il curriculum della Olivares

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olivares

La bella e dinamica Olivares,

è la nuova super-manager di Bergamo2019, assoldata dal Comune a 225.000 euro (secondo il Corriere della Sera) implementabili a 700.000 e oltre (secondo Il fatto quotidiano).

Docente di organizzazione eventi all’Università Cattolica di Milano,

consulente per le relazioni culturali del ministro-conte Terzi di Sant’Agata a Roma e consulente di Expo2015 a Milano-Rho,

l’affascinante e attraente Olivares,

come si apprende spulciando vecchi rotocalchi gossip (gli unici organi di stampa che in Italia tengono fede alla missione giornalistica, rivelando qualcosa)

ha anche un marito, che per la verità è il suo secondo marito:

un articolo di Amica del 2003 spiega: detta Chicca, belloccia, ex consigliere di amministrazione Rai, proprietaria delle edizioni Olivares, fondatrice del gruppo “Donne in carriera”, una passione per i tailleur pantalone giallo uovo e tacchi a spillo, due mariti.

Il primo, architetto, “era un’ottima moglie. Io viaggiavo, ero sempre negli Usa per lavoro. Lui stava in casa e faceva in modo che la mia vita funzionasse perfettamente. Poi, però, non mi bastò più sapere che, ovunque fossi la sera, lui stava facendo il minestrone. Così lo lasciai.”

Il secondo marito è Carlo Maria Ferrario, presidente della Banca  Schroder: dura da 15 anni. “Ho trovato un tipo straordinario! Non rompe, si rende utile. Ottimo.”

Su D di Repubblica del 1996 apprendiamo che col secondo marito la Chicca riscopre i piaceri della donna di casa:

appena nominata consigliere di amministrazione della Rai, Federica Olivares, ha organizzato un incontro conviviale tra il leader del Pds, Massimo D’ Alema, e alcuni tra i massimi esponenti del mondo degli affari.

La cena si è svolta nell’appartamento della coppia Ferrario-Olivares in pieno centro cittadino…

In questo quadretto d’epoca,  risulta veramente difficile immaginare che D’Alema possa aver detto “qualcosa di sinistra”.

Non è mai facile per nessuno tirare fuori a tavola il noto aforisma di Engels:  i capitalisti amano realmente la cultura, e sposano donne colte che amano realmente i soldi, diventando così dei pervertiti che  in pubblico si scambiano i ruoli, per cui i mariti, che amano la cultura,  si dedicano ai soldi, e le mogli, che amano i soldi, si danno alla cultura.

Chiaramente non alludiamo a te, Chicca, dal momento che tu, conti alla mano, ti dedichi in prima persona sia alla cultura, che ai soldi.

Come rivela un recente dossier pubblicato di Dagospia:

La casta è femmina. A colpire è la disinvoltura con cui il conte bergamasco e Cavaliere del Sacro Romano Impero, Terzi di Sant’Agata, ha elargito consulenze privilegiando l’universo femminile.

Il giorno dopo il giuramento di Monti eccolo firmare un incarico di consulenza a Pia Luisa Bianco per 40mila euro. Quindi il munifico Terzi ingaggia Cristina Di Vittorio e Manuela Giordano per 90 e 40mila euro. E dopo due settimane è la volta di Federica Olivares, alla quale Terzi destina 80mila euro per le “relazioni culturali”. E la lista potrebbe continuare…

Con questi precedenti, non deve essere stato difficile ottenere il super cachet dai laboriosi bergamaschi (Formigoni).

I compagni del Vernacoliere titolerebbero senza problemi:

la moglie ingorda del banchiere si prende nella cultura tre cachet per volta, e uno più grosso dell’altro!!!

Oltre al mega-cachet-Olivares, i laboriosi bergamaschi  rischiano di pagare anche il mega-risarcimento (300.000 euro) preteso da Bertollini, il project-manager silurato.

Che la cultura, in questo circus, abbia la parte del clown, lo si evince rileggendo oggi le parole “poco diplomatiche” del manager silurato:

«Grazie ai contributi che arrivano dallo Stato, dall’Unione europea e dagli sponsor si finanziano nuove infrastrutture, ma anche progetti già in programma. Sarà decisiva l’attività di lobby»

Traduzione: come in una commedia di Pirandello, nel nome della cultura salteranno fuori i soldi per alimentare l’esatto opposto, cioè l’edilizia ignorante, come lo sfascio della Rocca, da completare.

(traduzione di lobby,  dal dizionario di inglese Garzanti: gruppo di persone che fa manovre di corridoio per far passare un progetto di legge).

Ora ci è più chiaro cosa stiano facendo nel nome della cultura e a cosa serva la Chicca con il suo salotto (che puzza di minestrone).

Quello che i capitalisti non dicono, è che il progetto “capitale europea della cultura” prevede per il 2019 manifestazioni per costi dai 30 ai 90 milioni di euro, con capitale pubblico ipotizzato fra il 60 e il 90 per cento. Vista la torta, si sono buttati a pesce.

Non si sono nemmeno sognati di chiedere ai cittadini, o quantomeno agli operatori culturali: cosa ne pensate di presentare Bergamo come candidata capitale europea della cultura?

Non si sono minimamente preoccupati di creare partecipazione (come sta facendo Ravenna) promuovendo realmente incontri e comitati pubblici.

No. In modo autocratico, hanno svuotato le casse del Comune per ingaggiare super-manager a peso d’oro uno dopo l’altro,

quindi hanno riempito la città di ridicoli e costosissimi totem (già da buttare causa vandalismi: e ai compagni imborghesiti che hanno perso il senso critico, ricordiamo che chi offende la cultura e spreca soldi pubblici non è il ragazzino che scrive “siete degli sfigati” su questi totem da sfigati, ma la Giunta che li ha voluti e collocati)

poi hanno aperto un sito patetico-sottocosto con una pagina dove si invitano i cittadini a mandare le loro idee: peccato che non ci sia lo straccio di un accesso, una mail, un pulsante, niente. Più avanti c’è la sezione “entra nello staff” dove ti invitano a mandare il curriculum: “solo così potrai essere selezionato per lavorare come volontario”.

Infine ci sono le figurine con i personaggi storici (scelte molto, ma molto discutibili) con  4 righe ciascuno, e indegne, stile tesine “tirate giù da wikipedia”.  E questa sarebbe la vetrina di una capitale della cultura?

Cosa ci manca  per capire fino in fondo il senso della sceneggiata?

Un trafiletto pubblicato pochi mesi fa da una testata locale (La Rassegna): a Bergamo sono stati tagliati i fondi per permettere ai centri socio culturali, ossia agli avamposti culturali nei quartieri meno chic, di comprare dei libri da dare in prestito e in lettura agli abitanti. Poche centinaia di euro: mica cifre da paura. Insomma, nella capitale europea della cultura in pectore non si trovano mille euro per dare da leggere a pensionati e studenti delle periferie,

Ecco cosa c’è dietro la pagliacciata della capitale della cultura:

si tagliano 700 euro (settecento) alle biblioteche di periferia,  e si regalano 700.000 euro (settecentomila) alla moglie di un super-banchiere (e al conto si potrebbero aggiungere i 300.000 del risarcimento al suo predecessore!).

Totale: un milione di euro, e per cosa, poi, per quale ideona?

La Olivares si è presentata brillantissima con un concept basato sui dualismi forti: Città Alta e Bergamo Bassa, la pianura e le valli. (fonte: L’Eco)

Un milione di euro per sentirsi dire Berghem de sura/Berghem de sota? Ma il vero passo falso della Chicca sono state certe dichiarazione bassamente altezzose, come Bergamo è una città affascinante, ma non attraente.  Immaginiamo pure la conclusione: non si sa vendere! (al contrario di te, Chicca!)

Queste genere di vaniloquenze, Chicca, ti si rivolta contro:

per cui oggi sei tu la provinciale attraente che appena apre bocca perde tutto il fascino, capisci?

C’è una sola cosa che puoi fare a questo punto, Chicca, te lo dico da amico:

lasciati possedere fino in fondo dallo spirito dei grandi bergamaschi

ti parlo di Bartolomeo Colleoni, che ha lasciato tutto il suo patrimonio alla Repubblica Veneta;

ti parlo di Francesco Nullo e Gabriele Camozzi, che hanno prosciugato le loro aziende per finanziare la spedizione dei Mille;

ti parlo del conte Giacomo Carrara, che ha donato alla città la sua pinacoteca,

e la lista potrebbe continuare… Capisci l’antifona? Si che la capisci!

E allora, se sei veramente una donna di status superiore, entra nello spirito Colleoni, Nullo, Camozzi e Carrara, e finalmente ti sentirai realmente appagata, e non solo pagata, per cui farai un bel comunicato stampa, e restituirai il capitale alla collettività.

Poi, se davvero credi nel tuo progetto per la cultura,  sarai la benvenuta, e ti basterà fare quello che chiedi di fare a noi:

entra nello staff, manda il tuo curriculum,  

solo così potrai essere selezionata come volontaria e lavorare alla costruzione della Bergamo del futuro!

tu sei giovane non sai come la vita sia bella

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boz0003_1

ho riferito al signor Dante A., 93 anni, del grande riscontro suscitato dal suo j’accuse alla capitale della cultura lanciato da queste colonne con  il post-intervista “Bergamo commedia dell’assurdo”,

per provocarlo, ho aggiunto: «milioni di budget, centinaia di totem, schiere di project manager e assessori, mesi di lavoro, viaggi, riunioni, comunicati stampa: tutto mandato in fumo da un pensionato che su un blog dice le cose come stanno!»

nell’occasione, il signor Dante ha emesso un grugnito;

poco dopo, la maschera incartapecorita del suo viso si è distesa quasi magicamente nei tratti di un sorriso, ed è stato quando gli ho letto un commento pubblicato da un lettore: “dietro la Capitale della Cultura imperversa la Cultura del Capitale, ma di notte, dalle mura di S.Giacomo, come ne “L’orologio”, si sente il ruggito dei Leoni”

«questo è un mio ex alunno!» ha affermato il signor Dante.

Il commento in questione  (il cui autore è risultato poi essere un noto architetto e accademico) ha ricordato  al signor Dante una sua lezione (di mezzo secolo fa) sul romanzo “L’orologio” di Carlo Levi,

libro che il signor Dante mi ha subito chiesto di prendere indicando col dito-artiglio un settore in alto a sinistra della sua gigantesca biblioteca (il signor Dante possiede più di 5000 libri, ognuno dei quali contiene una serie di foglietti-segnalibro-citazioni).

salito sulla scala pericolante, esattamente dove mi ha detto la mia guida,  tra “Cristo si è fermato ad Eboli” e il “Programma rivoluzionario di giustizia e libertà” (Levi, Lussu, Nitti, Rosselli, Salvemini) ho trovato “L’orologio” di Carlo Levi.

«Leggi l’incipit» mi ha chiesto il signor Dante.

La notte, a Roma, par di sentire ruggire leoni.

Un mormorio indistinto è il respiro della città, fra le sue cupole nere e i colli lontani, nell’ombra qua e là scintillante.

E poi quel suono, insieme vago e selvatico, crudele ma non privo di una strana dolcezza, il ruggito dei leoni, nel deserto notturno delle case.

«Attento!» mi ha intimato il mio duce: dalle pagine del libro aveva preso il volo un foglietto color vinaccia che infine sono riuscito ad afferrare, non senza pericolo, ritrovandomi tra le dita una una vecchia etichetta di “Amaro Strega”:

sul retro, a penna, la scritta “Roma, Ninfeo Villa Giulia, Luglio 1951”, e gli autografi di Carlo Levi, Corrado Alvaro, Domenico Rea, Alberto Moravia e Mario Soldati.

A quel punto il signor Dante ha emesso un altro grugnito, e con gesto inequivocabile ha voluto tra le mani il libro, ricercando a memoria la pagina dove quel segnalibro stava da più di 60 anni.

Dopo meno di un minuto, trovata la pagina, un secondo sorriso, rapido, ha illuminato i suoi occhi. Prima di rimettere a posto libro e segnalibro, ho naturalmente preteso di leggere la pagina de “L’orologio”  nella quale una sera d’estate romana di 62 anni prima il signor Dante aveva “lasciato il segno”:

Tu non sai, perché sei giovane, come, a mano a mano che ci si avvicina alla morte, la vita sia bella;

come si accresca, si illumini in ogni sua minima cosa, di verità e di ragione;

è come se si salisse su un monte, e l’orizzonte, a ogni passo, si allargasse sotto di noi.

A un certo momento, quando la morte è dietro le spalle, pare di camminare in un mondo fatto, da ogni parte, di infinite verità…

Forse, quando si arriva in cima, l’orizzonte sarà così vasto e lontano che si confonderà in tutto col cielo; e forse questa è la morte.

«o forse» ha chiosato il signor Dante «è l’alzheimer»

Quindi, afferrata con gesto grifagno la ruota della carrozzina, mi ha dato le spalle.

imago: bozzetti “Dante” by Fratelli Mattioli http://www.fratellimattioli.it/

nemo propheta in patria

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AmbrogioDaCalepio2

(de Ambrosii Calepinii Lexicon in patria oblitteratus / latina – italica – anglica versio)

nemo propheta in patria est in specie si mala tempora currunt

sicut Ambrosius noster conditor Calepinus a Bergomi MMXIX comitato oblitteratus

quamvis Ambrosius magnificus antenatus internet sit cum anno domine MDII primus lexicon creavit

et populus statim intelligere potuit in vulgari latinam missam et  legem Ambrosio gratias

postea multiplas editiones fecerunt in globis linguisque terrarum et omnes linguae mundi in coniunctione semiotica omnibus fuerunt

ergo Ambrosii supulchro epigramma recitat  eum loqui vel ipsa saxa docet

sed Bergomi rectores saxorum stolidiores manifesto videntur

LEONE XIV – ANNO DOMINE MMXIII DIXIT – EGO VOS SUM

nessuno è profeta in patria specie se corrono tempi cupi

è il caso del nostro fondatore Ambrogio da Calepio dimenticato dal comitato Bergamo2019

nonostante sia il magnifico precusore di internet  avendo inventato nel 1502 il primo vocabolario che permise al popolo di comprendere direttamente in volgare le parole latine delle funzioni religiose e degli editti legislativi;

in seguito il Calepino fu il primo best seller della storia, stampato in moltissime versioni e tutte le lingue del mondo  furono interconnesse per tutti;

ecco perché sulla tomba di Ambrogio da Calepio un’epigrafe recita

che Ambrogio da Calepio insegna a comunicare perfino ai sassi,

ma evidentemente i rettori di Bergamo sono più stolidi dei sassi.

LEONE XIV – proprietà letteraria 2013 – IO SONO VOI

nobody is prophet in fatherland, especially in badtimes

so our founder Ambrogio da Calepio is forgotten by Bergamo2019 committee

in spite of he is the magnificent precursor of world wide web since he created the first dictionary in 1502 so that common people could understand in italian church’s and king’s latin language;

then many editions were made all in the world and every language’s meanings were linked each others;

that’s why on Ambrogio’s tomb an epigraph says: also to stones he teaches how to communicate;

but obviously Bergamo’s leaders are stubborner than stones.

LEONE XIV – copyright  2013 – I’M YOU

imago: Ambrosius Calepinus Lexicon auctor et Calepio Pressiones conditor in MDII

quel cane del Belotti

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zoeYama

quel cane del Belotti non abbaia, ulula,

non mangia, divora, non sopporta il guinzaglio,

non obbedisce agli ordini, non fa le feste, non tollera gli altri cani,

non sta nella cuccia, non si lascia montare,

non ama i fiori, i gatti, i postini, i passanti, le biciclette, le moto, le auto,

soprattutto si infuria con la gente che parla al telefono o fa le foto

(nella foto-Ansia: l’ultima foto fatta dal povero Belotti prima che il suo cane gli   azzannasse la Canon.

Il povero Belotti, rimasto senza mezzi di sostentamento, cercava di fotografare la sua amata Yamati – motore Yamaha telaio Ducati –  allo scopo di venderla su e-bay per nutrire sé e il proprio cane, ma non aveva fatto i conti col proprio cane)

verde

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valore_rosso

non esistono scale assolute di giudizio, ma solo scale relative.

se i nostri occhi vedessero solo un uniforme infinito campo rosso, non saremmo in grado di riconoscere il colore rosso.

se invece il campo fosse diviso in due parti, una rossa e una di un altro colore, allora potremmo avere la cognizione del rosso.

ne consegue che qualunque giudizio, o valore, è possibile solo grazie ad un contrasto che palesi l’esistenza di un altro valore.

una persona è un imbecille perché è attorniata da altre persone che palesemente sono diverse. in un mondo di soli imbecilli, invece, la cognizione dell’imbecillità è inesistente.

applicando questo principio alla felicità e all’infelicità, per fare un altro esempio, si deduce che una vita di sola felicità non può esistere, perché la felicità esiste solo in relazione all’infelicità. bisogna stare male per poter poi stare bene e capire cosa voglia dire stare bene. oppure: anche i ricchi piangono.

gli uomini, da che mondo è mondo, si ammazzano tra di loro. e se non si ammazzano, quantomeno si insultano, dividendosi spontaneamente in fazioni.

questo almeno è ciò che osserviamo da sempre appena saliamo su un albero e ci prendiamo qualche attimo di respiro tra un’uccisione e l’altra, tra un insulto e l’altro.

se azzardiamo – e noi azzardiamo – possiamo dire che l’umanità si comporta come i colori: tutti d’accordo, dello stesso colore, non possiamo essere, perché sarebbe come non esistere.

ma agli occhi di chi? chi ha bisogno di una guerra per definire giudizi sugli uomini?

temo la risposta sia: ancora noi stessi, gli uomini.

ma tutto questo è letteratura, anche se sempre stuzzicante dal punto di vista intellettuale.

andiamo oltre.

ho letto una volta di un giardino zen giapponese, di quelli con la sabbia pettinata, con dentro N pietre: queste sono disposte in modo tale per cui, da qualunque angolazione le si guardi, se ne vedono (e contano) sempre e solo N meno una.

quando ho sentito la prima volta questa storia mi ha affascinato.

una persona potrebbe passare un’infanzia in quel giardino, contando sempre N-1 pietre, fino al giorno in cui sale su un albero e scopre che in realtà sono N.

e qui introduciamo un concetto nuovo: non solo ogni valore, per esistere, deve essere relativo ad un altro valore, ma può pure essere sbagliato.

questione di punti di vista.

la cosa è molto sottile: io che vivo nel giardino conto N-1 pietre e sbaglio, e chi vive invece su un albero conosce un valore più corretto del mio, assolutamente più correto, e cioè che le pietre in realtà sono N.

e credo che nessuno possa mettere in dubbio questo concetto, una volta salito sull’albero.

insomma questa storia del giardino giapponese ci impone di accettare che esistono valori più o meno corretti, in base al punto di vista. cioè sembra proprio che non possiamo negare che esista una scala assoluta di verità, basata sui punti di vista, e che certi punti di vista ci danno giudizi, valori, più corretti di altri.

e questo non è più letteratura.

questo è un macigno.

perché dice che c’è qualcuno (chi sta sull’albero) che può dire agli altri (quelli che vivono nel giardino) di sbagliare, in modo incontrovertibile. chi sta sull’albero sa di possedere un giudizio migliore di chi sta a terra. tout court.

quindi le scale assolute di giudizio esistono.

l’unica cosa che non esiste è un giudizio supremo, ultimo, perché anche chi sta su un albero potrebbe essere smentito da chi vive in un buco spazio temporale, e chi vive in un buco spazio temporale potrebbe essere smentito dai morti.

in definitiva a cambiare punto di vista non si arriva da nessuna parte, ma quantomeno si capisce chi ha torto.

e in ogni guerra c’è qualcuno che ha torto e qualcuno che ha ragione.

 

Bergamo2019 adv revolver

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BG2019revolver

ribaltando il logo Bergamo capitale della cultura

si ottiene un revolver puntato sulla cultura del capitale

premendo il grilletto si fanno saltare le cervella di media, politici e vip locali

basta un solo colpo per farli fuori tutti e tre in fila (essendo allineati)

chi voglia provare l’esperienza non deve fare altro che andare sul blog de L’eco di Bergamo (Eco lab), dove troviamo il post “Bergamo 2019: il lavoro fà cultura”:

revolverata primo impatto:  “fà cultura” con l’accento, più che cultura, fa ignoranza;

revolverata secondo impatto: nel post in questione, si leggono le seguenti dichiarazioni

“Bergamo ha una credibilità anche economico-finanziaria che nessun’altra candidata può vantare, bisogna approfittarne”.

Il sindaco Tentorio: “Abbiamo le carte in regola. Dobbiamo crederci”.

L’assessore regionale Terzi: “Vi darò una mano in regione, sperando che Mantova non ne abbia a male”.

La signora Federica Olivares, a capo del “team internazionale che lavora al dossier da presentare in Europa”:  “Bergamo oltre le Mura in un’Europa senza mura è il concept. Il programma di azione si svilupperà su dualismi forti: Città Alta e Bergamo bassa…”;

revolverata terzo impatto: il post dei “fà cultura” finisce in gloria con “gli ambasciatori” di Bergamo capitale della cultura: Atalanta e Foppapedretti, Alessio Boni e Giorgio Pasotti, Gimondi, Krizia e Trussardi, Roby Facchinetti e Gianluigi Trovesi, Vittorio Sgarbi e Vittorio Feltri,  Bruno Bozzetto e Cristina Parodi.

Il post in questione in una settimana ha ottenuto 1 mi piace.

Evidentemente i personaggi citati come ambasciatori sono i primi a vergognarsi di aver dato il loro nome e anche  i primi a non aver raccolto l’invito del sindaco.

Dunque L’Eco di Bergamo con 60.000 lettori e 14.000 follower e un bilancio in milioni ha messo in piedi un mega-blog in collaborazione con l’Università e l’Ipsos (e immaginiamo con un adeguato budget) per pubblicare un post “ecumenico” che in una settimana ottiene 1 mi piace.

Parere del vecchio monsignore: dovevano affidare il blog agli oratori, sono lì che ci sono i ragazzi social-web, non negli istituti di sondaggio e marketing.

In realtà puoi mettere in campo tutti i soldi che vuoi, le partnership, le pr, la pubblicità, ma se non hai la materia prima del pubblicare, e cioè l’informazione, il senso critico, il coraggio della verità,  sul web vieni preso a revolverate.

l’arena romana sotto il seminario di Bergamo

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Riguardo all’archeo-scoop divulgato dal signor Dante A. nel post “Bergamo commedia dell’assurdo” (l’arena romana sotto il seminario) da una prima ricerca abbiamo trovato le seguenti fonti:

> Giovan Battista Rota, “Dell’origine e della storia antica di Bergamo”

pubblicato da Vincenzo Antoine a Bergamo nel 1804,

(disponbile in pdf scaricabile gratuitamente dal sito dell’Università dell’Illinois – USA)

capV – dell’antico anfiteatro di Bergamo:

“Che Bergamo avesse l’anfiteatro, non è da dubitarne.

Il luogo in cui esso era situato anche oggidì si chiama Arena.

Dell’uso di spargere d’arena il campo, affinché assorbisse il sangue, e vi si potesse combattere con piè sicuro, derivò all’anfiteatro il nome di arena.

Sappiamo di certo che alcune città d’Italia e d’oltremonti, Nimes, Arles, Milano, Bergamo, Verona ebbero anfiteatro stabile, cioè di muro.

Si poté costruire in Bergamo un ampio e magnifico anfiteatro, senza far venire di lontano i materiali, trovandosi nel suo distretto cave di pietra e marmo.

Nell’anfiteatro di Nimes, di cui gran parte ancora sussiste, si veggono due mezzi tori sostenenti un architrave a guida di mensole.

Ora vi è da notare che nel luogo medesimo ove era situato l’anfiteatro di Bergamo si sono scoperti tre mezzi tori di marmo, che si conosce essere stati messi in opera a sostenere qualche architrave,

ed è verosimile che molti altri marmi di questa fatta rimangano tuttavia colà sepolti, ove furono guasti o ridotti ad altro uso, ovvero gettati ne’ fondamenta delle moderne fabbriche”

>  dal sito del Museo Archeologico Bergamasco:

“La presenza dell’ anfiteatro è suggerita dal toponimo “Arena”, che conduce ai piedi del colle di S. Giovanni, dove attualmente sorge il Seminario.

È altresì documentata dall’andamento curvilineo di alcuni muri della Cittadella e da alcuni elementi architettonici rinvenuti ai piedi del colle che trovano confronti in elementi simili dell’anfiteatro di Nimes”

> da Lorenzo Quilici “Architettura e pianificazione urbanistica nell’Italia antica” pubblicazione CNR, Roma 1997 , pag.206 :

“… danni ingentissimi ha causato l’erezione del Seminario, vero e proprio caso di brutalità edilizia che ha portato alla distruzione di tutti i resti venuti in luce durante i lavori”

                       imago by francesco corni  http://www.francescocorni.com

Bergamo commedia dell’assurdo

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DanteMart

BaDante Care&Writing Agency raccoglie l’invito del comitato Bergamo2019 a formulare idee per Bergamo capitale della cultura: ecco i punti indicati dal signor Dante A., 93 anni, ex insegnante di latino, dall’alto delle Mura Venete, nel corso dell’intervista-tour  S.Agostino-Colle Aperto-Piazza Vecchia- Corsarola (in sedia a rotelle, con l’intervistatore che spinge l’intervistato):

dal baluardo di S.Agostino indicando oltre il Pitentino:

il fatto che da anni gli extracomunitari debbano stare ore e ore accalcati sotto il sole o sottozero in coda fuori dalla Questura, sul marciapiede, è indegno di una capitale della cultura;

da porta S.Agostino, indicando la scaletta della Noca:

la più preziosa risorsa culturale della città, la Pinacoteca dell’Accademia Carrara, chiusa da sei anni per volgari beghe di potere, non può accadere in una città civile;

dal baluardo di S.Michele, indicando oltre l’area verde del parco Suardi:

la più grande area pubblica di città bassa, la Caserma Montelungo, luogo ideale per ogni attività sociale (asili, centro anziani, orti urbani) in abbandono da decenni, non è un segno di cultura urbana;

dalla piattaforma di S.Andrea, indicando la zona pedecollinare della Val Seriana :

avere alle porte della città la più grande e pericolosa industria chimica d’Italia, mi fa paura;

da porta S.Giacomo sollevando il palmo al vicino orizzonte:

avere in città la sede del più grande cementificio d’Italia, mi fa capire molte cose;

dal baluardo di S.Giacomo, levando ad alzo zero l’artiglio con gittata 3000 metri

avere il più trafficato e inquinante aeroporto da turismo-shopping d’Italia annesso al più grande centro commerciale d’Italia, mi deprime;

dalla piattaforma di S.Grata, dando le spalle al panorama, indicando il convento di S.Grata:

avere la città con la più alta percentuale di proprietà immobiliare ecclesiastica nel mondo dopo il Vaticano, è più consono a una capitale religiosa;

dal baluardo di S.Giovanni, indicando la conca d’oro:

la zona più salubre e scenografica della città, l’ex Ospedale Maggiore, luogo ideale per un vero campus universitario, oggetto di speculazione immobiliare,  in degrado e abbandono precoce, mi fa tristezza;

dal baluardo di S.Alessandro indicando il muraglione del Seminario:

Il fatto che le anime belle si dilettino nel passegiare in via Arena, la via “più poetica della città”, senza mai chiedersi perchè si chiami così, mi fa venire voglia di rivelarlo:

perché portava all’Arena Romana di Bergamo Alta, d’impianto simile a quelle di Verona e Arles, sopra il quale  hanno costruito l’ecomostro-Seminario vescovile intitolandolo al Papa Buono:

il fatto che nessuno lo sappia, che nessuno lo dica da 150 anni, mi fa specie;

da via Colleoni (corsarola) indicando il Teatro Sociale:

il più significativo luogo espositivo della città, il Teatro Sociale, sempre stato un luogo magico per mostre, ristrutturato e imbellettato e riportato in vita “così com’era”, mi fa ribrezzo;

entrando in Piazza Vecchia:

l’idea di spostare i libri dalla biblioteca Angelo Mai per usare i saloni per banchetti di nozze, mi fa venire il voltastomaco;

da Piazza Vecchia, dalla fontana del Contarini:

anche solo il fatto che abbiano avuto l’idea di piazzare Mc Donald in Piazza Vecchia al posto dell’Università, mi dà l’ulcera;

da via Gombito, davanti al negozio Kiko:

avere i negozi delle grandi catene commerciali nel cuore di città alta al posto delle botteghe degli artigiani e dei negozi storici, mi fa una pena immensa;

da Piazza Angelini:

il fatto che artisti, musicisti, scrittori di riconosciuto valore internazionale, crepino di fame, o si suicidino, o cambino mestiere, o città, mentre intere genealogie di nuovi e vecchi ricchi  ingrassano nell’ignoranza a dismisura, mi spaventa;

da via alla Rocca: 

la più rappresentativa area storica della città, l’Acropoli, la Rocca con il Parco delle Rimembranze, fatta franare dalla giunta pazza che intendeva scavarci dentro un parcheggio per vip, e abbandonata in stato pericolante da 5 anni, mi fa una rabbia indicibile;

da piazza Mercato delle Scarpe:

il fatto che per loro investire in cultura significhi mettere in piedi una lobby per comprarsi a Roma il titolo di capitale europea, per poi avere da Bruxelles  qualche sbadilata di milioni da convertire in cemento armato e asfalto  per i costruttori amici per fare strade e ancora strade con la scusa delle infrastrutture per il turismo, è un’offesa, un insulto alla cultura;

il turismo per questa gente è l’unico scopo della cultura, capisci,

d’altra parte il sesso è l’unica forma di conoscenza e d’amore che praticano,

nonostante il Papa Buono, Bergamo è oggi una moderna capitale dei vizi dell’ignoranza e dell’arroganza, il gioco d’azzardo, il lusso vistoso, la prostituzione e il suo indotto;

nei condomini in città, nei residences nelle valli, nelle strade della bassa, nei bilocali, nei locali, nei loft

la gente spende 1 per leggere libri, ascoltare concerti, vedere opere d’arte, monumenti storici o musei

e spende 100 per fare sesso a pagamento, consumare droghe, acquistare beni di lusso, vacanze esotiche, giocare a slot machines e gratta e vinci,

capisci, anche un bergamasco come me o come te, se in buona fede, deve ammettere che fare Bergamo capitale della cultura effettivamente è un’operazione culturale,

si, una commedia dell’assurdo.

 

 

biblica erotica – canticus canticorum

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2-amore-e-psiche_canova1

statura tua assimilata est palmae et ubera tua botris

ascendam in palmam
et apprehendam fructus eius


et erunt ubera tua sicut botri vineae 
et odor oris tui sicut malorum

guttur tuum sicut vinum optimum 
dignum dilecto meo ad potandum 
labiisque et dentibus illius

veni dilecte mi egrediamur in agrum et commoremur in villis


mane properabimus ad vineas 
videbimus si floruit vinea si flores aperiuntur si floruerunt mala punica


ibi dabo tibi amores meos

mandragorae dederunt odorem 
in portis nostris omnia poma optima 
nova et vetera dilecte mi servavi tibi

sei statuaria e slanciata come una palma, i tuoi seni sono come grappoli

salirò sulla palma, coglierò i grappoli di datteri

siano per me i tuoi seni come grappoli d’uva e il tuo respiro come profumo di mele

il tuo palato è come vino squisito che scorre morbidamente verso di me e fluisce sulle labbra e sui denti

vieni, amato mio, andiamo nei campi, passiamo la notte nei villaggi

di primo mattino andremo nelle vigne e vedremo se germoglia la vite, se le gemme si schiudono, se fioriscono i melograni: là ti darò il mio amore

le mandragore mandano profumo; nei nostri pertugi ogni specie di frutti squisiti, acerbi e maturi: mio amato, li ho conservati per te

Biblica Erotica-  Leone XIV –  Canticus Canticorum 7, 8-14

imago: Amore e Psiche by Antono Canova

scrivere da cani – Luca di Montezemolo

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monte4

Scrivere da cani si comincia a scuola, stringendo la biro con tre dita,

si prosegue all’università, battendo la tesi con due dita,

si finisce nel web, facendo touch sullo smartphone con un dito,

è una regressus ad primates, l’ipertecnologia, è chiaro,

alla fine usi la memoria vocale col programma di trascrizione automatica in word,

e ti escono i capolavori dello scrivere da cani, come l’editoriale del nostro amico Luca di Montezemolo, una chicca che abbiamo incontrato per impuro caso:

in realtà stavamo cercando in google-map il partito democratico, via del Tritone 87, Roma, sennonché allo stesso indirizzo saltano fuori, nell’ordine, le linee aeree tunisine, la fondazione governativa Vedrò che pesci pigliare, e la srl Italia Futura Servizi,

che a un certo punto ti rimbalza in Italia Futura 2.0, cioè il movimento politico del nostro amico Luca, che si presenta con un grosso punto esclamativo rosso, e un editoriale-programma-manifesto firmato Luca di Montezemolo, pubblicato il 14 maggio 2013, che ha questo attacco:

Sei mesi fa Italia Futura ha messo se stessa, le sue donne ed i suoi uomini migliori, le sue risorse al servizio di un progetto politico.

Oggi l’Italia ha un nuovo Parlamento ed un nuovo Governo di cui l’espressione di quel progetto politico costituisce parte integrante.

Un Governo, certo, frutto anche dello stallo elettorale ma pienamente consapevole della necessità di aprire una fase nuova della vita del Paese.

Impietositi, ci fermiamo qui, e diamo a Luca il premio “scrivere da cani”, con le seguenti  motivazioni:

in sole 3 frasi il concorrente è riuscito a inserire 3 obbrobri di forma e contenuto:

nella frase1: “le sue donne” voleva essere galante anteponendo le donne agli uomini, ma con quel “sue” possessivo risulta volgare e tradisce maschilismo genetico;

frase 2: “di cui” è semplicemente terrificante, e rivela concetti fumosissimi, letteralmente si dice che “l’espressione di quel progetto” è “parte integrante del governo”, forse voleva dire che questo governo è espressione di quel progetto? Boh!

frase3: “stallo elettorale”  ci dice che Luca o in buonafede non si è accorto del terremoto elettorale (per la prima volta nella storia d’Italia abbiamo avuto uno spostamento del 25% dei voti, finiti a un partito che si presentava per la prima volta!) o in malafede ribalta sugli elettori lo stallo politico  di leader come lui, capaci di arrampicarsi sui vetri pur di non prendere atto del terremoto elettorale.

Caro Luca, da oggi il tuo movimento può vantare non uno ma ben tre punti esclamativi rossi, di quelli che la maestra ti faceva sul dettato alle elementari!

(nella foto, Luca di Montezemolo detta al telefono l’editoriale di Italia Futura 2.0 scritto dal suo cane ai giardinetti)

Upper Dog Upper Writer