dulcis in fundo

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Evaristo_Baschenis_-_Boy_with_a_Basket_of_Bread_-_WGA1404

Mi hanno chiesto se navigo in internet, ho risposto che non so nemmeno nuotare,

e nel sorriso mi è venuta in mente la mia terra, i sapori, gli odori, le case di Nicosia, la mia città, nel cuore della Sicilia,

molti anni fa, decenni, lustri, ero solo un ragazzo, sedici anni, e partivo, emigravo, e del mondo non sapevo niente, se non che dovevo guadagnarmi il pane

il primo lavoro vero a Bergamo, in città alta,  aiuto cuoco da Mimmo, locale storico, famoso,

Mimmo andava a Genova a scovare i grandi chef giramondo che lavoravano sui grandi transatlantici di lusso

cuochi, e uomini, navigati, che portavano sui fornelli la cultura internazionale della cucina:

le prime parole che mi rivolse il grande Natalino La Fata, già capopartita di bordo di prima classe, furono:  ricordati, Filippo, in cucina la base di tutto, il segreto, sono le salse, i sughi.

Lo ricorderò sempre quella volta che, nel pieno del lavoro,  depose il mestolo, si tolse il cappello da cuoco, e tenendolo tra le mani, si presentò in sala, al tavolo dello sconosciuto commensale  che aveva ordinato un certo piatto, e disse: mi dispiace, non glielo posso fare.

La mia storia d’amore con la cucina è iniziata allora, una passione che poi ho sempre coltivato, sperimentato, frequentando ristoranti, e incontrando cuochi,

mentre i casi, il destino, mi portavano a nuove attività:

sono passato dalle cucine dei ristoranti degli anni Sessanta, all’apertura delle prime pizzerie negli anni Settanta e delle primissime paninoteche, negli anni Ottanta, per trovare infine quasi per caso il mio destino:

avevo una paninoteca, chiudevamo tardissimo, e al termine della notte, per piacere personale, o per nostalgia, preparavo i cannoli siciliani,

e quei cannoli, poche ore dopo, la mattina, scatenavano l’invidia delle pasticcerie, che mi facevano i dispetti, mi mandavano le ispezioni,

allora per ripicca mi sono messo davvero,in modo industriale, a fare pasticceria,  ho ceduto la paninoteca, e iniziato una nuova vita,

e sempre usando quel nome, Florian, in omaggio  a Venezia, all’arte di godere del prelibato.

Oggi distribuisco ogni mattina dodicimila croissant, ognuna di queste dodicimila brioche è importante, ogni mattina, ogni giorno, ogni persona è importante, ogni cosa che facciamo è importante

ma ogni notte, da sempre, coltivo la mia vecchia idea, la mia vera passione, l’arte della cucina notturna, in solitaria, rifacendo certi classici, il risotto alla milanese, l’ossobuco, la casseula,

anche un piatto di spaghetti al pomodoro può essere grande cucina, se fatto a regola, con la miglior pasta, il miglior pomodoro, la qualità nasce dagli ingredienti, e poi la tecnica, la curiosità, i segreti, come la grande musica classica, certi piatti della tradizione rinascono con nuove esecuzioni,

cucina classica e ricercata, cioè di ricerca e di classe, partendo dai frutti della terra a metri zero, dall’orto, dal’erbario, dal frutteto, dalle vigne, dalla selvaggina, il sapore, la semplicità, la scoperta di un olio, la prova di una rarità di norcineria, la delizia improvvisa di certe prelibatezze

e poi naturalmente la cantina, i veri vini, e infine (dulcis in fundo) i più preziosi gioielli di pasticceria,

è proprio quando tutto decade, quando un’epoca finisce, che si possono godere i risultati più alti di una civiltà, e tramandarli a futura memoria.

Filippo Trovato, intervistato da Leone Belotti per BaDante,

 immagine: Ragazzo con cesto di pane, Evaristo Baschenis, 1660, collez. privata

l’app lisa

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LISA_Constellation2_500px

diciannove anni fa scoprivo il www.


quindici  anni fa aprivo una homepage.

dieci anni fa un blog  […]

abbiamo avuto la possibilità di avere un pubblico

senza corromperci con il mondo mainstream.

abbiamo provato una libertà che il mondo della censura

nemmeno immaginava o concepiva possibile.

il piacere che ne è derivato è indescrivibile,

resterà parte predominante, ricordo preponderante della mia vita […]

Sette  anni fa andava di moda second life.


Sei anni fa il must era facebook.

Cinque anni fa twitter.
  Poi gli smartphone, le app, i tablet, gli e-book […]

Ora mi interessa capire come funziona il mondo mainstream,

come si fa un motore di blog, un network, un’interfaccia […]

Internet è stata una grande woodstock,

che le generazioni prima di noi stentano a capire,

e quelle dopo si rammaricano di non aver visto nascere […]

Un anno fa nasceva mia figlia,

oggi digitando il suo nome in Google

scopro che la NASA ha messo in orbita un programma omonimo:

nell’immagine: LISA (Laser Interferometer Space Antenna, NASA)

         (federico carrara speaking reload&edited by leone) 

 

adv m3

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PicciBelen

l’advertising “ménage à trois” (m3)

imperversa in tv nelle due classiche possibilità:

1) per una società di antennisti abbiamo lui, lei e l’altra

(Belen, quella che ti monta la connessione, mentre la Piccinini è quella che salta)

2) per una casa farmaceutica invece abbiamo lei, lui e l’altro

(quello che passava di lì, come il mal di testa, in capsula).

Lo spot con la Belen, per usare il linguaggio tecnico degli art director di successo,

è chiaramente “uno spot di figa”, destinato al maschio idiota,

mentre lo spot della capsula è uno “spot del cazzo”, destinato alla femmina isterica.

Insieme, il maschio idiota e la femmina isterica, per gli investitori,

rappresentano la coppia campione della società italiana,

che tira avanti a tv e pastiglie, sognando un’amante (che faccia girare la testa).

Lo spot del mal di testa è prodotto dall’agenzia Testa.

Lo spot del trio Belen ha prodotto  30.000 nuovi clienti in 3 mesi.

La domanda tragica è: un popolo ha la pubblicità che si merita?

Come abbiamo potuto ridurci a un livello di aspirazioni così basse?

La pubblicità nasce per vendere automobili (ed altro) come promessa di libertà.

Ma la libertà che viene offerta oggi in Italia insieme all’auto è agghiacciante:

“poi sei libero di restituirla” (per uscire dal tunnel delle rate).

Del resto, la rivoluzione proposta alle nuove generazione è un conto in banca,

mentre gli idoli del calcio consigliano ai ragazzini il gioco d’azzardo on line,

le grandi firme della moda esaltano fragranze che sanno di mercificazione sessuale

e i comici più irriverenti sono stati assunti dalle compagnie telefoniche

per irridere e dileggiare intellettuali, artisti e operai.

La dittatura non si costruisce, e nemmeno si abbatte, in pochi giorni.

Occorrono alcuni anni, ingenti risorse, e molti collaboratori.

                                     Sean Blazer per adv zero/Calepio Press 

tempo da cani

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_DSC4017

tempo da cani, tempi duri per i cani che lavorano all’aperto,

ma anche per tutti quei cani che ormai di fatto svolgono come professione principale

l’operatore di sostegno psicologico a 4 zampe del padrone.

Con le nuove tecnologie, molti di noi si sono ritrovati con le zampe incrociate,

sostituiti da una telecamera, una faccenda piuttosto deprimente.

Si è mai vista una telecamera capace di abbaiare e mettere in fuga i malintenzionati?

E così ci siamo dovuti inventare questa nuova professione, il tutor psicologico del padrone.

Sapere che dai miei bisogni fisiologici possono scaturire occasioni per il padrone

di instaurare nuove relazioni sociali non è particolarmente gratificante.

Sempre le stesse manfrine, le stesse domande cretine: è maschio?

Mai sentito qualcuno chiedere: è femmina?

Quanti anni ha? Come si chiama?

Tutta una sceneggiata capace di durare settimane, mesi, litri di piscio, chili di stronzi

raccolti a mano, fino al fatidico scambio di numero telefonico.

Non potrebbero dirsi direttamente “ciao bella umana, che gioia mi dà il vederti,

ti cavalcherei volentieri, fatti annusare tutta!”

No, preferiscono fare i guardoni, e commentare i nostri momenti di privacy.

Piuttosto snervante.

Noi preferiremmo non avere intorno i padroni quando abbiamo esigenze fisiologiche,

e tornare a fare lavori onesti, magari all’aperto,  o socialmente utili:

c’è un mio amico Husky che voleva mettere su una cooperativa

di cani da carrozzina, per trainare i disabili sulle piste ciclabili,

ma il suo progetto è stato duramente condannato dagli animalisti,

e anche dalle associazioni disabili, niente da fare, anche con i disabili

l’unica cosa che vi vogliono far fare è la pet-terapy.

Ma fatevi la human-terapy, dio uomo!

Prendi un essere umano, e gli vuoi bene: cosa ci vorrà mai?

Mettilo a 4 zampe, se proprio ti sembra poco amabile così sui 2 piedi.

Upper Dog

photo by 

http://web.stagram.com/n/bzonca/

 

all’ultimo banco

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Firestone-(4)

B.Horn, tra i fondatori dell’Internazionale “Turbo e basta”

(“dopo tutto quello che è successo nel Novecento

la parola “comunista” deve essere superata, ma non essendoci nulla

che la possa sostituire nella sua grandezza,

meglio non mettere niente, per il momento”)

oggi scrive:  “la lista della fabbriche morte ogni giorno più lunga:

il più grande produttore di pneumatici del mondo ha deciso

di chiudere il più grande stabilimento europeo, in Puglia (1000 operai);

lo storico marchio Richard Ginori è dichiarato fallito

(indagato per bancarotta fraudolenta l’ex presidente);

e gli operai piangono per il lavoro che non c’è più.

Si producevano non solo copertoni e porcellane

ma  arte, seppure applicata, valori della collettività, cultura di un territorio,

storia, brand globali, la vita delle famiglie e l’università per i figli.

Tutto è perduto senza i copertoni.

La comunicazione generalizza le esperienze e le sofferenze,

così il buon presentatore Santoro ex marxista-leninista

esibisce l’operaio licenziato, l’esodato, il senza futuro,

lo fa per lo spettatore che vive l’emozione e il sottile piacere

di non essere al suo posto, e spera di finire i suoi giorni indenne,  lavorando,

lo fa per lo  spettatore che crede negli ammortizzatori sociali,

nelle nuove relazioni sul territorio  che gli può procurare lo status reale,

– se dichiarato in rete –  di operaio di fonderia licenziato.

Il padre e lo zio si sono bruciati i polmoni in fonderia,

il sistema nervoso  alla catena fordista, ma allora  il lavoro c’era

e loro non lo amavano,  per amarlo dovevano abolirlo.

Ma c’è una via d’uscita nota a chi ha praticato da bambino

l’arte di farsi cacciare nell’ultimo banco, da dove prevenire ogni minaccia.

Amare l’assenza, sognare l’invisibilità”.

B.Horn

adv less 1

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canetti2

Adv lesson number one:

l’advertising, la pubblicità, viene dal verbo latino“adverto

che significa “accorgersi di, rivolgersi a” o più semplicemente “avvertire”.

Il latino in pubblicità è ovunque

icona, imago, logo, tabellaria, concept, mission, sponsor,

media, video, audio, digito, script, abstract

anche dove non te l’aspetti

press”, “stampa”, viene da “pressio”, il gesto dello stampare, esercitando “pressiones” che lasciano “impressiones”, diffuse da un “pressio agens”, volgarmente “press agent”.

Alla radice dell’imprinting inglese, c’è pur sempre l’imprimatur latino.

I primi consulenti pubblicitari, da cui deriva lessico e senso della pubblicità (insegne, campagne, conquista, consenso, colonizzazione) sono stati proprio i consules rei publicae,  i consoli romani, le legioni, l’esercito romano,  una grande macchina di conquista e comunicazione.

E questa è la parte rational (ratio).

La seconda lezione di pubblicità, la pars creans (creative), dove avviene l’irruzione dell’irrazionale, dovrebbe essere una lezione di etimo-filologia celto-gaelica antica, a proposito della parola “Slogan”.

Le legioni romane, che hanno sovrastato e assorbito ogni nazione italica, illirica, iberica, elvetica, gallica, germanica, pannonica, punica, britannica, si fermano davanti a una minuscola etnia, gli higlanders scozzesi:

il saggio Adriano costruisce un muro, il vallo di Adriano, per proteggere l’impero da questi ultra-barbaros dotati di un’arma formidabile:

lo slogan, sluagh-gheirm, letteralmente “l’urlo dei guerrieri morti”,

cioè il grido di battaglia, che viene dal cielo, dall’oltretomba,

si materializza nel tuono, entra nel cuore dei singoli come una scarica di corrente

e si trasforma in boato massivo, unisono, assordante, irresistibile, super significante.

Il mitico Canetti (in foto) lo spiegato perfettamente in “Massa e potere”:

“Alcuni popoli immaginano i loro morti o un numero limitato di essi, come esercito in lotta.

Presso i Celti degli Highlands scozzesi l’esercito dei morti è designato da una parola particolare: sluagh, che si traduce in inglese come spirit multitude, moltitudine di spiriti.

L’esercito dei morti vola di qua e di là in grandi nuvole, come gli storni sopra la faccia della terra. Essi tornano sempre sul luogo delle loro colpe terrestri.

Con le loro infallibili frecce avvelenate essi uccidono gatti, cani, pecore e armenti, combattono battaglie per l’aria, così come gli uomini in terra.

Nelle notti chiare e gelide si possono vedere e sentire i loro eserciti avanzare l’un contro l’altro e ritirarsi, ritirarsi e avanzare.

Dopo una battaglia il loro sangue tinge di rosso rocce e pietre.

 La parola ghairm, significa urlo, grido e sluagh-ghairm era il grido di battaglia dei morti.

Ne è derivata più tardi la parola slogan:

 la denominazione del grido di guerra delle masse moderne

deriva dall’esercito di morti delle Highlands.”

 Elias Canetti

 

ave tibi Francisco spolianti

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sfrancesco

finis terrae argentinae pontifex

a conclave conclamatus est Franciscus

ad verba nostra ferenda urbi et orbi

de volvenda et devolvenda curia romana

sicut  Franciscus noster indumenta sua spoliando

ave tibi Francisco fratri meo in terra

comiti in aethere

EGO VOS SUM

from extreme Argentina

Francis was acclaimed pope by conclave

to bring our words forward world wide

about turning and sharing roman church

like our Francis stripping himself

hello Francis my brother in earth

fellow on cloud

I’M YOU

imago: Giovan Battista Nodari, San Francesco d’Assisi si spoglia delle vesti,

olio su tela, 1902, Accademia Carrara, Bergamo

Bel Tramì

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Beltramì

Beltrami street, via Beltrami, con incipit in Marianna/colle aperto

e finish in S.Vigilio/Castagneta, nei primi anni Ottanta,

per noi liceali Bg-Bene aveva un senso ben preciso.

Parlo di due tempi Zundapp, Fantic, Ancillotti e Gori,

niente casco, niente specchietti, niente etilometri.

Beltrami Race era la nostra pista motard:

start da Wall Street (viale delle mura) derapage left a colle aperto,

ergo gas aperto con impennata plus  ante Marianna (niente rotonde),

inde su a cannone direzione cannoniera di San Marco, et coetera.

Poi una sera venne un tamarro da Mornico col Malanca,

quelle batoste che ti fanno crescere, stop alla Beltrami Race.

Pochi anni dopo, nel Minnesota, un’affascinante donna manager mi dice

Really you came from Bergamo, Italy, Beltrami?”.

Non può credere che io non sappia minimamente chi sia il Beltrami di via Beltrami.

The young Beltrami  dopo una giovinezza intensa dentro e fuori galera

in questa città e in questa Italia – oppressa dalla tirannia, oscurata dall’ignoranza

si innamora di una super nobile, Giulia qualcosa 3 cognomi, lo arrestano,

rischia di essere impiccato, fugge (Beltrami escaping) si fa Parigi, Londra, America.

A 42 anni prende una canoa e da solo risale 4000 km di Missisipi-Missouri

fino a scoprire le sorgenti (Beltrami explorer) scrive un dizionario sioux-inglese,

chiama Lago Giulia le sorgenti  (Il lago ha circa tre miglia di circonferenza: è fatto a forma di cuore e parla all’anima”)

ma soprattutto detta al ghost writer Fenimoor Cooper quella che sarà l’Eneide degli Americani, “L’ultimo dei mohicani” (Beltrami writer).

I monti e la contea del Minnesota prendono il suo nome (Beltrami Mountains, Beltrami County).

Lo stesso anno, in California, un ingegnere informatico indiano mi dice:

con canoa e ombrello, come software di navigazione e di protezione,

Beltrami è l’icona degli internauti.

Questo in America, quando da noi ancora il web non esisteva.

Poi una sera a Bergamo, bevendo martini con Gigi Lubrina,

giocando a titoli inediti, gli propongo un “Bel-Tramì”, eroe romantico, opera lirica tragica:

scopre nuovi mondi e antiche civiltà, ma nella sua città natale nessuno sa chi sia,

nemmeno i ragazzini che abitano nella via a lui intitolata. Una via del resto secondaria.

Tre martini dopo, il mio compagno di bevute dice:

E come vedresti un romanzo di fantascienza dal titolo

“2019: Bergamo capitale della cultura”!?

                 (testo prodotto da BaDante care&writing agency © 2013 

                  per CTRLmagazine; cover story n39 – marzo 2013,

                  in seguito alla richiesta di cui nel post: >

io sui totem ci piscio

imago: ritratto di Costantino Beltrami by Enrico Scuri, Accademia Carrara)

 

io sui totem ci piscio

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BelTramìOK

stamattina stavo pisciando su un totem di arredo-marketing urbano

quando la pedata è arrivata puntuale, dio uomo!, cai cai,

mi ero dimenticato che  sul totem della memoria non si piscia

(uno strano totem-pedana dedicato ad anna frank sdraiata,

il padrone aveva detto: non sono riusciti i nazisti a sdraiarla,

ci volevano i creativi del comune, tu comunque su anna frank non ci pisci)

così balzellon balzelloni ho arato due aiuole e ho finito di pisciare

sul totem 2019 Bergamo capitale della cultura

poi ho pisciato anche sul totem del Museo della Curia

quindi una sbroffatina sul totem della Gamec

e per finire, anche se non mi scappava più, vedendo un  nuovo totem

dedicato a un certo Costantino Beltrami a grandezza reale,

sono andato alla fontanella a bere per poi innaffiarlo,

e a quel punto mi sono preso una seconda pedata dal padrone,

e ho perso le staffe, e digrignato i denti, e allora il padrone ha detto:

pisciare sul Beltrami è come pisciare su un cane randagio!

Io non capivo bene il nesso, e tutto sommato non ero così interessato,

ormai la pedata avendola presa, invece il padrone “takes himself down”

(si e preso giù, lo so taduco da cani),

si è seduto sulla panchina, e ha iniziato a pontificare:

non devi pisciare sul Beltrami, uno che qui nella sua città

i preti l’hanno perseguitato e arrestato 

per le sue idee di uomo libero,

finché a 40 anni s’è rotto le scatole di questa città di bigotti,

ha attraversato l’oceano, ha preso una canoa, un ombrello,

e ha scoperto un nuovo mondo, e un’antica civiltà!

Io lo guardavo orecchie basse, occhio spento: Beltrami chi?

Ma lui, alzando la voce, aveva attirato l’attenzione

dl un vecchiaccio avvinazzato, di due studentelli di passaggio

e di una badante boliviana con tanto di cliente (carrozzina + alzheimer).

Ormai, avendo un pubblico, si era levato come un oratore:

Colombo avrà anche scoperto l’America, ma l’America del Nord

l’ha scoperta Beltrami, uno di Bergamo alta!

questo gli Americani lo sanno bene, a differenza dei bergamaschi, 

gli hanno intitolato le montagne da cui nasce il Mississipi, in America,

non un viottolo,  come hanno fatto qui, i suoi concittadini ingrati!

A quel punto come sempre si era radunata una piccola folla,

e il padrone è salito in piedi sulla panchina.

Con 200 anni di ritardo mettono il totem per far conoscere il Beltrami!

E non sanno nemmeno che il totem l’ha fatto conoscere il Beltrami!

Beltrami è stato il primo indiano metropolitano della storia!

A quel punto i due ragazzini che stavano ascoltando il padrone blaterare

gli hanno chiesto di scrivere la storia del Beltrami per il loro giornalino CTRL.

Finalmente il padrone si è calmato, è sceso dalla panchina, ha detto:

ma certo, mi sembra proprio una bella idea, ve la scrivo stanotte,

e domani ve la mando, la vera storia di un grande incompreso!

Ma lo sapete voi che il Beltrami è il vero autore de “l’ultimo dei mohicani”

che sarebbe l’Eneide degli Americani?  Altro che Bill Gates e Steve Jobs!

Costantino Beltrami!

Nel frattempo io per sbaglio stavo di nuovo pisciando sull’anna frank sdraiata,

e quasi ci rimetto la zampa, perché un pischello lanciato su MBX

l’ha presa per un trampolino, dio bambino!

                                                                                       Upper Dog 

NB: la vera storia del Beltrami, domani su BaDante e CTRL magazine

> imago: copertina n39 di CTRL magazine

http://issuu.com/ctrl/docs/ctrl-number39

http://www.facebook.com/CTRLmagazine

contributo iper fascista al manifesto turbo comunista

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mas

Pubblichiamo con riserva il discusso paragrafo X

(contributo iper fascista al manifesto turbo comunista,

v. Lenin, dittautura del proletariato):

X – Camerati vi ricordo di osare sempre

vi chiamo a riconoscere l’ipocrisia la falsità la doppiezza

di ogni azione sistema legge di questo nostro mondo

ormai del tutto privo di onore bellezza coraggio audacia

a questo punto bisogna essere iperfascisti è chiaro camerati

altra via non c’è per districare il fascismo globale per sfasciarlo

occorre riprendere in mano i rami le redini i nervi della nostra vita del nostro esistere

i nostri sensi, la nostra anima, le cose, il corpo, il tempo, lo spirito,

occorre ritrovare il fascio di muscoli il fascio di luce il fascio antico,

il fascino riproduttore, la verga, l’organo,  è questa la verità camerati,

l’uomo moderno privo di naso d’anima di tatto e di gusto

è un uomo che vive e ragiona col mouse col wireless col telecomando,

l’uomo antico invece ragiona con la pancia con i tre organi – cuore, cervello, cazzo –

con i cinque sensi – con la scheda madre, l’imprinting materno, con l’istinto della vita,

col processore, con la memoria, col codice inviolabile,  col programma base:

vivere, e anche morire, senza la morte non è vita, camerati, è questa la verità,

se tu togli la morte, la vita diventa mortale,  è questo il fatto, e non è una novità,

è lo stile, il segno, la cifra dell’esistere occidentale moderno da duemila anni,

è l’utopia di sconfiggere la morte, lottare contro la morte:

ma la miseria, la bassezza di esserci ridotti a lottare contro la morte corporale,

è questo il fatto, camerati, la nostra lotta deve innanzi tutto essere

una lotta contro la morte dello spirito, la morte dell’anima,

e questa lotta, questa battaglia, camerati, l’abbiamo già persa, è questa la verità.