l’arena romana sotto il seminario di Bergamo

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Riguardo all’archeo-scoop divulgato dal signor Dante A. nel post “Bergamo commedia dell’assurdo” (l’arena romana sotto il seminario) da una prima ricerca abbiamo trovato le seguenti fonti:

> Giovan Battista Rota, “Dell’origine e della storia antica di Bergamo”

pubblicato da Vincenzo Antoine a Bergamo nel 1804,

(disponbile in pdf scaricabile gratuitamente dal sito dell’Università dell’Illinois – USA)

capV – dell’antico anfiteatro di Bergamo:

“Che Bergamo avesse l’anfiteatro, non è da dubitarne.

Il luogo in cui esso era situato anche oggidì si chiama Arena.

Dell’uso di spargere d’arena il campo, affinché assorbisse il sangue, e vi si potesse combattere con piè sicuro, derivò all’anfiteatro il nome di arena.

Sappiamo di certo che alcune città d’Italia e d’oltremonti, Nimes, Arles, Milano, Bergamo, Verona ebbero anfiteatro stabile, cioè di muro.

Si poté costruire in Bergamo un ampio e magnifico anfiteatro, senza far venire di lontano i materiali, trovandosi nel suo distretto cave di pietra e marmo.

Nell’anfiteatro di Nimes, di cui gran parte ancora sussiste, si veggono due mezzi tori sostenenti un architrave a guida di mensole.

Ora vi è da notare che nel luogo medesimo ove era situato l’anfiteatro di Bergamo si sono scoperti tre mezzi tori di marmo, che si conosce essere stati messi in opera a sostenere qualche architrave,

ed è verosimile che molti altri marmi di questa fatta rimangano tuttavia colà sepolti, ove furono guasti o ridotti ad altro uso, ovvero gettati ne’ fondamenta delle moderne fabbriche”

>  dal sito del Museo Archeologico Bergamasco:

“La presenza dell’ anfiteatro è suggerita dal toponimo “Arena”, che conduce ai piedi del colle di S. Giovanni, dove attualmente sorge il Seminario.

È altresì documentata dall’andamento curvilineo di alcuni muri della Cittadella e da alcuni elementi architettonici rinvenuti ai piedi del colle che trovano confronti in elementi simili dell’anfiteatro di Nimes”

> da Lorenzo Quilici “Architettura e pianificazione urbanistica nell’Italia antica” pubblicazione CNR, Roma 1997 , pag.206 :

“… danni ingentissimi ha causato l’erezione del Seminario, vero e proprio caso di brutalità edilizia che ha portato alla distruzione di tutti i resti venuti in luce durante i lavori”

                       imago by francesco corni  http://www.francescocorni.com

Bergamo commedia dell’assurdo

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DanteMart

BaDante Care&Writing Agency raccoglie l’invito del comitato Bergamo2019 a formulare idee per Bergamo capitale della cultura: ecco i punti indicati dal signor Dante A., 93 anni, ex insegnante di latino, dall’alto delle Mura Venete, nel corso dell’intervista-tour  S.Agostino-Colle Aperto-Piazza Vecchia- Corsarola (in sedia a rotelle, con l’intervistatore che spinge l’intervistato):

dal baluardo di S.Agostino indicando oltre il Pitentino:

il fatto che da anni gli extracomunitari debbano stare ore e ore accalcati sotto il sole o sottozero in coda fuori dalla Questura, sul marciapiede, è indegno di una capitale della cultura;

da porta S.Agostino, indicando la scaletta della Noca:

la più preziosa risorsa culturale della città, la Pinacoteca dell’Accademia Carrara, chiusa da sei anni per volgari beghe di potere, non può accadere in una città civile;

dal baluardo di S.Michele, indicando oltre l’area verde del parco Suardi:

la più grande area pubblica di città bassa, la Caserma Montelungo, luogo ideale per ogni attività sociale (asili, centro anziani, orti urbani) in abbandono da decenni, non è un segno di cultura urbana;

dalla piattaforma di S.Andrea, indicando la zona pedecollinare della Val Seriana :

avere alle porte della città la più grande e pericolosa industria chimica d’Italia, mi fa paura;

da porta S.Giacomo sollevando il palmo al vicino orizzonte:

avere in città la sede del più grande cementificio d’Italia, mi fa capire molte cose;

dal baluardo di S.Giacomo, levando ad alzo zero l’artiglio con gittata 3000 metri

avere il più trafficato e inquinante aeroporto da turismo-shopping d’Italia annesso al più grande centro commerciale d’Italia, mi deprime;

dalla piattaforma di S.Grata, dando le spalle al panorama, indicando il convento di S.Grata:

avere la città con la più alta percentuale di proprietà immobiliare ecclesiastica nel mondo dopo il Vaticano, è più consono a una capitale religiosa;

dal baluardo di S.Giovanni, indicando la conca d’oro:

la zona più salubre e scenografica della città, l’ex Ospedale Maggiore, luogo ideale per un vero campus universitario, oggetto di speculazione immobiliare,  in degrado e abbandono precoce, mi fa tristezza;

dal baluardo di S.Alessandro indicando il muraglione del Seminario:

Il fatto che le anime belle si dilettino nel passegiare in via Arena, la via “più poetica della città”, senza mai chiedersi perchè si chiami così, mi fa venire voglia di rivelarlo:

perché portava all’Arena Romana di Bergamo Alta, d’impianto simile a quelle di Verona e Arles, sopra il quale  hanno costruito l’ecomostro-Seminario vescovile intitolandolo al Papa Buono:

il fatto che nessuno lo sappia, che nessuno lo dica da 150 anni, mi fa specie;

da via Colleoni (corsarola) indicando il Teatro Sociale:

il più significativo luogo espositivo della città, il Teatro Sociale, sempre stato un luogo magico per mostre, ristrutturato e imbellettato e riportato in vita “così com’era”, mi fa ribrezzo;

entrando in Piazza Vecchia:

l’idea di spostare i libri dalla biblioteca Angelo Mai per usare i saloni per banchetti di nozze, mi fa venire il voltastomaco;

da Piazza Vecchia, dalla fontana del Contarini:

anche solo il fatto che abbiano avuto l’idea di piazzare Mc Donald in Piazza Vecchia al posto dell’Università, mi dà l’ulcera;

da via Gombito, davanti al negozio Kiko:

avere i negozi delle grandi catene commerciali nel cuore di città alta al posto delle botteghe degli artigiani e dei negozi storici, mi fa una pena immensa;

da Piazza Angelini:

il fatto che artisti, musicisti, scrittori di riconosciuto valore internazionale, crepino di fame, o si suicidino, o cambino mestiere, o città, mentre intere genealogie di nuovi e vecchi ricchi  ingrassano nell’ignoranza a dismisura, mi spaventa;

da via alla Rocca: 

la più rappresentativa area storica della città, l’Acropoli, la Rocca con il Parco delle Rimembranze, fatta franare dalla giunta pazza che intendeva scavarci dentro un parcheggio per vip, e abbandonata in stato pericolante da 5 anni, mi fa una rabbia indicibile;

da piazza Mercato delle Scarpe:

il fatto che per loro investire in cultura significhi mettere in piedi una lobby per comprarsi a Roma il titolo di capitale europea, per poi avere da Bruxelles  qualche sbadilata di milioni da convertire in cemento armato e asfalto  per i costruttori amici per fare strade e ancora strade con la scusa delle infrastrutture per il turismo, è un’offesa, un insulto alla cultura;

il turismo per questa gente è l’unico scopo della cultura, capisci,

d’altra parte il sesso è l’unica forma di conoscenza e d’amore che praticano,

nonostante il Papa Buono, Bergamo è oggi una moderna capitale dei vizi dell’ignoranza e dell’arroganza, il gioco d’azzardo, il lusso vistoso, la prostituzione e il suo indotto;

nei condomini in città, nei residences nelle valli, nelle strade della bassa, nei bilocali, nei locali, nei loft

la gente spende 1 per leggere libri, ascoltare concerti, vedere opere d’arte, monumenti storici o musei

e spende 100 per fare sesso a pagamento, consumare droghe, acquistare beni di lusso, vacanze esotiche, giocare a slot machines e gratta e vinci,

capisci, anche un bergamasco come me o come te, se in buona fede, deve ammettere che fare Bergamo capitale della cultura effettivamente è un’operazione culturale,

si, una commedia dell’assurdo.

 

 

biblica erotica – canticus canticorum

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statura tua assimilata est palmae et ubera tua botris

ascendam in palmam
et apprehendam fructus eius


et erunt ubera tua sicut botri vineae 
et odor oris tui sicut malorum

guttur tuum sicut vinum optimum 
dignum dilecto meo ad potandum 
labiisque et dentibus illius

veni dilecte mi egrediamur in agrum et commoremur in villis


mane properabimus ad vineas 
videbimus si floruit vinea si flores aperiuntur si floruerunt mala punica


ibi dabo tibi amores meos

mandragorae dederunt odorem 
in portis nostris omnia poma optima 
nova et vetera dilecte mi servavi tibi

sei statuaria e slanciata come una palma, i tuoi seni sono come grappoli

salirò sulla palma, coglierò i grappoli di datteri

siano per me i tuoi seni come grappoli d’uva e il tuo respiro come profumo di mele

il tuo palato è come vino squisito che scorre morbidamente verso di me e fluisce sulle labbra e sui denti

vieni, amato mio, andiamo nei campi, passiamo la notte nei villaggi

di primo mattino andremo nelle vigne e vedremo se germoglia la vite, se le gemme si schiudono, se fioriscono i melograni: là ti darò il mio amore

le mandragore mandano profumo; nei nostri pertugi ogni specie di frutti squisiti, acerbi e maturi: mio amato, li ho conservati per te

Biblica Erotica-  Leone XIV –  Canticus Canticorum 7, 8-14

imago: Amore e Psiche by Antono Canova

scrivere da cani – Luca di Montezemolo

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monte4

Scrivere da cani si comincia a scuola, stringendo la biro con tre dita,

si prosegue all’università, battendo la tesi con due dita,

si finisce nel web, facendo touch sullo smartphone con un dito,

è una regressus ad primates, l’ipertecnologia, è chiaro,

alla fine usi la memoria vocale col programma di trascrizione automatica in word,

e ti escono i capolavori dello scrivere da cani, come l’editoriale del nostro amico Luca di Montezemolo, una chicca che abbiamo incontrato per impuro caso:

in realtà stavamo cercando in google-map il partito democratico, via del Tritone 87, Roma, sennonché allo stesso indirizzo saltano fuori, nell’ordine, le linee aeree tunisine, la fondazione governativa Vedrò che pesci pigliare, e la srl Italia Futura Servizi,

che a un certo punto ti rimbalza in Italia Futura 2.0, cioè il movimento politico del nostro amico Luca, che si presenta con un grosso punto esclamativo rosso, e un editoriale-programma-manifesto firmato Luca di Montezemolo, pubblicato il 14 maggio 2013, che ha questo attacco:

Sei mesi fa Italia Futura ha messo se stessa, le sue donne ed i suoi uomini migliori, le sue risorse al servizio di un progetto politico.

Oggi l’Italia ha un nuovo Parlamento ed un nuovo Governo di cui l’espressione di quel progetto politico costituisce parte integrante.

Un Governo, certo, frutto anche dello stallo elettorale ma pienamente consapevole della necessità di aprire una fase nuova della vita del Paese.

Impietositi, ci fermiamo qui, e diamo a Luca il premio “scrivere da cani”, con le seguenti  motivazioni:

in sole 3 frasi il concorrente è riuscito a inserire 3 obbrobri di forma e contenuto:

nella frase1: “le sue donne” voleva essere galante anteponendo le donne agli uomini, ma con quel “sue” possessivo risulta volgare e tradisce maschilismo genetico;

frase 2: “di cui” è semplicemente terrificante, e rivela concetti fumosissimi, letteralmente si dice che “l’espressione di quel progetto” è “parte integrante del governo”, forse voleva dire che questo governo è espressione di quel progetto? Boh!

frase3: “stallo elettorale”  ci dice che Luca o in buonafede non si è accorto del terremoto elettorale (per la prima volta nella storia d’Italia abbiamo avuto uno spostamento del 25% dei voti, finiti a un partito che si presentava per la prima volta!) o in malafede ribalta sugli elettori lo stallo politico  di leader come lui, capaci di arrampicarsi sui vetri pur di non prendere atto del terremoto elettorale.

Caro Luca, da oggi il tuo movimento può vantare non uno ma ben tre punti esclamativi rossi, di quelli che la maestra ti faceva sul dettato alle elementari!

(nella foto, Luca di Montezemolo detta al telefono l’editoriale di Italia Futura 2.0 scritto dal suo cane ai giardinetti)

Upper Dog Upper Writer

paper spam

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volantino_lidlok

il volantino, o flyer, è il re della spam cartacea,

ne sono intasate cassette delle lettere, androni, parabrezza delle auto.

Il 90% dei volantini stampati viene cestinato direttamente senza nemmeno essere guardato (e quelli sulle auto vengono gettati a terra).

Stabilire un’agenda per la riduzione del pubblicitario-cartaceo (carta plastificata, volantini, brochure, affissioni) è uno dei punti programmatici del manifesto di Ecologia Semiotica di Adv Zero (vedi post Adv Zero del 25-2-2013).

Ma non sarà facile. Già nel 2006 il sindaco di Alezio (Lecce) vietava la distribuzione selvaggia di volantini nel territorio comunale. Il Tar di Lecce l’ha prontamente sconfessato.

Poi ci ha provato il sindaco di Sarnico. Il Tar di Brescia gli ha dato torto, indicando nelle motivazioni argomenti di un certo peso come  “la libera iniziativa economica espressa dal volantino”. Simile sentenza dal Tar di Catania.

Da qualche tempo il Consorzio dei Navigli Lombardi, che gestisce la raccolta differenziata di una ventina di comuni dell’hinterland ovest di Milano, ha iniziato una campagna d’opinione (e boicottaggio ) contro i volantini.

Ora, nel giro di pochi giorni, i sindaci di Caserta (6 maggio), Crotone (20 maggio) e Foggia (30 maggio)  hanno emesso ordinanze di divieto del volantinaggio selvaggio.

In realtà i sindaci emettono queste ordinanze esasperati dai danni (e dai costi di smaltimento) causati dai volantini. Come scrive il sindaco di Crotone: “L’obiettivo è di evitare che le strade siano pavimentate con tappeti di depliant e volantini”.

La domanda sorge spontanea: per quale motivo i Tribunali difendono la spam cartacea, invasiva e inquinante? Che interessi tutelano (a danno dell’ambiente)?

Risposta facile: la GDO, la grande distribuzione organizzata, le catene di supermercati,

sono loro i padroni del volantinaggio, e ci spendono 1 miliardo di euro l’anno:

e ogni anno in Italia vengono stampati (e gettati) 12 miliardi di volantini,

una media di 200 volantini pro/capite (equivalenti, in carta, a un paio di libri) che ognuno di noi “getta via” causando un danno ecologico;

ma occorre anche considerare l’aspetto economico, perché è chiaro che alla fine li paghiamo noi, i volantini, quando andiamo a far la spesa,

e dunque questi 12 miliardi di euro di alberi-carta-monnezza significano una spesa annua  di 20 euro a testa (con i quali, di nuovo, avremmo potuto scegliere un paio di libri, che a differenza dei volantini, normalmente si conservano… )

in attesa che il Tar della Campania e della Calabria si pronunci a difesa della libertà d’opinione del 3×2 e del tutto a 1€, potremmo cominciare a distribuire o anche buttare per strada  Shakespeare e Hegel,

e conservare i volantini in libreria.

 

vernissage del vecchio patentato

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ho vissuto l’andare in giro in macchina come forma libertaria, oziosa, inquinante, e già da un decennio mi sento un vecchio rottame,

mortificato dalla sicurezza, umiliato dal navigatore, depresso dal traffico;

ultimamente sono diventato ecologista, ciclista, e uso l’auto il meno possibile;

e nostalgicamente ho cominciato a scrivere le mie memorie d’automobilista,

ricordi, frammenti di un mondo che non c’è più, il regno della meccanica,

oggi scomparso in favore dell’elettronica e della tecnologia digitale,

allo stesso modo, come scrittore di genere, ho vissuto la fine di un’epoca, la fine della narrativa popolare, in favore dei serial e dei reality televisivi,

e tra i creativi di nuova generazione, tutti blogger e designer, con le mie Edizioni Lancio, Harmony, Urania e Segretissimo mi sento un residuato del cartaceo,

così diventa difficilissimo spiegare che più del web dei blog e delle app a me interessa fare ricerca sulla forma foto-romanzo:

basta dire la parola “foto-romanzo” e tutti questi ventenni aspiranti fashion photographer  si dileguano:

prova a parlare di “photographic novel”, mi hanno consigliato;

invece, parlando di tutt’altro  con un fotografo della vecchia scuola,

scopro  che da venti o trent’anni raccoglie scatti fatti in macchina, dal finestrino;

di fatto e senza saperlo da decenni stiamo lavorando insieme e separatamente al fotoromanzo sperimentale del “vecchio patentato”;

per sicurezza ho comunque evitato di usare la parola tabù: “Ti propongo dei testi per la mostra”, ho detto.

(dalla prefazione del catalogo della mostra “Mezzo-corpo-immagine”

50 istantanee di Virgilio Fidanza e 50 note di Leone Belotti

ediz. Lubrina, grafica by Claudio Spini, vernissage mostra:

 sabato 1 giugno h19  photogallery Wave –  Brescia, via Trieste 32 – 

Preview text:

https://calepiopress.it/2013/05/17/memorie-di-un-vecchio-patentato-3/

https://calepiopress.it/2013/04/10/memorie-di-un-vetero-patentato-2/

https://calepiopress.it/2013/03/25/memorie-di-un-vetero-patentato/

Final text:

vogliamo cantare la velocità, inneggiare all’uomo che tiene il volante,

disprezzare la donna, esaltare l’insonnia, distruggere i musei e le biblioteche:

zitto zitto il Manifesto di Marinetti, e non quello di Marx, è diventato realtà.

 

 

 

un fantasma si aggira per l’Europa: l’Italia

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Italia

Un fantasma si aggira per l’Europa: l’Italia.

L’Italia è un fantasma perché la sua storia è quella di un fantasma, una sembianza, un’apparenza. E l’apparenza inganna. L’Italia, la storia dell’Italia moderna, è un caso esemplare di un’identità costruita sull’inganno delle apparenze.

Basta rileggere senza paraocchi le 4 mitologie cruciali della storia italiana contemporanea (Risorgimento, Ventennio Fascista, Resistenza, Made in Italy) per comprendere cosa sia lo stile italiano, e quanto sia storicamente radicato.

Il Risorgimento viene impartito – già dalla parola – come fenomeno morale che si manifesta in episodi esemplari (con specifica denominazione: i “moti risorgimentali”) che fungono da “trailer” di un sentimento nazionale e popolare in realtà inesistente.

La mitologia-mitografia risorgimentale con i suoi testimonial (Ciro Menotti, Silvio Pellico, Carlo Pisacane) i suoi art director (Mazzini, Garibaldi, Cavour) e la sua grande campagna di lancio (“Spedizione dei Mille”) è un grande esempio di costruzione spettacolare di una favola che non c’è:

pochi intellettuali e rivoluzionari professionisti, in esilio, completamente staccati dalle esigenze e dai sentimenti popolari, senza alcun seguito nelle masse contadine, quindi un colpo di stato (la spedizione dei mille) finanziato o organizzato dalle grandi potenze (con l’apertura del canale di Suez, per ragioni chiaramente commerciali, diventava fondamentale avere un’Italia unita e integrata al sistema europeo), quindi trattative in alto loco (ti do la Savoia, mi dai il Veneto) e l’Italia è fatta.

Il Risorgimento, cioè l’atto di nascita del paese Italia, è una grande operazione di falsificazione e costruzione di un patriottismo idealista, strumentale, del tutto inesistente, se non nella testa di qualche aristocratico idealista e qualche sincero rivoluzionario (gli “utili idioti”).

Di fatto: sono bastati 1000 garibaldini ad annettere quasi pacificamente il Sud in due mesi, ma non sono bastati 100.000 soldati e cinque anni di repressione sanguinaria (culminata con la rivolta di Palermo – unico vero episodio di partecipazione popolare del Risorgimento, peccato che fosse anti-italiano)  che nessuno conosce, con migliaia di morti, deportazioni, villaggi incendiati, esecuzioni sommarie a sottomettere quelle popolazioni e regioni che si pretendeva di aver liberato,

e che invece si sono subito ribellate al nuovo stato, appena il nuovo stato ha tradito platealmente le promesse (distribuzione della terra ai contadini, che è invece diventata privatizzazione del demanio a beneficio dei grandi proprietari, e conseguente peggioramento delle condizioni contadine)  fino a  essere sottomesse con la forza, oltre che con la propaganda (e questo reale risorgimento e resistenza del sud italia al nuovo stato nordista viene chiamato “banditismo”,

e qualsiasi storico onesto vi dirà che questo passaggio storico è alla base della questione meridionale, cioè della non adesione del sud al paese, alle istituzioni, e della conseguente diffusione endemica di mafia, camorra, n’drangheta, etc).

Sulla “questione meridionale” hanno poi disquisito (e campato) generazioni di intellettuali e politici, senza mai andare alla radice della questione, chiaramente, perché se qualcuno (lo Stato italiano) ti paga per occuparti di un problema tu non puoi dirgli che la causa del problema è lui (lo Stato italiano).

Col Ventennio Fascista la tecnologia di costruzione dl consenso trova il suo massimo sviluppo: i mass media, l’architettura, la scenografia, lo sport, tutto diventa immagine coordinata e  diffonde in Italia e nel mondo questa nuova mitologia, lo stile italiano, cioè ordine, benessere, civiltà, modernità, ginnastica e tecnologia.

Starace, D’Annunzio, Mussolini: al di là del fascismo, sono i precursori della società dello spettacolo, della pubblicità e delle comunicazioni di massa basate sul consenso verso un sogno, una favola.

Ma la favola si interrompe di colpo, l’apparenza di un paese militarizzato si scioglie nelle nevi, in Grecia, in Russia, lo stivale italiano ha le suole di cartone, il regime costruito in vent’anni crolla in mezz’ora, il re scappa vilmente con tutta la corte (e ha sulla coscienza i martiri di Cefalonia) il paese è occupato da eserciti stranieri:

una catastrofe, una tragedia nazionale, lo stile italiano rivela tutta la sua falsità, è l’occasione per cambiare stile, mentalità, tutto, diventare un paese onesto, consapevole.

E invece cosa accade? Si inventa una nuova favola. La Resistenza!

La Resistenza, con i suoi copywriter (Vittorini, Pavese, Fenoglio) similmente al Risorgimento e al Fascismo mistifica la realtà: accade così che poche centinaia di sinceri antifascisti, e pochi episodi locali di guerriglia, diventino sui libri di storia della scuola dell’obbligo un movimento di massa protagonista di una gloriosa pagina nazionale (con specifica denominazione: “la Liberazione”) che copre la realtà storica, cioè la inenarrabile vergogna nazionale che è nei fatti storici, in certi fatti storici decisivi e davvero esemplari,

come la fuga del re e di tutto la classe dirigente, e soprattutto la guerra civile-macelleria-pulizia etnica: in un mese, maggio 1945, 40.000 morti “gratuiti”, a guerra finita, per lo più uccisioni di pura vendetta, faida, frustrazione, non una pagina onorevole, evidentemente, perché bastava essere additati come fascisti per essere ammazzati per strada, ed è chiaro che allora il 99% degli italiani avrebbe dovuto essere ammazzato per strada, a cominciare da quegli stessi “intellettuali” che questo massacro hanno giustificato e alimentato,

in primis il mostro sacro Vittorini, che dopo aver passato venti anni a far carriera come intellettuale squadrista e fascista con un colpo di spugna rinasce antifascista comunista e sanguinario: i suoi scritti incitano ad ammazzare “i fascisti” perché ci sono “uomini, e no” e i fascisti non sono uomini, sono solo “figli di stronza” .

Non solo nessuno gli rinfaccia il clamoroso voltafaccia ma tutti lo riconoscono e acclamano nuova guida morale del paese, e infatti dirigerà la più importante casa editrice italiana.

E’ l’esempio del trasformismo sfacciato dell’intellettuale italiano.

Oggi vediamo  l’ultima versione di questo tipo nella generazione dei sessantottini trasformatasi nella classe dirigente pubblicità-giornali-televisioni della società dello spettacolo.

Quindi, quando oggi celebriamo l’Unità d’Italia e il Made in Italy, stiamo celebrando questo, l’incredibile sfacciataggine e capacità  di imporre apparenze ad altissima percentuale di falsità aggiunta: e questo carattere, questo stile italiano, è costitutivo dell’identità e della storia nazionale, sia delle due grandi mitologie fondanti, Risorgimento e Resistenza, sia della mitologia “rimossa”, il Fascismo.

Il Risorgimento, propagandato e imposto come risveglio della coscienza nazionale e di valori come unità e indipendenza, nasconde la feroce repressione (brigantaggio) seguita a un colpo di stato (spedizione dei mille) finanziato dalle potenze straniere e realizzato da quelli che oggi chiameremmo terroristi o mercenari.

La Resistenza, propagandata come rinascita civile e di valori come libertà e democrazia, nasconde la vergogna del voltafaccia e della pulizia etnica per non affrontare la vergogna di un paese opportunista, codardo, vendicativo e servo del potere.

Poi cosa succede? Come si arriva al Made in Italy? Siamo nel 1945, l’Italia è un paese vinto, distrutto, occupato dagli Americani.

Succede che gli Americani hanno capito perfettamente cosa sia e a cosa serva lo stile italiano. E’ l’avanguardia di comunicazione del consumismo: diventerà il modello, l’immagine della democrazia del benessere, filoamericana.

E dunque niente sanzioni, niente punizioni, niente esame di coscienza collettiva e ricostruzione morale, ma invece: palate di dollari, ovvero: il piano Marshall, e la Thompson.

La Thompson è stata la prima agenzia pubblicitaria a lavorare sul mercato italiano, è subentrata direttamente al Minculpop: la Thompson è sbarcata a Salerno nel 43’, come ufficio stampa dell’esercito americano, poi diventata ufficio stampa del piano Marshall, poi prima e unica agenzia pubblicitaria ad operare in Italia nel momento del boom economico.

E quindi: la repubblica italiana nasce col piano Marshall, ed è fondata sulla pubblicità.

Soldi che piovono dall’alto. Un colossale investimento pubblicitario. A una condizione: niente comunisti al governo.

Ecco il paradosso, il capolavoro: proprio mentre si sventola una repubblica basata sull’antifascismo, con il più forte partito comunista di tutto l’Occidente, con intellettuali comunisti al comando nei giornali, nelle case editrici e nelle università, invisibile, reale, permane la condizione-cappio: niente comunisti al governo.

Da qui, come tutti sanno, la strategia della tensione (piazza Fontana, piazza della Loggia, treno Italicus, sequestro Moro, stazione di Bologna) cioè una serie di stragi (veri e propri avvertimenti) che arrivano puntualmente ogni qualvolta si presenta il pericolo che la sinistra vada al potere,

esattamente come accade in una classe di bambini dell’asilo cui viene promesso un premio, un premio che non arriva mai, e non per colpa della maestra, ma perché c’è sempre qualche bambino che all’ultimo momento combina un guaio, e rovina tutto.

Ecco lo stile italiano.

L’Italia contemporanea, la Repubblica, è un soggetto incerto e impotente per questo motivo, questo Economic Recovery Plan, questo “regalo”, questo “potlach” che ci ha reso succubi prima dell’economia e poi della cultura commerciale americana.

Lo stile italiano, cioè la capacità di costruire apparenze, trova la sua nuova ragione d’esistere nella moda  e nel design, e diventa in tutto il mondo il vangelo del consumismo vistoso e dello snobismo di massa.

Berlusconi, con la guerra dell’etere, porta a compimento questo tracciato, schiantando la “resistenza” cattolica e comunista: fino alla fine degli anni Settanta, per accordo catto-comunista, erano vietate le pubblicità dei beni di lusso, ed erano considerati beni di lusso tutti quelli non alla portata delle tasche proletarie.

Al Carosello vedevi il caffè, la pasta, il detersivo, non le auto di grossa cilindrata, non le pellicce.

Se non ci fosse stato prima il piano Marshall e poi Berlusconi, avremmo dovuto fondare il made in Italy sul lavoro (o sulla tecnologia vera, come ha fatto il Giappone) mentre l’abbiamo fondato sui debiti e sulla pubblicità.

Basta guardare le cifre per vedere che siamo il paese che proporzionalmente al nostro PIL è sempre il primo al mondo per spesa pubblicitaria e l’ultimo per livello d’istruzione.

L’Italia non è una repubblica fondata sul lavoro e sulla resistenza. L’Italia è una privativa basata sulle apparenze e sul trasformismo. La sua storia lo dimostra.

Per un paese che già nell’Ottocento è stato capace di vendere un colpo di stato con conseguente repressione militare (cioè: la tipica nascita di un regime) come un’epopea eroica di patriottismo e più tardi, nel secondo dopoguerra, è stato capace di vendere, in pacchetto completo, venti anni di consenziente servilismo di massa culminati in un mese di pulizia etnica come eroica resistenza antifascista, per questo paese, è stato un gioco da ragazzi vendere il Made in Italy, lo stile italiano, è chiaro:

puoi falsificare la tua storia cambiandoti d’abito, noi lo sappiamo fare, noi siamo i numeri uno, noi ti diamo gli strumenti per governare l’apparenza e creare realtà ingannevoli.

Tu sei avido, invidioso, vile, disonesto, incapace, bramoso, ridicolo, furbo, vorace, ignorante, ottuso. Ti rivolgi allo stile italiano.

Diventi sofisticato, intrigante, sensibile, elegante, colto, seducente.

Ha funzionato per trent’anni. Adesso è finita. Serve una nuova favola.

tratto da “Lo stile italiano” by Sean Blazer (alias Leone Belotti) – Calepio Press

 imago: Biennale di Venezia, padiglione Italia, 

biblica erotica – ecce mulier

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816-Tintoretto4

Et ecce mulier, quae erat in civitate peccatrix

ut cognovit quod accubuit in domo pharisaei

attulit alabastrum unguenti 


et stans retro secus pedes eius flens

et lacrimis coepit rigare pedes eius

et capillis capitis sui tergebat,

et osculabatur pedes eius

et unguento ungebat.


Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città,

saputo che si trovava nella casa del fariseo,

venne con un vasetto di olio profumato;

e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui

e cominciò a bagnarli di lacrime,

e li asciugava con i suoi capelli,

e baciava i suo piedi

e li cospargeva di olio profumato.

Biblica Erotica by Leone XIV –  Magdala – Luca 7, 37-38

imago: Maria Maddalena by Jacopo Robusti, alias Tintoretto

SEO, CEO and WEB

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SEO Perfect Company

So a CEO, a web programmer and an SEO expert are on a desert island.

And the SEO expert says, “You guys, I’m so thirsty. Is there anything to drink?”

And the CEO says, “I just drank the last of my water 30 minutes ago.”

And the web programmer says, “I have plenty of water, a true abundance, but I won’t give any to you. Because, you are the worst. I hate you with every fiber of my being. Your very existence is an inherent refutation of the basic concept of quality workmanship and craft. Every additional second you remain on this planet is a deep, personal offense to me.”

Then the SEO expert died slowly and painfully of thirst, and over the next several days his body slumped, shriveled and shrank as his organs collapsed upon themselves with a hissing sound while the CEO and web programmer sat and stared.

And the sun set, and rose, and set again.

THE END

posted 2009 by Federico Carrara – http://ammmore.federicocarrara.it/ 

mangiar da cani

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piaio

posto da favola per mangiar da cani,

si chiama osteria del piajo, vista spettacolare,

animali domestici ammessi, cameriere che abbaiano,

antipasti decenti, primi passabili, secondi banali,

dolce immangiabile (meringata insapore appena tolta dal freezer)

pane immangiabile (duro, secco, vecchio)

tutto indigeribile causa karaoke spaccatimpani

con annessa comitiva di interisti (!!!) stonati e superciuk,

sul menu indicati “vini val caleppio” con 2 p,

(come se nel salento ti proponessero i vini del sallento

e nell’oltrepò i vini dell’oltreppò)

se vai sul sito osteriadelpiajo.com bellissime foto

ma se se clicchi “home” ti dice “not found”, non trovato:

esatto, meglio perderlo che trovarlo!

dai, piajo, datti una regolata, una serata storta può capitare,

ma in futuro evita di mettere insieme famiglie che festeggiano la cresima dei figli e interisti caciaroni che cantano pazza inter a squarciagola, una cosa davvero vomitevole,

e poi correggi il menu, il pane, il dolce, il sito,

che tra qualche mese torno a vedere.

(the upper dog upper gourmet)