un fantasma si aggira per l’Europa: l’Italia

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Italia

Un fantasma si aggira per l’Europa: l’Italia.

L’Italia è un fantasma perché la sua storia è quella di un fantasma, una sembianza, un’apparenza. E l’apparenza inganna. L’Italia, la storia dell’Italia moderna, è un caso esemplare di un’identità costruita sull’inganno delle apparenze.

Basta rileggere senza paraocchi le 4 mitologie cruciali della storia italiana contemporanea (Risorgimento, Ventennio Fascista, Resistenza, Made in Italy) per comprendere cosa sia lo stile italiano, e quanto sia storicamente radicato.

Il Risorgimento viene impartito – già dalla parola – come fenomeno morale che si manifesta in episodi esemplari (con specifica denominazione: i “moti risorgimentali”) che fungono da “trailer” di un sentimento nazionale e popolare in realtà inesistente.

La mitologia-mitografia risorgimentale con i suoi testimonial (Ciro Menotti, Silvio Pellico, Carlo Pisacane) i suoi art director (Mazzini, Garibaldi, Cavour) e la sua grande campagna di lancio (“Spedizione dei Mille”) è un grande esempio di costruzione spettacolare di una favola che non c’è:

pochi intellettuali e rivoluzionari professionisti, in esilio, completamente staccati dalle esigenze e dai sentimenti popolari, senza alcun seguito nelle masse contadine, quindi un colpo di stato (la spedizione dei mille) finanziato o organizzato dalle grandi potenze (con l’apertura del canale di Suez, per ragioni chiaramente commerciali, diventava fondamentale avere un’Italia unita e integrata al sistema europeo), quindi trattative in alto loco (ti do la Savoia, mi dai il Veneto) e l’Italia è fatta.

Il Risorgimento, cioè l’atto di nascita del paese Italia, è una grande operazione di falsificazione e costruzione di un patriottismo idealista, strumentale, del tutto inesistente, se non nella testa di qualche aristocratico idealista e qualche sincero rivoluzionario (gli “utili idioti”).

Di fatto: sono bastati 1000 garibaldini ad annettere quasi pacificamente il Sud in due mesi, ma non sono bastati 100.000 soldati e cinque anni di repressione sanguinaria (culminata con la rivolta di Palermo – unico vero episodio di partecipazione popolare del Risorgimento, peccato che fosse anti-italiano)  che nessuno conosce, con migliaia di morti, deportazioni, villaggi incendiati, esecuzioni sommarie a sottomettere quelle popolazioni e regioni che si pretendeva di aver liberato,

e che invece si sono subito ribellate al nuovo stato, appena il nuovo stato ha tradito platealmente le promesse (distribuzione della terra ai contadini, che è invece diventata privatizzazione del demanio a beneficio dei grandi proprietari, e conseguente peggioramento delle condizioni contadine)  fino a  essere sottomesse con la forza, oltre che con la propaganda (e questo reale risorgimento e resistenza del sud italia al nuovo stato nordista viene chiamato “banditismo”,

e qualsiasi storico onesto vi dirà che questo passaggio storico è alla base della questione meridionale, cioè della non adesione del sud al paese, alle istituzioni, e della conseguente diffusione endemica di mafia, camorra, n’drangheta, etc).

Sulla “questione meridionale” hanno poi disquisito (e campato) generazioni di intellettuali e politici, senza mai andare alla radice della questione, chiaramente, perché se qualcuno (lo Stato italiano) ti paga per occuparti di un problema tu non puoi dirgli che la causa del problema è lui (lo Stato italiano).

Col Ventennio Fascista la tecnologia di costruzione dl consenso trova il suo massimo sviluppo: i mass media, l’architettura, la scenografia, lo sport, tutto diventa immagine coordinata e  diffonde in Italia e nel mondo questa nuova mitologia, lo stile italiano, cioè ordine, benessere, civiltà, modernità, ginnastica e tecnologia.

Starace, D’Annunzio, Mussolini: al di là del fascismo, sono i precursori della società dello spettacolo, della pubblicità e delle comunicazioni di massa basate sul consenso verso un sogno, una favola.

Ma la favola si interrompe di colpo, l’apparenza di un paese militarizzato si scioglie nelle nevi, in Grecia, in Russia, lo stivale italiano ha le suole di cartone, il regime costruito in vent’anni crolla in mezz’ora, il re scappa vilmente con tutta la corte (e ha sulla coscienza i martiri di Cefalonia) il paese è occupato da eserciti stranieri:

una catastrofe, una tragedia nazionale, lo stile italiano rivela tutta la sua falsità, è l’occasione per cambiare stile, mentalità, tutto, diventare un paese onesto, consapevole.

E invece cosa accade? Si inventa una nuova favola. La Resistenza!

La Resistenza, con i suoi copywriter (Vittorini, Pavese, Fenoglio) similmente al Risorgimento e al Fascismo mistifica la realtà: accade così che poche centinaia di sinceri antifascisti, e pochi episodi locali di guerriglia, diventino sui libri di storia della scuola dell’obbligo un movimento di massa protagonista di una gloriosa pagina nazionale (con specifica denominazione: “la Liberazione”) che copre la realtà storica, cioè la inenarrabile vergogna nazionale che è nei fatti storici, in certi fatti storici decisivi e davvero esemplari,

come la fuga del re e di tutto la classe dirigente, e soprattutto la guerra civile-macelleria-pulizia etnica: in un mese, maggio 1945, 40.000 morti “gratuiti”, a guerra finita, per lo più uccisioni di pura vendetta, faida, frustrazione, non una pagina onorevole, evidentemente, perché bastava essere additati come fascisti per essere ammazzati per strada, ed è chiaro che allora il 99% degli italiani avrebbe dovuto essere ammazzato per strada, a cominciare da quegli stessi “intellettuali” che questo massacro hanno giustificato e alimentato,

in primis il mostro sacro Vittorini, che dopo aver passato venti anni a far carriera come intellettuale squadrista e fascista con un colpo di spugna rinasce antifascista comunista e sanguinario: i suoi scritti incitano ad ammazzare “i fascisti” perché ci sono “uomini, e no” e i fascisti non sono uomini, sono solo “figli di stronza” .

Non solo nessuno gli rinfaccia il clamoroso voltafaccia ma tutti lo riconoscono e acclamano nuova guida morale del paese, e infatti dirigerà la più importante casa editrice italiana.

E’ l’esempio del trasformismo sfacciato dell’intellettuale italiano.

Oggi vediamo  l’ultima versione di questo tipo nella generazione dei sessantottini trasformatasi nella classe dirigente pubblicità-giornali-televisioni della società dello spettacolo.

Quindi, quando oggi celebriamo l’Unità d’Italia e il Made in Italy, stiamo celebrando questo, l’incredibile sfacciataggine e capacità  di imporre apparenze ad altissima percentuale di falsità aggiunta: e questo carattere, questo stile italiano, è costitutivo dell’identità e della storia nazionale, sia delle due grandi mitologie fondanti, Risorgimento e Resistenza, sia della mitologia “rimossa”, il Fascismo.

Il Risorgimento, propagandato e imposto come risveglio della coscienza nazionale e di valori come unità e indipendenza, nasconde la feroce repressione (brigantaggio) seguita a un colpo di stato (spedizione dei mille) finanziato dalle potenze straniere e realizzato da quelli che oggi chiameremmo terroristi o mercenari.

La Resistenza, propagandata come rinascita civile e di valori come libertà e democrazia, nasconde la vergogna del voltafaccia e della pulizia etnica per non affrontare la vergogna di un paese opportunista, codardo, vendicativo e servo del potere.

Poi cosa succede? Come si arriva al Made in Italy? Siamo nel 1945, l’Italia è un paese vinto, distrutto, occupato dagli Americani.

Succede che gli Americani hanno capito perfettamente cosa sia e a cosa serva lo stile italiano. E’ l’avanguardia di comunicazione del consumismo: diventerà il modello, l’immagine della democrazia del benessere, filoamericana.

E dunque niente sanzioni, niente punizioni, niente esame di coscienza collettiva e ricostruzione morale, ma invece: palate di dollari, ovvero: il piano Marshall, e la Thompson.

La Thompson è stata la prima agenzia pubblicitaria a lavorare sul mercato italiano, è subentrata direttamente al Minculpop: la Thompson è sbarcata a Salerno nel 43’, come ufficio stampa dell’esercito americano, poi diventata ufficio stampa del piano Marshall, poi prima e unica agenzia pubblicitaria ad operare in Italia nel momento del boom economico.

E quindi: la repubblica italiana nasce col piano Marshall, ed è fondata sulla pubblicità.

Soldi che piovono dall’alto. Un colossale investimento pubblicitario. A una condizione: niente comunisti al governo.

Ecco il paradosso, il capolavoro: proprio mentre si sventola una repubblica basata sull’antifascismo, con il più forte partito comunista di tutto l’Occidente, con intellettuali comunisti al comando nei giornali, nelle case editrici e nelle università, invisibile, reale, permane la condizione-cappio: niente comunisti al governo.

Da qui, come tutti sanno, la strategia della tensione (piazza Fontana, piazza della Loggia, treno Italicus, sequestro Moro, stazione di Bologna) cioè una serie di stragi (veri e propri avvertimenti) che arrivano puntualmente ogni qualvolta si presenta il pericolo che la sinistra vada al potere,

esattamente come accade in una classe di bambini dell’asilo cui viene promesso un premio, un premio che non arriva mai, e non per colpa della maestra, ma perché c’è sempre qualche bambino che all’ultimo momento combina un guaio, e rovina tutto.

Ecco lo stile italiano.

L’Italia contemporanea, la Repubblica, è un soggetto incerto e impotente per questo motivo, questo Economic Recovery Plan, questo “regalo”, questo “potlach” che ci ha reso succubi prima dell’economia e poi della cultura commerciale americana.

Lo stile italiano, cioè la capacità di costruire apparenze, trova la sua nuova ragione d’esistere nella moda  e nel design, e diventa in tutto il mondo il vangelo del consumismo vistoso e dello snobismo di massa.

Berlusconi, con la guerra dell’etere, porta a compimento questo tracciato, schiantando la “resistenza” cattolica e comunista: fino alla fine degli anni Settanta, per accordo catto-comunista, erano vietate le pubblicità dei beni di lusso, ed erano considerati beni di lusso tutti quelli non alla portata delle tasche proletarie.

Al Carosello vedevi il caffè, la pasta, il detersivo, non le auto di grossa cilindrata, non le pellicce.

Se non ci fosse stato prima il piano Marshall e poi Berlusconi, avremmo dovuto fondare il made in Italy sul lavoro (o sulla tecnologia vera, come ha fatto il Giappone) mentre l’abbiamo fondato sui debiti e sulla pubblicità.

Basta guardare le cifre per vedere che siamo il paese che proporzionalmente al nostro PIL è sempre il primo al mondo per spesa pubblicitaria e l’ultimo per livello d’istruzione.

L’Italia non è una repubblica fondata sul lavoro e sulla resistenza. L’Italia è una privativa basata sulle apparenze e sul trasformismo. La sua storia lo dimostra.

Per un paese che già nell’Ottocento è stato capace di vendere un colpo di stato con conseguente repressione militare (cioè: la tipica nascita di un regime) come un’epopea eroica di patriottismo e più tardi, nel secondo dopoguerra, è stato capace di vendere, in pacchetto completo, venti anni di consenziente servilismo di massa culminati in un mese di pulizia etnica come eroica resistenza antifascista, per questo paese, è stato un gioco da ragazzi vendere il Made in Italy, lo stile italiano, è chiaro:

puoi falsificare la tua storia cambiandoti d’abito, noi lo sappiamo fare, noi siamo i numeri uno, noi ti diamo gli strumenti per governare l’apparenza e creare realtà ingannevoli.

Tu sei avido, invidioso, vile, disonesto, incapace, bramoso, ridicolo, furbo, vorace, ignorante, ottuso. Ti rivolgi allo stile italiano.

Diventi sofisticato, intrigante, sensibile, elegante, colto, seducente.

Ha funzionato per trent’anni. Adesso è finita. Serve una nuova favola.

tratto da “Lo stile italiano” by Sean Blazer (alias Leone Belotti) – Calepio Press

 imago: Biennale di Venezia, padiglione Italia, 

un’impresa da Nullo

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NulloChe

Quando le autorità intercettano le lettere, è l’ora di posare la penna, e impugnare le armi.

Non serve Wikipedia, non basta Facebook per scoprire il padre, l’idolo di tutti i rivoluzionari moderni – Lenin, Mao e Che Guevara compresi – l’inventore dell’armata rossa, “il più bello dei mille”, il più incosciente, il più garibaldino: Francesco Nullo.

Per accedere al profilo Nullo, occorre qualche megabyte di follia, e la connessione lenta, occhi chiusi, capacità di regredire, e  risvegliare “lo spirto guerrier ch’entro mi rugge” per tornare a quei giorni, quell’anno diventato un programma, il 48.

Avere vent’anni e il futuro davanti, l’azienda di famiglia, e mollare tutto, a Milano al galoppo, sulle barricate delle cinque giornate: se la vostra coscienza vi dice di andare, andate! Si tengano i loro titoli, noi mostreremo quello che siamo!

Ferito, arrestato, liberato, eccolo tornare all’azienda, renderla florida, poi di nuovo a combattere, con i Cacciatori delle Alpi, cioè a “inventare” la moderna guerriglia partigiana,

quindi leader dei Mille, promotore dell’impresa e creatore delle camicie rosse divenute la divisa di tutti  i rivoluzionari (tinte a Gandino, con il rosso scarlatto usato per i paramenti sacri, e confezionate in S.Orsola, dalla fidanzata Celestina Belotti).

Più di 300 dei Mille erano bergamaschi, arruolati da Nullo in città alta, al Caffè del Tasso, ma il cuore dell’impresa è la Compagnia di Ferro, ottanta ragazzi, tutti studenti o artigiani, età media 22 anni.

Quel giorno a Calatafimi  la battaglia è ormai persa, la spedizione un fallimento, ma Nullo non ci sta, esce dalla trincea, e urla: Bergamasch, tocc inturen a me!,

e con una carica alla morte, ecco la Compagnia di Ferro fare breccia, e ribaltare la storia.

Poi, fatta l’Italia, fatto l’inciucio, Nullo poteva fare il ministro, l’eroe, il notabile, e invece no, disgustato dai Savoia, dalla politica, eccolo partire per un’altra guerra, proprio come farà Che Guevara,

contro i cosacchi, alla guida dei Legionari di Polonia, e morire così com’è vissuto, lanciando una carica impossibile, al grido libertà o morte!

Lo spirito Nullo è tutto in queste due scelte:  mollare tutto per amore della libertà, e non mollare quando non ti resta nient’altro che quella.

Quando il governo vedrà che volete, non oserà più insultarvi e schernirvi. Non ristate muti giovani italiani, alzatevi con voce potente!

FRANCESCO NULLO, 1826-1863,

(testo Leone Belotti/Calepio Press – imago: studio Temp per CTRL)

poscritto/retroscena “un’impresa da Nullo”:

far incontrare, o scontrare,  cultura alta, accademica, vetusta, e cultura underground, pop, giovanile è il vero lavoro degli operatori culturali:

l’idea di presentare e raccontare Nullo come icona ribelle-giovanile

è stata condivisa dapprima dai miei amici-collaboratori Calepio-Press e quindi dai miei vicini di redazione del magazine cartaceo CTRL,

piccola testata freepress indipendente di grande diffusione nel target teenager-ventenni,

che pubblica questo stesso testo come cover story del n. di Maggio.

A suo tempo, mesi orsono, sia Calepio Press che CTRL, separatamente e senza conoscersi, hanno presentato al Comune progetti di comunicazione vera, senza muffa, per tradurre i grandi personaggi storici bergamaschi nel linguaggio contemporaneo,

cioè nel web, sui social, nei luoghi di ritrovo, dove si fa musica, arte, grafica, design, immagine,

parliamo di progetti di nuova concezione, non pensati semplicemente per spendere soldi pubblici con iniziative ingessate (il libro accademico, la conferenza accademica, le celebrazioni ufficiali) ma vere e proprie start-up, in grado di coinvolgere gruppi, comunità, aziende, locali, attivando blog, producendo t-shirt, organizzando serate, concerti, happening,

il Comune non ha degnato di alcuna attenzione o risposta seria né Calepio Press, né CTRL, e tantomeno i progetti presentati,

liquidati come “bellissimi progetti, purtroppo non ci sono soldi”.

Strana risposta per idee che chiedevano in primo luogo spazi,  collaborazioni, opportunità.

Poi accade che in puro spirito inciucio la giunta di centrodestra sovvenziona (ma non avevan detto che non c’erano soldi?) una “parrocchia” culturale di sinistra, come l’Isrec (centro studi sulla Resistenza)

che in modo piuttosto opinabile (e sciatto) mette in piedi la sua propaganda di Nullo come antifascista ante-litteram, corredata da opera-performance (non realizzata) dell’artista di nome (Longaretti, il nipote) e polemica finale, con tanto di interpellanza dell’antifascista di nome (Bruni, il figlio) contro la Giunta, rea di averli… sovvenzionati

(testualmente, dal comunicato stampa Isrec: “Isrec si è trovato nell’assurda situazione di essere stato incaricato di gestire progetti sovvenzionati dal Comune che, però, durante le celebrazioni effettivamente compiute, non hanno avuto nessuna attenzione, seppure in programma”).

Da ridere, e anche da incazzarsi, se pensi che usano i soldi pubblici per lamentarsi delle cose che non hanno saputo fare (con i soldi pubblici).

Morale della favola: le iniziative sovvenzionate dalla giunta e realizzate dall’opposizione si sono risolte in beghe di potere interne al palazzo, e hanno avuto risonanza pubblica zero, partecipazione zero e capacità zero di fare “vedere” Nullo alle giovani generazioni;

la cover story CTRL-Calepio Press, considerata zero e sovvenzionata zero dal Comune, ha raccolto migliaia di consensi on line, e non solo:

il prestigioso Post, il più grande sito d’opinione in Italia, l’ha inserita tra le 10 migliori copertine in edicola in Europa (le altre: Wired, Time, The Economist, Vogue, Paris Match, Le Nouvelle Observateur, Vanity Fair, The New York Time Magazine)

che sarebbe come prendere la stella Michelin per una piccola trattoria di quartiere aperta da quattro amici in due stanze:

ignorati nella piccola città, si coprono di gloria a livello internazionale! un’impresa da Nullo!

davvero un peccato non poter vantare su questo trofeo il patrocinio del Comune di Bergamo o del comitato Bergamo2019…

e pensare che saremmo stati onorati di poterlo utilizzare anche senza alcuna sovvenzione…

per la prima volta nella mia vita mi sarebbe piaciuto poter scrivere parole come “un ringraziamento particolare all’assessore alla cultura, a quello delle politiche giovanili, a quello del turismo, al presidente dei commercianti, degli artigiani, al vescovo”

invece dico grazie ragazzi a Athos, Federico e Paolo Massimo e a Matteo, Nicola e Francesca di CTRL, e va bene così.  Leone 

tv invettiva

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depero

l’unica azione sovversiva possibile è la rivolta delle masse televisive

i grandi sindacati dovrebbero aprire gli occhi, e prendere atto della trasformazione dei lavoratori in schiavi-consumatori e tele-dipendenti

finirla di leccare i piedi a padroni e governo e riprendere dignità storica di lotta

la destra ha preso il potere con la dittatura mediatica riducendo cgil-cisl-uil a docili elefanti al servizio dell’erario turbo-capitalista,

è ora che questi pachidermi si scrollino di dosso i parassiti venduti al potere costituito e facciano sentire il barrito della grande anima proletaria con armi adeguate alla rivolta mediatica

si organizzino pertanto comitati di base di spettatori in grado di dare vita a scioperi selvaggi o generali con conseguenti crolli degli ascolti e paralisi del sistema spettacolo-consumo

al fine apparente di ottenere conquiste sindacali minime come l’abolizione del canone, del decoder, dei canali a pagamento, delle trasmissioni criptate

ma soprattutto l’introduzione del reddito minimo televisivo

non solo vogliamo vedere tutto gratis, il calcio, i film, i concerti,

ma vogliamo anche essere pagati per guardare,

ecco la vera pay per view, io ti guardo se mi paghi, o deficiente,

posso guardare gratis le partite di calcio,  ma voglio essere pagato adeguatamente  per guardare il tuo telegiornale di merda e le tue pubblicità oscene

cara cgil-cisl-uil prendi tutti i tuo contabili e il 740 faglielo a Publlitalia, e comincia a ragionare sul fatto che gli spazi pubblicitari sono spazi pubblici e dunque quei redditi vanno redistribuiti al vero soggetto economico protagonista della pubblicità: gli spettatori, il target, il pubblico, senza il quale quelle cifre non girerebbero,

questo deve fare il sindacato per ricomporre l’unità di classe del proletariato e sottoproletariato odierno ridotto alla teledipendenza passiva

battaglie per i diritti, lo statuto e il sussidio dei teleutenti, e degli utenti di telefonia

io uso il tuo telefonino di merda e i tuoi satelliti di merda permettendoti di ascoltarmi e monitorarmi solo se tu mi paghi, stronzo,

altrimenti io i miei amici li vedo al bar, o dove voglio, e ci parlo quanto voglio, e tu non saprai mai cosa ci diciamo, o deficiente, e non vedrai più un euro, da me.

(Invettiva anti-tivù e anti-telefonia lanciata dal turbo-compagno Spartaco Depero al III congresso dell’Internaz. Turbo Com., tenutosi il Primo Maggio 2013 a Locarno) 

destra femminista vs sinistra gay

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MadonnaMarineLePen

La turbo-compagna Swea Engels interviene al III congresso dell’Int. Turbo Com.  sull’intricata e invisibile questione dei gay di destra (e delle femministe fasciste): 

Perché un gay dovrebbe votare a destra?

Non è sempre stata la sinistra a farsi paladina delle minoranze di qualunque tipo?

Sì. Ma fra queste minoranze di qualunque tipo non sempre scorre buon sangue.

È parte della cattiva coscienza moralista della sinistra dipingere la minoranza come buona, indifesa, che tende grate braccia al salvatore armato di falce e martello e maglietta di Che Guevara.

I negretti tanto buoni, i gay tanto gentili, le donne tanto fedeli. Stronzate.

Le minoranze di qualunque tipo non sono composte da minus habens, ma da gente occasionalmente stronza, razzista e fascista. La sinistra se ne ricorda solo quando bisogna firmare la petizione online per salvare una ragazza musulmana di 16 anni dalla lapidazione decisa da un patriarcato opprimente e liberticida, poi però fa marcia indietro e “non sono tutti così”, “sono una religione di pace” e via giustificando.

Alla sinistra interessa una cosa sola: giustificare (nel senso etimologico di “rendere giusto”) i martiri che hanno salvato, gli orfani che hanno adottato, le anime che hanno convertito. Di qualunque tipo.

Ma queste categorie di qualunque tipo non sempre si integrano. In certi casi è del tutto impossibile integrarle – e qui arrivo al discorso degli omosessuali, che sintetizzo e generalizzo così:

Le etnie del sud del mondo sono tendenzialmente omofobe e misogine. La sinistra sponsorizza l’immigrazione di queste etnie per ragioni di tolleranza. Ma queste etnie non sono tolleranti per niente.

A farne le spese sono altre categorie teoricamente sponsorizzate dalla sinistra sempre per ragioni di tolleranza: gay e donne. La sinistra sceglie di sacrificare la sicurezza di queste due categorie all’altare delle altre categorie, perché diciamolo chiaro: anche la sinistra è omofoba e misogina dietro la patina scintillante del progressismo.

Il maschio di sinistra preferisce allearsi con gente dalla sua stessa sessualità ma di diversa etnia, piuttosto che allearsi con gente dalla diversa sessualità ma della sua stessa etnia.

Il maschio di sinistra rivela il suo vero volto patriarcale, machista, e così facendo tradisce le donne e tradisce gli omosessuali.

Non è una novità che donne e omosessuali abbiano vita più facile, più ricca di diritti e considerazione al nord che al sud. Facile essere gay in Danimarca, prova a essere gay in Jamaica dove i profeti rastafarian, fra una canna e un rum, predicano di bruciarli tutti vivi i culattoni di merda.

Sì, anche Bob Marley la pensava così. Sì, il compagno Bob Marley. Get up, stand up, ma solo se sei un maschio etero. Per questa ragione, personalmente ammiro i gay neri, che devono faticare molto di più per farsi accettare.

Qualche tempo fa su Repubblica c’era un articolo firmato da una delle loro giornaliste-bandiera.  Descriveva con orrore e incredulità il sorgere di movimenti di estrema destra in nord Europa capitanati da belle donne bionde.

La giornalista non capiva (o fingeva di non capire, e non so cosa sia peggio) cosa potessero avere le belle scandinave da temere nell’avanzata di immigrati musulmani e africani. Ecco la vittoria del patriarcato della sinistra: è riuscito a far accettare alle proprie donne il loro nemico.

Questo è lavaggio del cervello collettivo. Questo è una forma di fascismo.

Quindi certi gay si ribellano a tutto ciò e si lanciano a destra per ripristinare un mondo esteticamente impeccabile fatto di ragazzi bellissimi, vestiti in uniforme, che si amano e si spompinano liberamente senza che nessuno protesti.

Il loro mondo comprende anche le donne, siano esse omo o etero, anch’esse libere di usare il proprio corpo senza freni sociali.

La loro visione è chiaramente utopica e irrealizzabile, difatti tendenzialmente non si riconoscono in nessun partito od organizzazione sociale. Sono perciò invisibili.

Essendo tendenzialmente non violenti e  terribilmente ingenui, non fanno nulla per uscire dal loro cono d’ombra.

Sono la cattiva coscienza del postmoderno.

Napolitano: la verità su Rodotà

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NapRodotà

Compagno Rodotà, alla domanda del compagno Fazio

sul perchè il Pd non ti abbia votato, hai risposto:

non lo so, la mia storia è limpida.

Ebbene, compagno, proprio la tua limpida storia spiega chiaramente gli oscuri motivi che ti hanno inimicato tutti i poteri forti:

1) nel 1997 pubblichi un libro dal titolo “Tecnopolitica”, sottotitolo “dalla democrazia intermittente alla democrazia continua”,

che fa di te l’ispiratore del web come agorà, come forma di politica diretta:

da quel momento, compagno Rodotà, sei il nemico dell’intera classe politica di professione, dei partiti, degli apparati, e in particolare della sinistra,

2) nel 2009, come giurista commenti positivamente la decisione della Corte Europea sulla non costituzionalità del crocifisso nei luoghi pubblici,

da quel momento, compagno Rodotà, sei il più temibile nemico della Chiesa

(pensando in prospettiva anche ai matrimoni gay, unioni di fatto, diritto familiare etc).

3)  nel 2013 sostieni giuridicamente la non eleggibilità di Berlusconi in base alla legge 361/1957

(è ineleggibile chi goda di una concessione statale, una legge che di fatto con le televisioni Berlusconi viola dal 1994)

e da quel momento, compagno Rodotà, sei il nemico giurato di Berlusconi

e di tutti i centri di potere pubblico/privati che prosperano sul conflitto d’interesse.

Per questi solari motivi, ti sei inimicato tutti i poteri forti,

burocrazie politiche, chiesa cattolica, elites finanziarie

e al tuo posto è stato eletto il sottoscritto compagno Napolitano,

che ha sempre coltivato, anche torbidamente se necessario, l’amicizia dei poteri forti:

1) nel 1942, con l’Italia già alleata di Hitler e le leggi razziali in vigore, mi sono iscritto ai GUF, gli universitari del Partito Fascista,

e mentre i miei coetanei si davano alla lotta partigiana, io scrivevo di teatro sul settimanale fascista “IX Maggio”.

Nel Novembre del 1945, quando ormai era chiaro dove tirasse il vento, mi sono subito iscritto al Partito Comunista.

Da quel momento, ho l’amicizia di tutti i “trasformisti” “voltagabbana” “pentiti”

che come ben sai in Italia non sono pochi.

2) nel 1956, come leader del PCI, mentre a Budapest i carri armati sovietici schiacciano nel sangue i manifestanti,

firmo un comunicato nel quale si afferma:

“L’intervento sovietico ha impedito che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, e ha contribuito alla pace nel mondo”.

Da quel momento, caso forse unico al mondo, ho l’amicizia sia delle forze dell’ordine, che dei pacifisti.

3) nel 2013, come ultimo gesto prima di lasciare la carica,

concedo la grazia agli uomini della CIA

che avevano rapito un prigioniero politico palestinese dall’Italia,

con un’azione militare che di fatto ha ridicolizzato la sovranità nazionale.

Da quel momento ho l’amicizia degli Stati Uniti, della Cia e di Israele.

Capisci, compagno Rodotà, la verità è semplice,

anche a prescindere dai punti che ti ho elencato, ti basta accendere un computer:

se vai sul blog di Beppe Grillo trovi 3000 commenti, 7000 “like”, centinaia di migliaia di lettori, cittadini che si esprimono,  fanno politica,

se vai sul sito del PD trovi 20-30 lettori, nessun commento, nessun “like”, completamente perduta la capacità di fare politica,

certo che non è colpa tua,

tu da anni indichi la strada maestra del futuro,

e adesso che altri l’hanno seguita con clamoroso successo

a noi che da anni facciamo compromessi fallimentari

non resta che odiarti,

questo lo capirai, è umano.

Come potevi pensare che ti votassimo?

manifesto doppio della cultura, di massa e di potere

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culturaMan

Il Doppio Manifesto della Cultura, di Massa e di Potere, ha una doppia funzione, pubblica, ad uso della masse, e riservata, ad uso del potere.

Quest’ultima sarà mostrata privatamente al principe, allo sponsor, all’azienda, al politico

allo scopo di fargli sponsorizzare pubblicamente la versione di massa.

Chiaramente, il vero gesto sovversivo, sarà quello di scambiare i due files.

MANIFESTO DELLA CULTURA AD USO DELLE MASSE

1)    la cultura è il bene comune indivisibile per eccellenza

2)    la cultura è la risorsa economica primaria di ogni comunità

3)    la cultura è l’arma più potente in ogni genere di conflitto

4)    la cultura è il codice che mette in linea il passato e il futuro

5)    la cultura è la forma di vita eterna della specie umana

6)    non c’è individuo, senza cultura

7)    non c’è società, senza cultura

8)    non c’è politica, senza cultura

9)    non c’è benessere, senza cultura

10)  non c’è umanità, senza cultura

MANIFESTO DELLA CULTURA AD USO DEL POTERE

1)    la cultura non è gratis

2)    la cultura non è per tutti

3)    la cultura non è commestibile

4)    la cultura non è biodegradabile

5)    la cultura non è naturale

6)    la cultura è artificio

7)    la cultura è appropriazione

8)    la cultura è persuasione

9)    la cultura è potere

10)  la cultura è in vendita

Pesenti cosa ti dico!

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Bergamo Fondazione italcementi convegno annuale nella foto Giam

lettera aperta dei lavoratori Italcementi (665 nuovi cassintegrati solo quest’anno)

al signor Giampiero Pesenti, 82 anni (7,5 milioni di euro quest’anno  tra stipendio, bonus e trattamento di fine mandato)

e a suo figlio Carlo, 1,9 milioni quest’anno:

cari padroni-Pesenti, in due ci costate come 1000 (mille) lavoratori-pezzenti,

e poiché in araldica il nome della famiglia Pesenti deriva proprio da “pezzenti

siamo certi che conosciate bene la situazione “pezzenti” con figli affamati, affitti alle stelle  e niente lavoro:

insieme, caro Giampiero, abbiamo cementificato l’Italia, che era un giardino,

e adesso che non c’è più niente da cementificare, con la società in rosso di 360 milioni e debiti accumulati per 2 miliardi, non è bello che noialtri si debba stare senza lavoro in mille persone, mentre voi due continuate a guadagnare come e più di prima,

perciò, Giampiero, senti bene cosa puoi fare invece di deprimerti e finire i tuoi giorni barricato in casa ossessionato dal “Memento Mori”:

destina questi 10 milioni vergognosi alla fondazione “Cemento Mori©,

che ha come fine sociale quello di de-cementificare la penisola,

sarebbe cosa logica adesso, dopo averla cementificato, de-cementificarla insieme,

finanziando ricerca, progetti di recupero e riconversione aree degradate, abbattimento edilizia inutile, interventi di bonifica ambientale, misure di prevenzione del dissesto idrogeologico, et coetera.

In questo modo, darai lavoro a 1000 persone, Giampiero,

un lavoro utile, mettiamo un po’ a posto l’Italia,

ma per cominciare devi accettare di sacrificare il tuo carattere schivo,

avere la copertina del tuo libro nelle vetrine delle librerie,

la tua foto sulle copertine delle riviste, il tuo nome negli editoriali,

e come benefattore! sarebbe veramente sovversivo!

prendi parte alla “sovversione dei gerontocrati”, plutocrati che si convertono al turbo-ecologismo, l’unica rivoluzione possibile in Italia,

parlane anche ad altri plutocrati ottuagenari amici tuoi,

la congiuntura storica vi permette di debordare di 360 gradi

e dopo una vita grigia da anonimi plutocrati,

passare alla ribalta come grandi filantropi,

che è meglio di niente,

ma sbrigati, come certo avrai notato, il plutocrate ottuagenario, dopo l’illuminazione tardiva, dispone di un breve lasso di libertà operativa,

dopodichè viene schedato come alzheimer e interdetto dai suoi stessi figli, avvocati e medici, in combutta tra di loro, è matematico!

il programma Casaleggio per la PMI

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QUINTO DI TREVISO: GRILLO INCONTRA GLI IMPRENDITORI AL BHR

dal compagno clandestino FC, dell’Internazionale Situazionista sez. Padova, riceviamo e con riserva pubblichiamo questaSintesi per punti e argomenti” del programma Casaleggio – Grillo per la Piccola e Media Impresa:

1 – Lo Stato paghi subito, senza ulteriori scuse o balzelli, i debito contratti direttamente alle imprese e ai cittadini. Tutti i 90 o 130 miliardi devono essere resi subito incassabili, anche attraverso cessione dei crediti in pro-soluto verso le banche o la cassa depositi e presiti, e comunque compensabili con altre tasse dovute o girabili ad altre aziende (favorendo la rete fra imprese).

2 – L’Iva diventi dovuta allo Stato quando incassata (e non quando semplicemente fatturata)e tutte le fatture o prestazioni siano, per legge, pagabili in massimo 60 giorni (devono essere lo Stato, gli enti o le grandi aziende a finanziarsi dalle banche per la necessità delle forniture, non i piccoli fornitori).

3 – L’Irap venga ridotta ed eliminata in massimo 1-3 anni (è un’assurda tassa sull’occupazione e sugli interessi passivi oggi sempre più elevati).

4 – L’Imu sulla prima casa e sugli stabilimenti produttivi e turistici venga annullata o drasticamente ridotta (almeno per quelle famiglie e aziende che non hanno reddito o profitti sufficienti a giustificarla).

5 – La Tares, nuova tassa che ammazzerà un’ulteriore parte delle aziende, venga sospesa o ricalibrata (così come pensata sarà un ulteriore flagello su un’economia esangue!).

6 – L’aumento dell’Iva dal 21% al 22% dal 1° luglio 2013 venga sospeso (sarà un’ulteriore drenaggio dei pochi soldi rimasti ai cittadini per foraggiare uno Stato sempre più ingordo!).

7 – La disoccupazione e cassa integrazione/esodati/mobilità costa allo stato 50 mld/anno; gran parte di questi potrebbero essere risparmiati se questi NON Occupati venissero esentati per 3-5 anni da contributi e tasse (verrebbero assunti dalle imprese, l’80% in uno-due anni, con un tangibile risparmio di spesa pubblica!).

I SOLDI CI SONO! 800 miliardi all’anno di spesa pubblica che può essere ridotta di almeno il 20-30% in pochi anni, (pesa al 58% del PIL in Italia, quando la media dei paesi OCSE virtuosi è del 40%). 150-200 miliardi sono risparmiabili in 1-3 anni partendo dal taglio delle spese inutili, consulenze non indispensabili, spesa politica, stipendi e pensioni d’oro e adozione, come ha fatto la Svizzera, del rapporto 1/12 fra stipendio o pensione minimo/massimo che oltretutto sarebbe una misura dovuta e di rispetto democratico fra cittadini e poteri!

A) 70-100 mld. di spesa sugli interessi del debito pubblico ed ulteriori 300-400 mld. di rinnovo annuo si possono ridurre velocemente se usassimo, anche solo in parte, i patrimoni della Banca d’Italia 140 mld. di riserve, della CDP 240 mld. giacenti costantemente, delle migliaia di partecipate pubbliche, del patrimonio pubblico non utilizzato bene che potrebbe essere ceduto a fondi trasparenti, quotati e ben gestiti. La stima va da un minimo di 600 mld. agli ottimistici 800 mld. che farebbero in 2-3 anni scendere il debito pubblico dai 2.050 mld. (130% del PIL) ad un più congruo 80-90% del PIL, riducendo così lo spread (interessi) per lo stato, le banche, cittadini ed imprese, simile a quello tedesco. (e da subito si devono rinegoziare le condizioni con la BCE e le Banche) (1)

B) 70 mld. sono il costo della corruzione-concussione, soprattutto pubblica, che impedisce a una sana economia di emergere incentivando invece mafie ed intrallazzatori (facendo scappare dall’Italia tutti i talentuosi cervelli ed imprenditori).

C) 50-100 mld. è la stima da più enti di una sana modernizzazione dello Stato (maggior efficienza e produttività per tutto il sistema delle imprese e dei cittadini, con meno code, meno formulari, meno burocrazia) partendo da una riqualificazione e diverso rapporto, più rispettoso, fra stato e cittadini.

D) 30-70 mld. sono recuperabili da una lotta all’evasione dopo che le tasse saranno riportate alla media OCSE del 30%; abbassando l’attuale livello, insostenibile, del 70%. Solo dopo questa riforma fiscale, dopo che le tasse saranno congrue e tollerabili si potrà attuare una lotta vera, condivisa dai cittadini, all’evasione.

Altri dettagli e misure, ad esempio come:

– Ridurre l’attuale spesa per la socialità di circa 50 mld/anno riformandola con un reddito di cittadinanza, che costerebbe meno dell’attuale e che potrebbe essere vincolato a una prestazione sociale a favore dei cittadini.

–  Quasi 150 mld/anno vengono pagati alla CEE, BCE ed alle Banche fra Interessi passivi, contributi all’eurocrazia ed al fondo di solidarietà; sono il 20% dell’intera spesa pubblica e vanno rinegoziati predisponendo un piano “B” nel caso di rifiuto.

– I costi delle ambasciate, consolati, ICE ed Istituti Italiani di Cultura dovrebbero essere ridotti ed accorpati; ma sopratutto re – indirizzati verso azioni utili e/o propedeutiche all’export ed ai nostri cittadini/imprese che operano nel mondo.

–  Gli investimenti in Ricerca e Sviluppo nelle nostre aziende producono occupazione, prodotti, incremento del PIL e del benessere a tutti i cittadini, vanno quindi incentivate attraverso degli automatismi di credito d’imposta (vanno anche ricalibrati e ri-valutati i 14 mld di contributi per i progetti CEE, dei quali solo il 60% ritorna in Italia e spesso a pagare progetti cartacei, consulenziali di dubbia efficacia per la nostra economia.

–  L’Italia negli anni ’70 aveva il 13% del Turismo mondiale; ora solo il 4,5%, abbiamo perso 2/3 in 30 anni pur avendo il 50% del patrimonio culturale del mondo; E’ urgente una modernizzazione con strumenti di messa in rete (web), divulgazione coordinata e strategica a livello nazionale e soprattutto internazionale con spesa commisurata ai soli risultati ottenuti.

Il futuro è fatto di più materia grigia e meno materia prima, nel senso che dobbiamo allargare le nostre menti, tecnologie e talenti più che i capannoni e merci trasportate.

la conversazione è morta

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fiume fabbrica 2 copia

(Guy Debord, Internazionale Situazionista, commentari alla SdS, 1988, par.X, dove il maestro prefigura l’esito del web quando ancora non esisteva) 

Nel realizzare la distruzione della logica, in base ai suoi interessi fondamentali, il nuovo sistema di dominio si è servito di vari mezzi che si sono sempre sostenuti l’un l’altro.

Molti di questi riguardano la strumentazione tecnica che lo spettacolo ha sperimentato e reso popo­lare, ma alcuni sono legati piuttosto alla psicologia di massa della sottomissione.

A livello tecnico quando l’immagine costruita e scelta da qualcun altro diventa il principale rapporto dell’indi­viduo con quel mondo che prima, dovunque andasse, guardava da sé, allora è innegabile che l’immagine reg­gerà tutto,

perché all’interno di una stessa immagine si può giustapporre senza contraddizione qualunque cosa.

Il flusso delle immagini trascina tutto con sé ed è sem­pre qualcun altro che governa a suo piacimento questo riassunto semplificato del mondo, scegliendo dove indi­rizzare la corrente e anche il ritmo di ciò che dovrà mani­festarsi, come perpetua sorpresa arbitraria, non volendo lasciare tempo alla riflessione, prescindendo del tutto da ciò che lo spettatore può capire o pensare.

In que­sta esperienza concreta della permanente sudditanza va individuata la radice psicologica dell’adesione così gene­rale a ciò che è lì in quel momento, riconoscendogli ipso facto un valore sufficiente.

Il discorso spettacolare tace evidentemente non solo su quanto è segreto, ma anche su ciò che non gli conviene, per questo motivo ciò che mostra è sempre avulso dal contesto, dal passato, dalle intenzioni e dalle conseguenze, quindi è completamente illogico.

Poiché nessuno lo può contraddire, lo spettaco­lo ha il diritto di contraddire se stesso e di correggere il proprio passato.

I suoi servitori, quando devono far co­noscere una versione nuova, ancora più falsa, magari, di alcuni avvenimenti, correggono l’ignoranza e le interpre­tazioni scorrette attribuite al loro pubblico con atteggia­mento sprezzante,

quando proprio loro il giorno prima si erano affrettati a diffondere quell’errore con la solita sicumera.

In tal modo l’insegnamento dello spettacolo e l’ignoranza degli spettatori sono ritenuti, indebitamente, antagonisti, quando in realtà derivano l’uno dall’altro.

Il linguaggio binario del computer è anch’esso un’incita­zione irresistibile ad accettare in ogni momento, senza alcuna riserva, ciò che è stato programmato così come ha voluto qualcun altro ma che viene fatto passare come l’origine atemporale di una logica superiore, imparziale e totale.

Non sorprende quindi che fin dall’infanzia gli scolari vengano iniziati facilmente e con entusiasmo al Sapere Assoluto dell’informatica, mentre ignorano sempre più la lettura che esige un vero giudizio a ogni riga, e che è anche la sola che può dare accesso alla vasta esperienza umana anti-spettacolare.

Perché la conversazione è morta e ben presto lo saranno anche molti che sapevano parlare.

Guy Debord, Commentari alla società dello spettacolo, 1988, par.X;

edito da Fausto Lupetti Editore

http://www.faustolupettieditore.it/catalogo.asp?id=206) 

imago by Virgilio Fidanza per FaustoLupetti/CalepioPress

http://www.virgiliofidanza.it/

la nuova merce informazione

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HPIM2103

(4 note di B.Horn sulla trasformazione in corso della merce-informazione)

1. In passato i mass-media erano espressione egemonica sulla società di un potere economico che li utilizzava per costruire il suo immaginario,

il racconto di sé come unica società possibile, con una mediazione sociale chiamata libertà di stampa.

Come ogni libero pensatore ha potuto verificare sulla propria pelle,

la stampa, costretta nell’economia dell’informazione,

è libera quanto il nullatenente è libero di non andare a lavorare.

2. Oggi la comunicazione è merce nuova. Una merce che realizza il suo valore nello scambio www fra milioni di persone che al tempo stesso sono produttori e utenti.

Una merce gratuita intercettata e controllata nella sua circolazione a costo zero dai generatori di software, dai motori di ricerca e dai social network, nuove forme di monopolio dell’industria del consenso.

Così controllata, la merce comunicazione produce ricchezza per le elites finanziarie

ad opera di eserciti di persone a cui è concesso uno stato di sopravvivenza precaria nella perenne ricerca della notorietà  e del successo.

3. La nuova merce comunicazione genera comportamenti ed emozioni che sono alla base dei consumi e dunque dei flussi finanziari.

La merce comunicazione è dunque una merce di tipo nuovo, che si fonda su uno scambio simbolico culturale in grado di diffondersi  e farsi mercato e generare miliardi di utenti.

4. Mentre la vecchia merce entrava in eccesso nei mercati e provocava la ciclicità delle crisi economiche, ora la merce comunicazione non ha alcuna ciclicità,

il suo potere distruttivo può indirizzarsi verso il valore delle economie che si vogliono soggiogare indipendentemente dal ciclo economico.

La vecchia merce distruggeva i mercati per quantità in eccesso,

la nuova merce distrugge agendo sul valore dei mercati.

Il  valore economico di intere comunità, culture, nazioni può essere raso al suolo e ricostituito ottenendo gli stessi risultati di una guerra senza l’uso delle armi.

La merce comunicazione è la forma attuale dell’economia politica.

B.Horn