adv 1977

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ing.-11-13-Orio-Center-1

una donna che ingoia-perle da posizione prona-pecorina ci invita a fare shopping selvaggio a Oriocenter,

i soliti bigotti vi diranno che questa campagna è un insulto alla dignità della donna,

e anche un insulto alla dignità della povertà,

e in generale un insulto all’intelligenza,

ma soprattutto un insulto al buon gusto,

insomma: un insulto globale, proprio come l’Oriocenter;

i bigotti evoluti invece invocheranno  l’Art.9 del codice di autodisciplina pubblicitaria (“volgarità, indecenza”)

e permetteranno ai creativi di farsi pagare anche la versione edulcorata;

i bigotti rivelazionisti diranno infine che questa campagna rivela la cattiva coscienza Oriocenter in relazione ai giganteschi flussi mensili di traffico lowcost-sex-shopping Orioport-Oriocenter e vi spiegheranno che di fatto la città del papa buono, che a suo tempo aveva bandito il vizio, è oggi una moderna capitale del sex-shopping così organizzata:

1) ogni fine settimana interi aerei di prostitute part time provenienti da ogni dove atterrano a Orio al Serio con biglietti week-end andata/ritorno;

2) svuotano le tasche (…) dei pensionati, dei mariti e degli scapoli nel raggio di 30km,

3) riempiono le casse di Oriocenter facendo shopping selvaggio,

4) rientrano a casa, dove verosimilmente sono studentesse modello del Sacro Cuore, fidanzate con allievi della Guardia di Finanza.

Senza essere bigotti, né sessofobici,

osserviamo invece con lucida pacatezza tecnica che i compagni pubblicitari dell’Oriocenter sono di fatto dei grandi sovversivi

che in qualche modo sono riusciti a riproporre lo slogan più diffuso  nel 1977:  ESPROPRIO PROLETARIO

ovvero il saccheggio collettivo di grandi supermercati per motivi politici con ridistribuzione gratuita della merce nei quartieri operai;

è chiaro, incitando allo shopping selvaggio una massa di persone rapidamente impoverite,  è questo che stanno dicendo:

“morti di fame, scatenate la vostra brama selvaggia di merce verso l’Oriocenter!”

“accorrete sbavando all’Oriocenter, fate parcheggio selvaggio, entrate dove vi pare bestemmiando,

buttate giù dagli scaffali tutto quello che non vi piace, accaparratevi selvaggiamente tutto quel che riuscite e poi uscite senza pagare, urlando oscenità alle cassiere e tirando calci alla security:

fatelo tutti insieme, il sabato pomeriggio, in ottantamila.

Forza selvaggi, venite nella capitale della cultura!”

(per gli azionisti, i pubblicitari e i legali dell’Oriocenter:

– l’apologia di reato, la diffamazione a mezzo stampa, l’oltraggio al pudore sono reati ascrivibili alla campagna in oggetto, rivolta a milioni di persone;

– questa recensione, rivolta a poche centinaia di addetti ai lavori,  si limita a segnalare l’effetto di comunicazione di simili campagne “irresponsabili”, v.anche il recente assalto a un centro commerciale a Palermo che aveva pubblicizzato “televisori” a 1€ )

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DeutBankOK

Deutsche Bank pubblicizza la sua linea previdenziale

mandandomi a fare un check-up (e già al primo enunciato mi deprime)

e promettendomi (al secondo enunciato) qualcosa di evidentemente illogico:

conservare per intero la qualità della tua vita futura.

Come fai a conservare qualcosa che ancora non hai?

Quello che volevano dire è conservare in futuro la qualità della tua vita presente,

ma chi si esprime male, non ha le idee chiare, e non mi dà fiducia.

Se poi guardiamo le immagini dei beni dimezzati, e assorbiamo il concettino per intero,

vediamo che Deutsche Bank, o chi comunica per Deutsche Bank, crede che io, pensando al mio futuro, sia spaventato dal non potermi più permettere, per intero computer, orologi, viaggi, mobili firmati…

ma io non vedo l’ora di rinunciare per intero a queste cose, a questi beni materiali costosi, a questi stili di vita stressanti, per fare una vita davvero di qualità superiore, con affetti, natura, benessere e momenti di gioia varia!

per Deutsche Bank invece io, il privato cittadino italiano, al presente non sono altro che uno spendaccione esibizionista,

con ancora da pagare metà mac, metà rolex, metà maldive e metà frau (perchè è questo che davvero mi dicono le immagini)

cioè un idiota per intero (è questo che in realtà mi sta dicendo Deutsche Bank),

e questo idiota per intero dovrebbe anche sbavare fin da ora per conservare questa idiozia integrale anche in futuro (un idiota previdente!)

invece più facilmente succede questo: che l’idiota rispedisce il vai a farti un check-up! al mittente, Deutsche Bank e agenzia pubblicitaria!

adv m3

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PicciBelen

l’advertising “ménage à trois” (m3)

imperversa in tv nelle due classiche possibilità:

1) per una società di antennisti abbiamo lui, lei e l’altra

(Belen, quella che ti monta la connessione, mentre la Piccinini è quella che salta)

2) per una casa farmaceutica invece abbiamo lei, lui e l’altro

(quello che passava di lì, come il mal di testa, in capsula).

Lo spot con la Belen, per usare il linguaggio tecnico degli art director di successo,

è chiaramente “uno spot di figa”, destinato al maschio idiota,

mentre lo spot della capsula è uno “spot del cazzo”, destinato alla femmina isterica.

Insieme, il maschio idiota e la femmina isterica, per gli investitori,

rappresentano la coppia campione della società italiana,

che tira avanti a tv e pastiglie, sognando un’amante (che faccia girare la testa).

Lo spot del mal di testa è prodotto dall’agenzia Testa.

Lo spot del trio Belen ha prodotto  30.000 nuovi clienti in 3 mesi.

La domanda tragica è: un popolo ha la pubblicità che si merita?

Come abbiamo potuto ridurci a un livello di aspirazioni così basse?

La pubblicità nasce per vendere automobili (ed altro) come promessa di libertà.

Ma la libertà che viene offerta oggi in Italia insieme all’auto è agghiacciante:

“poi sei libero di restituirla” (per uscire dal tunnel delle rate).

Del resto, la rivoluzione proposta alle nuove generazione è un conto in banca,

mentre gli idoli del calcio consigliano ai ragazzini il gioco d’azzardo on line,

le grandi firme della moda esaltano fragranze che sanno di mercificazione sessuale

e i comici più irriverenti sono stati assunti dalle compagnie telefoniche

per irridere e dileggiare intellettuali, artisti e operai.

La dittatura non si costruisce, e nemmeno si abbatte, in pochi giorni.

Occorrono alcuni anni, ingenti risorse, e molti collaboratori.

                                     Sean Blazer per adv zero/Calepio Press 

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canetti2

Adv lesson number one:

l’advertising, la pubblicità, viene dal verbo latino“adverto

che significa “accorgersi di, rivolgersi a” o più semplicemente “avvertire”.

Il latino in pubblicità è ovunque

icona, imago, logo, tabellaria, concept, mission, sponsor,

media, video, audio, digito, script, abstract

anche dove non te l’aspetti

press”, “stampa”, viene da “pressio”, il gesto dello stampare, esercitando “pressiones” che lasciano “impressiones”, diffuse da un “pressio agens”, volgarmente “press agent”.

Alla radice dell’imprinting inglese, c’è pur sempre l’imprimatur latino.

I primi consulenti pubblicitari, da cui deriva lessico e senso della pubblicità (insegne, campagne, conquista, consenso, colonizzazione) sono stati proprio i consules rei publicae,  i consoli romani, le legioni, l’esercito romano,  una grande macchina di conquista e comunicazione.

E questa è la parte rational (ratio).

La seconda lezione di pubblicità, la pars creans (creative), dove avviene l’irruzione dell’irrazionale, dovrebbe essere una lezione di etimo-filologia celto-gaelica antica, a proposito della parola “Slogan”.

Le legioni romane, che hanno sovrastato e assorbito ogni nazione italica, illirica, iberica, elvetica, gallica, germanica, pannonica, punica, britannica, si fermano davanti a una minuscola etnia, gli higlanders scozzesi:

il saggio Adriano costruisce un muro, il vallo di Adriano, per proteggere l’impero da questi ultra-barbaros dotati di un’arma formidabile:

lo slogan, sluagh-gheirm, letteralmente “l’urlo dei guerrieri morti”,

cioè il grido di battaglia, che viene dal cielo, dall’oltretomba,

si materializza nel tuono, entra nel cuore dei singoli come una scarica di corrente

e si trasforma in boato massivo, unisono, assordante, irresistibile, super significante.

Il mitico Canetti (in foto) lo spiegato perfettamente in “Massa e potere”:

“Alcuni popoli immaginano i loro morti o un numero limitato di essi, come esercito in lotta.

Presso i Celti degli Highlands scozzesi l’esercito dei morti è designato da una parola particolare: sluagh, che si traduce in inglese come spirit multitude, moltitudine di spiriti.

L’esercito dei morti vola di qua e di là in grandi nuvole, come gli storni sopra la faccia della terra. Essi tornano sempre sul luogo delle loro colpe terrestri.

Con le loro infallibili frecce avvelenate essi uccidono gatti, cani, pecore e armenti, combattono battaglie per l’aria, così come gli uomini in terra.

Nelle notti chiare e gelide si possono vedere e sentire i loro eserciti avanzare l’un contro l’altro e ritirarsi, ritirarsi e avanzare.

Dopo una battaglia il loro sangue tinge di rosso rocce e pietre.

 La parola ghairm, significa urlo, grido e sluagh-ghairm era il grido di battaglia dei morti.

Ne è derivata più tardi la parola slogan:

 la denominazione del grido di guerra delle masse moderne

deriva dall’esercito di morti delle Highlands.”

 Elias Canetti

 

adv erto

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advcapio

Se vuoi fare il pubblicitario, e capire la pubblicità,

prima dell’inglese (advertising), serve il latino (adverto, is).

C’è un verbo in latino che significa “afferrare, catturare, legare a sè”

riferito a “donne, animali, prigionieri, popolazioni”.

Questo verbo è: capire (capio, is, cepi, captum, capere)

Capisco, comprendo, porto dentro, faccio mio.

Quando qualcuno ti capisce, ti fa suo,

ti riduce a “captivus”, cattivo, in cattività.

E’ il verbo di chi, in modo “accattivante”, conquista e cattura.

Ecco perchè i pacifisti, in pubblicità, non “capiscono” niente.

Come direbbe John Wayne,

l’unica pubblicità buona, è la pubblicità morta.

adv G3

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come tutti i fan del Mac sanno benissimo

G3 sta per libro della Genesi, 3

cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre,

il primo spot pubblicitario in assoluto,

dove si spiega  come Apple dal punto di vista semiotica/adv

sia un’estensione IT del dominio ebraico-cristiano

basato sul software “bibbia”, in particolare sullo spot G3:

protagonisti dello spot sono la mela, il serpente, Eva, Adamo;

Eva, la donna, è il testimonial;

Adamo, l’uomo, è il target, l’utente razionale cui ci si rivolge, quello che deve pagare;

La Mela è il prodotto: un prodotto ad alto valore aggiunto,

è il frutto dell’albero della conoscenza, un prodotto-messaggio,

rappresentato in modo simbolico-diabolico dalla mela, apple, il malum,

che in latino per l’appunto  significa sia “la mela” che “il male”.

Il prodotto pubblicizzato è fin dall’origine un prodotto-tentazione,

il vero messaggio è la tentazione.

Il Serpente, colui che promette e offre, è l’agenzia, il pubblicitario.

La promessa è: “la conoscenza + il paradiso terrestre”.

Oggi: il walled garden apple + l’apple store.

Il costo è al minuto (il tempo è denaro)

e stiamo pagando da 2000 anni !

adv zero

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2005_03_31_capisco

Adv zero è un’associazione culturale di psico salute pubblica.

Adv zero promuove azioni di de-comunicazione per l’ecologia semiotica e la riduzione dell’inquinamento e del danno massmediatico sull’ambiente-immaginario collettivo.

Adv zero si propone di:

–       sviluppare la coscienza ecologica-semiotica con un osservatorio critico su inquinamento semiotico da sovradosaggio di pubblicità e ridondanza mass mediatica

–       attivare un movimento di ecologia semiotica per la riduzione/riconversione degli spazi pubblicitari in spazi di comunicazione sociale, pubblica, condivisa > progressiva trasformazione degli inserzionisti da acquirenti di spazi di pubblicità commerciale a sponsor di spazi di comunicazione sociale

–       creare e diffondere contro-marchi contro-prodotti contro-servizi sul modello food (non contiene grassi, conservanti, etc) per certificare la pulizia di comunicazione (immagini autentiche, testi firmati dall’autore, non utilizzo di dati semioticamente manipolati, non utilizzo di tecniche di persuasione occulta, spiegazione dello slogan in calce, piano mezzi non ridondante, etc)  > prime sinergie e applicazioni proprio con il settore food-alternativo (bio, km0, altromercato, etc)

–       creare e diffondere di contro-marchi per prodotti adv-free o adv0 e packaging0,

–       ideare e realizzare eventi reali, virali, virtuali per la decontaminazione da adv;

– stabilire un’agenda per la riduzione o la sostenibilità del pubblicitario-cartaceo (carta plastificata, volantini, brochure, affissioni) e del pubblicitario-packaging (confezioni usa e getta in plastica/polistirolo)

adv +30kg -30sec

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pinguino

Pubblicità palese Vodafone al Sanremo con Elio travestito da grasso (pingue) sul palco a sostegno evidente dello spot Vodafone versione pinguino (che viene dal latino “pinguis”, grasso, ma tu guarda le coincidenze!) + predica della Littizzetto pro brutti e grassi + smentita del direttore rai su presunti condizionamenti del televoto a favore di Elio (e chi se ne frega, il problema è esattamente l’opposto, non è lo spot Vodafone che aiuta Elio a vincere Sanremo, è Elio, e dunque Sanremo, che aiuta Vodafone!): un bel coordinato! Compliments all’intelligence dell’agenzia e all’ignorance di noi utenti televotanti, che paghiamo il canone (un cane grasso?) per guardare Sanremo, cioè gli spot Vodafone, e  votiamo Elio col “televoto popolare” (che è un service telefonico a pagamento!). En plein!

Chi ha mezzo minuto per riflettere, rifletta sul fatto che il pinguino-Vodafone-Elio-Sanremo è stato creato per sostituire l’orso bruno-Vodafone, denunciato dall’audicons per pubblicità ingannevole, promettendo “minuti” che invece sono al massimo “mezzi minuti”.

+30 Kg – 30 sec = ADVzero

adv 730 d.C.

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iconoclastia

tratto da un adv master, trascritto a memoria e tradotto a senso (originale in inglese, relatore un grande art director italiano, generazione sessantottina): “l’immaginetta della Madonna è la base di due millenni di pubblicità; il cristianesimo è l’anima dela pubblicità, l’arte sacra il fondamento della società dell’immagine, questo lo sanno tutti, eppure c’è stato un momento, tra il 730 e il 787 d.c. in cui ogni icona è stata distrutta e vietata per editto di Leone III l’Isaurico, imperatore bizantino. Per 50 anni siamo stati tutti icononoclasti, compreso Carlo Magno, fino a quando su iniziativa della principessa Irene (che dormiva con due immaginette nascoste sotto il cuscino) il culto delle immagini fu ristabilito, e gli iconoclasti  scomunicati.

Il vero paradosso è che l’azienda più vecchia e grande del mondo, che per prima ha inevtato la pubblicità, ovvero la chiesa cattolica, sia oggi totalmente incapce di usare anche al minimo tutta la potenza dell’arma da lei stessa creata.

L’immagine della chiesa cattolica non corrisponde alla sua realtà.

Leone XIII con l’enciclica Rerum Novarum aveva dato la direzione giusta, la chiesa deve misurarsi con i nuovi strumenti di comunicazione di massa. Ma non deve limitarsi a inseguire, deve porsi all’avanguardia, occupare col messaggio gli spazi pubblicitari, i centri commerciali, porsi a modello, interpretare senza paura la forza dirompente del vangelo, coinvolgere artisti, intellettuali, questo è il messaggio del nuovo papa, Leone XIV, che nel solco del tredicesimo ha titolato Rerum Novissimarum la sua enciclica, e invita tutti i creativi senza incarico a lavorare come gli antichi maestri per l’unico committente degno, il papa, l’ecclesia, la comunità universale”.

adv 700 mld euro

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tcNUOVO

Secondo il “calendario del cambiamento 2013”, una sorta di Frate Indovino ecologista, la spesa mondiale annua in pubblicità supera i 700 miliardi di euro, il che equivale a un contributo medio di 100€ a testa considerando tutta la popolazione mondiale  (ma moltiplica per 10 questa cifra, se vivi nel “primo mondo”, e per 100 se fai parte dell’elite). La pubblicità la paghiamo noi, ma non ci pensiamo mai, né quando la guardiamo , tantomeno quando acquistiamo qualcosa (qualsiasi cosa compriamo, dalla mozzarella alla monovolume, la paghiamo dal 10 al 70% in più, causa pubblicità).

Nel capitolo IX del Manifesto TurboComunista, si legge:

in una giornata qualsiasi l’uomo occidentale assorbe circa 3000 messaggi commerciali, nella quasi totalità stimoli alla competizione sociale e sessuale iniettati con  verbalizzazioni imperative e visualizzazioni ipnotiche – gli ambientalisti  dovrebbero capire che il vero pericolo ambientale, alla base di tutte le altre forme di inquinamento dell’aria, dell’acqua e della terra,  è proprio questo inquinamento da comunicazione che ogni giorno devasta, inquina e infine desertifica la mente di masse planetarie di uomini rendendoli consumisti e dunque inquinanti.

Patrick Le Lay, ex direttore della tv francese ZTF1, ha affermato: “Quello che noi vendiamo a Coca Cola è una parte del cervello umano disponibile”.

La nuova tendenza, in presenza di questi sintomi da collasso, è quella di ridurre l’inquinamento semiotico, stabilire una razione massima giornaliera, ridurre i grassi e gli zuccheri nella pubblicità, causa del diabete nel corpo sociale, e del buco nella semiosfera.

Meno messaggi, meno ridondanti, meno invadenti, meno inquinanti (carta plastificata, inchiostri chimici…).  Per molte aziende la pubblicità è una droga. Aiutiamole a smettere.

La mission del creativo, del pubblicitario, oggi, non è più nel convincere le aziende a fare pubblicità, ma a farne meno, e a comunicare in altro modo.