo, che una volta consegnatogli il suo libro, con la sua storia, con le sue parole, questo signore, leggendolo, sia entrato in una crisi d’identità tale per cui non ha più voluto vedermi, né stampare il libro,

e abbia invece cominciato ad andare dallo psicologo.

Questo succedeva diversi anni fa.

Crisi.

In ogni caso, il momento giusto per l’entrata in scena del biografo aziendale è al cambio generazionale.

Bisogna capire subito la situazione: se i figli vogliono giubilare il boss, il libro è l’occasione perfetta per togliere dai piedi il vecchio; se invece il boss è saldo e i figli un po’ ciula, il libro è lo strumento ideale per mettere le cose in chiaro e rimettere i bamboccioni scalpitanti al loro posto.

Sbagliare mossa o referente, dire la cosa sbagliata alla persona sbagliata – e succede facilmente perché ogni azienda/famiglia è sempre una dinasty con un magma di faide e invidie sotto la patina della grande favola,  ti pregiudica  il lavoro, indipendentemente dalle tue capacità.

C’è poi il caso dell’imprenditore senza figli che ti dice: si, mi piacerebbe, lo farei se avessi figli e nipoti:

devi essere pronto a ribattere: un motivo in più per lasciare ai posteri nero su bianco la propria eredità morale, la propria storia.

C’è il caso dell’imprenditore che dice: ne avrei non uno, ma dieci di libri da scrivere su quello che ho visto nel mio ramo.

Gli dirai: cominciamo dalle radici.

C’è quello che dice: mi piacerebbe, ma non ho nessuna storia da raccontare, ho iniziato trent’anni fa a fare guarnizioni per frigoriferi, e per trent’anni non ho fatto altro.

Gli dirai: ha mai pensato che ognuna delle guarnizioni da lei prodotte è entrata in una casa dove una famiglia ogni giorno ha aperto quel frigo, se raccontassimo la storia di una sola di queste guarnizioni avremmo già un romanzo sulla vita italiana, grazie a lei.

Il caso più difficile, non raro, è l’imprenditore che a questo punto con gli occhi lucidi ti dice: sì, ho sempre sognato di scrivere un libro, ma non le mie memorie, a chi importano, invece vorrei scrivere un libro su….

Devi bloccarlo, prima che continui a parlare.

Il vero pericolo è lavorare gratis.

Già lo fai per te stesso, vorrebbero che lo facessi anche per loro, che del resto ti danno gratis l’idea.

Loro non vogliono fare un libro per guadagnare dei soldi, ma per amore dell’arte, eventualmente i proventi li diamo in beneficenza,

e chiaramente vorrebbero da te lo stesso approccio.

La risposta giusta sarebbe: bellissima idea cavaliere, la capisco,

pensi che io scrivendo libri da una vita ho sempre avuto il sogno di guidare un’azienda,

allora facciamo così, per i prossimi sei mesi mentre lei si dedica a tempo pieno e gratis al romanzo, io nel frattempo le guido l’impresa e incasso utili e dividendi al posto suo,

potremmo scambiarci anche la casa e la macchina, per realizzare fino in fondo questo sogno.

Gli metti sul tavolo le chiavi della tua Fiesta, e prendi quelle della sua Cayenne.

C’è stato anche uno che mi ha detto: affare fatto!

Solo che il Cayenne era della banca, l’azienda perdeva centomila euro al mese,

e alla villa la governante ucraina venticinquenne specializzata in sado-maso era abituata a essere salariata in contanti tutti i venerdì sera,

tutte cose che io non ero preparato a fronteggiare,

abituato il venerdì sera a stare con tenere fidanzate lombarde

che mi portano fuori a cena pagando loro e facendomi anche il pieno della Fiesta.

(imago: Lee Iacocca, manager anni 70 della Chrisler, italo-americano, autore di una delle più leggibili autobio del settore manager-industria,  sottogenere solitamente al top della noia)