requiem per il design

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furnituredesign

incontro Enrico Baleri per caso davanti bar Duse, io sono sono con Matteo e Nicola di CTRL magazine, lui è appena stato al salone del mobile ed è un fiume in piena: questo testo è la trascrizione più o meno fedele delle sue parole:

come sempre vado al salone del mobile con lo spirito di uno studente, con le migliori aspettative, in cerca di segni, emozioni, immagini,

ma alla mia età, con i miei trascorsi, sono vaccinato, non cerco le facili illusioni, le scenografie spettacolari,  ma guardo in profondità, con attenzione,

sono poche le aziende che hanno qualcosa da dire, in grado di indirizzare il mercato e il gusto con prodotti veri, autentici.

La prima tendenza si rivela subito, e parlo delle aziende che possono vantare una grande storia, come Knoll International, che mettono in mostra il passato, i grandi must, i prodotti evergreen, la grande qualità, la grande correttezza e pulizia formale – e funzionale – di architetti/designer come Eames, Van de Rohe, Saarinen;

quasi un passo indietro, un conservatorismo a ritroso, come a dire che il grande design, che ha ancora un futuro, non è il made in Italy nato negli anni Sessanta, ma ciò che è venuto prima, e l’ha reso possibile, e ciè il furniture design americano anni Quaranta e Cinquanta.

Dietro a questi giganti, o sulle loro spalle, ecco la pletora, la massa di marchi e prodotti ripetitivi, banali, che replicano stilemi abusati, senza più significato, oggetti commerciali, vuoti, senz’anima nè valore, e nemmeno brutti, ma tristemente banali.

Infine, la grandeur per conto terzi di quei marchi, come Kartell, che si sono messi a fare mobili per i nuovi ricchi, arabi, russi o asiatici, e di fatto sono caduti nel trabocchetto storico,

e assecondano pedissequamente il cattivo gusto di questo nuovo pubblico internazionale, lusso, lusso, e ancora lusso, esibito, esibito, e ancora più esibito, di fatto svalutando quei valori che hanno reso desiderabile il  made in Italy: autenticità, semplicità, eleganza, poesia.

Scelte dettate da facili appetiti finanziari, con esiti forse positivi sui bilanci di fine anno, ma certamente nefasti sul lungo periodo.

Peggio dei prodotti, la cornice, gli spazi, gli allestimenti: pesanti, arroganti, volgari, psicologicamente deprimenti, segni di un ambiente bulimico, sovraccarico, dove i prodotti annegano nelle scenografie, e le forme, i colori, i materiali fanno rumore.

Queste grandi scenografie, vuote e pompose, mi danno da pensare, mi fanno pensare al vizio di fondo del made in Italy, originario, coevo al furniture design americano degli anni quaranta: e dico le scenografie di cartone dell’italia mussoliniana, i grandi eventi montati da grandi architetture effimere, fatti per stupire, colpire, secondo logiche teatrali.

La verità è che in tutte queste realtà mancano le figure chiave, gli imprenditori, soggetti capaci di assumersi responsabilità, rischi, mossi da ambizioni, convinzioni.

Al loro posto ecco i top manager, gli uomini del break even, da sempre vanamente in cerca di un metodo per calcolare la redditività della creatività…

Torno a casa spossato, piuttosto nauseato, inquinato da impressioni negative.

L’indicazione dei master brand, presentare il passato, non è altro che un ripiego intelletuale.

La tendenza main, la copia servile, è un refrain commerciale già visto.

La voga ultra kitch, condita da sarcasmo servile, è il vero requiem del design.

Photo: il team dei designer Knoll anni 40-50

Industria Madre

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confindustria

> intendiamo restituire un’accezione positiva generale, nuova e antica, alla parola stessa “industria”, parola latina e dunque internazionale, progressivamente associata a significati sempre più negativi per l’uomo e l’ambiente, in opposizione a natura, biologia, sostenibilità.

> per questo creiamo INDUSTRIA MADRE  come nuova espressione rivoluzionaria, una nuova piattaforma operativa, un nuovo modello di filiera per la creazione eco sostenibile o la riconversione di insediamenti industriali, ovvero industrie che non solo non inquinano, ma migliorano l’ambiente, l’economia, la qualità della vita con nuovi prodotti naturali sostituitivi della plastica.

> a 5 lustri dal brevetto del bergamasco Natta che ha “inventato” la plastica, in un territorio-distretto specializzato nelle lavorazioni plastiche,

in un’epoca di scelte radicali per un’economia sostenibile, riconosciamo che la madre di ogni possibile industria futura è la terra.

> chiamiamo INDUSTRIA MADRE un nuovo modello di insediamento industriale  in grado di avere immediato consenso di media, operatori, consumatori tendenzialmente ostili o rassegnati al declino della civiltà industriale.

> INDUSTRIA MADRE è un insediamento bio-industriale a impatto e km zero, per  la trasformazione di energia solare e fibre vegetali locali in materiali biodegradabili e prodotti eco-compatibili sostitutivi di prodotti e materiali derivati dalla plastica, in ogni settore di largo consumo (packaging alimentare, abbigliamento, arredamento, edilizia)

> tessile, edilizia, plastica, agroalimentare: tre di questi quattro settori sono oggi in crisi strutturale-d’identità. Il quarto, l’agroalimentare, deve avere la capacità di riconvertire a sé gli altri tre.

> la terra, madre di ogni vera industria, ci suggerisce la riconversione dell’industria della plastica in  bio-industria per produrre nuovi materiali e prodotti sostitutivi della plastica e delle fibre sintetiche nei settori dell’eco-tessile, della bio-edilizia e del bio-packaging alimentare.

> INDUSTRIA MADRE è un insediamento bio-industriale inserito in modo organico e sinergico in un ambito di trasformazione più ampio: tutti i materiali e i prodotti derivano da coltura a rotazione di mais e canapa nell’ambito territoriale; tutte le funzioni/servizi sono orientati al benessere  della persona e alla diffusione di una nuova coscienza sociale e ambientale

INDUSTRIA MADRE è un polo-struttura nel quale prodotti e servizi di nuovo benessere sono organizzati in 4 organi/funzioni (aree/edifici):

A produzione > B vendita  > C ospitalità  > D ricerca (lab, factory, store, host)

Un eco-eco/sistema che affronta la crisi e il crollo dell’impero con aggregazioni basiche, molecolari, di bisogni e opportunità.

LAB > un centro ricerca che studia, sperimenta e brevetta materie prime, derivati e prodotti in fibre vegetali canapa/mais + un ufficio commerciale per la promozione e diffusione del modello di riconversione e dei suoi prodotti: immagine, comunicazione, copyright web-reputation, e-commerce

FACTORY > tre reparti di bio-produzione di materie prime e derivati (canapa tessile, materB, paglia edilizia) e prodotti (t-shirt, felpe e biancheria in canapa naturale 100%; food packaging – pellicole, sacchetti, vaschette – e food accessories – piatti, bicchieri, posate – in materB 100%; coperture e pannelli fonoassorbenti e termoisolanti in paglia 100% bio-edilizia)  biodegrdabile;

STORE > uno spazio vendita aperto al pubblico – dal produttore al consumatore – per la vendita di:

materie prime: fibre vegetali da coltivazioni bio di canapa tessile e mais, prodotte in loco (ambito di trasformazione) o da fornitori a km/equo (0-50 km)

prodotti da mais > packaging alimentare (sostitutivo di sacchetti, piatti, bicchieri, vaschette plastica/polistirolo)

prodotti da canapa > abbigliamento sportivo (t-shirt, felpe) e della salute, biancheria, tessuti per arredamento/tappezz

prodotti da mais e canapa> biopaglia edilizia: sostitutiva di coperture eternit e pareti fono/assorbenti e termo/isolanti in polistirolo/polimeri in ogni tipologia edilizia.

HOST > struttura ricettiva per la ristorazione e l’alloggio.

> struttura/numeri dell’insediamento tipo: 3 officine bio-industriali 3 laboratori ricerca e sviluppo 3 negozi prodotti eco-eccellenza 1 bar-ristorante prodotti bio territorio 1 casa di riposo – residence – ostello  30 squadre-team 4-5 persone, piccole aziende “esemplari” – 150 posti lavoro settori innovazione-ambiente,

Utenti: 50000 consumatori consapevoli/evoluti presenti sul territorio a km “serenissimo” (0-50 km) interessati ai prodotti/servizi  industria madre; 5000 aziende, artigiani, commercianti, addetti ai lavori presenti sul territorio a km “serenissimo” (0-50 km) interessati al know-how, licenze, materie prime  industria madre.

Coraggio, Confindustria!

(INDUSTRIA MADRE è un progetto copyright CalepioPress 2014)

> Appendice: approfondimenti/schede:

Canapa, un’alternativa ecologica

Quasi tutti i materiali e prodotti inquinanti che ci circondano potrebbero essere sostituiti da derivati naturali dallacanapa:

Alimentazione. Olio di canapa, con una percentuale ottima dei preziosi acidi grassi omega 3 e omega 6. Semi di canapa (da cui si ricava anche la farina) ricchissimi in proteine, vitamine e minerali. Birra. Bibite energetiche. Alternative alla petrolchimica. Solventi non inquinanti per le vernici. Carrozzerie per auto. Plastiche resistenti ma biodegradabili.

Carta per giornali e libri. Prodotti durevoli e resistenti, con rese in fibra per ettaro 4 volte superiori a quella di alberi da cellulosa.

Bioedilizia. Sostituzione non tossica di cemento (il canapolo dagli scarti), mattoni, legno, intonaco, materiali isolanti.

Energia. Si può gassificare lo scarto degli steli per alimentare generatori. L’etanolo di canapa può alimentare motori a scoppio.

Fibre tessili. Tessuti resistenti e sani per i capi di abbigliamento e l’arredo per la casa. Storici le vele, i cordami, le tele per dipingere.

Igiene. Fitocosmesi, saponi, dentifrici.

Medicina. Dalla canapa si estrasse il primo analgesico. La cannabis ha valore terapeutico per molte malattie.

Protezione del suolo. Fitodepurazione dei terreni contaminati da metalli pesanti, fertilizzante e antierosiva. Coltivabile in modo ecologico.

CANAPA TESSILE: La canapa è una fibra naturale, 100% riciclabile, i tessuti ottenuti dalla fibra di canapa sono molto morbidi e piacevoli al tatto. La canapa viene coltivata senza l’ uso di pesticidi e con una quantità moderata di acqua, estremamente inferiore a quella utilizzata nelle colture di cotone.

Rispetto al cotone è cinque volte più resistente: una felpa di canapa dura più a lungo di una felpa di cotone, non teme i lavaggi e non sgualcisce facilmente. Per la sua stessa struttura la fibra di canapa ripara efficacemente dal freddo e dall’eccesso di calore: vestirsi di canapa significa stare caldi d’inverno e freschi d’estate. Morbida, traspirante e confortevole, la fibra di canapa è ottima per la regolazione termica e per l’assorbimento del sudore.

La canapa è inattaccabile da acari, muffe, funghi e tarme; è anallergica e inoltre non conduce energia elettrica per cui non si carica di elettricità statica. La non tossicità dei tessuti fa sì che gli indumenti in canapa biologica siano altamente tollerati anche da chi ha problemi dermatologici di allergie o ipersensibilità ai trattamenti chimici cui sono sottoposti i tessuti “convenzionali” che normalmente utilizziamo, o più semplicemente persone che risentono della scarsa traspirazione della pelle vestita di fibre sintetiche (problema spesso sentito, ad esempio, dalle “taglie forti”).

MAIS – MATER B:  La bioplastica è un tipo di plastica biodegradabile in quanto derivante da materie prime vegetali rinnovabili annualmente. Il tempo di decomposizione è di qualche mese in compostaggio contro i 1000 anni richiesti dalle materie plastiche sintetiche derivate dal petrolio.

La bioplastica, in agricoltura per la pacciamatura sotto forma di biotelo, risolve il problema dello smaltimento in quanto la pellicola è lasciata a decomporsi naturalmente sul terreno.

Riduce gli oneri di gestione dei rifiuti nel caso in cui i materiali bio inizino a sostituire vetro, plastiche e rifiuti riciclabili; ovvero nel caso in cui produttori di generi alimentari utilizzino materiali bio per gli imballaggi e i produttori di plastiche immettano in commercio plastiche biodegradabili. Ciò consente di diminuire i contenitori dei rifiuti sul territorio  e i costi logistici di deposito.

Producibilità di concime in quanto la sostanza è fertilizzante. Ad esempio, la frazione umida dei rifiuti casalinghi può essere raccolta in sacchetti di bioplastica, e messa in compostiera.

Minori emissioni di fumi tossici nel caso di incenerimento.

Igiene dei contenitori alimentari: in particolare le bevande corrodono col trascorrere del tempo parti della confezione e assorbono sostanze nocive di cui è composto il contenitore (ad esempio, acqua minerale col PET, bibite in lattina). Per questo motivo (evitare il contatto con le sostanze del contenitore), più che per una scadenza della bevanda, è prevista una data di scadenza delle confezioni; nel caso di contenitori bio, nel caso peggiore la bevanda assorbirebbe degli amidi, sostanze non tossiche, che le toglierebbero sapore senza creare però pericoli di intossicazione.

È un’alternativa a riciclaggio e reimpiego senza compiti ulteriori per i consumatori: i rifiuti bio teoricamente possono essere depositati tutti in discarica, data la loro rapida biodegradabilità.

 L’impatto ambientale di tale scelta di smaltimento è inferiore sia alla termovalorizzazione di rifiuti bio, sia al compostaggio, in termini di energia richiesta ed emissioni dei processi.

BIO PAGLIA – edilpaglia:  6 buoni motivi

1 efficienza energ La paglia è un sottoprodotto della produzione dei cereali; non occorre quindi dispendio di energia per produrla. Così come il legno, la paglia è una sequestratrice di CO2 e permette quindi di sottrarre anidride carbonica all’atmosfera.

2 isol termico Le murature in balle di paglia provvedono ad un ottimo isolamento termico che è quasi tre volte quello normalmente richiesto per edifici costruiti con materiali convenzionali; la trasmittanza termica è dell’ordine di 0.039-0.045 W/mK, è quindi possibile ottenere prestazioni termiche da edificio passivo.
Inoltre, grazie al minimo fabbisogno energetico si hanno bassissime emissioni nocive.

3 trasp Le murature in balle di paglia intonacate in terra cruda e calce sono altamente traspiranti e consentono il passaggio del vapore dall’interno verso l’esterno; si evitano così la formazione di umidità e condensa all’interno dell’edificio.

4 portante: e balle di paglia possono anche da sole costituire la struttura portante dell’edificio (tipologia “Load Bearing” vedi nella sezione tecniche costruttive) perché le murature in balle di paglia compresse hanno la capacità di portare i carichi relativi ad edifici di 2-3 piani fuori terra.
Al momento in cui scriviamo (giugno 2012), tuttavia, le Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) italiane non prevedono l’utilizzo della paglia come materiale portante.

5sismico: Una casa con murature in balle di paglia ha un ottimo comportamento sotto l’azione del sisma. Il sisma infatti eccita le masse dell’edificio ed essendo un edificio costruito in balle di paglia estremamente più leggero di un edificio convenzionale, le forze in gioco risultano essere inferiori. Inoltre una casa costruita in balle di paglia è molto flessibile e come tale “si sottrae” al terremoto. È un po’ come abitare in una casa di gomma che con il terremoto si deforma ma non crolla.

6 semplicità Una casa in balle di paglia è semplice da costruire – ancorché non banale – e si adatta molto bene all’autocostruzione. Costruire la propria casa con l’aiuto di amici e parenti può essere un’esperienza entusiasmante e di grande crescita personale per tutti coloro che sono coinvolti.

 

 

qui mio nonno mi disse che suo nonno…

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vvvv

salendo la scala del condannato dal convento di San Francesco alla Rocca, al gradino 75/100 si prenda il cancellino a sinistra, e dopo 20 metri ci si trova qui, ai piedi della Rocca, bastione esterno nord-est:

in questo luogo, mi disse mio nonno 40 anni fa, suo nonno (cioè il mio trisavolo) insieme ad altri volontari, al comando del 25enne Gabriele Camozzi, aveva combattuto nella primavera del 1849, assediando ed espugnando la rocca,

quando, a causa della “politica” piemontese, Bergamo fu “restituita” agli austriaci, molti di quei ragazzi furono incarcerati in san francesco e in seguito fucilati in rocca,

questo fino a qualche anno fa era anche l’accesso al bosco faunistico,

scendendo a sinistra attraverso un percorso fantastico, tuttora praticabile, tra scalette di pietra e terrazze panoramiche immerse nel verde,  si raggiunge dapprima il terzo chiostro del convento, dove d’estate si bevono gli aperitivi, poi l’uscita dal convitto su via s.lorenzo, all’altezza di via tassis,

invece, il sentiero di destra conduce alla frana-voragine, che ha preso il posto del parco-bosco, che era il polmone verde di città alta, e attraverso un sentiero nel sottobosco univa la fara alla rocca,

quel giorno con mio nonno doveva essere autunno, ricordo il sentiero come un tappeto di foglie gialle e rosse,

oggi di quel sentiero restano questi venti metri, che ho pietosamente ripulito dall’immondizia prima di scattare la foto

la turbo fiaba accademia carrara

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nuova esilarante puntata della turbofiaba “Accademia Carrara” su l’eco di oggi:

sunto delle puntate precedenti: edificio solidissimo, tra i massimi musei d’arte italiani, la Pinacoteca dell’Accademia Carrara è chiusa da giungo 2008 per “lavori di messa a norma impianti” che dovevano durare sei mesi, massimo nove,

ma ogni sei mesi da orami 7 anni si annuncia trionfalmente che la data di apertura slitterà di sei mesi (per fare i lavori meglio), e al contempo si annuncia trionfalmente qualche altra spesa collaterale (come il nuovo sito, il nuovo logo, etc)

puntata di oggi: l’eco annuncia la riapertura per marzo 2015 (vedi articolo) ma nel titolo dell’articolo stesso siamo già slittati a maggio 2015!

In questi lapsus, l’eco rivela la presenza di Dio.

Nell’articolo, da sbellicarsi, da “opera comique” le dichiarazioni triumph di sindaco e assess. Nemmeno hitler a berlino o napo3 a parigi si sono lasciati andare così quando hanno rifatto la città in pochi anni!

Autorevoli voci dall’interno riferiscono invece cose scabrosissime: ad esempio che le pareti sono state trattate in modo tale che risulta impossibile appendere quadri alle pareti! Tutto da rifare!

Intanto i totem cultura BG2019 (100 in città, a 500 euro l’uno, dicunt) scaduti da sei mesi, sono stati sostituiti dai nuovi totem EXPO 2015, altrettanto insensati (pubblicizzano un museo chiuso) con lo slogan che mi sembra invece perfetto: “Accademia Carrara – Una storia che racconterai”

Su questo, non ci piove. Come ho detto, il titolo è: “la turbofiaba Accademia Carrara”

Nelle ph. reuters-postini qui sopra e qui sotto: l’eco di oggi e il totem di domani

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frau heineken dolens in Italy

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heineken-champions-league-arrival-large-7

nello spot dell’heineken, trasmesso prima, durante e dopo le partite di calcio in tv, vediamo un giovane uomo che arriva di corsa alla stadio last minute, salta le transenne, entra sparato, si siede vicino alla bella donna che gli tiene il posto, e insieme si sbevazzano una heineken:

nella realtà oggi in italia bere alcolici allo stadio è ultra-vietato,

perfino tutti i pubblici esercizi, gli alimentari e i supermercati nel raggio di tot km dallo stadio non possono vendere alcolici il giorno della partita,

e se anche solo osi immaginare di entrare allo stadio con una bevanda alcolica (con una bottiglietta di vetro addirittura!) ti blindano seduta stante, ti portano in questura, ti affibbiano un provvedimento di nome “DASPO”, acronimo di Divieto Accesso Spettacoli Sportivi (versione urban contemporary delll’antico ostracismo ateniese) per cui allo stadio non ci vai più per anni,

e allora, cosa mi sta dicendo la heineken, e cosa mi sta dicendo la tv, e lo stato, quale di questi soggetti è più ipocrita, quale più autorevole, a chi devo obbedire, ai divieti di legge nazionale o agli imperativi di una multinazionale?

(… il messaggio vero è uno solo, e piuttosto deprimente: non andare allo stadio, stai a casa, guarda le partite in tv, telecomando in una mano, birra nell’altra. 

E immagina di essere allo stadio, in buona compagnia, con una buona birra.

Vietano cose che poi ci chiedono di immaginare, per venderci feticci.  

Il calcio, come ogni spettacolo di regime, in realtà teme il proprio stesso pubblico.

tratto da Sean Blazer, “Lo stile italiano”, cap.VII  “La società dello spettacolo nella sua fase ultima, l’ipocrisia conclamata”, Calepio Press 2015) 

2 libri 1 erezione

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> primo libro, a destra: La dolce calamita, Antonio Baldini, ediz. Sellerio 1992 (prima ediz. Longanesi, 1929) racconti di attrazioni erotiche verso donne di marmo (come Ilaria del Carretto e Paolina Borghese), con disegni di Giorgio Morandi,

nella postfaz Mario Praz si chiede: tra tutte le fantasie romantiche stranissima m’è parsa sempre quella dell’amor delle statue:

ché se il divenir marmo è l’effetto ultimo del non amare, come potrebbe l’essere marmo funger da causa d’innamoramento?

Nel testo, l’autore risponde: Paolina, fatti in là, dammi un po’ del tuo fresco giaciglio…

> secondo libro, a sinistra: La sacra sessualità, Salvatore Brizzi, ediz. Arte di Essere 2013: se la donna si masturba frequentemente pensando a un uomo che le interessa, con il preciso intento di attirarlo a sé,

l’eccitamento della sua “coppa magica” produce un “turbine astrale” magneticamente passivo alla polarità del maschio, e quindi capace di calamitarlo a sé.

>  1 erezione: se hai attrazione per una statua, che magari ha 200 anni, significa che quella statua si masturba da 200 anni pensando a te.

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morituri te salutant ex bergomi scaliis

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ScalettCondannato

100 gradini, la scaletta del condannato, che permette l’accesso diretto alla rocca di bergamo dal sottostante chiostro di san francesco,

cosiddetta perchè da qui sono passati i martiri del risorgimento, incarcerati in san francesco, e giustiziati in rocca,

la scaletta più significativa di bergamo alta, inaccessibile da anni (causa parcheggio-frana)

potrebbe, dovrebbe essere valorizzata come il nostro “ponte dei sospiri”,

potrebbe, dovrebbe essere il fulcro di un percorso museale-turistico logico, funzionale, tra le due aree dl museo storico, attualmente separate, con ingressi lontani, mentre storicamente sono un unico complesso,

il museo storico della città è un piccolo miracolo di efficienza, risulta tra i migliori d’italia per offerta di servizi didattici alle scuole, eppure si trova ad operare con questa assurda frattura, inconcepibile,

come se le scale interne dell’oriocenter fossero chiuse da 5 anni, e per andare da un piano all’altro si dovessero percorrere ogni volta due chilometri per raggiungere i rispettivi ingressi posti su lati opposti, te l’immagini?

eppure questi amministratori sono gli stessi che intendevano gestire la cultura come un business!

dalla scaletta del condannato si può “ammirare”, sulla sinistra salendo,  la voragine-frana ex bosco faunistico, che ha minato la stabilità di tutta l’acropoli-rocca,

sul banco degli imputati, metto la giunta veneziani, che ha concepito il progetto del parcheggio sotto la rocca, la giunta bruni, che l’ha messo in opera (fingendo di non poterlo evitare, e non era vero, e oggi lo sappiamo), la giunta tentorio, che non ha fatto niente in 5 anni,  e anche la prossima giunta, quale che sia, dal momento che nessuno dei candidati sindaci ha sinora speso 1 parola sulla questione della rocca!

Questa scaletta è la scaletta simbolo dell’insipienza municipale bi-partisan, è il simbolo di un incredibile patrimonio storico-architettonico incredibilmente inutilizzato e mandato in rovina,

questo cancello chiuso è il simbolo di tutti i passaggi chiusi, le scalette, i camminamenti, i cortili che se aperti e curati renderebbero bergamo alta un modello unico di città storica,

e penso anche al viale delle mura, terrazza dell’umanità, ridotta a inutile strada asfaltata,

e penso soprattutto alle piazze più belle di città alta, mercato del fieno, rosate, mascheroni, angelini, utilizzate come parcheggi!

per 1 piazza usata come piazza (vecchia) ne abbiamo 4, di valore storico-architettonico e scenografico pari o superiore, adibite a parcheggi!

bergamo alta potrebbe ospitare con più senso, qualità e vantaggi per tutti il triplo delle persone che oggi si accalcano nell’unico percorso pedonale, la corsarola-colleoni, utilizzata come una qualsiasi galleria commerciale, mentre intorno ci sono aree enormi precluse alla fruizione di cittadini e visitatori (ex carceri s.agata, parco rocca, seminario, più tutte le piazze-parcheggio suddette)

davvero non mi capacito di come pensassero di fare la capitale culturale con le app e i totem, con tutto quello che ci sarebbe da fare!

Per riaprire questa scaletta, questo cancello, cosa serve, la maggioranza di destra, di sinistra, la sovrintendenza, l’ordine degli architetti, la curia, le banche, l’università, l’ascom, confindustria, o basta una tenaglia, una spallata?

morituri te salutant lectorem historiae ignarum

hac olim pro patria martires scalas ascendebant

ex sancti francisci carcere ad arcem capite damnati

hodie situs oblitus et derelictus ita ut patrum memoria

ergo damnatus sit iniuriis et contumeliis bergomi civis primus

nisi hoc sacer aditus patefactus et transitus fas statim erit ut semper fuit

coloro che vanno a morire ti salutano lettore ignaro della storia

per di qua un tempo i martiri condannati a morte salivano i gradini dal carcere-chiostro di san francesco alla rocca

oggi è un luogo dimenticato e abbandonato così come la memoria dei padri,

perciò sia dannato alle offese e agli insulti il sindaco di bergamo se questo sacro ingresso non sarà subito accessibile e aperto come è sempre stato

(ph CalepioPress: la scaletta del condannato, Bergamo, 100 gradini tra il chiostro di San Francesco e la Rocca)

 

 

prometti le mani

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In occasione della grande mostra dedicata a Enrico Prometti, le parole di suo figlio Vania:

I viaggi, le liti, l’Africa, la pietra, le mani, il lavoro, la voce: mio padre è nelle mie viscere, come faccio a raccontarti un episodio, a parlarti di un lavoro, di un’opera?

Se comincio a parlarti di mio padre  posso andare avanti tutta la vita, posso ripeterti tutte le parole che gli ho sentito dire,  e non perché io sia un mostro di memoria,  ma perché lui diceva cose che ti restavano impresse, vere, umane, forti,

come i gesti, i segni che faceva e lasciava lavorando ogni cosa, ogni materia, con le mani, con quelle mani sempre all’opera, continuamente, tanto che nel tempo le sue mani per me, e per quelli che lo conoscevano, sono diventate un’opera a rovescio, stratificata, impressa, incredibile,

la summa delle sue opere, l’opera suprema, le sue mani.

Nelle sue mani c’era tutto il suo tempo, i suoi lavori, quarant’anni di arte contemporanea tracciata sui suoi palmi, avevano dentro colori, pigmenti, polveri, fibre, ustioni, abrasioni,

queste mani colpivano tutti, dicevano tutto, e tutti, che fossero bambini,colleghi, manovali, cameriere o stregoni, capivano cosa c’era in quelle mani.

Un suo schiaffo ti metteva a posto per sempre, e con la sua disciplina totale ti insegnava la libertà totale, ma queste cose le capivi dopo, naturalmente.

Con quelle mani “fabbrili”, a un certo punto mio padre poteva prendere a schiaffi chiunque, moralmente, socialmente, senza nemmeno fare il gesto, parlavano da sole.

Oggi, tutti quelli che hanno avuto a che fare con quelle mani, sia quelli che da mio padre le hanno prese, fisicamente, o psicologicamente, sia quelli che da lui hanno preso, idee, stimoli, sia quelli ai quali lui ha preso, che siano figli, istituzioni, amici, collezionisti, colleghi, discepoli, che lo abbiano amato, odiato, invidiato, disprezzato, umiliato, osannato, o che siano stati da lui trascurati, offesi, dimenticati, annichiliti, sbeffeggiati, tutti sono d’accordo  su un dato: la statura umana e artistica di Enrico Prometti,

tutti sono  consapevoli di aver incontrato un grande uomo e un artista vero, incarnati  nella stessa persona, un figura in estinzione, un grande maestro.

Come tutti i grandi maestri, non ha mai avuto allievi, né maestri, ma in un certo senso aveva tutti gli uomini venuti prima di lui come maestri, e tutti quelli venuti dopo come allievi.

La sua lezione non ha problemi di attualità, opportunità, successo: è una bomba caduta in giardino, pronta a esplodere, a scheggiare e contagiare di sana follia persone e ambienti malati di insano raziocinio,

inutile resistere, fingere indifferenza, Enrico Prometti ti chiama, e non al telefono, e ti dice: guarda e ascolta, crea e distruggi.

testo raccolto 2011 da Leone Belotti, ph. by Benedetto Zonca

http://enricoprometti.it/

quel cane del grafico

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caalepioLion2014

dalle remote lande della terra di obliquid,

Benedetto Zonca mi manda un lavoro fatto dal suo cane, il Pepe lab (lab sta per labrador, già art director di alcune pubblicazioni Calepio Press)

L’esercitazione prevedeva la realizzazione del restyling del logo Calepio Press.

La lavorazione ha seguito questo procedimento:

dopo che l’operatore umano (lo Zonca) ha pre-selezionato alcune immagini di “leone ruggente”, il Pepe lab, dotato di mouse sottozampa wireless, ha selezionato l’immagine da utilizzare;

lo stesso procedimento si è ripetuto per scegliere il carattere tipografico, e lo sfondo.

Questa tecnica di lavorazione, presto una app, denominata “quel cane del grafico”, risulta perfetta per chi desideri una grafica veramente bestiale.

Per lavori bestiali by Pepe lab, contact l’operatore umano benedetto@obliquid.it

#guardiamoavanti enel energia sporca

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Enel_guardiamo_avanti_nuovo_spot_Marzo_2014

> in tv, la nuova campagna, il nuovo spot dell’enel, #guardiamoavanti,

quasi poetico e coinvolgente, una scossa rivolta ai giovani, una carica di passione civile e orgoglio personale, con un messaggio chiarissimo: non serve la nostalgia, serve l’energia,

> nel mondo reale, in concomitanza a questo spot, enel energia sta di fatto accalappiando la meglio gioventù d’italia con lavori sporchi di porta a porta (svolti da società terze)

lavori in apparenza energetici (con musica disco la mattina in ufficio prima di partire per il giro)

e una serie di metodi truffa prima per irretire i collaboratori (sul tipo di lavoro e sul modo del compenso)

e poi per far firmare col metodo astuzia&arroganza contratti alla povera gente (pensionati in primis)

> In questo modo l’energia dei giovani viene inquinata, soffocata, perduta. E viene la nostalgia (e il desiderio) di un paese con un’energia più pulita.