fissiamo un incontro

play this post

Pietro_Longhi_003

(riferitami dal vecchio monsignore come “barzelletta da prete” che circola in Curia, ma il baDante sente puzza di verità!)

un romano, una milanese e due canadesi sono chiamati a organizzare Bergamo2019

allora convocano un vecchio prete del posto e gli chiedono quali siano i nomi culturalmente più significativi della città.

Il vecchio prete comincia: il Tiraboschi, il Mascheroni, il Quarenghi…

La milanese prende nota, poi chiama la sua assistente e le passa i nomi:

“Contattali al più presto, fissiamo un incontro…”

(imago: Pietro Longhi, la visita alla dama, 1746, Metropolitan, New York)

al volante della macchina da scrivere

play this post

vechciopat4

26

si, d’accordo, ero distratto, ho bruciato lo stop,

e il tizio ha dovuto fare un’inchiodata al limite,

l’ho visto fremere, agitarsi, infuriarsi, bestemmiare,

così mi sono scusato con la mano, ma lui mi si è affiancato con rabbia,

urlandomi testa di, vai a fare in, vai a prenderlo in, poi mi ha superato,

e allora ho visto l’adesivo sul lunotto: vettura di cortesia;

34

gli occhi delle macchine una volta erano enormi, rotondi, spesso tristi,

poi rettangolari, inespressivi, e quindi trapezoidali, ammiccanti,

oggi potrebbero essere piccolissimi, quasi invisibili, ma poi l’auto

sembrerebbe cieca, e allora si sono rimessi a farli grandi, come occhi;

37

lo psicanalista junghiano al bar mi parlava di regressus ad uterum,

l’abitacolo dell’auto come bozzolo, cuccia, cocoon, ventre materno,

io intanto pensavo alle tette da balia, che non si vedono più, le tette da latte;

poi lui ha finito parlando di “uomini avvinghiati ore e ore dentro gusci di latta”

e io, serio: “ha ragione, dottore, abbiamo sempre bisogno di essere allattati”;

42

usare la BMW cabrio della fidanzata Bergamo Bene come fosse mia,

potevo anche accettarlo, ma indossare quelle ridicole Car Shoe suole puntinate che quell’anno erano un must, questo no, e mentre discutevamo, ed eravamo

a un tavolino della Marianna, ecco arrivare rombando una Ferrari cabrio,

e un biondo al volante che balza fuori atletico: è Claudio Caniggia, a piedi nudi!

44

da decenni il vecchio parroco non si muoveva dal paesino, quel giorno

lo accompagnai a Milano in macchina, e sulla A4, vedendo un furgone di edili superare furiosamente a destra un’auto blu, mi disse: magut non è dialetto,

Mag-Ut è latino, è “magister ut” abbreviato, colui che sa e fa di più, un maestro,

mentre il ministro, “minister ut”, è quello che sa e fa il minimo, cioè un Min-Ut;

46

a volte fanno swish swish, a volte flap flap, a volte scretch scretch, i tergicristalli

sembrano tutti uguali, ma sono tutti impercettibilmente diversi, e costosi,

cambiarli è facilissimo, una mollettina e una forcina, un lavoro da un minuto,

ma dopo mezz’ora di bestemmie torni là, e il benzinaio sorride, ti aspettava;

49

correre nel corridoio del treno in partenza, in direzione contraria alla marcia,

e salutare una persona attraverso i finestrini, che diventano fotogrammi, e così uscire da una stazione e da una città come da un film, e iniziarne un altro;

50

in accelerazione ti senti leggero, lasci tutto alle spalle, l’origine, il passato,

ma è soltanto in certe frenate al limite che fai il pieno di adrenalina

e percepisci la concretezza drammatica della relazione tra te e il mondo;

51

vogliamo cantare la velocità, inneggiare all’uomo che tiene il volante,

disprezzare la donna, esaltare l’insonnia, distruggere i musei e le biblioteche:

zitto zitto il Manifesto di Marinetti, e non quello di Marx, è diventato realtà.

(tratto da “Breviario di un vecchio patentato”, fotoromanzo d’autore, testi by Leone Belotti foto by Virgilio Fidanza, edito da Lubrina a margine della mostra “Mezzo corpo immagine” in corso a Brescia, Wavegallery. Prezzo di copertina €20, alcune copie autografate ancora  disponibili in Calepio Press, contact info@calepiopress.it) 

se Telecom ha l’alzheimer

play this post

gandhi

(mentre gli preparo la cena, Il signor Dante A., 93 anni, intende dimostrarmi la sua teoria sui disturbi della memoria come malattie di origine sociale, causate dai mass media e dall’eccesso di informazioni “cretine” che cancellano la memoria personale)

La mia vera solitudine, non è fisica, ma psicologica,

io non mi angoscio per il mio alzheimer, ma per l’alzheimer di massa,

i primi malati di alzheimer in Italia sono le grandi istituzioni e le grandi aziende,

ti ricordi il Gandhi Telecom immagina il mondo di oggi se avesse potuto comunicare così?

oggi Telecom è in crisi, lascia a casa 5000 persone in Italia, paga 2 euro l’ora gli schiavi dei call center nell’est, e per svenderla ai cinesi di vuole la banca SachsmannGold,

io ti dimostrerò che Telecom ha da anni grossi problemi di alzheimer, di memoria e coscienza storica,

già nella Telecom-Gandhi c’erano due evidentissimi sintomi di grave alzheimer mediatico.

Il primo: se oggi viviamo nel più violento dei mondi possibili, è proprio perchè si può comunicare così!  La dittatura globale, le riunioni oceaniche di folla e la loro trasmissione audio e video, come tutti sanno, non le ha inventate nè Gandhi nè la Telecom, ma Mussolini: e questo è pacifico.

Il secondo: invece di immaginare cosa avrebbe detto Gandhi, sarebbe meglio ricordare cosa disse realmente Gandhi, quando ebbe la possibilità di comunicare così, e invece del testo cucito su misura dai pubblicitari Telecom, utilizzare le dichiarazioni ufficiali rese da Gandhi alla stampa internazionale in occasione della sua visita a Roma, nel dicembre 1931,

io allora vivevo a Roma, ed ero un undicenne e fascistissimo Balilla, e quel giorno della visita di Gandhi alla Legione Caio Duilio me lo ricordo come fosse oggi, e ne conservo i ritagli di giornale. Gandhi disse esattamente:

L’attenzione ai poveri, lo sforzo per una coordinazione tra il capitale e il lavoro, l’opposizione alla superurbanizzazione.

Ciò che mi colpisce, dietro l’implacabilità, è il disegno di servire il proprio popolo.

Mussolini è un superuomo. Alla sua presenza si viene storditi.

Capisci? No, non capisci! Occorrerebbe un intero corso di storia per farti capire un solo spot, e ne vedi duecento al giorno!

La pubblicità, soprattutto quella che sembra intelligente,  giorno dopo giorno cancella la memoria storica, e al suo posto impone immagini di fantasia che alla fine ti fanno perdere il senso della realtà! Ecco cosa intendo per alzheimer di massa!  Cosa dice la tabula rasa su Gandhi, Mussolini e la Telecom?

ndr: per tabula rasa il signor Dante intende in genere i tablet, smart, iphone, etc, e considera i risultati delle ricerche web, google, wikipedia con la curiosità di oracoli, cui concedere al massimo tre minuti. 

Da una ricerca on line in 3 minuti troviamo:

1) le dichiarazioni di Gandhi su Mussolini esattamente citate dal signor Dante

2) la notizia che al tempo dello spot Gandhi-Telecom  la nipote di Gandhi sedeva nel consiglio d’amministrazione Telecom

3) una foto come quella che il signor Dante ha in cornice su un tavolino, che ritrae Gandhi insieme a un undicenne signor Dante, in divisa da Balilla

Gandhi_a_Roma

 

tu sei giovane non sai come la vita sia bella

play this post

boz0003_1

ho riferito al signor Dante A., 93 anni, del grande riscontro suscitato dal suo j’accuse alla capitale della cultura lanciato da queste colonne con  il post-intervista “Bergamo commedia dell’assurdo”,

per provocarlo, ho aggiunto: «milioni di budget, centinaia di totem, schiere di project manager e assessori, mesi di lavoro, viaggi, riunioni, comunicati stampa: tutto mandato in fumo da un pensionato che su un blog dice le cose come stanno!»

nell’occasione, il signor Dante ha emesso un grugnito;

poco dopo, la maschera incartapecorita del suo viso si è distesa quasi magicamente nei tratti di un sorriso, ed è stato quando gli ho letto un commento pubblicato da un lettore: “dietro la Capitale della Cultura imperversa la Cultura del Capitale, ma di notte, dalle mura di S.Giacomo, come ne “L’orologio”, si sente il ruggito dei Leoni”

«questo è un mio ex alunno!» ha affermato il signor Dante.

Il commento in questione  (il cui autore è risultato poi essere un noto architetto e accademico) ha ricordato  al signor Dante una sua lezione (di mezzo secolo fa) sul romanzo “L’orologio” di Carlo Levi,

libro che il signor Dante mi ha subito chiesto di prendere indicando col dito-artiglio un settore in alto a sinistra della sua gigantesca biblioteca (il signor Dante possiede più di 5000 libri, ognuno dei quali contiene una serie di foglietti-segnalibro-citazioni).

salito sulla scala pericolante, esattamente dove mi ha detto la mia guida,  tra “Cristo si è fermato ad Eboli” e il “Programma rivoluzionario di giustizia e libertà” (Levi, Lussu, Nitti, Rosselli, Salvemini) ho trovato “L’orologio” di Carlo Levi.

«Leggi l’incipit» mi ha chiesto il signor Dante.

La notte, a Roma, par di sentire ruggire leoni.

Un mormorio indistinto è il respiro della città, fra le sue cupole nere e i colli lontani, nell’ombra qua e là scintillante.

E poi quel suono, insieme vago e selvatico, crudele ma non privo di una strana dolcezza, il ruggito dei leoni, nel deserto notturno delle case.

«Attento!» mi ha intimato il mio duce: dalle pagine del libro aveva preso il volo un foglietto color vinaccia che infine sono riuscito ad afferrare, non senza pericolo, ritrovandomi tra le dita una una vecchia etichetta di “Amaro Strega”:

sul retro, a penna, la scritta “Roma, Ninfeo Villa Giulia, Luglio 1951”, e gli autografi di Carlo Levi, Corrado Alvaro, Domenico Rea, Alberto Moravia e Mario Soldati.

A quel punto il signor Dante ha emesso un altro grugnito, e con gesto inequivocabile ha voluto tra le mani il libro, ricercando a memoria la pagina dove quel segnalibro stava da più di 60 anni.

Dopo meno di un minuto, trovata la pagina, un secondo sorriso, rapido, ha illuminato i suoi occhi. Prima di rimettere a posto libro e segnalibro, ho naturalmente preteso di leggere la pagina de “L’orologio”  nella quale una sera d’estate romana di 62 anni prima il signor Dante aveva “lasciato il segno”:

Tu non sai, perché sei giovane, come, a mano a mano che ci si avvicina alla morte, la vita sia bella;

come si accresca, si illumini in ogni sua minima cosa, di verità e di ragione;

è come se si salisse su un monte, e l’orizzonte, a ogni passo, si allargasse sotto di noi.

A un certo momento, quando la morte è dietro le spalle, pare di camminare in un mondo fatto, da ogni parte, di infinite verità…

Forse, quando si arriva in cima, l’orizzonte sarà così vasto e lontano che si confonderà in tutto col cielo; e forse questa è la morte.

«o forse» ha chiosato il signor Dante «è l’alzheimer»

Quindi, afferrata con gesto grifagno la ruota della carrozzina, mi ha dato le spalle.

imago: bozzetti “Dante” by Fratelli Mattioli http://www.fratellimattioli.it/

Bergamo commedia dell’assurdo

play this post

DanteMart

BaDante Care&Writing Agency raccoglie l’invito del comitato Bergamo2019 a formulare idee per Bergamo capitale della cultura: ecco i punti indicati dal signor Dante A., 93 anni, ex insegnante di latino, dall’alto delle Mura Venete, nel corso dell’intervista-tour  S.Agostino-Colle Aperto-Piazza Vecchia- Corsarola (in sedia a rotelle, con l’intervistatore che spinge l’intervistato):

dal baluardo di S.Agostino indicando oltre il Pitentino:

il fatto che da anni gli extracomunitari debbano stare ore e ore accalcati sotto il sole o sottozero in coda fuori dalla Questura, sul marciapiede, è indegno di una capitale della cultura;

da porta S.Agostino, indicando la scaletta della Noca:

la più preziosa risorsa culturale della città, la Pinacoteca dell’Accademia Carrara, chiusa da sei anni per volgari beghe di potere, non può accadere in una città civile;

dal baluardo di S.Michele, indicando oltre l’area verde del parco Suardi:

la più grande area pubblica di città bassa, la Caserma Montelungo, luogo ideale per ogni attività sociale (asili, centro anziani, orti urbani) in abbandono da decenni, non è un segno di cultura urbana;

dalla piattaforma di S.Andrea, indicando la zona pedecollinare della Val Seriana :

avere alle porte della città la più grande e pericolosa industria chimica d’Italia, mi fa paura;

da porta S.Giacomo sollevando il palmo al vicino orizzonte:

avere in città la sede del più grande cementificio d’Italia, mi fa capire molte cose;

dal baluardo di S.Giacomo, levando ad alzo zero l’artiglio con gittata 3000 metri

avere il più trafficato e inquinante aeroporto da turismo-shopping d’Italia annesso al più grande centro commerciale d’Italia, mi deprime;

dalla piattaforma di S.Grata, dando le spalle al panorama, indicando il convento di S.Grata:

avere la città con la più alta percentuale di proprietà immobiliare ecclesiastica nel mondo dopo il Vaticano, è più consono a una capitale religiosa;

dal baluardo di S.Giovanni, indicando la conca d’oro:

la zona più salubre e scenografica della città, l’ex Ospedale Maggiore, luogo ideale per un vero campus universitario, oggetto di speculazione immobiliare,  in degrado e abbandono precoce, mi fa tristezza;

dal baluardo di S.Alessandro indicando il muraglione del Seminario:

Il fatto che le anime belle si dilettino nel passegiare in via Arena, la via “più poetica della città”, senza mai chiedersi perchè si chiami così, mi fa venire voglia di rivelarlo:

perché portava all’Arena Romana di Bergamo Alta, d’impianto simile a quelle di Verona e Arles, sopra il quale  hanno costruito l’ecomostro-Seminario vescovile intitolandolo al Papa Buono:

il fatto che nessuno lo sappia, che nessuno lo dica da 150 anni, mi fa specie;

da via Colleoni (corsarola) indicando il Teatro Sociale:

il più significativo luogo espositivo della città, il Teatro Sociale, sempre stato un luogo magico per mostre, ristrutturato e imbellettato e riportato in vita “così com’era”, mi fa ribrezzo;

entrando in Piazza Vecchia:

l’idea di spostare i libri dalla biblioteca Angelo Mai per usare i saloni per banchetti di nozze, mi fa venire il voltastomaco;

da Piazza Vecchia, dalla fontana del Contarini:

anche solo il fatto che abbiano avuto l’idea di piazzare Mc Donald in Piazza Vecchia al posto dell’Università, mi dà l’ulcera;

da via Gombito, davanti al negozio Kiko:

avere i negozi delle grandi catene commerciali nel cuore di città alta al posto delle botteghe degli artigiani e dei negozi storici, mi fa una pena immensa;

da Piazza Angelini:

il fatto che artisti, musicisti, scrittori di riconosciuto valore internazionale, crepino di fame, o si suicidino, o cambino mestiere, o città, mentre intere genealogie di nuovi e vecchi ricchi  ingrassano nell’ignoranza a dismisura, mi spaventa;

da via alla Rocca: 

la più rappresentativa area storica della città, l’Acropoli, la Rocca con il Parco delle Rimembranze, fatta franare dalla giunta pazza che intendeva scavarci dentro un parcheggio per vip, e abbandonata in stato pericolante da 5 anni, mi fa una rabbia indicibile;

da piazza Mercato delle Scarpe:

il fatto che per loro investire in cultura significhi mettere in piedi una lobby per comprarsi a Roma il titolo di capitale europea, per poi avere da Bruxelles  qualche sbadilata di milioni da convertire in cemento armato e asfalto  per i costruttori amici per fare strade e ancora strade con la scusa delle infrastrutture per il turismo, è un’offesa, un insulto alla cultura;

il turismo per questa gente è l’unico scopo della cultura, capisci,

d’altra parte il sesso è l’unica forma di conoscenza e d’amore che praticano,

nonostante il Papa Buono, Bergamo è oggi una moderna capitale dei vizi dell’ignoranza e dell’arroganza, il gioco d’azzardo, il lusso vistoso, la prostituzione e il suo indotto;

nei condomini in città, nei residences nelle valli, nelle strade della bassa, nei bilocali, nei locali, nei loft

la gente spende 1 per leggere libri, ascoltare concerti, vedere opere d’arte, monumenti storici o musei

e spende 100 per fare sesso a pagamento, consumare droghe, acquistare beni di lusso, vacanze esotiche, giocare a slot machines e gratta e vinci,

capisci, anche un bergamasco come me o come te, se in buona fede, deve ammettere che fare Bergamo capitale della cultura effettivamente è un’operazione culturale,

si, una commedia dell’assurdo.

 

 

vernissage del vecchio patentato

play this post

mmvp4

ho vissuto l’andare in giro in macchina come forma libertaria, oziosa, inquinante, e già da un decennio mi sento un vecchio rottame,

mortificato dalla sicurezza, umiliato dal navigatore, depresso dal traffico;

ultimamente sono diventato ecologista, ciclista, e uso l’auto il meno possibile;

e nostalgicamente ho cominciato a scrivere le mie memorie d’automobilista,

ricordi, frammenti di un mondo che non c’è più, il regno della meccanica,

oggi scomparso in favore dell’elettronica e della tecnologia digitale,

allo stesso modo, come scrittore di genere, ho vissuto la fine di un’epoca, la fine della narrativa popolare, in favore dei serial e dei reality televisivi,

e tra i creativi di nuova generazione, tutti blogger e designer, con le mie Edizioni Lancio, Harmony, Urania e Segretissimo mi sento un residuato del cartaceo,

così diventa difficilissimo spiegare che più del web dei blog e delle app a me interessa fare ricerca sulla forma foto-romanzo:

basta dire la parola “foto-romanzo” e tutti questi ventenni aspiranti fashion photographer  si dileguano:

prova a parlare di “photographic novel”, mi hanno consigliato;

invece, parlando di tutt’altro  con un fotografo della vecchia scuola,

scopro  che da venti o trent’anni raccoglie scatti fatti in macchina, dal finestrino;

di fatto e senza saperlo da decenni stiamo lavorando insieme e separatamente al fotoromanzo sperimentale del “vecchio patentato”;

per sicurezza ho comunque evitato di usare la parola tabù: “Ti propongo dei testi per la mostra”, ho detto.

(dalla prefazione del catalogo della mostra “Mezzo-corpo-immagine”

50 istantanee di Virgilio Fidanza e 50 note di Leone Belotti

ediz. Lubrina, grafica by Claudio Spini, vernissage mostra:

 sabato 1 giugno h19  photogallery Wave –  Brescia, via Trieste 32 – 

Preview text:

https://calepiopress.it/2013/05/17/memorie-di-un-vecchio-patentato-3/

https://calepiopress.it/2013/04/10/memorie-di-un-vetero-patentato-2/

https://calepiopress.it/2013/03/25/memorie-di-un-vetero-patentato/

Final text:

vogliamo cantare la velocità, inneggiare all’uomo che tiene il volante,

disprezzare la donna, esaltare l’insonnia, distruggere i musei e le biblioteche:

zitto zitto il Manifesto di Marinetti, e non quello di Marx, è diventato realtà.

 

 

 

100 anni senza una risata

play this post

Potafiga2013

storia surreale, e vera, di giovani e vecchi, in 3 atti:

antefatto, scandalo, paradosso;

antefatto: in occasione dei suoi primi 100 anni una gloriosa squadra di calcio della valle seriana promuove una mostra collettiva d’arte contemporanea dal titolo “Gioco d’artista” e invita pittori, fotografi, scultori e performer a creare un’opera ad hoc e a condividere il nobile intento di donare il ricavato alla casa di riposo.

scandalo: ricevuto l’invito, vado a dare un’occhiata al sito web,

e tra uno sponsor e l’altro, trovo questo gesto, questo sberleffo nella foto ufficiale della squadra juniores, dove uno dei ragazzi si esibisce in un gestaccio,

subito lo mostro ad Athos Mazzoleni, dicendo: “eccolo qui il gesto artistico, la bravata del giovane calciatore che con un segno indecente e atavico reclama il massimo bene, la massima autenticità,

il goal, la figa, i sogni, la gloria, e giocare in squadre di un certo rango, come il Benfica e il Botafogo, ecco lo spirito del Potafiga Fubal Club!”  A questo punto occorrerebbe un gesto grafico, un intervento per significare questa autenticità originaria del calcio pota-figa-goal, lontano anni luce dal calcio-business “recitato” in tv da calciatori, addetti stampa e sponsor.

E così Athos prende il mouse, e crea un cartellone “spazio libero” sul soggetto in questione, a contrasto con i cartelloni degli sponsor. L’opera “Spazio libero” può dirsi nata. Genere: poster d’artista.

Poi, considerando la richiesta di donare eventuali ricavati alla casa di riposo, decidiamo di stamparne in quantità, opera multipla,

perchè tutti, giovani e meno giovani, possano avere con €5 il poster del Potafiga Fubal Club, da appendere  insieme alla   squadra del cuore, appena più in basso, e contribuire così all’iniziativa benefica.

Con grande entusiasmo, prima di andare in stampa, contattiamo la società per concertare l’operazione, che è un’operazione “ironia-beneficenza”, e magari trovare un appoggio tra i tanti sponsor della società. Invece: scandalo! La “provocazione è troppo pesante”.

Sia il fotografo, che ha scattato l’immagine, che il web master, che l’ha inserita nel sito, in tutti questi mesi non avevano notato il gesto, e tantomeno i dirigenti della società.

Ci viene chiesto di “fare qualcos’altro”. Cioè: un presidente di una squadra di calcio di paese  chiede a un artista che ha esposto alla Biennale (Athos Mazzoleni) di “fare qualcos’altro di meno offensivo”.

Paradosso: realizzare a scopo benefico un’opera giocosa ad hoc, per una mostra dal titolo “gioco d’artista”, e riuscire a farsi censurare dalla società stessa che ha organizzato la mostra e ti ha invitato a partecipare,

se sei un artista hai licenza di prendere in giro chi vuoi, anche violentemente, Berlusconi, il Pd, il Papa: ma non ti permettere di toccare il calcio, nemmeno con affetto, tantomeno con ironia, stiamo scherzando?

Ad ogni modo, abbiamo eliminato il titolo “Potafiga Fubal Club” e rinunciato all’edizione multipla (denunce ne abbiamo già abbastanza). Al momento non sappiamo ancora se l’opera sarà esposta.

L’inaugurazione della mostra “Gioco d’artista” sarà domani sera,

venerdì 24 maggio 2013 alle h20.30 al Centro Cultura di Nembro,

è previsto un ricco buffet di alto livello, e anche artisti di un certo nome (Ugo Riva, Claudio Granaroli, Paolo Facchinetti)

dunque accorrete numerosi, ma niente sorrisini, mi raccomando,

il calcio è una cosa seria, ufficiale, come la cultura e l’arte!

(Imago: Athos Mazzoleni e Leone Belotti “Potafiga Fubal Club 2013” )

2013-05-24_A3FR_GiocoDArtista_web

memorie di un vetero patentato 3

play this post

IMG_31443

19

prima o poi succede, e ti senti un idiota,

e ti viene l’ansia, e non capisci più niente, non ti ricordi le strade,

sbagli tutto, ti confondi, e intanto preghi, e speri, e finalmente la vedi,

e allora capisci anche quella canzonetta sentita per anni,

la felicità che danno le insegne illuminate, quando siamo in cerca di benzina;

20

le grandi arterie stradali pompano il fluxus dell’uomo-merce,

nastri trasportatori, ribbon development, che modificano il paesaggio,

innescano il ciclo delle architetture effimere, prefabbricate,

capannoni, aziende, centri commerciali, stazioni ecologiche,

se guardi bene, e registri tutto, in due chilometri qualsiasi riesci a leggere

vent’anni di continui cambiamenti, per lo più inutili, spesso dannosi;

21

nutrite di cemento sintetico da mandrie di autobetoniere transumanti,

le nuove unità d’abitazione spuntano come funghi nella giungla urbana,

le fondamenta affondate nelle fogne, le gronde protese a catturare lo smog,

e i prezzi alle stelle: perchè hanno la certificazione energetica, e doppi box;

22

le piazze dei paesi, con la chiesa, il comune, e il monumento ai caduti,

sono rimaste senz’anima, senza vita, con l’arredo urbano immacolato,

qualche negozio in agonia, e le ultime nonne che vanno ai vespri,

e intanto alla rotonda, tra l’out-let, il discount e la kebab house, pulsa la vita,

senza alcun monumento ai caduti che la civiltà dell’automobile esige,

le vittime della strada, che si sono sacrificate per noi,

perchè avremmo potuto esserci noi, al loro posto;

23

il traffico, mi spiegava l’ingegnere con cui viaggiavo, è come il colesterolo,

intasa le arterie, ti rallenta, causa tamponamenti fisiologici, come fossero ictus:

quello che l’ingegnere non poteva immaginare, mentre eravamo fermi in coda,

è che più avanti c’era stato un incidente, causato da un furgone,

il cui conducente, mentre era alla guida, era  stato colpito da un ictus;

24

megascreen luminosi a caratteri cubitali sospesi sulla carreggiata,

“se sei stanco fermati a riposare”  e tu pensi: perchè non ho mai visto

un cartello del genere in fabbrica, in linea di montaggio?

Poco dopo: “se hai bevuto, lascia guidare il tuo amico”

e tu pensi: che razza di amico era, se ti ha lasciato bere da solo?

(tratto da “Memorie di un vetero patentato”, photo-graphic-novel  by Virgilio Fidanza, Claudio Spini, Leone Belotti; next publishing by Calepio Press – Lubrina) 

come eravamo

play this post

testa

eravamo giovani, poveri, ribelli, andavamo in piazza

e facevamo casino armati di volantini ciclostilati in proprio,

il nostro leader era Chicco Testa, la nostra battaglia era contro il nucleare,

quel 10 maggio 1986, dopo il disastro di Chernobyl, eravamo in 200.000  a Roma,

con Lega Ambiente e WWF abbiamo raccolto un milione di firme per il referendum,

e poi l’abbiamo vinto, basta nucleare in Italia, è volontà popolare,

in seguito Chicco Testa, nato dal movimento ecologista, ha fatto una carriera esemplare,

prima nel partito, poi come grande manager di Stato, arrivando a presiedere l’Enel,

ed essere consigliere o presidente di multinazionali come Allianz, Riello, Rotschild, Telit,

adesso, con la saggezza della vecchiaia, Chicco ha messo la Testa a posto,

definisce chiacchiere le energie rinnovabili e spinge per fare subito le centrali a carbone, cioè la soluzione più nociva all’uomo e all’ambiente, e più comoda e lucrosa per la mafia finanza-politica di cui è il servo esemplare, e molto ben remunerato;

per completare la parabola si è messo a capo della lobby per il ritorno del nucleare;

sarebbe interessante sapere come ha vissuto la storica sentenza di ieri:

il Tribunale di Milano ha dato ragione a Greenpeace nella causa contro Enel

che intendeva affossare gli ambientalisti (e la libertà di critica)

colpevoli di usare il logo Enel sui volantini contro le centrali a carbone.

I giudici hanno rigettato le richieste dell’Enel stabilendo un principio importante:

le associazioni no-profit impegnate in campagne di sensibilizzazione che hanno per oggetto interessi collettivi “di rango costituzionale”, come la salute pubblica,

non possono essere “silenziate”  per l’uso improprio di un marchio commerciale.

Evviva! Ma una condanna, per Greepeace avrebbe significato sparire,

e in agenda ci sono altre nove cause promosse da Enel contro Greenpeace.

In Italia muore una persona al giorno a causa delle centrali a carbone.

In Calabria una società straniera (svizzera!) costruirà la centrale a carbone più grande e inquinante del Mediterraneo, proprio di fronte al Teatro greco di Taormina, che dopo 2000 anni di sole diventerà completamente nero.

Una catastrofe ambientale e sociale (i magistrati hanno già dimostrato il ruolo della ’ndrangheta nel colossale business da 1mld euro) in corso d’opera, con il placet del ministro dell’ambiente (del governo “tecnico”!) e il silenzio totale di giornali e televisioni,

che invece danno grande spazio all’ultima uscita del nostro:

“In Italia c’è un’ipocrisia pazzesca, nessuno ha il coraggio di dirlo in pubblico:

è ora di legalizzare le droghe leggere, io stesso ogni tanto mi faccio ancora le canne”. Bravo. Coraggioso. Geniale.

Potevi anche aggiungere: abbiamo fatto un patto a tre:

stato italiano, ’ndrangheta, e multinazionale svizzera.

Lo stato italiano legalizza la coltivazione della marijuana (attualmente praticata a livello industriale in Calabria, e in mano alla ’ndrangheta, mentre da noi arrestano i ragazzini che hanno due piantine in bagno)

la n’drangheta in cambio riceve il business del carbone,

e gli svizzeri passano in lavatrice il cash nero.

Uomini come Chicco Testa rappresentano il peggio di una generazione,

che ha totalmente riconvertito l’impegno civile in arrivismo di regime.

Bisognerebbe denunciarlo, per questa uscita sulla marijuana, dargli ancora il brivido giovanile di sfidare il potere,

e poi vedere che faccia farà quando leggerà le motivazioni dell’assoluzione:

“…considerate le proprietà terapeutiche nel trattamento della demenza senile…”

 

 

hospice?

play this post

morfinomane

vuoi sapere cos’è l’hospice?

l’hospice è questo: dopo averle provate tutte,

dopo averti fatto fare tutte le guerre possibili,

alla fine, non sei tu che decidi di arrenderti, ma l’ospedale,

l’ospedale ti fa capire di trovarti un altro posto,

cominciano a parlarti dell’hospice, sembra una bella cosa, dici va bene,

allora ti dicono impossibile, tutto pieno, servono raccomandazioni,

anche per andare a morire, in Italia devi conoscere qualcuno,

così trovi le raccomandazioni, e alle 9 di mattina sei all’hospice,

alle 11 il dolore è insopportabile  ti senti morire, chiami l’infermiera,

hai fame d’aria, ma l’infermiera ti dice no, qui non controlliamo i livelli d’ossigeno,

fino a ieri, quando c’era da combattere la malattia,

eri un numero d’ospedale da bombardare di medicinali,

oggi c’è da accettare la morte, allora torni un uomo,

mettono il tuo nome sulla porta, e puoi farti la tisana in camera,

fino a ieri ti monitoravano tutto, ti facevano di tutto, ti davano di tutto,

oggi non hai più un centimetro di pelle da siringare, e allora sei all’hospice,

dove non ti controllano niente, e non ti danno niente,

alla mattina ti dicono che ti portano a fare fisioterapia,

a mezzogiorno hai capito cos’è l’hospice,

ti tolgono l’ossigeno, ti lasciano crepare asfissiato,

allora l’ultima cosa che dici è: datemi qualcosa per dormire,

ti danno la morfina, ti addormenti, muori,

ecco cos’è l’hospice

te lo dice uno che è morto così,

due mesi d’ospedale, e tre ore all’hospice,

giusto il tempo di capire cos’era.

Imago: La morfinomane, Corcos, 1899, collez. privata