la giunta Galgario

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GiuntaGalgario

I soliti bergamarci sono quelli che da 300 anni hanno quella faccia da trota-squalo del maschio di soldi o di potere che si dà l’aria del nobile ma è bastardo dentro, e si vede.

Un tipo d’uomo moralmente un po’ suino, mediamente ignorante e piuttosto vanitoso, visibile per strada, nelle aziende, in società, sulle copertine patinate,  sui manifesti elettorali, identico nell’espressione ai vecchi ritratti di Fra Galgario (il frate-pittore dei vip, al secolo Vittore Ghislandi, Bergamo 1655-1743) che si possono vedere alla Carrara (ndr: no, scusate, è chiusa da 5 anni).

Secondo una ricerca #pensacheignoranza, il 69% dei bergamarci  non sa chi sia Fra Galgario, e chi lo sa, crede sia una figura minore. Sui libri di storia dell’arte è il maggior ritrattista del 700 in Europa, l’anello di congiunzione tra la pittura veneta e quella fiamminga, il maestro delle lacche.

Una storia tragicomica la sua, che si presta al gossip e all’amarezza, come i soggetti dei suoi ritratti.

Gossip: ancora ragazzo, mentre sta facendo il ritratto a una prosperosa contessa, quella, insoddisfatta, si apre il corpetto e gli sbatte in faccia il seno chiedendogli: ma perchè voi mi togliete quel che Dio m’ha dato? Il giovane Ghislandi fugge terrorizzato, scappa a Venezia, si fa frate.

Starà a Venezia 25 anni, imparando i segreti del colore dai grandi maestri. Nella Venezia barocca sarà il frate pittore amante del ritrarre orfanelli, speculare al prete-rosso Vivaldi che adorava far suonare le orfanelle.

Tornato a Bergamo, diventerà il ritrattista dei vip, lavorando fino a 90 anni, e facendo sempre e solo ritratti di 3 tipi: 1) bellissimi, di fanciulli bellissimi 2) bellissimi, di committenti orrendi 3) orrendi, di donne orrende.

Dal che derivano: 1) la fama di frate-pittore gay, con preferenze teen (il Cerighetto, il chierichetto, l’assistente più ritratto nella storia dell’arte, incarna per Zeri il modello ideale dai grandi occhioni e dalle labbra carnose e ricurve) 2) la fama di misogino 3) la vergogna-ignoranza dei bg b.got + ostracismo chiesa + iconoclastia femminista (le donne si vendicheranno).

Amarezza. Il corpus delle sue opere raccolte dal conte Carrara per la futura Pinacoteca, appena morto il conte, è smembrato e svenduto dalle nobildonne della commissione. Da lì in poi, l’oblio.

Fu il Longhi, già “scopritore” del Lotto, a spiegare il senso  di Fra Galgario ai moderni: distraendo committenti e spettatori con le magie del colore di vesti e tessuti, denudava le anime nei volti.

Pietro Citati scrive: non si rendevano conto, mentre posavano, che il loro demoniaco ritrattista penetrava dentro di loro, e frugava nelle anime, o nelle contraffazioni delle anime.

Gli aristocratici e i ricchi borghesi di Bergamo hanno gli sguardi rivolti verso sé stessi, in laghi di ansia e apprensione, forse nascondono follie; altri sono impavidi, arroganti, stolidi, immersi in tutto ciò che di equivoco e losco offre la vita. 

Un grande maestro, un minore nella sua città. Anche il Fra Galgario appeso nell’ufficio di presidenza della Ubi è stato sostituito con un’opera più glamour, optical, di un artista donna.

Tra gossip e amarezza, Fra Galgario continua ad aggirarsi inquieto tra i corridoi chiusi della Carrara (dove hanno messo i miei quadri?) e gli stanzoni dell’ex convento del Galgario dove posavano i vip, oggi dormitorio per extracomunitari dai grandi occhi e dalle labbra carnose.

(editoriale by Leone Belotti per il nuovo numero di CTRL, il magazine che “va a ruba pur essendo gratuito”, in distribuzione da oggi nei locali giusti con il titolo “i soliti bergamarci” partorito del duo Postini e Fennino, editore e direttore. L’immagine di copertina, elaborazione di un celebre ritratto doppio by Fra Galgario, è stata realizzata dai goodfellas dello Studio Temp)

animali da romanzo

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PWSimg

Shakespeare in Elav: esperienza fantastica, da raccontare.

L’occasione è stata la YULE FEST, assembramento di fine anno delle tribù dei pub/birrerie indipendenti

+ ii compagni d’avventura Matteo e Nicola (miei vicini di redazione di CTRL magazine)

+ il mitico cowboy Antonio del birrificio Elav, che alla pubblicazione del pianoB (idee vere per fare cultura, ricreare l’humus) aveva dato la sua disponibilità a ospitare iniziative di tal segno.

Idea nata da anni di esperienza, ma concretizzatasi in poche ore, con poche linee guida:

> Pub Writing Session significa ascoltare, trascrivere, mixare e pubblicare storie raccontate da sconosciuti davanti a una birra.

> il Pub Writer trasforma le storie sentite al pub in un romanzo corale,

in quanto scrittore di servizio non è un creativo, non è uno stilista, ma un artigiano anonimo, come i maestri pittori e scultori del medioevo,

l’opera che ne risulta non è d’autore, singolare, unica, ma plurale, comune, congiunta,

e dunque niente nome dello scrittore, né del “raccontatore”, ma tutta l’attenzione sulle storie, e non storie a piacere, di fantasia, letterarie, ma storie concrete, vere, capitate in questo 2013,

nello spirito della festa (YULE FEST è la festa nordica pagana di tributo al solstizio d’inverno, da cui ha origine il Natale cristiano) il tema scelto per la Pub Writing Session  “Shakesperare in Elav” è stato la fine/l’inizio: nelle 4 notti più lunghe dell’anno, si buttano fuori tutte le paure e gli incubi del vecchio anno, e si esprimono i sogni e i desideri del nuovo inizio;

perciò abbiamo fornito un “cartellone” delle storie da raccontare, 4 generi per 16 titoli proposti come una lista di birre tra cui scegliere:

> un storia da dimenticare

   una storia assurda -– sprofonderei – l’ammazzo – una pietra sopra

> una storia di sesso

   avevo bevuto – non così veloce – non può funzionare – chiamami

> una storia di soldi

 che pacco – soldi buttati – lo faccio per i soldi  – avendo i soldi

> una storia mai vista

   se rinasco – giuro lo faccio – neanche te lo immagini – una bella storia

L’unica “regola” è stata questa: storie brevi, 1000-3000 battute, cioè stampabili su un flyer e di produzione immediata (pronte in mezz’ora, tra racconto, trascrizione, edizione e distribuzione)

La Pub Writing Session ha preso vita con la collaborazione di tutta la redazione CTRL, una decina di writer coinvolti, così organizzati:

Resident Pub Writer: nella postazione-confessionale, costruita con 4 palllets, due seggiole e una panca/scrittoio, lo scrittore riceve “tet e tet” chi vuole raccontare una storia (min15-max30 minuti)

Insider Pub-Writer:  disseminati tra i tavoli, riconoscibili da un distintivo, distribuiscono le storie fresche di stampa, aiutano le persone a scrivere la propria storia, ascoltano e trascrivono sussurri e grida, mezze frasi,  storie di gruppo, conversazioni

Pub Writing Box: l’urna dove mettere la frase o la storia scritta direttamente da te

Pub Writing Editor: l’uomo alla stampante, che rapidamente riceve, rilegge, edita e stampa le storie.

Ne è uscita un’esperienza estrema, controtendenza, dal successo imprevisto.

In un contesto per nulla letterario, senza altri mezzi che qualche portatile e una stampante, abbiamo raccolto e pubblicato in 4 serate circa 150 storie “vere”,

come volevasi dimostrare, dove c’è buona birra, si trovano esemplari fantastici di maschi e femmine che in stato di grazia (non proprio sobri, ma nemmeno in ebbrezza molesta, diciamo alla seconda media) si rivelano animali da romanzo di prima scelta,

perché ti raccontano la storia così come l’hanno vissuta, il film, non le sensazioni e i ragionamenti che ti imbastiscono le o gli pseudo intellettuali da caffè letterario,

e tu rapido come una dattilografa scrivi tutto, ed è già tutto perfetto.

Alla Yule Fest vedevi in postazione il resident writer scrivere in diretta la storia di chi si sedeva davanti a lui,

la stessa cosa facevano disseminati in giro 5, 10 insider writer con portatile o notebook, mentre l’editor alla stampante sfornava le pagine di questo romanzo corale in progress,

e ovunque tra i tavoli persone intente a leggere, ed altre a scrivere a mano la propria storia sul retro, e a imbucarla nel box.

La pub writing session come spettacolo della scrittura, attrazione live, partecipata, è di fatto antica, ancestrale, cavernicola, rupestre;

evoca uno spazio protetto dove gli individui stanno raccolti attorno al fuoco, in prossimità fisica e intimità spirituale, a distanza d’alito;

nella caverna-pub la parola-voce diventa gesto-segno, incisione sulla roccia.

A mente fredda, si notano i caratteri dell’iniziativa:

> prima controtendenza: nell’epoca della creatività diffusa e del divismo di massa, tra scuole di scrittura e concorsi letterari, il pub writing è un’esperienza di scrittura non creativa, non d’autore, ma di servizio, d’ascolto e trascrizione, anonima.

> seconda controtendenza: nell’epoca del digitale e del web, il pub writing è la scrittura/lettura su carta, a voce, a mano, a distanza d’alito.

Dunque la scrittura come pratica sociale, fisica, manuale-orale, conviviale, a viva voce, frizzante, leggera, funziona,

e funziona lo scrittore come raccoglitore di brandelli di vita, e in seguito compositore di affreschi corali, texture che diventano il codice letterario di un luogo nel tempo,

e il pub il luogo deputato a pubblicare, come dice la parola.

Esperienza da replicare o testare in pub piccoli, in serate feriali, in modo stabile, continuativo, una sera la settimana, nel quadro di attività che rendono vivo l’humus culturale di una città.

La cosa che mi ha davvero stupito, oltre all’adesione del pubblico, è stata la disponibilità dei writer, liberati dalla responsabilità dell’autorialità, trasformati in un unico autore collettivo, capace di scrivere un romanzo-brogliaccio di 500 pagine in quattro notti.

Il vero lavoro editoriale adesso sarà quello di produrre una selezione delle meglio storie, per la pubblicazione rilegata, agile, in librino di 60-70 pagine,

e convincere il pub a pubblicare questo “polittico” come strumento di comunicazione, quasi a restituire ai propri clienti il distillato della grande bevuta di birra: lo “spirit”.

a Natale siamo tutti Quarenghi

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Quarenghi_by_Alexander_Orlovsky_(1777-1832)

Si spengono le insegne, si svuotano le strade. Una badante russa e un muratore marocchino aspettano l’ultimo bus. Un vecchio infagottato si avvicina lentamente, con incedere elegante.

Dice: sono partito da ragazzo, con il sogno di costruire una città!

Ha l’aspetto trasognato, ed un naso gigantesco.  I due immigrati gli sorridono, e il clochard accenna un inchino alla badante: eccomi in capo al mondo, al cospetto dell’imperatrice di tutte le Russie! Vi riconosco, Maestà!

Commossa, la badante sfila una baguette dalla borsa della spesa.

Mon ami! Caterina la Grande mi porge le chiavi di San Pietroburgo per farne una grande capitale! Cento cantieri, le migliori maestranze… l’accademia delle scienze, l’istituto Smorny, la borsa, il maneggio, il teatro dell’Ermitage… la città è un’immensa pianta… e gli anni, i decenni  volano come foglie…

Poi il vecchio si interrompe, ha gli occhi lucidi. Guarda i due immigrati e legge nei loro pensieri. C’era ancora il comunismo, lei era una bellissima ragazza, laureata in chimica col massimo dei voti, piena di speranze,… adesso è solo una badante, e appena licenziata!

Il marocchino sa costruire da solo un edificio finito… ma ha un contratto da generico, a 3/4 della paga, e le dimissioni già firmate,  alla ditta basta mettere una data, una pratica diffusa.

Venite con me, avanti amici, seguitemi, nessuno vi aspetta, l’ho capito, sentite come  finisce la mia storia…

Pochi passi, e s’infila nella porticina di servizio di un palazzo nobiliare.  Sale uno scalone, scosta un tendone, si ritrovano in un salone.

Sedete, accomodatevi, ora chiamo la servitù… questa era la mia casa, qui ho spedito i miei libri, i disegni… sognavo il ritorno, lontano dalla patria mi ero ricoperto di gloria… indicibile fu la mia delusione, i miei familiari avevano disperso e venduto le mie cose, il municipio sequestrato i miei beni…

Sul tavolo compaiono piatti, bicchieri, pane e vino nel cartone. Rientrato in Russia… la sofferenza più grande… la morte di mia moglie… anche le feste, quando sei solo… una vita da emigrante… e quando mi intitolano una via, diventa la via degli immigrati…

La badante e il marocchino, barcollando dolcemente, accennano un valzer… c’è la luna sui tetti, e un gatto innamorato, che randagio se ne va, con i ricordi del passato, e un sogno mai sognato… Buon nuite, bonne nuite…

Silenziosamenteil vecchio e se ne va, dimenticando il suo cappotto… ma all’alba, da quel magico giaciglio, viene il vagito di un neonato… il marocchino ringrazia Allah, la badante gli dice di accendere il fuoco, è nata una famiglia…

si sveglia a poco a poco tutta quanta la città, arrivano i vicini, la notizia corre di bocca in bocca: miracolo di Natale in via Quarenghi! 

E si sentono tutti un po’ Quarenghi, vicini e lontani, e portano doni a quel bambino, venuto al mondo da clandestino, in una casa sfitta.

(by Leone Belotti, editoriale per CTRL magazine Dicembre 2013; thanks to Domenico Modugno; imago: caricatura di Giacomo Quarenghi by Alexander Orlovsky, 1802)

 

 

 

 

 

pensa che ignoranza

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pensacheignoranza_banner_fb

Che cos’altro può essere la mia ignoranza, se non una visione?

Venerdì 13 dicembre, la notte di Santa Lucia sarà appena passata, ma regaliamocene ancora un po’.

Dalle 20.00 alle 2.00, CTRL magazine, insieme a Calepio Press e anna.bonaccorsi1  partecipa alla seconda Notte Bianca su Twitter dedicata alla cultura, proposta e coordinata da #InvasioniDigitali e Insopportabile

Segui e utilizza gli hashtag #NBTW e #pensacheignoranza:

vogliamo provare a raccontare qualcosa di Bergamo da un’angolazione particolare. Se vuoi condividere anche il tuo punto di vista, twitta parole e immagini Bg-site: opere, luoghi storici/d’arte anche ignorati, fatti, storie che nessuno conosce, facce, cose svanite, che ti emozionano.

#pensacheignoranza è l’altra faccia della cultura

Qui il programma dettagliato della #NBTW: http://www.invasionidigitali.it/blog.php?idn=22

Qui le informazioni su Invasioni Digitali: http://www.invasionidigitali.it/index.php

 

 

la mossa del cavallo

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NattaCTRL

Chioma selvaggia, occhi verdi, era la minorenne più erotica del campus.

Appena conosciuta ti chiedeva scopiamo? Poi dipendeva dalla risposta che davi.

I suoi avevano fatto i soldi con le cucina di formica, fin da bambina lei in fabbrica aveva respirato fumi di poliuretano-silicone, e già alle medie aveva i seni espansi.

Diceva cose come: mi fanno schifo le foglie, gli insetti, la pioggia, le lumache.

Oppure: adoro il moplen, il plexiglass e la vimpelle.

Aveva una passione insana per la plastica e la chimica, e per questo si era iscritta al Natta.

Voleva viaggiare nel futuro. Abbiamo troppa energia per limitarci a questa vita, a questo corpo.

Indimenticabile, la risposta da Mc Enroe a un Carabiniere che ci aveva fermati: mai avuto problemi con le droghe, signorina? No, mi sono sempre trovata benissimo.

L’avevo soprannominata “Natta come un cavallo”.

Aveva tutti 8 in pagella, ma era stata bocciata per il 4 in comportamento. La motivazione era questa: la stazione treni e bus era proprio davanti al polo scolastico Esperia-Natta-Galli-Geometri, ma assurdamente l’ingresso era dall’altra parte. Invece di fare 3 chilometri a piedi 2 volte al giorno, come facevano gli altri 3000 studenti, lei scavalcava muro di cinta e binari.

La mossa del cavallo, la chiamava, lo scarto creativo che scompagina l’ordine del gioco.

Questo muro serve a inculcare sottomissione nei figli dei lavoratori. L’anno prossimo lo faccio saltare.

Il sottopassaggio era in progetto dal 1963, ma ci sono voluti 50 anni, e il mitico sindaco Bruni, lo sventra-berghem, per vederlo realizzato.

Incredibilmente, dopo 30 anni che non la vedevo, qualche mese fa l’ho incontrata proprio lì, nel sottopasso della stazione.

Assomigliava a Charlotte Rampling. Tornava da un convegno vegano.

Aveva cambiato prospettive a 360°, dunque in fondo non era cambiata.

Servono idee per salvare il pianeta. Bisogna lanciare il premio Natta. Il premio Nobel ha rotto le palle.

Mi mostrò un barattolo di vetro con dentro della  muffa viola. I miei funghi mi disse.

Li nutriva con unghie, capelli, croste del naso, cerume delle orecchie, tutta roba sua. In questo modo mi riconosceranno.

Una volta cadavere, spiegò, li avrebbe indossati  e i funghi l’avrebbero bio-degradata in modo totalmente ecologico.

Sai quanto inquinano i cadaveri? E le ceneri? Abbiamo pochi anni per salvare il pianeta.

Cambiando discorso, le ho chiesto: ti ricordi il nostro primo incontro? Certo, scienziato!

Una festa in tavernetta, a Martinengo, doveva essere il 1983, lo stereo sparava i Boney M.

Io indossavo un’orribile cravatta di pelle, e  cercavo il bagno, col Martini bianco caldo in mano. Lei usciva dal bagno, strafatta.

Era la prima volta che la vedevo.

Tenendomi aperta la porta del bagno, mi aveva detto: ciao sfigato, scopiamo?

Da fighetto del Lussana, permaloso, avevo risposto: ho le mie cose.

E lei, senza scomporsi: che problema c’è scienziato? Facciamolo dietro.

(Ndr: editoriale di Leone Belotti per n.44 CTRL magazine, in occasione di Bergamo Scienza e delle iniziative  sulla figura di Giulio Natta, premio Nobel per la chimica, morto a Bergamo nel 1979. L’uomo che ha inventato la plastica)

 

 

un’impresa da Nullo

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NulloChe

Quando le autorità intercettano le lettere, è l’ora di posare la penna, e impugnare le armi.

Non serve Wikipedia, non basta Facebook per scoprire il padre, l’idolo di tutti i rivoluzionari moderni – Lenin, Mao e Che Guevara compresi – l’inventore dell’armata rossa, “il più bello dei mille”, il più incosciente, il più garibaldino: Francesco Nullo.

Per accedere al profilo Nullo, occorre qualche megabyte di follia, e la connessione lenta, occhi chiusi, capacità di regredire, e  risvegliare “lo spirto guerrier ch’entro mi rugge” per tornare a quei giorni, quell’anno diventato un programma, il 48.

Avere vent’anni e il futuro davanti, l’azienda di famiglia, e mollare tutto, a Milano al galoppo, sulle barricate delle cinque giornate: se la vostra coscienza vi dice di andare, andate! Si tengano i loro titoli, noi mostreremo quello che siamo!

Ferito, arrestato, liberato, eccolo tornare all’azienda, renderla florida, poi di nuovo a combattere, con i Cacciatori delle Alpi, cioè a “inventare” la moderna guerriglia partigiana,

quindi leader dei Mille, promotore dell’impresa e creatore delle camicie rosse divenute la divisa di tutti  i rivoluzionari (tinte a Gandino, con il rosso scarlatto usato per i paramenti sacri, e confezionate in S.Orsola, dalla fidanzata Celestina Belotti).

Più di 300 dei Mille erano bergamaschi, arruolati da Nullo in città alta, al Caffè del Tasso, ma il cuore dell’impresa è la Compagnia di Ferro, ottanta ragazzi, tutti studenti o artigiani, età media 22 anni.

Quel giorno a Calatafimi  la battaglia è ormai persa, la spedizione un fallimento, ma Nullo non ci sta, esce dalla trincea, e urla: Bergamasch, tocc inturen a me!,

e con una carica alla morte, ecco la Compagnia di Ferro fare breccia, e ribaltare la storia.

Poi, fatta l’Italia, fatto l’inciucio, Nullo poteva fare il ministro, l’eroe, il notabile, e invece no, disgustato dai Savoia, dalla politica, eccolo partire per un’altra guerra, proprio come farà Che Guevara,

contro i cosacchi, alla guida dei Legionari di Polonia, e morire così com’è vissuto, lanciando una carica impossibile, al grido libertà o morte!

Lo spirito Nullo è tutto in queste due scelte:  mollare tutto per amore della libertà, e non mollare quando non ti resta nient’altro che quella.

Quando il governo vedrà che volete, non oserà più insultarvi e schernirvi. Non ristate muti giovani italiani, alzatevi con voce potente!

FRANCESCO NULLO, 1826-1863,

(testo Leone Belotti/Calepio Press – imago: studio Temp per CTRL)

poscritto/retroscena “un’impresa da Nullo”:

far incontrare, o scontrare,  cultura alta, accademica, vetusta, e cultura underground, pop, giovanile è il vero lavoro degli operatori culturali:

l’idea di presentare e raccontare Nullo come icona ribelle-giovanile

è stata condivisa dapprima dai miei amici-collaboratori Calepio-Press e quindi dai miei vicini di redazione del magazine cartaceo CTRL,

piccola testata freepress indipendente di grande diffusione nel target teenager-ventenni,

che pubblica questo stesso testo come cover story del n. di Maggio.

A suo tempo, mesi orsono, sia Calepio Press che CTRL, separatamente e senza conoscersi, hanno presentato al Comune progetti di comunicazione vera, senza muffa, per tradurre i grandi personaggi storici bergamaschi nel linguaggio contemporaneo,

cioè nel web, sui social, nei luoghi di ritrovo, dove si fa musica, arte, grafica, design, immagine,

parliamo di progetti di nuova concezione, non pensati semplicemente per spendere soldi pubblici con iniziative ingessate (il libro accademico, la conferenza accademica, le celebrazioni ufficiali) ma vere e proprie start-up, in grado di coinvolgere gruppi, comunità, aziende, locali, attivando blog, producendo t-shirt, organizzando serate, concerti, happening,

il Comune non ha degnato di alcuna attenzione o risposta seria né Calepio Press, né CTRL, e tantomeno i progetti presentati,

liquidati come “bellissimi progetti, purtroppo non ci sono soldi”.

Strana risposta per idee che chiedevano in primo luogo spazi,  collaborazioni, opportunità.

Poi accade che in puro spirito inciucio la giunta di centrodestra sovvenziona (ma non avevan detto che non c’erano soldi?) una “parrocchia” culturale di sinistra, come l’Isrec (centro studi sulla Resistenza)

che in modo piuttosto opinabile (e sciatto) mette in piedi la sua propaganda di Nullo come antifascista ante-litteram, corredata da opera-performance (non realizzata) dell’artista di nome (Longaretti, il nipote) e polemica finale, con tanto di interpellanza dell’antifascista di nome (Bruni, il figlio) contro la Giunta, rea di averli… sovvenzionati

(testualmente, dal comunicato stampa Isrec: “Isrec si è trovato nell’assurda situazione di essere stato incaricato di gestire progetti sovvenzionati dal Comune che, però, durante le celebrazioni effettivamente compiute, non hanno avuto nessuna attenzione, seppure in programma”).

Da ridere, e anche da incazzarsi, se pensi che usano i soldi pubblici per lamentarsi delle cose che non hanno saputo fare (con i soldi pubblici).

Morale della favola: le iniziative sovvenzionate dalla giunta e realizzate dall’opposizione si sono risolte in beghe di potere interne al palazzo, e hanno avuto risonanza pubblica zero, partecipazione zero e capacità zero di fare “vedere” Nullo alle giovani generazioni;

la cover story CTRL-Calepio Press, considerata zero e sovvenzionata zero dal Comune, ha raccolto migliaia di consensi on line, e non solo:

il prestigioso Post, il più grande sito d’opinione in Italia, l’ha inserita tra le 10 migliori copertine in edicola in Europa (le altre: Wired, Time, The Economist, Vogue, Paris Match, Le Nouvelle Observateur, Vanity Fair, The New York Time Magazine)

che sarebbe come prendere la stella Michelin per una piccola trattoria di quartiere aperta da quattro amici in due stanze:

ignorati nella piccola città, si coprono di gloria a livello internazionale! un’impresa da Nullo!

davvero un peccato non poter vantare su questo trofeo il patrocinio del Comune di Bergamo o del comitato Bergamo2019…

e pensare che saremmo stati onorati di poterlo utilizzare anche senza alcuna sovvenzione…

per la prima volta nella mia vita mi sarebbe piaciuto poter scrivere parole come “un ringraziamento particolare all’assessore alla cultura, a quello delle politiche giovanili, a quello del turismo, al presidente dei commercianti, degli artigiani, al vescovo”

invece dico grazie ragazzi a Athos, Federico e Paolo Massimo e a Matteo, Nicola e Francesca di CTRL, e va bene così.  Leone