loqui vel ipsa saxa docet

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AmbrogioDaCalepio

oggi usiamo google e wikipedia,

ieri usavamo l’enciclopedia,

ma per tre secoli, dall’invenzione della stampa fino a ieri, letterati, ricercatori e scrittori di tutto il mondo hanno usato il Calepino,

ossia il vocabolario, il libro più stampato dopo la bibbia, che prende nome dal suo inventore, il frate bergamasco Ambrogio da Calepio,

uno che nell’aldilà dà del tu ai giganti della comunicazione di ogni epoca, Gutenberg, D’Alembert e Steve Jobs,

uno che ha capito nel 1500 l’importanza del link, cioè dell’agganciare tra loro in una rete  parole di lingue diverse e significato comune, il precursore del web, il padre della comunicazione,

per la prima volta, grazie al Calepino, il popolino illetterato poteva capire il Latinorum usato da papi e imperatori per imporre leggi astruse,

omaggiato nei secoli da autori di ogni tipo e cultura come Rabelais, Giordano Bruno, Luigi Pirandello e molti altri che gli hanno dedicato parole solenni,

un genio che ha passato tutta la vita lavorando alla sua creazione, nel convento di Sant’Agostino, a Bergamo, dove è sepolto senza alcuna lapide, senza alcuna targa, nell’ignoranza totale dei suoi concittadini,

un’iscrizione sepolcrale mai realizzata, tramandata a memoria, recita:

SEPULCRALEM HUNC LAPIDEM QUISQUIS OFFENDIS

VOCALEM ESSE NE STUPEAS LOQUI VEL IPSA SAXA DOCET

PER QUEM LITERAE VIVUNT AMBROSIUS CALEPINUS

o tu, chiunque tu sia, che ti imbatti in questa pietra sepolcrale,

non ti meravigliare che sia dotata di voce: persino ai sassi insegna a parlare

Ambrogio da Calepio, grazie al quale la cultura letteraria è viva.

Post Scriptum: Ambrogio da Calepio è un gigante che poteva da solo sostenere la candidatura di Bergamo a capitale della cultura, ma evidentemente nel team Sartirani-Olivares non sanno nemmeno chi sia, e infatti il suo nome non è mai apparso nelle varie gallery e totem di  bergamaschi illustri scelti a testimonial dal comitato.

Commento Calepio Press sul comitato Bg2019: #pensacheignoranza

(Calepio Press est 1504 nel nome e nello spirito di Ambrogio da Calepio: Press, prima che inglese, è abbrev. latina di pressio, pressionis, il gesto dello stampatore sul torchio, a creare impressiones)

Imago: A. da Calepio svegliatosi nella tomba viola di rabbia alla notizia che in un museo cittadino le didascalie sono state sostituite da astrusi codici QR

prefica digitale

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PIRAMIDE-BOMARZO

la poco nota “piramide etrusca” è uno strano edificio-non edificio disperso nei boschi tra Bomarzo, Orvieto e il Tevere,

in un sito difficilmente localizzabile, fuori dal tempo, a volte ci passi davanti e non la vedi, forma astratta, magica, naturalizzata,

per me rappresenta il culto dei morti, la connessione con l’al di là, la comunicazione “on line – off live”, e cioè il futuro del web, e di tutti noi,

perciò ho utilizzato questa immagine per illustrare il progetto “prefica digitale” pubblicato su CTRL n47 nella rubrica Fantamarketing-nuove imprese, che qui riporto in sunto:

field: nuove professioni, memoria digitale, e.commerce, culto dei morti, necrologie, pompe funebri

idea: portare nel web il business “pagina dei morti” + gestire i profili social net dei defunti

business organization: 1) auto rilasciarsi la concessione per un dato cimitero, 2) digitalizzarlo con mappa tombe, foto, nomi, date, 3)  creare sepolcri virtuali gratuiti, 4) servizi a pagamento

rendimento: servizi a pagamento: 1) necrologia web 2)  invio black mail a lista parenti-amici con info decesso e funerale 3) gestione o chiusura dei profili social, siti, blog 4) dietro lascito diretto o dei parenti, costruzione di memoria digitale del defunto, digitalizzazione video, photo, testi autografi, invio newsletter dall’aldilà 5) ricorrenze, invio mail memory, attivazione forum commemorativi anniversary

partner: pompe funebri, cimiteri, social network

mission: vogliamo estendere la memoria dei morti

frase vincente: se oggi ci sono giornali che stanno in piedi con la pagina dei morti, domani avremo giornali web che staranno in piedi con la pagina web dei morti

Bergamo capitale della vecchiaia

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casa_del_sorriso_ingrid_thulin_marco_ferreri_006_jpg_chcn

il vero problema non è la vecchiaia ma la mentalità vecchia, che non ha età,

e ci impedisce di vedere e cogliere le opportunità del target senile,

siamo il paese più vecchio del mondo

ma essendo succubi della cultura anglo giovanilista consumista

soffriamo una carenza cronica di servizi, prodotti, idee e cultura “de senectute”,

mettiamoci nell’ottica che il mercato del futuro non sono i giovani, ma i vecchi,

parliamo dell’unica fascia di consumatori dotata di potere d’acquisto

la generazione over 70 detiene beni, case, privilegi e sicurezze

ma è stanca di viaggiare, mangiare e spendere, vorrebbe qualcosa di più,

e dunque meno centri commerciali e più servizi alla persona,

nuove figure professionali, nuove modalità di trasporto e utilizzo della città,

nuovo tipo di mobilità e di accoglienza,

rimoduliamo ogni parametro di beni e servizi, la casa, i trasporti, la cultura,

soprattutto, occorre ripensare la “casa di riposo”,

l’unico tipo di struttura ricettiva che ha sempre il tutto esaurito e code in lista di prenotazione, cominciamo a cambiare, arricchire la definizione,

pensiamo a delle cascine di riposo, dove vivere in benessere basico,

a degli agriturismo di riposo, a villaggi di riposo dove svernare,

pensiamo al vecio come risorsa, e non come peso, più “scambi” sociali intergenerazionali, più “pensionati” misti studenti/anziani con evidenti sinergie di convivenza tra studenti universitari fuori sede “ospitati” da nonni soli “resident” in cambio di service-badante,

pensiamo a case editrici di riposo, dove dedicarsi a riscrivere la propria vita come un romanzo, diffondiamo la letteratura senile come più eccitante e utile della letteratura giovanile,

non dimentichiamo i casini di riposo, perchè la vecchiaia non per tutti è pace dei sensi,

l’immagine di giovani uomini e donne dediti alla seduzione e di anziani sorridenti asessuati è superata, anche l’erotismo sta diventando roba per vecchi,

creiamo un festival-fiera della vecchiaia, con idee, prodotti, progetti in grado di andare oltre l’attuale offerta, che è inadeguata, soprattutto concettualmente.

Per diventare “capitale della cultura”, che è un concetto superato, vecchio e inutile, si sono messe in gara 20 città,

Per diventare “capitale della vecchiaia”, e creare davvero innovazione economica, sociale e culturale, nessuna.

Ho chiesto a un ex partigiano come dobbiamo relazionarci con queste vecchie amministrazioni sorde che col sorriso stampato fanno finta di promuovere la cultura per i giovani.

Risposta irripetibile per svariate ragioni, ma immaginabile.

Se pensavamo di liberarci dei vecchi, farli fuori, emarginarli, ridurli in miseria, pagargli l’ospizio, bene, abbiamo fatto fiasco,

i vecchi sono i padroni del paese, il futuro del paese è nelle loro mani,

saranno loro a ospitarci all’ospizio,

dunque cerchiamo di immaginare un mondo più gradevole per i vecchi di oggi,

e vivremo meglio  tutti.

(imago Dado Ruspoli e Ingrid Thulin, dal film “La casa dei sorrisi” di M. Ferreri, orso d’oro a Berlino 1991)

Bg2019 pianoB: progetto Bergheimat

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14premioh

il vero lavoro dell’artista e dell’intellettuale

consiste nel sovvertire e ricreare il mondo

Bergheimat (Bergamart)

opportunità per scrittori, saggisti, romanzieri, poeti, pittori, scultori, fotografi, disegnatori, musicisti, compositori, videomaker, registi.

Start: per essere una città d’arte e di cultura, bisogna coltivarle, l’arte e la cultura, come piante vive, alberi da frutto, e poi anche addentare il frutto della conoscenza.

In una città d’arte occorrono artisti e intellettuali veri, capaci, potenti, in quantità, che producano cibo per la mente, idee, libri, immagini, progetti, opere, onde.

Invece a Bergamo abbiamo una società culturale statica, piramidale come una torta da cerimonia,

al vertice vecchie cariatidi di vario tipo, di rappresentanza o di potere,

poi uno strato rigido di burocrati chiesa, comune e azienda, che foraggiano una pletora di grandi leccapiedi, che danno lavoro o lavoretti a schiere di mezze seghe ammanicate di vario tipo,

tutto questo in un contesto fatto per la maggioranza di onesti depressi anche disgustati, con parecchi talenti inespressi, e con ogni probabilità anche qualche genio incompreso.

Up: il lavoro da fare consiste semplicemente nel ribaltare la piramide, cioè distribuire la torta. Per questo il pianoB.

Trovare, valorizzare i geni incompresi cominciando col far esprimere i talenti veri, con un programma, un investimento vero per avere il prodotto, produrre cultura:

questo si può fare decidendo, per esempio, di utilizzare questo budget di 200.000€/anno non già – come stanno facendo – per piazzare ogni tre mesi centinaia di incredibilmente costosi totem insulsi inutili ignoranti e inquinanti,

ma invece per finanziare ogni anno 100 artisti, o meglio produrre 100 opere,

con tematica site-specific Bergamo: spirito del luogo, carattere, storia, sia con opere nuove che proponendo concorsi tematici,

ad esempio: romanzi storici sui grandi bergheimer del passato, romanzi psicologi sulla psicologia-follia bergheimer,

reinterpretazioni contemporanee dei grandi maestri come Fra Galgario o il Moroni, in grado di ritrarre il vero volto, l’espressione, la psiche, l’anima dell’homo bergomens,

nuove esecuzioni e incisioni di capolavori “vergini” della musica barocca (Pietro Antonio Locatelli dovrebbe essere per Bergamo quel che Vivaldi è per Venezia…)

l’idea Bergheimat è ovvia e semplice: un concorso-premio d’arte multisciplinare  per la produzione (cioè sostegno pubblicazione, esecuzione, installazione, distribuzione, diffusione, promozione) delle 5  migliori opere (romanzo, saggio, opera d’arte visiva, composizione musicale, video/film)

– premio narrativa bergheimat (coinvolge autori, editori, fiera del libro, stampatori agenti, potrebbe assorbire e implementare il premio Narrativa Bergamo  come evento propositivo di nuove opere)

– premio arte bergheimat (coinvolge artisti, scuole d’arte, gamec, a.carrara, gallerie d’arte, collezionisti, deve riprendere, rilanciare la tradizione del premio d’arte Bergamo, che negli anni Trenta aveva rilevanza internazionale)

– premio musica bergheimat (coinvolge musicisti, compositori, classica, jazz, pop, organizzatori, scuole, cdpm, conservatorio Donizetti, festival pianistico, bg jazz, radio locali, etc)

– premio video bergheimat (coinvolge filmaker, registi, fotografi, attori, scenografi, sceneggiatori, produttori, rassegne, bg film meeting, sale cinematogr, tv locali)

Budget: con il “progetto ufficiale” stiamo spendendo 1 milione di euro solo per il misterioso progetto del team-lobby Olivares e per i totem-spazzatura,

con il pianoB – premio Bergheimat tra 5 anni avremo speso questo milione per avere 100 nuovi romanzi e saggi, 100 opere d’arte contemporanea, 100 prodotti musicali 100 prodotti video,

il 90% di queste opere certamente sarà e resterà nella categoria “opere minori”, ma altrettanto certamente tra 5 anni avremo creato 5-10 autori, artisti, e opere in grado di affermarsi a livello nazionale e internazionale,

e con ciò avremo avremo creato un patrimonio culturale contemporaneo radicato in città e diffuso nel mondo,

avremo persone che vengono a vedere la città che hanno visto in un film, o letto in un romanzo storico,

cosa che oggi non accade perché manca il prodotto, le opere,

ha un bel dire la Olivares che Bergamo non si sa vendere come città d’arte: peggio, non vuole, o non può, perché non ha, o non vuole avere, il prodotto vero, la cultura viva, contemporanea,

Bergamo è probabilmente l’unica città italiana che non ha nemmeno uno scrittore affermato, di livello nazionale, e non solo contemporaneo, ma in tutto il Novecento e l’Ottocento…

e non perché non siano esistiti o non esistano scrittori e opere degne, ma perché per una specie di ignoranza-arroganza-provincialismo di sistema e di carattere, non vengono riconosciute, né prodotte e valorizzate:

pare assurdo, ma oggi sta accadendo questo: la città di Bergamo per proporsi come capitale della cultura ha il coraggio di spendere 1 milione di euro in totem e team internazionali,

ma non ha il coraggio di spendere 1 euro per un libro, o un’opera d’arte, cioè il prodotto, la cultura, quella “sostanza” che non c’è, e che si pretende di promuovere spendendo 1 milione in “fumo”.

(abstract da Bergheimat, linee di progetto per la trasformazione di Bergamo in città d’arte sostenibile,

Il pianoB prevede 5 aree d’intervento/progetti/iniziative  in 5 anni:

1 Bergomum  – valoriz. opere architettura storica, mura, arena, rocca

2 Berghumus  – coltivazione artisti nel cuore e nei borghi della città

3 Bergheimat  – creazione continua nuove opere d’arte per la città

4 Bergheimer – dignità di veri monumenti per le icone della città

5 Bergomens – infrastrutture ambientali, accessibilità, cintura verde)

immagine: il Teatro Sociale di Bergamo Alta, luogo magico, di grandissima suggestione, perfetto per mostre ed eventi culturali:

con la pretesa di “riportarlo in vita”, la banale ristrutturazione ha di fatto ucciso lo spirito di questo spazio che nella sua nuda austerità disponeva di una mistica della luce ormai perduta,

in questo ex-teatro la “luce del vero” penetrava improvvisa e misteriosa dall’alto, una lama nell’ombra come un grido nel silenzio,

ti trascinava nelle danze del pulviscolo, metteva le ali ai tuoi pensieri.

 

Bg 2019 ruota immagine

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BG2019pianoBBred

meno male, bocciata la Bg2019 della lobby totem-team,

il comunicato ufficiale, scorrettamente, dice testualmente: “Bergamo e il suo territorio ha dato prova di grande creatività e progettualità” e infine “grazie a tutti”.

vox populi: grazie un cazzo, adesso ci ridate i soldi, e portate via i totem alla svelta

è il momento della rivolta, ruota immagine,

scatta il pianoB, adesso gliela facciamo noi la città della cultura

MANIFESTO 2019 pianoB

concetto (concept)

La cultura non è un titolo, un business, una lobby o un bene di lusso,

ma un’arma di costruzione di massa, pericolosa, esplosiva,

che richiede grande coraggio, sacrificio, preparazione, umiltà e follia,

perchè il vero lavoro dell’artista e dell’intellettuale consiste

nel sovvertire e ricreare il mondo rappresentandolo,

e con ciò servire il popolo, prospettando il futuro.

La vera cultura è una scossa rigeneratrice.

La sua capitale, l’epicentro di un terremoto.

progetto  (project)

il progetto ufficiale Bg2019 affidato a una lobby-team internazionale  è spudoratamente un’operazione politico-finanziaria finalizzata ad acquisire un “titolo” da sfruttare per attrarre finanziamenti per grandi opere e nutrire così l’asfittica economia pubblico-privata locale.

Sovvenzionare un’economia stagnante è una scelta miope, limitata.

Al progetto ufficiale manca la forza, l’idea, la visione, ma anche la conoscenza  del prodotto, la città, e del suo valore, la cultura.

Per loro città della cultura vuol dire piantare tanti cartelli marron e mettere la faccia di un pittore di madonne sui menù dei ristoranti.

Vogliamo elaborare un progetto alternativo, vero, concreto, condiviso, basato sulle idee e il lavoro della cultura, e non sullo sperpero di budget pubblici a beneficio di lobby private.

Il piano B è il vero progetto per portare realmente la città di Bergamo ad essere un nuovo modello di città d’arte sostenibile.

avvertenza (advertising)

Il patrimonio culturale non è una risorsa statica: solo rinnovandolo lo si può conservare. Il “gioiello” città alta necessita di un vero humus culturale in uno scenario liberato dalle auto e dall’asfalto.

Immaginiamo una città esemplare per sostenibilità ambientale e vitalità culturale del tessuto urbano e umano.

Riprendiamoci la nostra città,  prima che ne facciano una puttana di lusso.

Il pianoB prevede 5 aree d’intervento/progetti/iniziative  in 5 anni:

1 Bergomum  – valoriz. opere architettura storica, mura, arena, rocca

2 Berghumus  – coltivazione artisti nel cuore e nei borghi della città

3 Bergheimat  – creazione continua nuove opere d’arte per la città

4 Bergheimer – dignità di veri monumenti per le icone della città

5 Bergomens – infrastrutture ambientali, accessibilità, cintura verde

> prendi parte al pianoB – scrivi a info@calepiopress.it

>il testo integrale pianoB proxima editio su www.calepiopress.it  e su CTRL magazine n.45

> weblografia Calepio Press 2013 su Bergamo2019:

https://calepiopress.it/2013/06/04/bergamo-commedia-dellassurdo/

https://calepiopress.it/2013/06/12/il-curriculum-della-olivares/

https://calepiopress.it/2013/07/01/il-senso-di-bruni-per-la-bergamo-bene/

https://calepiopress.it/2013/06/06/bergamo2019-adv-revolver/

https://calepiopress.it/2013/07/04/fissiamo-un-incontro/

https://calepiopress.it/2013/10/18/claudia-chicca-e-milly/

https://calepiopress.it/2013/04/24/manifesto-doppio-della-cultura-di-massa-e-di-potere/

https://calepiopress.it/2013/04/11/tra-alt-e-bas/

https://calepiopress.it/2013/06/06/larena-romana-sotto-il-seminario-di-bergamo/

https://calepiopress.it/2013/03/13/io-sui-totem-ci-piscio/

https://calepiopress.it/2013/06/14/un-tot-al-totem/

https://calepiopress.it/2013/10/28/meno-totem-e-piu-palle/

https://calepiopress.it/2013/10/28/adv-2019/

> weblografia Calepio Press 2013 sui grandi personaggi di Bergamo:

https://calepiopress.it/2013/03/14/bel-trami/

https://calepiopress.it/2013/05/21/unimpresa-da-nullo/

https://calepiopress.it/2013/06/20/la-palestinese-scomparsa-in-curia/

https://calepiopress.it/2013/06/10/nemo-propheta-in-patria/

https://calepiopress.it/2013/07/26/che-razza-di-colleoni/

https://calepiopress.it/2013/09/26/la-mossa-del-cavallo/

https://calepiopress.it/2013/10/14/snoopy-vs-berghem-gnorantu/

 

 

manifesto turbo comunista art.1

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tcFR

Manifesto TurboComunista

con contributi ExtraDemocratici e IperFascisti

1 – Uno spettro si aggira per l’Europa

è lo spettro dell’ipercapitalismo –

è la voragine del debito della finanza del petrolio –

è il panico delle catastrofi finanziarie ed ecologiche e sociali che ci travolgeranno –

la catastrofe psichica è già arrivata ––

viviamo nella società dello spettacolo, l’ultimo spettacolo –

stiamo entrando nella fase di estinzione dell’homo sapiens –

il Made in Italy era il canto del cigno –

già oggi i farmaci il sesso le droghe e lo smaltimento rifiuti unici settori sani dell’economia –

la pulizia del design non arresta la polvere –

non sappiamo che fare, compagni –

siamo in trappola, camerati –

non c’è speranza, fratelli –

anche i sensi di colpa si possono pagare a rate –

le rate sono inesorabili –

il mondo è intorno a te –

la vita ti sfugge in diagonale –

che fare?

(testo by Sean Blazer alias Leone Belotti alias CalepioPress

efffigie Int.Turbo Com by Athos Mazzoleni,

articoli del Manifesto TurboCom già pubblicati: 2-3-10-17-18

https://calepiopress.it/2013/01/25/preview-manifesto-turbo-comunista/

https://calepiopress.it/2013/03/12/contributo-iper-fascista-al-manifesto-turbo-comunista/

https://calepiopress.it/2013/03/01/la-proprieta-intellettuale-e-un-furto/

https://calepiopress.it/2013/02/15/e-ora-di-occupare-gli-spazi-pubblicitari/

 

la mossa del cavallo

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NattaCTRL

Chioma selvaggia, occhi verdi, era la minorenne più erotica del campus.

Appena conosciuta ti chiedeva scopiamo? Poi dipendeva dalla risposta che davi.

I suoi avevano fatto i soldi con le cucina di formica, fin da bambina lei in fabbrica aveva respirato fumi di poliuretano-silicone, e già alle medie aveva i seni espansi.

Diceva cose come: mi fanno schifo le foglie, gli insetti, la pioggia, le lumache.

Oppure: adoro il moplen, il plexiglass e la vimpelle.

Aveva una passione insana per la plastica e la chimica, e per questo si era iscritta al Natta.

Voleva viaggiare nel futuro. Abbiamo troppa energia per limitarci a questa vita, a questo corpo.

Indimenticabile, la risposta da Mc Enroe a un Carabiniere che ci aveva fermati: mai avuto problemi con le droghe, signorina? No, mi sono sempre trovata benissimo.

L’avevo soprannominata “Natta come un cavallo”.

Aveva tutti 8 in pagella, ma era stata bocciata per il 4 in comportamento. La motivazione era questa: la stazione treni e bus era proprio davanti al polo scolastico Esperia-Natta-Galli-Geometri, ma assurdamente l’ingresso era dall’altra parte. Invece di fare 3 chilometri a piedi 2 volte al giorno, come facevano gli altri 3000 studenti, lei scavalcava muro di cinta e binari.

La mossa del cavallo, la chiamava, lo scarto creativo che scompagina l’ordine del gioco.

Questo muro serve a inculcare sottomissione nei figli dei lavoratori. L’anno prossimo lo faccio saltare.

Il sottopassaggio era in progetto dal 1963, ma ci sono voluti 50 anni, e il mitico sindaco Bruni, lo sventra-berghem, per vederlo realizzato.

Incredibilmente, dopo 30 anni che non la vedevo, qualche mese fa l’ho incontrata proprio lì, nel sottopasso della stazione.

Assomigliava a Charlotte Rampling. Tornava da un convegno vegano.

Aveva cambiato prospettive a 360°, dunque in fondo non era cambiata.

Servono idee per salvare il pianeta. Bisogna lanciare il premio Natta. Il premio Nobel ha rotto le palle.

Mi mostrò un barattolo di vetro con dentro della  muffa viola. I miei funghi mi disse.

Li nutriva con unghie, capelli, croste del naso, cerume delle orecchie, tutta roba sua. In questo modo mi riconosceranno.

Una volta cadavere, spiegò, li avrebbe indossati  e i funghi l’avrebbero bio-degradata in modo totalmente ecologico.

Sai quanto inquinano i cadaveri? E le ceneri? Abbiamo pochi anni per salvare il pianeta.

Cambiando discorso, le ho chiesto: ti ricordi il nostro primo incontro? Certo, scienziato!

Una festa in tavernetta, a Martinengo, doveva essere il 1983, lo stereo sparava i Boney M.

Io indossavo un’orribile cravatta di pelle, e  cercavo il bagno, col Martini bianco caldo in mano. Lei usciva dal bagno, strafatta.

Era la prima volta che la vedevo.

Tenendomi aperta la porta del bagno, mi aveva detto: ciao sfigato, scopiamo?

Da fighetto del Lussana, permaloso, avevo risposto: ho le mie cose.

E lei, senza scomporsi: che problema c’è scienziato? Facciamolo dietro.

(Ndr: editoriale di Leone Belotti per n.44 CTRL magazine, in occasione di Bergamo Scienza e delle iniziative  sulla figura di Giulio Natta, premio Nobel per la chimica, morto a Bergamo nel 1979. L’uomo che ha inventato la plastica)

 

 

centro malessere

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FMKT19

Pochi giorni fa, Mr. Benedetto Obliquid mi ha detto: “Hai visto il tizio che ha aperto un centro per sfogarsi sfasciando oggetti? Un successone! Mi ha ricordato il tuo progetto di Centro Malessere di qualche anno fa”.

L’idea del Centro Malessere in realtà è di Gigi Lubrina, e risale al 2006, poi ripresa nel 2011, all’interno del progetto di ricerca “Fantamarketing”: le “visioni”  di Pier Luigi Lubrina,  prodotte da Calepio Press in forma di “racconti” (alcuni dei quali pubblicati sul blog Bamboostudio, altri di prox pubblicazione su CTRL magazine),  contaminando il genere più immaginifico di letteratura (fantascienza) con il genere più terra-terra di relazione (business plan per nuove imprese). 

Centro Malessere fa parte di una sezione di  progetti specifici sul tema “disagio della persona”. Imago: Biennale di Architettura, un paio di edizioni fa.

CENTRO MALESSERE (Fantamarketing project n 31)

field: wellness-badness

Centro servizi psico-fisici alla persona per la fruizione, gestione, scarico del malessere.

Stanze attrezzate per:

–       stanza scarico nevrosi con lanci distruttivo di oggetti frangibili/infrangibili;

–       stanza pareti urto-assorbenti per convulsioni isteriche singole,coppie,gruppi;

–       zona depressione, luce neon, lettini di cemento (tipo celle isolamento);

–       terapia olfattiva, cantina umida maleodorante ricoperta di muffa, polvere, letame;

–       cunicolo dell’eco e torre dell’urlo;

–       docce scozzesi, idranti, bagno turco-siberiano (vapore che ghiaccia addosso);

–       stanza farmaci-psicofarmaci (con la presenza di un farmacista);

–       stanze della nutrizione selvaggia, no arredi no stoviglie, no posate, si entra nudi: 1) camera-pasticceria-gelateria- formaggi grassi;  2)  stanza macelleria “mordente” e divorazione carni crude;  3)  gabinetto con stalattiti sgocciolanti alcolici / superalcolici

–       stanza/sportello lamentele e sfoghi con impiegati-capri espiatori; camera d’espiazione,  grida, insulti;  terapia dei ceffoni e calci nel sedere attiva-passiva.

sweet sand fried

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rinascente1932

Alice Lewis, 101 anni, socio senior di Calepio Press dal 1921, scrittrice “rosa”, pubblicata in Italia da Mondadori (“Il sogno infranto”, biografia di Lady Diana; novelle su Confidenze 1996-2001) inizia la sua collaborazione a BaDante care&writing agency con le sue ricette di cucina poverissima ultracreativa a budget extra minimal –

Il sandwich come tutti sanno deve il nome al IV Lord di Sandwich, incallito e vizioso giocatore di carte del XVIII secolo che come ogni ludopatico non si staccava dal tavolo da gioco nemmeno per mangiare,

perciò il suo maggiordomo creò il “sandwich”, alimento rapidamente commestibile usando una mano sola, senza interrompere l’impegno al tavolo da gioco,

i sandwich non consumati, un poco induriti, venivano poi riportati in vita facendoli abbrustolire sulla piastra della stufa, e con ciò il buon maggiordomo creò il “toast”;

quando poi in Italia il Duce lanciò la campagna per la purezza della lingua e l’abolizione di ogni parola straniera, specialmente anglofona, il copy-writer ufficiale del regime, il vate Gabriel d’Annunzio,

già creatore de “La Rinascente” e della “Standa” (ex “Magazzini Standard”) con felice ispirazione creò il neologismo – di derivazione edilizia –  “tramezzino”;

ai giorni nostri, in Italia, con le orribili piastre elettriche di nuova generazione, o i tostapane a norma, e le sottilette light, è quasi impossibile avere un vero toast,

se non in qualche vecchio bar di periferia o di paese, che abbia conservato un tostapane anteriore al 1980,

solitamente questi bar espongono ancora il cartello “toast” (ma se insieme a “toast” c’è “piadine” non fidatevi).

L’unica soluzione come sempre è arrangiarsi, e sperimentare in proprio.

La mia proposta di oggi, variazione sul tema sandwich-toast, è il tostant, il toast-croissant, nome scientifico “sweet sand fried”.

Lo “sweet sand fried” è un sandwich dolce, abbrustolito-fritto, una sorta di croissant fatto in casa,

ingredienti: 2 fette di pan carrè preferibilmente avanzate e già mezze stantie; 1 noce di burro (anche rancido); 1 noce di marmellata quodlibet (qualsivoglia)

preparazione:

usando una qualsiasi padella antiaderente, o una piastra in ghisa,

fate tostare con calma e voluttà (fuoco minimo, 5 minuti) una faccia delle due fette a tostatura incipiente (quando appaiono le prime nouances rouges e un accenno di black stripes)

quindi spalmatele di burro e marmellata e chiudetela  a sandwich,

fate quindi tostare ipso modo il sandwich su entrambi i lati, girandolo una sola volta

otterrete una sorta di primitivo croissant, croccante in crosta, burroso in pasta e dal cuore dolce, di conserva,

lasciate riposare 2-3 minuti, per far riassorbire il burro sciolto nella trama della tostatura

infine addentate e mangiate in quattro morsi, partendo da uno spigolo

con un solo “sweet sand fried” avrete soddisfatto in modo sano, rapido ed economico ogni esigenza nutritiva:

25% fabbisogno calorico giornaliero; 90% fabbisogno grassi giornaliero; 30% fabbisogno proteine giornaliero; 20% fabbisogno zuccheri giornaliero

Imago: una giovanissima Alice Lewis modella per La Rinascente

47 tentativi fallimentari d’impresa culturale – 12

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iacocca_cars_cover

12 case history writing

il biografo aziendale

Se proprio vuoi essere pagato per scrivere romanzi, l’opportunità più concreta è diventare uno scrittore di case history,  biografie aziendali,

non devi far altro che considerare l’azienda come un romanzo, tutti i generi risultano utili, dal romanzo di formazione alla saga familiare (dal mitico fondatore ai nipotini-mecenati).

Tutto può iniziare dalla classica paginetta che ti chiedono per la brochure o il sito, chi siamo,  la nostra storia.

Quella deve essere l’occasione per colpire al cuore l’imprenditore facendoti raccontare la sua storia e riscrivendola con belle parole, con richiami al quadro della grande storia, dandogli senso e dignità

e aprendo la strada, a seconda dell’età e delle aspettative del committente, a un volume sulla storia dell’azienda (tenere d’occhio i centenari) o a un libro autobiografico di memorie d’impresa.

Importante fargli capire che lavori come loro, produzione, consegna, tempistica,

dopo avergli dato un assaggio deve scattare il progetto con preventivo, gli devi promettere un libro firmato da lui in 2-3 mesi, con incontri-interviste settimanali o mensili, 30% anticipo e saldo alla consegna.

Gli inconvenienti, chiaramente, sono all’ordine del giorno.

Mi è successo, ad esempio, dopo aver intervistato per due mesi un riservato e ricchissimo signore, di quelli mitici, che hanno iniziato a lavorare a 12 anni e per una serie di motivi (boom economico) si sono ritrovati dapprima a mettersi in proprio, poi col cognato e il fratello, poi con un dipendente, poi cinque, poi venti, poi il capannone, e in breve alla soglia dei settanta si ritrovano plutocrati, a guidare società per azioni con sedi in mezzo mondo,

mi è capitato, dicevo, che una volta consegnatogli il suo libro, con la sua storia, con le sue parole, questo signore, leggendolo, sia entrato in una crisi d’identità tale per cui non ha più voluto vedermi, né stampare il libro,

e abbia invece cominciato ad andare dallo psicologo.

Questo succedeva diversi anni fa.

Crisi.

In ogni caso, il momento giusto per l’entrata in scena del biografo aziendale è al cambio generazionale.

Bisogna capire subito la situazione: se i figli vogliono giubilare il boss, il libro è l’occasione perfetta per togliere dai piedi il vecchio; se invece il boss è saldo e i figli un po’ ciula, il libro è lo strumento ideale per mettere le cose in chiaro e rimettere i bamboccioni scalpitanti al loro posto.

Sbagliare mossa o referente, dire la cosa sbagliata alla persona sbagliata – e succede facilmente perché ogni azienda/famiglia è sempre una dinasty con un magma di faide e invidie sotto la patina della grande favola,  ti pregiudica  il lavoro, indipendentemente dalle tue capacità.

C’è poi il caso dell’imprenditore senza figli che ti dice: si, mi piacerebbe, lo farei se avessi figli e nipoti:

devi essere pronto a ribattere: un motivo in più per lasciare ai posteri nero su bianco la propria eredità morale, la propria storia.

C’è il caso dell’imprenditore che dice: ne avrei non uno, ma dieci di libri da scrivere su quello che ho visto nel mio ramo.

Gli dirai: cominciamo dalle radici.

C’è quello che dice: mi piacerebbe, ma non ho nessuna storia da raccontare, ho iniziato trent’anni fa a fare guarnizioni per frigoriferi, e per trent’anni non ho fatto altro.

Gli dirai: ha mai pensato che ognuna delle guarnizioni da lei prodotte è entrata in una casa dove una famiglia ogni giorno ha aperto quel frigo, se raccontassimo la storia di una sola di queste guarnizioni avremmo già un romanzo sulla vita italiana, grazie a lei.

Il caso più difficile, non raro, è l’imprenditore che a questo punto con gli occhi lucidi ti dice: sì, ho sempre sognato di scrivere un libro, ma non le mie memorie, a chi importano, invece vorrei scrivere un libro su….

Devi bloccarlo, prima che continui a parlare.

Il vero pericolo è lavorare gratis.

Già lo fai per te stesso, vorrebbero che lo facessi anche per loro, che del resto ti danno gratis l’idea.

Loro non vogliono fare un libro per guadagnare dei soldi, ma per amore dell’arte, eventualmente i proventi li diamo in beneficenza,

e chiaramente vorrebbero da te lo stesso approccio.

La risposta giusta sarebbe: bellissima idea cavaliere, la capisco,

pensi che io scrivendo libri da una vita ho sempre avuto il sogno di guidare un’azienda,

allora facciamo così, per i prossimi sei mesi mentre lei si dedica a tempo pieno e gratis al romanzo, io nel frattempo le guido l’impresa e incasso utili e dividendi al posto suo,

potremmo scambiarci anche la casa e la macchina, per realizzare fino in fondo questo sogno.

Gli metti sul tavolo le chiavi della tua Fiesta, e prendi quelle della sua Cayenne.

C’è stato anche uno che mi ha detto: affare fatto!

Solo che il Cayenne era della banca, l’azienda perdeva centomila euro al mese,

e alla villa la governante ucraina venticinquenne specializzata in sado-maso era abituata a essere salariata in contanti tutti i venerdì sera,

tutte cose che io non ero preparato a fronteggiare,

abituato il venerdì sera a stare con tenere fidanzate lombarde

che mi portano fuori a cena pagando loro e facendomi anche il pieno della Fiesta.

(imago: Lee Iacocca, manager anni 70 della Chrisler, italo-americano, autore di una delle più leggibili autobio del settore manager-industria,  sottogenere solitamente al top della noia)